Il sistema delle impugnazioni: i nuovi orizzonti
28 Luglio 2020
Ogni decisione è giusta. L'ordinamento non può pensare che vengano assunte decisioni sbagliate o illegali. Ma, allo stesso tempo, l'ordinamento non può aprioristicamente escludere che le pronunce possano essere sbagliate e illegali.
Allora il legislatore affida alle parti, titolari di interessi e visioni contrapposti, di richiedere un controllo sulla correttezza e sulla legittimità delle decisioni. Inevitabilmente questa attività è subordinata a termini, forme, interessi, con conseguente declaratoria di inammissibilità delle attività delle parti non rispettose delle previsioni normative. Se le parti non si attivano la sentenza (giusta o sbagliata; corretta o illegale) diventa definitiva perché teoricamente giusta, come affermato in premessa. Nulla esclude che in questo percorso una decisione giusta e rispettosa della legalità si tramuti nei passaggi successivi in una decisione ingiusta e illegale, con conseguente possibilità di ulteriori mirate verifiche di legalità. A tal fine si sono previste le impugnazioni: vari mezzi, differenziati in relazione alla funzione da perseguire: non potrebbero esserci mezzi uguali e conseguentemente i vari rimedi sono attivabili l'uno in successione all'altro. Si tratta di un percorso a cerchi concentrici ovvero con segmenti che progressivamente si integrano, sottratti da una logica selettiva dei controlli.
I riferimenti normativi si trovano prevalentemente riuniti negli artt. 546, 581 e 606 c.p.p. È possibile che, in questo quadro possa trovare estrinsecazione una progressiva lettura riduttiva dell'effetto devolutivo in appello. In questa stessa prospettiva sta assumendo un significato pregnante il consenso ai riti (patteggiamento e concordato), non solo eliminando passaggi procedurali, ma anche riducendo l'oggetto del controllo (motivi differenziati). Una significativa novità in materia è costituita dall'introduzione di rimedi straordinari, operanti, cioè, nei confronti delle decisioni irrevocabili, nel più ampio contesto della erosione del giudicato. Il riferimento va all'ampliamento dei casi di revisione (patteggiamento) e alla c.d. revisione europea (Corte cost. n. 113 del 2011) che, originata dal caso Dorigo, è suscettibile di un'ampia attivazione in caso di riconosciuta (o affermata) violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il dato si consolida con il ricorso straordinario per errore di fatto (art. 625-bis c.p.p.) e con la previsione della rescissione del giudicato (art. 629-bis c.p.p.).
Va sottolineato come, inizialmente attivabili dal condannato, queste impugnazioni abbiano visto riconosciuta dalle Sezioni Unite la legittimazione anche per il prosciolto (per prescrizione) con condanna al risarcimento dei danni a favore della parte civile. Il discorso inizialmente riconosciuto per la revisione e il ricorso per errore di fatto appare non solo estensibile alla rescissione del giudicato ma anche ad altre situazioni nelle quali il proscioglimento implichi una condanna.
Non va sottaciuto poi il possibile ricorso alla Corte europea per i diritti dell'uomo per violazione della Convenzione, quale ulteriore strumento di verifica della mancata applicazione della normativa interposta. Due elementi ulteriori di novità sono individuabili nelle accentuate limitazioni dei ricorsi solo per violazione di legge (art. 606, comma 1, lett. a, b, c c.p.p.) e nella riforma riconducibile alla c.d. funzione nomofilattica rinforzata (art. 618, comma 1-bis, c.p.p.) con possibili ricadute sulla declaratoria di manifesta infondatezza (sia nel giudizio di rinvio che nel giudizio d'appello). Sotto questo profilo si segnala, come anticipato, il rafforzamento delle situazioni suscettibili di determinare l'inammissibilità delle impugnazioni (meno significativa in futuro vista la riforma Bonafede in punto di prescrizione) e comunque dei suoi effetti. Altri elementi sono riconducibili alla struttura dei gravanti: in tal senso si può fare riferimento all'accentuazione dei riti camerali non partecipati, con conseguente accentuazione della cartolarizzazione, fatta salva una domanda di celebrazione in presenza (effetto della stagione Covid-19), nonché all'ipotizzata prospettiva di riforma dell'esclusione della collegialità nell'appello della decisione del giudice monocratico.
Naturalmente, il diverso approccio al modello processuale, ai poteri delle parti e a quelli del giudice, puòprospettare il tema in maniera diversificata ovvero con non poche variabili ricostruttive. Se poi, addirittura, il punto di partenza fosse costituito dalla corruzione che le decisioni sono errate o illegali, l'intera ricostruzione dovrebbe essere diversa, ma sarebbe innegabile, al di là dei piani di intenti, la presenza di una logica che rafforzerebbe i poteri di accertamento, non necessariamente a tutela dell'imputato. Il superamento della filosofia dei gravami, come onda lunga della struttura del processo penale del 1930, richiede un ripensamento che non si limiti a rafforzare i riti con le garanzie del giusto processo, ma ricostruisca un sistema dei controlli proprio di un modello accusatorio. |