Figlio nato da ovodonazione e separazione dei genitori

Alberto Figone
28 Febbraio 2019

Figlio nato all'estero in costanza di matrimonio con la pratica dell'ovodonazione (in quanto la moglie era sterile) non consentita in Italia all'epoca dei fatti, ma permessa in Spagna dove è stata praticata. Dopo la nascita del minore i coniugi si separano. La madre ottiene alcuni diritti in più rispetto al padre, unico ad avere un legame biologico con il minore, e così pure i genitori della madre, in pessimi rapporti con il genero. Come si possono definire tali rapporti di parentela e quali tutele vi possono essere per il padre?

Figlio nato all'estero in costanza di matrimonio con la pratica dell'ovodonazione (in quanto la moglie era sterile) non consentita in Italia all'epoca dei fatti, ma permessa in Spagna dove è stata praticata. Dopo la nascita del minore i coniugi si separano. La madre ottiene alcuni diritti in più rispetto al padre, unico ad avere un legame biologico con il minore, e così pure i genitori della madre, in pessimi rapporti con il genero. Come si possono definire tali rapporti di parentela e quali tutele vi possono essere per il padre?

Come è noto, la fecondazione eterologa, realizzata con gameti (maschili o femminili) di soggetto diverso dalla coppia genitoriale era vietata in Italia dalla l. n. 40/2004. Solo con sentenza Corte cost. n. 162/2014, questa pratica è divenuta realizzabile anche nel nostro Paese. Il legislatore del 2004 ben si immaginava che coppie italiane potessero rivolgersi a strutture straniere per praticare la fecondazione eterologa, anche tramite ovodazione (in caso di sterilità della donna); l'art. 9 prevede, infatti, nell'interesse del figlio, nato da un progetto di genitorialità condivisa, che lo stesso non possa vedersi contestato il suo status di figlio matrimoniale (già "legittimo") per il solo fatto di non avere un vincolo genetico con uno dei genitori coniugati. In altri termini, il figlio, nato da ovodonazione è figlio a tutti gli effetti della coppia genitoriale, come se fosse stato generato con gameti di colei che risulta allo stato civile come madre. Ciò è vieppiù avvalorato dalla recente riforma del 2012/2013, sullo status unico di figlio, a prescindere dalle circostanze in cui avvenne il concepimento. Da tanto consegue come, anche al momento della crisi della coppia genitoriale, non si possono introdurre discriminazioni tra genitori (biologico e sociale). In altri termini, la madre e i nonni materni non sono titolari di privilegi o di limitazioni, per il fatto che il nato non appartiene geneticamente a quel ramo genitoriale. I diritti che si assumono violati come padre devono essere fatti valere in sede giudiziale nello stesso identico modo in cui il figlio fosse stato concepito a seguito di un rapporto sessuale tra i coniugi. Occorrerà pertanto verificare le cause della lamentata discriminazione e agire d conseguenza, chiedendo una modifica di un regime che si assume essere penalizzante, nel rispetto ovviamente delle esigenze del figlio e del suo diritto alla bigenitorialità.

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