La conversione della revoca della patente di guida in sospensione della stessa dopo la sentenza della Consulta n. 88 del 2019
Alessandro Trinci
04 Marzo 2020
Con la sentenza n. 88 del 2019 della Corte costituzionale si è posto il problema di quale sia la sorte delle revoche già disposte a seguito delle condanne o dei patteggiamenti per i reati di lesioni e omicidio stradali non aggravati.
Abstract
A seguito della declaratoria di incostituzionalità dell'
art. 222,
comma 2
, d.lgs. 285/1992
(sentenza
Corte cost.,
n. 88 del 2019
), il giudice penale, quando accerta la sussistenza dei reati di omicidio o lesioni personali stradali, può applicare, in alternativa alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, la meno afflittiva sanzione della sospensione della stessa per la durata massima prevista dal secondo e dal terzo periodo del medesimo comma 2 dell'
art. 222
d.lgs. 285/1992
. La decisione della Consulta ha posto il problema se la revoca già disposta possa essere convertita in sospensione da parte del giudice dell'esecuzione in relazione a procedimenti che si sono già conclusi con il passaggio in giudicato della sentenza. La soluzione dipende dalla natura dei provvedimenti di revoca o sospensione della patente di guida, in quanto solo se ritenuti sostanzialmente penali secondo i noti criteri Engel sarà possibile applicare le coordinate ermeneutiche elaborate dalla Suprema Corte in tema di revisione del giudicato sulla pena illegale. Sul punto, a fronte di un orientamento contrario della Suprema Corte, vi sono numerosi indici che potrebbero consentire l'attrazione delle sanzioni in esame nel concetto di “materia penale” elaborato dalla Corte di Strasburgo.
L'illegittimità costituzione dell'art. 222, comma 2, d.lgs. n. 285/1992
Con la sentenza
n. 88 del 2019, la Corte costituzionale
ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l'
art. 222,
comma 2
, quarto periodo, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285
, nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'
art. 444 c.p.p.
, per i reati di cui agli
artt. 589-
bis
e
590-
bis
c.p.
, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell'
art.
222 d.lgs. n. 285/1992
allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli
artt. 589-
bis
e
590-
bis
c.p.
Prima dell'intervento della Consulta, l'
art. 222,
comma 2
, d.lgs. n. 285/1992
, come modificato dalla
l. n. 41/2016
, prevedeva che in tutti i casi di omicidio e lesioni personali stradali, siano essi aggravati o meno, il giudice dovesse applicare la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.
Ad avviso della Corte costituzionale, tale automatismo sanzionatorio può giustificarsi solo con riferimento alle ipotesi più gravi di omicidio e lesioni personali stradali, ossia quelle connesse alla conduzione di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostante stupefacenti, in quanto trattasi di comportamenti altamente pericolosi per la vita e l'incolumità delle persone, posti in essere in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali, in ordine ai quali si giustifica una radicale misura preventiva per la sicurezza stradale consistente nella sanzione amministrativa della revoca della patente.
In relazione alle ipotesi non aggravate di omicidio e lesioni stradali, invece, l'automatismo soffre di una irragionevolezza interna
in quanto non consente una graduazione della risposta sanzionatoria in ragione delle peculiarità del caso concreto.
La previsione manifesta anche di una irragionevolezza, per così dire, esterna. Infatti, il legislatore del 2016, nell'introdurre la previsione in esame, non ha messo mano al secondo e terzo periodo dell'
art. 222 d.lgs. 285/1992
, tutt'ora in vigore, i quali prevedono la sospensione della patente di guida fino a due anni, quando dalla violazione del
codice della strada
derivi una lesione personale colposa grave o gravissima, e fino a quattro anni, quando derivi la morte. È evidente come tali prescrizioni si sovrappongano alle nuove senza un chiaro coordinamento che delimiti le rispettive sfere di applicabilità.
Dunque, in merito alle ipotesi di reato previste dagli
artt. 589-
bis
e
590-
bis
c.p.
, diverse da quelle contemplate ai commi secondo e terzo delle predette norme, l'automatismo della sanzione amministrativa è stato ritenuto incompatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità, perché la gravità concreta dei fatti può essere tale da rendere la sospensione della patente di guida una misura sufficiente a tutelare la scurezza stradale. In relazione a tali condotte, quindi, deve consentirsi al giudice di valutare le circostanze del caso concreto tenendo conto degli
artt. 218
e
219 d.lgs. n. 285/1992
ed eventualmente applicare come sanzione amministrativa accessoria, in luogo della revoca della patente, la sospensione della stessa, la cui durata dovrà essere fissata all'interno dei limiti previsti dal secondo e dal terzo periodo del capoverso dell'
art. 222 d.lgs. n. 285/1992
(fino a due anni in caso di lesioni e fino a quattro anni in caso di omicidio).
Le ricadute della decisione della Consulta sui procedimenti pendenti e conclusi
Con la sentenza
n. 88 del 2019
della Corte costituzionale
si è posto il problema di quale sia la sorte delle revoche già disposte a seguito delle condanne o dei patteggiamenti per i reati di lesioni e omicidio stradali non aggravati.
Se non vi sono dubbi che la revoca possa essere sostituita con la sospensione in caso di procedimenti non ancora conclusi, quid iuris nei casi di sentenze passate in giudicato?
Nel caso di specie la declaratoria d'illegittimità costituzionale non ha travolto una norma penale strettamente incriminatrice, ma una disposizione che incide sul trattamento sanzionatorio in senso lato. La Suprema Corte, con la nota pronuncia Gatto (
Cass. pen.,
S
ez. un., 29 maggio 2014,
n. 42858
, Rv. 260697), ha chiarito che una pena illegale non può essere eseguita e il giudice dell'esecuzione deve rideterminare la pena nell'alveo della cornice di legittimità ripristinata dalla Corte delle leggi. Tale rimodulazione in favore del condannato non trova ostacoli nel fatto che il provvedimento "correttivo" da adottare non sia a contenuto predeterminato, potendo il giudice avvalersi di penetranti poteri di accertamento e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali, o comunque derivanti dai principi in materia di successione di leggi penali nel tempo, che inibiscono l'applicazione di norme più favorevoli eventualmente medio tempore approvate dal legislatore.
Tuttavia, i suddetti principi sono stati elaborati con riferimento alle sanzioni penali, siano esse principali o accessorie, mentre la revoca della patente di guida è una sanzione amministrativa accessoria al reato.
Si potrebbe, però, sostenere che i provvedimenti in materia di patente di guida applicati dal giudice penale all'esito di una pronuncia di condanna o di patteggiamento per i delitti di lesioni personali e omicidio stradali rivestano natura “sostanzialmente penale” ai sensi dell'
art. 7 CEDU
. Si tratterebbe non già di sanzioni amministrative, bensì di vere e proprie “pene”, nella declinazione “sostanzialistica” fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
Riconoscere natura punitiva
alle sanzioni in esame significa estendere necessariamente le garanzie previste per la materia penale dalla Costituzione e dalla Convenzione
(artt. 25,
comma 2,
27,
111, co
mmi
3 e 5, 112 Cost.
;
artt. 2,
4,
prot. 7,
6
e
7 CEDU
). Ciò consentirebbe anche di applicare le coordinate ermeneutiche elaborate dalla giurisprudenza di legittimità in tema di revisione del giudicato sulla pena illegale.
Si ricorda che, secondo quanto affermato a partire dalla sentenza della Corte EDU, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri contro Paesi Bassi, sono riconducibili alla materia penale tutte quelle sanzioni che, pur se non qualificate come penali dagli ordinamenti nazionali, sono rivolte alla generalità dei consociati, perseguono uno scopo non meramente risarcitorio, ma repressivo e preventivo e hanno una connotazione afflittiva, potendo raggiungere un rilevante grado di severità.
(Segue). Revoca e sospensione della patente di guida come sanzioni amministrative accessorie non “sostanzialmente” penali
Con riguardo alla revoca della patente di guida, la Corte di Cassazione ha già avuto occasione in passato di escluderne la natura sostanzialmente penale ai sensi dell'
art. 7 CEDU
(
Cass. pen.,
S
ez. IV, 18 aprile 2017-, n. 23171
, Rv. 270347;
Cass. pen.,
S
ez. IV, 20 giugno 2018, n.
32239
, Rv. 273457). Ad avviso dei giudici di legittimità, il concetto di matière pénale inteso in senso sostanzialistico è stato elaborato dalla Corte di Strasburgo al precipuo fine di estendere l'applicazione del divieto di bis in idem in conformità all'
art. 4, prot. n. 7, CEDU
e al fine di scongiurare che vasti processi di decriminalizzazione possano avere l'effetto di sottrarre gli illeciti, così depenalizzati, alle garanzie sostanziali assicurate dagli
artt.
6
e
7 CEDU
, senza tuttavia voler porre in discussione la discrezionalità dei legislatori nazionali nell'adottare strumenti sanzionatori ritenuti più adeguati dell'illecito penale.
Partendo da tali premesse concettuali, la Suprema Corte osserva che nel caso di specie non può discutersi di violazione del principio del ne bis in idem, posto che la revoca della patente di guida viene disposta dal giudice penale all'esito del processo penale, dunque l'imputato non è sottoposto ad un procedimento amministrativo e a un procedimento penale per il medesimo fatto, godendo egli delle garanzie del giusto processo all'interno del quale viene irrogata la stessa sanzione amministrativa.
Nella fattispecie qui in esame, la previsione di una sanzione amministrativa irrogata all'esito di un giudizio penale vanifica la preoccupazione, rinvenibile in alcune enunciazioni teoriche della giurisprudenza CEDU, di una “truffa delle etichette”, ossia che la configurazione di un illecito come amministrativa abbia il fine precipuo, se non esclusivo, di eludere le garanzie proprie del processo penale.
Si aggiunge, poi, che nel caso che qui interessa si cumulano una serie di sanzioni (detentiva, pecuniaria, interdittiva) a tutela di interessi generali non omogenei, come tali non sovrapponibili. In sostanza, la revoca della patente di guida ha una natura disomogenea rispetto alla pena in quanto sanzione con chiara finalità preventiva piuttosto che sanzionatoria. Ne è riprova il fatto che essa resta eseguibile ad opera del Prefetto, ai sensi dell'
art.
224, co
mma
3, d.lgs. 285/1992
, anche in caso di estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell'imputato.
Si potrebbe aggiungere che la revoca della patente di guida non comporta un rilevante sacrificio avuto riguardo alla sfera giudica intaccata, in quanto va a colpire una mera facoltà, non una situazione di diritto, che può essere esercitata sulla base di un provvedimento amministrativo di abilitazione ed è assoggettata al controllo dell'autorità amministrativa, in particolare del Prefetto.
Recentemente, la Suprema Corte si è espressa proprio sulla questione in esame rigettando un ricorso con il quale si chiedeva la rivalutazione in sede esecutiva del trattamento sanzionatorio accessorio adottato dal giudice della cognizione, assumendo la funzione punitiva della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida. Il ricorrente riteneva che la formazione del giudicato non fosse di ostacolo ad un intervento del giudice dell'esecuzione in quanto la
Corte costituzionale, con la sentenza n. 63 del 2019
, ha stabilito che le sanzioni amministrative aventi natura punitiva (nel caso di specie quelle previste dall'
art. 187-
bis
d.lgs. n. 58/1998
per l'abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato) soggiacciono alle garanzie che la Costituzione e il diritto internazionale dei diritti umani assicurano alla materia penale, ivi compresa la garanzia della retroattività della lex mitior.
La Corte ha disatteso le argomentazioni del ricorrente escludendo la possibilità di intervenire, dopo il giudicato, a rideterminare la sanzione amministrativa accessoria applicata dal giudice penale. Si è, infatti, osservato che la revoca e la sospensione della patente di guida non hanno natura penale (anche se non è chiaro il percorso argomentativo attraverso il quale si giunge a tale conclusione) e in ogni caso le garanzie previste dal diritto interno per la pena non valgono anche per le sanzioni amministrative qualificabili come sostanzialmente penali per l'ordinamento convenzionale, in quanto l'ordinamento nazionale può apprestare garanzie ulteriori rispetto a quelle convenzionali, riservandole alle sole sanzioni penali. In tale angolo visuale si colloca, ad avviso della Corte, proprio la peculiare tutela di cui all'
art. 30
,
co
mma
4
,
l. n. 87/1953
, come estensivamente interpretata dalla giurisprudenza di legittimità (che ha chiarito come essa riguardi le ipotesi di dichiarazione di illegittimità costituzionale tanto delle norme incriminatrici quanto delle norme penali che incidono sul quantum del trattamento sanzionatorio). Dunque, in tema di revoca e sospensione della patente di guida deve piuttosto applicarsi il comma 3 del medesimo articolo a mente del quale «le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione», senza possibilità di intervenire sui rapporti esauriti quale è quello derivante dall'irrogazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della potente di guida, che, nel caso di specie, era stata eseguita in data anteriore alla pronuncia della sentenza n. 88 del 2019 (
Cass. pen.,
S
ez. I, 13 dicembre 2019, n. 1634
).
(Segue). Qualche argomento a favore della natura “sostanzialmente” penale dei provvedimenti sulla patente di guida
Va detto che sulla natura giuridica della revoca della patente vi era già stato in passato un acceso dibattito. Prima dell'entrata in vigore del
nuovo codice della strada
, le Sezioni unite erano giunte ad attribuirle la natura di vera e propria pena accessoria “comprimendo con inevitabile danno economico la libertà di circolazione [...] e reprimendo nella maniera più acconcia lo scorretto esercizio di essa'' (Cass. pen., Sez. un., 19 dicembre 1990, n. 2246, Rv. 186721).
Il nuovo
art. 222 d.lgs. 285/1992
qualifica espressamente come amministrative le sanzioni accessorie della sospensione e della revoca della patente di guida e in tal senso si è orientata la giurisprudenza successiva. Osservano le Sezioni unite che la natura della sanzione non muta quando il potere di irrogarla sia attribuito al giudice penale. Essa conserva la sua peculiare essenza “incentrata tutta sulla tutela di un interesse di spettanza della pubblica amministrazione”. Sospensione e revoca vengono a delineare “un sistema binario di deterrenza [...] volto a dare una risposta efficace, contemporaneamente repressiva e preventiva, rispetto a fatti polioffensivi, ovvero dotati di una particolare pericolosità per la convivenza sociale e per gli interessi pubblici” (
Cass. pen., Sez. un., 27 maggio 1998
-
, n. 8488
, Rv. 210983).
Tuttavia, in dottrina si registrano opinioni diverse. Si è, infatti, osservato che le sanzioni accessorie in esame hanno una funzione special-preventiva e interdittiva, funzionale alla contemporanea tutela sia dell'interesse penale che di quello amministrativo (
Di Martino
, Intersezioni di legalità e ‘‘sanzioni'' accessorie. Tra giurisprudenza nazionale, diritti umani, sistemi stranieri, in AA.VV., Studi in onore di M. Romano, Napoli, 2011, 205; ma si veda anche
Menghin
i, Le sanzioni penali a contenuto interdittivo. Una proposta de iure condendo, Torino, 2008, 40 ss. e 106-107).
In effetti, rispetto al quadro normativo delineato dal precedente
c
odice della strada
, l'unico dato di vera novità è che il legislatore ha optato per una qualificazione espressa in termini di sanzione amministrativa accessoria, ma i criteri Engel sono stati elaborati proprio per superare le classificazioni interne degli ordinamenti ed evitare una “truffa delle etichette” da parte dello Stato contraente, che, attraverso l'espediente della qualificazione come “non penali” di un illecito, una sanzione o un procedimento, li potrebbe sottare al complesso delle garanzie previste dalla CEDU per la materia penale. In questo senso appare un po' riduttivo l'assunto della Suprema Corte secondo il quale il concetto di ‘‘materia penale'' sarebbe stato elaborato dalla Corte di Strasburgo al solo scopo di estendere l'applicazione del ne bis in idem in conformità con quanto previsto all'
art. 4, prot. n. 7, CEDU
.
Applicando il “test Engel” alle sanzioni in esame, deve osservarsi che sospensione e revoca della patente di guida vengono disposte dal giudice penale a seguito dell'accertamento, tramite un processo penale, di un fatto costituente reato. Esse hanno una funzione preventiva in quanto tendono a impedire la reiterazione di fatti analoghi a quello oggetto di condanna inibendo la conduzione di veicoli e sono preordinate alla tutela di un interesse pubblico – la sicurezza degli utenti della strada – che può concorrere con quello oggetto della sanzione penale. Sul versante dell'afflittività, non si può nascondere che la sospensione e la revoca della patente, impedendo la circolazione stradale, incidono su una libertà costituzionalmente garantita e possono avere gravi ripercussioni sulla vita lavorativa e di relazione di una persona. Concorre poi certamente a caratterizzare l'aspetto dell'afflittività anche la comminatoria automatica che non permette la valutazione del caso concreto e della persona.
In merito a quest'ultimo aspetto, deve osservarsi che, pur non prendendo espressamente posizione sulla natura delle sanzioni in argomento, la
Corte costituzionale, con la sentenza n. 88 del 2019
, ha ritenuto di sindacarne la ragionevolezza sotto il profilo dell'automatismo legislativo, ritenendo che previsioni sanzionatorie rigide non siano in armonia con il “volto costituzionale” del sistema penale quando, per la natura dell'illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, quest'ultima non appaia ragionevolmente “proporzionata” rispetto all'intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato. Dunque, nel dichiarate incostituzionale l'automatismo del provvedimento revocatorio conseguente ai reati di lesioni e omicidio stradali non aggravati, la Corte ha utilizzato coordinate ermeneutiche elaborate per le sanzioni penali accessorie (significativo è il fatto che la Corte richiami la propria sentenza n. 222 del 2018, che, con riferimento ai reati fallimentari, ha censurato la «rigidità applicativa» di una sanzione accessoria fissa, evidenziato come la gravità dei fatti concreti, riconducibili alle fattispecie penali, possa essere marcatamente differente).
Per concludere deve osservarsi che la scelta di configurare con “sostanzialmente” penali le sanzioni in esame comporta la possibilità per il giudice dell'esecuzione di valutare se la gravità concreta del reato già giudicato giustifichi la sostituzione della sanzione accessoria più grave con quella meno afflittiva, ma soprattutto di quantificare il periodo di sospensione della patente di guida tenendo conto del grado di colpa, dell'entità dell'evento lesivo, della pericolosità del soggetto espressa dalle modalità della condotta e dai suoi precedenti penali ecc. Tale indagine potrà essere condotta sia utilizzando il contenuto del fascicolo processuale (che di regola sarà sufficiente), sia esercitando i penetranti poteri di accertamenti che la Suprema Corte ha ormai da tempo riconosciuto al giudice della fase esecutiva nella rideterminazione della pena.
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Sommario
L'illegittimità costituzione dell'art. 222, comma 2, d.lgs. n. 285/1992
(Segue). Revoca e sospensione della patente di guida come sanzioni amministrative accessorie non “sostanzialmente” penali
(Segue). Qualche argomento a favore della natura “sostanzialmente” penale dei provvedimenti sulla patente di guida