La recidiva non rileva ai fini della prescrizione se non è stata riconosciuta in giudizio
20 Maggio 2019
Le Sezioni Unite hanno espresso il seguente principio di diritto: «La valorizzazione dei precedenti penali dell'imputato per la negazione delle attenuanti generiche non implica il riconoscimento della recidiva in assenza di aumento della pena a tale titolo o di giudizio di comparazione tra le circostanze concorrenti eterogenee; in tal caso la recidiva non rileva ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato».
Annullando senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione, le Sezioni Unite tornano a occuparsi della recidiva. La Seconda Sezione, investita del ricorso degli imputati, ha ravvisato un contrasto giurisprudenziale sul tema della rilevanza della valorizzazione dei precedenti penali per motivare il diniego di riconoscimento delle attenuanti generiche ai fini del calcolo del tempo necessario alla prescrizione del reato, quando la recidiva contestata ed implicitamente riconosciuta non abbia determinato un aumento della pena. Il quesito sottoposto alle Sezioni Unite è stato formulato in termini: «se la recidiva contestata ed accertata nei confronti dell'imputato e solo implicitamente riconosciuta dal giudice di merito che, pur non ritenendo di aumentare la pena a tale titolo, abbia specificatamente valorizzato, per negare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, i precedenti penali dell'imputato, rileva o meno ai fini del calcolo del tempo necessario ai fini della prescrizione del reato». Due gli orientamenti giurisprudenziali contrapposti: secondo una prima posizione, laddove il giudice abbia escluso, anche implicitamente, la circostanza aggravante della recidiva, non ritenendola in concreto espressione di una maggiore colpevolezza o pericolosità sociale dell'imputato, la predetta circostanza deve ritenersi ininfluente anche ai fini del computo del tempo necessario a prescrivere il reato (da ultimo: Cass. pen., Sez. VI, 16 novembre 2017, n. 54043, S.; in senso conforme: Cass. pen., Sez. II, 26 novembre 2015, n. 48293, Carbone; Cass. pen., Sez. II, 10 gennaio 2012, Sez. II, n. 2090, Nigro; Cass. pen., Sez. VI, 7 ottobre 2010, n. 43771, Karmaoui); posizione difforme, invece, espressa da Cass. Pen. Sez. V, 11 maggio 2017, n. 34137, Brji; in senso conforme: Cass. pen., Sez. V., 6 aprile 2016, n. 38287, Politi; Cass. pen., Sez. II, 18 giugno 2013, n. 35805, Romano; Cass. pen., Sez. I, 18 giugno 2009, n. 26786, Favuzza; Cass. Pen., Sez. V, 26 giugno 2008, n. 37550, Locatelli).
L'iter argomentativo delle Sezioni Unite è complesso e articolato. In prima battuta, le Sezioni Unite hanno rammentato la natura di circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole della recidiva, la cui applicazione è facoltativa, sulla scorta delle Sezioni Unite Marcianò, del 27 ottobre 2011, n. 5859, a cui segue che «sul giudice del merito incombe uno specifico dovere di motivazione sia quanto ritiene sia quando esclude la rilevanza della recidiva», risultando tale dovere insito nei principi affermati nella sentenza della Corte costituzionale n. 192/2007 e nelle Sezioni Unite, sent. n. 35738 del 27 maggio 2010, Calibè. Secondo tale impostazione, assolutamente centrale è la motivazione, che può essere assolta anche implicitamente, trattandosi di una particolare tecnica espositiva, ove si sia in concreto apprezzato la sua insussistenza circa i requisiti di riprovevolezza della condotta e della pericolosità sociale dell'autore (così, Cass. pen., Sez. III, 12 dicembre 2017, n. 4135, Alessio; Cass. pen., Sez. II, 17 settembre 2015, n. 39743, Del Vento; Cass. pen., Sez. II, 19 giugno 2012, n. 40218). Circa il rapporto tra giudizio sulla valorizzazione dei precedenti penali quali fattori ostativi alle attenuanti generiche ed il giudizio che riconosce la recidiva, le Sezioni Unite hanno evidenziato una diversità prospettica delle valutazioni dei precedenti penali cui rimandano l'art. 133 c.p. e l'art. 99 c.p.: «La parziale diversità della nozione di “precedenti penali”; l'insufficienza della sola presenza di precedenti penali a sostenere il giudizio sulla sola presenza di precedenti penali a sostenere il giudizio sulla recidiva; il diverso modo in cui essi vengono in considerazione nel giudizio che nega le attenuanti generiche; la differente proiezione teleologica delle due valutazioni in comparazione rendono evidente che non può ravvisarsi alcun nesso di conseguenzialità logica e giuridica tra il diniego di riconoscimento delle attenuanti generiche giustificato dalla presenza di precedenti penali e una statuizione di riconoscimento della recidiva». Ulteriore passaggio, dunque, ha investito la relazione tra il riconoscimento della recidiva e i suoi effetti. In virtù di quanto affermato in Sezioni Unite, n. 31699 del 23 giugno 2016, le Sezioni Unite ha osservato che la recidiva deve ritenersi, oltre che riconosciuta, anche applicata, non solo quando esplica il suo effetto tipico di aggravamento della pena, ma anche quando produce, nel bilanciamento delle aggravanti ed attenuanti ex art. 69 c.p., l'effetto di paralizzare l'attenuante, impedendo a quest'ultima di esplicare la sua funzione di concreto di mitigazione della pena da irrogare. Così proprio in tema di prescrizione: Cass. pen., Sez. VI, 16 settembre 2015, n. 39849, Palombella; Cass. pen., Sez. II, 18 giugno 2013, n. 35805, Romano; Cass. pen., Sez. I, 18 giugno 2009, n. 26786, n. Favuzza; Cass. pen., Sez., Sez. V, 26 giugno 2008, n. 37550, Locatelli. Tale interpretazione ha lasciato, però, irrisolta la questione nel caso in cui la recidiva sia stata ritenuta subvalente. Sul punto si registra un contrasto giurisprudenziale, tra una prima posizione (v., Cass. pen., Sez. VII, 13 dicembre 2016, n. 15681, Esposito; Cass. pen., Sez. IV, 2 novembre 2016, n.8079, D'Uva), per cui, ai fini del computo del termine di prescrizione, deve ritenersi “applicata” la recidiva anche se considerata subvalente nel giudizio di bilanciamento con le attenuanti concorrenti; si oppone, invece, un secondo orientamento, per il quale la recidiva contestata, ritenuta e non applicata dal giudice di merito perché considerata subvalente rispetto alla circostanza attenuante, non rileva nel calcolo del tempo necessario ai fini della prescrizione del reato (v., Cass. pen., Sez. II, 4 novembre 2016, n. 53133, Chen; Cass. pen., Sez. V, 20 settembre 2018, n. 48891, Donatacci). In adesione ad un'impostazione orientata al favor rei (già espressa in Cass. pen., Sez. VI, 5 aprile 2017, n. 27784, Abbinate), le Sezioni Unite hanno affermato che, quando la recidiva sia stata ritenuta subvalente, fuori dei casi in cui la rilevanza di tale giudizio sia espressamente esclusa dal legislatore, come non si produce l'effetto diretto sulla pena così non si producono gli effetti indiretti della recidiva. |