La Cassazione torna sui requisiti per considerare valida la trasmissione di atti con PEC tra uffici giudiziari

Donato La Muscatella
25 Settembre 2019

La Suprema Corte torna su una tematica recente, ma già oggetto di numerosi interventi, chiarendo le condizioni di applicabilità delle opportunità (e delle regole) previste dal c.d. Sistema di Notificazioni Telematiche (SNT) alle comunicazioni endoprocessuali tra Uffici.
La Suprema Corte torna su una tematica recente, ma già oggetto di numerosi interventi, chiarendo le condizioni di applicabilità delle opportunità (e delle regole) previste dal c.d. Sistema di Notificazioni Telematiche (SNT) alle comunicazioni endoprocessuali tra Uffici. Più in dettaglio, si esprime con riguardo alla validità di simili invii per l'effettiva decorrenza del termine di trasmissione degli atti al Tribunale della libertà che, come intuibile, genera importanti conseguenze sullo svolgimento di un procedimento incidentale caratterizzato dalla massima urgenza. Dopo un'analitica riflessione, l'integrazione dei nuovi strumenti digitali a questo fine non viene esclusa in radice, ma solo integrata dal rispetto degli ordinari requisiti per le notifiche urgenti o realizzate tramite strumenti tecnici che garantiscano la conoscenza dell'atto. Il caso. Nel giudizio a quo era stata riformata l'ordinanza di prime cure, sostituendo la misura di estrema cautela applicata in precedenza al prevenuto – giovane cui si contestava il delitto di furto pluriaggravato – con quella, meno afflittiva, della custodia domiciliare, integrata dalla prescrizione di indossare il c.d. braccialetto elettronico.

Il difensore della persona sottoposta ad indagini ricorreva per Cassazione, denunciando: in primis, la mancata declaratoria di inefficacia della misura cautelare, per erronea applicazione degli artt. 148, comma 2-bis, c.p.p. e 309, commi 5 e 10, c.p.p., poiché il dies a quo per computare il decorso del termine avrebbe dovuto essere individuato nel momento di inoltro dell'istanza depositata presso la Cancelleria del Tribunale di Caltagirone, a mezzo Posta Elettronica Certificata (12 febbraio), al Tribunale del riesame e non nel giorno di arrivo presso l'Ufficio del plico inviato dalla Cancelleria (26 febbraio); contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza impugnata, infatti, la notifica telematica costituirebbe mezzo idoneo anche per le comunicazioni formali tra Uffici (utilizzo richiamato dallo stesso Ministero della Giustizia in una circolare del 2014); in subordine, violazione di legge processuale e carenze dell'iter motivo, per il mancato rispetto del principio di minor compressione della libertà personale, in presenza di esigenze di prevenzione che avrebbero potuto essere perseguite mediante l'applicazione di un regime non custodiale (e, dunque, meno afflittivo).

La sentenza. La V Sezione – su parere difforme del Procuratore generale, che aveva insistito per la rimessione della questione alle Sezioni Unite, richiesta cui si era associata, in via subordinata, la difesa – rigetta l'impugnazione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
L'Estensore riesce in poco spazio a riepilogare le ragioni che conducono a ritenere infondate le doglianze difensive, in presenza di un orientamento della giurisprudenza di legittimità che, a differenza di quanto sostenuto dalle parti, si presenta tutt'altro che frastagliato (tanto da non far rilevare alcun contrasto suscettibile d'essere demandato al Massimo Consesso).
In poche righe, peraltro, esaurisce il punto relativo all'asserito eccesso di restrizione, che, articolandosi in una critica generica in cui non si lamentano motivazione apparente o gravi vizi logici, eccede i limiti rituali del sindacato di legittimità in materia di giustificazione dei provvedimenti cautelari.

L'idoneità del messaggio di PEC (correttamente redatto) per le notifiche tra Uffici giudiziari. Il nodo centrale della decisione, tuttavia, insiste sulla possibilità di adoperare il Sistema di Notificazioni Telematiche (pure) per le comunicazioni tra le diverse cancellerie.
Giova premettere, sul piano strettamente informatico, che la disciplina dedicata ha attribuito a tali comunicazioni valore legale, sia in relazione all'invio e consegna al destinatario, sia in ordine al contenuto del messaggio e di eventuali allegati, dato che, per questi ultimi, è tecnicamente impossibile ogni modifica successiva all'invio.
La presenza di tali garanzie sotto il profilo tecnologico, però, non fa venir meno il dovere di considerare che in tal modo si stanno, di fatto, trasmettendo delle copie di quanto contenuto nel fascicolo di riferimento e, pertanto, restano operative le ordinarie disposizioni in subiecta materia.
In altre parole, essendo assicurata dal mezzo stesso la conformità tra quanto inviato e quanto ricevuto, resta comunque da presidiare il rapporto tra documento informatico allegato (copia) e versione analogica presente presso l'Ufficio procedente (originale), che deve essere certificato dal cancelliere operante.
Conseguentemente, non può attribuirsi rilievo all'anticipazione del fascicolo a mezzo PEC, perché “quando la trasmissione dell'istanza a mezzo PEC, da parte della cancelleria del giudice che l'ha ricevuta, non contenga, in calce, l'attestazione da parte del funzionario che la trasmette, di aver inoltrato il testo originale con eventuali allegati e, comunque, alla comunicazione telematica non si sia dato corso, seguendo le formalità di cui agli artt. 149 e 150 c.p.p.” dovrà farsi riferimento “al giorno in cui la richiesta di riesame, legittimamente depositata ad autorità giudiziaria diversa da quella competente per il riesame, ai sensi dell'art. 582, comma 2, c.p.p., pervenga formalmente alla cancelleria del tribunale distrettuale competente” (secondo un'esegesi largamente prevalente e da ultimo avallata, ex multis, da Cass., Sez. III Pen., 13 giugno 2018, n. 2853 e Cass., Sez. V Pen., 28 febbraio 2018, n. 21710).
Come se non bastasse, poi, nel caso di specie gli atti risultavano inviati ad un indirizzo di Posta Elettronica Certificata generico e, in ogni caso, diverso da quello presente nell'intestazione dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale.

Conclusioni. La decisione in esame può esser condivisa nell'esito, così come nell'esposizione, sintetica, ma chiara e lineare.
Pur occupandosi di un argomento eminentemente procedurale, interviene su un tema più ampio, relativo alla possibilità di sfruttare nel processo penale i vantaggi derivanti dall'adozione delle nuove tecnologie, soprattutto con riguardo al contenimento di costi e tempi.
A questo proposito, ripropone un paradigma consolidato (e tutt'ora prevalente, seppur talvolta misconosciuto), che combina strumenti inediti e le precauzioni classiche, allo scopo di evitare che nel perseguire l'economia processuale (e amministrativa) si possano perdere di vista le (indispensabili) cautele.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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