Il nuovo sovraindebitamento modificato dalla legge di conversione del Decreto Ristori

05 Gennaio 2021

La legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha convertito il D.L. 137/2020 mutando la disciplina del sovraindebitamento e inserendo l'articolo 4 ter nel corpo del c.d. Decreto Ristori.
La legge di conversione del decreto ristori e le anticipazioni del codice della crisi

La legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha convertito il D.L. 137/2020 mutando la disciplina del sovraindebitamento e inserendo l'articolo 4 ter nel corpo del c.d. Decreto Ristori. Dopo diversi tentativi di modifica naufragati, la legge 3/2012 subisce l'interpolazione di molteplici disposizioni che anticipano il codice della crisi, come noto rinviato al settembre 2021.

Esso è rubricato “semplificazioni in materia di accesso alle procedure di sovraindebitamento per le imprese e i consumatori”.

Il legislatore ha dunque inteso ampliare le maglie per l'accesso all'istituto: è lecito concludere che tra più opzioni interpretative, sempre possibili in una trama normativa piena di aporie, dovrà essere oggi preferita la soluzione che consenta l'apertura della procedura rispetto a quella che la neghi.

Dalla lettura della rubrica della nuova legge mi pare evidente che non saranno più giustificate letture restrittive pur giustificate da una interpretazione letterale. Le norme del codice della crisi anticipatamente in vigore sono quelle della versione anteriore al Decreto Correttivo, poiché l'emendamento che modifica la legge 3/2012 era stato predisposto prima dell'entrata in vigore dell'ultima revisione del CCII.

Le disposizioni sono entrate in vigore dal 25 dicembre 2020, salva la possibilità di chiedere un termine fino novanta giorni per l'aggiornamento della proposta o della domanda attualmente pendente per armonizzarla con la nuova disciplina, che espressamente si applica anche ai procedimenti in corso.

Va precisato che il termine ovviamente non può essere richiesto se l'accordo di composizione della crisi è stato già rigettato dai creditori.

Gli interventi di sistema: consumatore, gruppi familiari, atti di frode

La legge 3/2012 ibridata con il codice della crisi è destinata a rimanere in vigore per pochi mesi, ma la sovrapposizione normativa è in grado di rendere particolarmente ardua l'opera dell'interprete per l'evidente stratificazione di due ossature normative non sempre armoniche.

La prima definizione anticipata è quella di consumatore: la riforma natalizia lo definisce come il soggetto che ha contratto obbligazioni per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale, e ciò a prescindere dalla natura dell'obbligazione stessa. Si risolve così l'annoso problema del fideiussore estraneo all'attività di impresa che non riceveva una tutela pacificamente riconducibile all'istituto del consumatore.

Viene poi opportunamente confermata legislativamente la possibilità di accesso al sovraindebitamento per i gruppi familiari conviventi o il cui indebitamento abbia radice comune e purché le masse attive e passive siano distinte nel piano. Sono considerati appartenenti allo stesso gruppo familiare anche i soggetti uniti da unione civile o da un rapporto di convivenza di fatto di cui alla legge 20 maggio 2016 n. 76 ovvero i parenti fino al quarto grado e affini fino al secondo. L'eventuale deposito di plurimi ricorsi impone al giudice di disporne il coordinamento, ferma restando la competenza territoriale del giudice adito per primo e ferma restando la prevalenza dell'accordo di composizione della crisi se viene depositato anche un piano del consumatore.

La nomina dell'OCC può essere unica e il compenso è ripartito proporzionalmente all'entità dei debiti di ciascun ricorrente.

Viene infine concorsualizzata definitivamente la cessione del quinto (e le altre forme assimilate come la cessione del TFR o della pensione): il debito così garantito verrà regolato come debito di massa.

Per armonizzare il tessuto normativo dopo gli interventi del giudice delle leggi, viene poi soppresso l'art. 7, comma primo, terzo periodo, che sanciva l'intangibilità dell'IVA e delle ritenute, intangibilità divenuta obsoleta dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 245 del 29 novembre 2019.

Il nuovo art. 7, secondo comma, lett. d)-bis, limita il beneficio dell'esdebitazione seriale all'esito della liquidazione del patrimonio a due provvedimenti di accoglimento, da collocare almeno a otto anni di distanza (cfr. art. 14-terdecies, primo comma, lett. c).

Cambiano i requisiti ostativi all'apertura del piano del consumatore e dell'accordo di composizione della crisi.

La prima procedura non può essere aperta se il ricorrente ha determinato il suo sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.

Limitatamente all'accordo di composizione della crisi, il ricorso è inammissibile se risultano (singoli) atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

Le nuove condizioni meritano qualche riflessione.

Anzitutto mi pare che il piano del consumatore preveda limitazioni più ampie rispetto all'accordo: esso è impedito non da un singolo atto di frode, ma da un contegno complessivo fraudolento che possa porsi come antecedente causale rilevante del sovraindebitamento. Viceversa, l'accordo di composizione della crisi dovrebbe essere impedito dal riscontro di singoli atti diretti a frodare le ragioni dei creditori, non necessariamente causativi della crisi e che dunque possono essere anche successivi all'emergere del dissesto. Simili atti devono essere intesi a diminuire volontariamente la garanzia generica: ciò può accadere evidentemente solo quando il patrimonio rischia di essere aggredito e il debitore intenda sottrarsi alle eventuali iniziative esecutive dei creditori, circostanze che presuppongono l'esistenza di uno stato di sovraindebitamento e dunque non ne sono la causa.

Una seconda riflessione è legata alla tassatività del requisito della frode: secondo il nuovo art. 7d-quater),la proposta non è ammissibile se limitatamente all'accordo di composizione della crisi risultano commessi atti di frode. Ne consegue che l'esistenza di atti di frode non è più un requisito ostativo per l'apertura della liquidazione del patrimonio come previsto dall'art. 14-quinquies, che deve intendersi implicitamente abrogato (rinvio al paragrafo dedicato alla liquidazione del patrimonio).

Le novità nel piano del consumatore

Il piano del consumatore risulta potenziato da due disposizioni che si ispirano a concezioni diametralmente opposte a quelle della legge 3/2012.

Nell'ottica di una tutela rinforzata dell'abitazione principale, il piano può prevedere il rimborso del mutuo fondiario se i pagamenti sono regolari o se il giudice autorizza il pagamento delle rate inadempiute. E ciò, sembrerebbe, a prescindere dalla valutazione di una maggiore convenienza per i creditori. Mutano poi le coordinate del merito creditizio. Non può presentare opposizione all'omologa né reclami che non siano conseguenza del dolo del ricorrente il finanziatore che (i) abbia violato le disposizioni di cui all'art 124-bis del testo unico bancario (che impone di valutare il merito creditizio sulla base di informazioni adeguate) ovvero (ii) abbia erogato importi con un piano di restituzione in grado di erodere la soglia di un reddito considerato dignitoso. La soglia è qui calcolata sulla base dell'assegno sociale oggi pari ad Euro 459,83 moltiplicato secondo i parametri ISEE per ogni membro del nucleo familiare (semplificando: il valore va moltiplicato da un minimo di 1 a 2,85 per cinque membri del nucleo). L'attestazione del gestore/OCC dovrà prendere posizione sul punto in via espressa, così come sui costi della procedura che in precedenza non erano imposti come allegato della relazione.

Le novità nell'accordo di composizione della crisi: il cram down erariale

Anche l'accordo di composizione della crisi viene ritoccato con l'introduzione di norme mutuate dal CCII.

La principale novità riguarda il cram down erariale: la proposta può essere omologata dal Tribunale anche senza l'adesione dell'amministrazione finanziaria o previdenziale se è più conveniente rispetto a ogni alternativa liquidatoria, secondo una precipua attestazione che il gestore deve inserire nella propria relazione.

In questo caso, e potrebbe valere come regola generale, la norma va coordinata con il meccanismo di voto dell'accordo, come noto fondato sul silenzio assenso. Il voto negativo dell'erario o dell'INPS deve essere giocoforza espresso, sì che la mancata adesione del creditore non può essere considerata un presupposto per l'intervento sostitutivo del Tribunale, poiché essa equivale alla approvazione della proposta. Ne consegue che il giudice sarà onerato di verificare la convenienza e imporre l'accordo di composizione della crisi rispetto alla soluzione liquidatoria solo in presenza di un voto espressamente negativo dell'amministrazione finanziaria o previdenziale. Una prima conferma di una simile impostazione viene dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate 34/E del 29 dicembre 2020 (per il vero pensata solo per il concordato e l'accordo di ristrutturazione), che impone ai funzionari di manifestare il proprio dissenso motivandolo e solo in caso di manifesta inattendibilità della proposta e dell'attestazione: essa sarà oggetto di un voto negativo solo in casi estremi, se la proposta sia manifestamente inidonea e con un supporto motivazionale evidente che potrà essere disatteso dal tribunale laddove sia incoerente con il criterio della convenienza.

La liquidazione del patrimonio: le autorizzazioni del giudice, gli atti di frode e la liquidazione del patrimonio senza beni

Con l'ultima modifica, la procedura di liquidazione del patrimonio è legittimata a intraprendere l'azione revocatoria ordinaria, che viene espressamente attribuita al liquidatore giudiziale per dirimere incertezze applicative sorte in precedenza. Ogni iniziativa giudiziale potrà essere intrapresa o proseguita con l'autorizzazione del giudice che oggi non è espressamente richiesta e solo se utile al miglior soddisfacimento dei creditori. L'inserimento dell'azione pauliana comporta l'abrogazione implicita della verifica degli atti in frode quale condizione per l'apertura della procedura. E infatti la revocatoria ordinaria presuppone un atto di disposizione volontariamente lesivo dei diritti dei creditori e che coincide con un atto di frode. Questa interpretazione è confermata dal nuovo art. 7 comma 2 d-quater) che impedisce l'apertura di una procedura di sovraindebitamento limitatamente all'accordo di composizione della crisi se risultano atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

L'impianto della normativa appare così più coerente, poiché l'accordo di composizione della crisi si pone in rapporto di alternatività rispetto alla liquidazione del patrimonio: se vi è spazio per intraprendere un'azione di inefficacia è possibile aprire solo la liquidazione del patrimonio, mentre se non vi sono atti di frode è possibile intraprendere anche l'accordo o il piano che non contemplano ovviamente l'esercizio dell'azione pauliana.

Dunque, si deve concludere che nella nuova fisionomia della legge 3/2012, il compimento di atti fraudolenti non è di ostacolo all'apertura dell'accordo di composizione della crisi e della liquidazione del patrimonio. E ciò anche se l'art. 14-quinquies della legge sulle insolvenze minori letteralmente esiga ancora la verifica dell'assenza di “atti in frode”: l'inciso va annoverato tra le molteplici incongruenze già presenti nella legge 3/2012.

Una diversa interpretazione mi parrebbe paradossale. Diversamente argomentando, infatti, bisognerebbe differenziare gli atti in frode dalla scientia damni, che oggi non può più impedire l'apertura della liquidazione del patrimonio perché condizione dell'azione pauliana espressamente accordata al liquidatore giudiziale. Paradossalmente, occorrerebbe sostenere che non è frode la conoscenza in capo al debitore del pregiudizio che l'atto di disposizione del patrimonio arreca alle ragioni dei creditori.

Sotto altro profilo, le recenti modifiche potrebbero rafforzare la tesi della ammissibilità dell'apertura di una liquidazione del patrimonio senza beni, nemmeno prospettici, attualmente non sempre consentita dai tribunali di merito (si vedano Trib. Milano 19 novembre 2017, Trib. Verona 21 dicembre 2018, Trib. Pordenone 14 marzo 2019, Trib. Matera 24 luglio 2019). E infatti, se è consentito l'effetto più ampio dell'immediata esdebitazione con una liquidazione solo eventuale (si veda il prossimo paragrafo), a fortiori deve essere consentita l'apertura del concorso con una liquidazione senza beni che determina il minore risultato dell'effetto del blocco delle azioni esecutive e del blocco del decorso degli interessi.

L'esdebitazione del debitore incapiente

La novità più deflagrante è l'introduzione dell‘esdebitazione dell'incapiente ex art. 14-quaterdecies, mutuata tout court dall'art. 283 del Codice della crisi. Qualora non si possa offrire ai creditori alcuna utilità, nemmeno in prospettiva futura senza ulteriormente indebitarsi e senza discendere al di sotto di una soglia minima di reddito pari all'assegno sociale aumentato della metà (attualmente Euro 689,7 netti al mese) e normalizzato secondo i parametri ISEE sopra richiamati, è possibile l'immediata dichiarazione di inesigibilità dei debiti (esclusi quelli indicati nell'art. 14-terdecies, terzo comma), senza passare per la liquidazione.

La domanda può essere presentata una sola volta nella vita con la sola assistenza dell'organismo di composizione della crisi e dunque apparentemente senza il patrocinio legale, posto che la norma prevede che il ricorso venga depositato tramite il gestore.

La procedura si apre solo se il giudice ritiene che il ricorrente sia meritevole, non abbia determinato il sovraindebitamento con dolo o colpa grave e non abbia compiuto atti in frode, che giustificherebbero invece l'apertura della liquidazione del patrimonio per l'esercizio dell'azione revocatoria.

Dopo l'apertura, i creditori attinti dalla notifica del decreto, avranno la possibilità di opporsi al decreto, senza particolari formalità entro trenta giorni dalla notifica. Il debitore verrà monitorato per quattro anni dall'OCC, i cui compensi sono ridotti della metà: se sopravvengono utilità rilevanti, pari al dieci percento del valore del passivo, esse verranno distribuite ai creditori.

In conclusione

Il nuovo assetto della legge 3/2012 coglie sicuramente l'esigenza di rendere più semplice l'apertura delle procedure di sovraindebitamento, orientando l'interprete verso posizioni più elastiche che corre l'obbligo di perseguire. E ciò anche solo per senso di responsabilità degli operatori del diritto, per recepire l'intento e la sensibilità del legislatore, che ha ritenuto di disporre una semplificazione in materia di accesso all'istituto anche solo per qualche mese: e ciò per alleviare l'impatto della pandemia in un'ottica di tenuta del tessuto sociale.

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