Sovraindebitamento (l. 3/2012)

20 Maggio 2020

Con l'approvazione della legge 27 gennaio 2012 n. 3 recante "Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento" il legislatore italiano ha previsto un sistema di composizione delle crisi da sovraindebitamento riservato ai soggetti non fallibili a norma della legge fallimentare e che possono essere indicati genericamente come debitori civili non fallibili. 

Inquadramento

Avvertenza – Bussola in aggiornamento

Con l'approvazione della Legge 27 gennaio 2012 n. 3 recante "Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonche' di composizione delle crisi da sovraindebitamento" il legislatore italiano ha previsto un sistema di composizione delle crisi da sovraindebitamento riservato ai soggetti non fallibili a norma della legge fallimentare e che possono essere indicati genericamente come debitori civili non fallibili. Tra i plurimi obiettivi della legge sicuramente vi è anche quello di consentire al debitore non fallibile la possibilità di raggiungere accordi con tutti i suoi creditori al fine di adempiere (almeno in parte) le proprie obbligazioni con la prospettiva (almeno in alcuni casi) di ottenere l'esdebitazione potendo così avvantaggiarsi del c.d. fresh start e, cioè, la possibilità per il debitore meritevole di poter ripartire da zero evitando l'esclusione dello stesso dal mercato della circolazione dei beni e dei crediti evitando, tra l'altro, il ricorso all'usura.

Sebbene la legge sia del gennaio 2012, l'istituto – che ha già subito modifiche legislative - si caratterizza per essere un istituto ancora “nuovo”, non molto conosciuto nelle suoi tre possibili procedimenti (piano del consumatore, accordo di composizione e liquidazione del patrimonio) e ancora non caratterizzato da posizioni giurisprudenziali univoche.

Peraltro, al momento sembra che l'unica forma di conoscibilità "istituzionalizzata" dell'istituto da parte del debitore civile non fallibile sia l'avviso che l'attuale art. 474 c.p.c. esige sia inserito nell'atto di precetto e, cioè, l'avvertimento al debitore della possibilità di fare ricorso ad un organismo di composizione della crisi o a un professionista nominato dal giudice mediante un accordo o un piano del consumatore.

I procedimenti di composizione della crisi

Il legislatore ha introdotto tre procedimenti, denominati piano del consumatore, accordo di composizione della crisi e liquidazione del patrimonio. Tutti e tre i procedimenti hanno presupposti di ammissibilità sia comuni che speciali.

Si tratta di procedimenti che consentono al debitore di raggiungere un accordo con i creditori (eventualmente di liquidazione del patrimonio) con l'intervento necessario, in funzione di ausilio oltre che di verifica, di un organismo di composizione della crisi (OCC) o di un professionista nominato dal giudice con funzioni di OCC e tramite un processo giurisdizionale (seppure in sede di volontaria giurisdizione con le forme camerali) di competenza del tribunale del luogo di residenza o della sede principale del debitore.

Quanto ai presupposti di ammissibilità comuni, occorre distinguere tra quelli oggettivi e quelli soggettivi.

Orbene, con riferimento ai requisiti di ammissibilità oggettivi, la legge subordina la possibilità di accedere alle tre procedure alla constatazione che il debitore versi in una situazione di sovraindebitamento, per tale intendendosi "la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente".

Con riferimento, invece, ai requisiti soggettivi, questi sono più articolati.

Il primo requisito comune è che il debitore in stato di sovraindebitamento non sia un debitore soggetto ne' assoggettabile a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla Legge n. 3/2012 (ivi compresi l'imprenditore agricolo, che può scegliere tra il sovraindebitamento e gli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l.fall., e le start-up innovative nei limiti di quanto previsto dall'art. 31 d.l. 179/2012).

Peraltro, nell'ipotesi in cui, nonostante il mancato rilievo della assoggettabilità a fallimento, il debitore ottenga l'omologa del piano del consumatore o dell'accordo di composizione della crisi e successivamente dovesse intervenire una sentenza dichiarativa di fallimento a carico del debitore, questa avrebbe l'effetto di risolvere l'accordo raggiunto ed omologato.

Il secondo requisito comune a tutte e tre le procedure può essere qualificato come "meritevolezza" o quantomeno "non immeritevolezza" del debitore.

Il requisito viene declinato in un duplice senso: il primo è che il debitore non deve aver fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti previsti dalla Legge n. 3/2012 (oltre a non aver subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli artt. 14 e 14-bis e a non aver fornito documentazione che non consenta di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale); il secondo, è che il debitore non deve aver compiuto atti in frode ai creditori (sulla cui nozione, peraltro, la giurisprudenza non ha ancora raggiunto un'interpretazione consolidata).

Vi è poi un requisito soggettivo speciale di ammissibilità, rappresentato dall'essere il debitore un consumatore, intendendosi per consumatore "il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attivita' imprenditoriale o professionale eventualmente svolta".

Il requisito speciale rileva in questo senso: mentre il debitore consumatore può accedere (ricorrendone tutti gli altri presupposti delle singole procedure) a tutti e tre i procedimenti (piano del consumatore, accordo di composizione della crisi e liquidazione del patrimonio), il debitore non consumatore può accedere soltanto all'accordo di composizione della crisi e alla liquidazione del patrimonio.

L'organismo di composizione della crisi

Come anticipato, la possibilità per il debitore di presentare al Tribunale un piano o un accordo o un'istanza di liquidazione del patrimonio non è libera, ma necessita che il debitore si rivolga ad un organismo di composizione della crisi o (specie ove non siano costituiti) ad un professionista nominato dal Tribunale con funzioni di OCC.

L'OCC - che non può essere un soggetto privato e che deve essere iscritto in un apposito Registro presso il Ministero della Giustizia in base al d.m. 24 settembre 2014, n. 202 - svolge una duplice (e per taluno contraddittoria) funzione: da una parte, opera in ausilio del debitore (aiutandolo nella redazione del piano o dell'accordo); dall'altra opera in funzione della procedura (con inevitabili effetti nei confronti dei creditori che faranno affidamento anche su quanto scritto dall'OCC, rectius dal gestore nominato per la singola procedura dall'OCC).

Ed infatti, l'OCC – in persona del gestore nominato – deve redigere all'esito della fase precedente il deposito della proposta di piano o di accordo o della domanda di liquidazione una relazione particolareggiata sulla specifica situazione del debitore, avendo cura di ricordare che non potrà mai confidare esclusivamente sulle informazioni fornite dal debitore essendo onerato espressamente di verificare quanto riferito anche attraverso l'accesso alle banche dati (sul modello di quanto previsto dall'art. 492-bis c.p.c.).

L'OCC provvede poi anche alla fase successiva alla presentazione della proposta, ivi compresa la fase di esecuzione del piano e dell'accordo e potendo essere nominato anche liquidatore nella liquidazione del patrimonio.

Il piano del consumatore: Il contenuto

Il debitore in stato di sovraindebitamento che sia anche consumatore, ai sensi dell'art. 7, comma 1-bis, può proporre ai creditori, con l'ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all'art. 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell'articolo 9, comma 1, un piano del consumatore che preveda la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell' art. 545 del codice di procedura civile e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, preveda scadenze e modalita' di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, indichi le eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti e le modalita' per l'eventuale liquidazione dei beni.

Peraltro, e qui risiede un aspetto importante, ai sensi dell'art. 8, comma 1, la proposta di piano del consumatore (come del resto anche quella di accordo) può prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri oltre che poter contare – per garantire la fattibilità del piano – sul conferimento anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per assicurarne l'attuabilità (art. 8, comma 2).

Infine, la proposta di piano può prevedere una moratoria fino ad un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.

L'omologa del piano del consumatore

Ma qual è la caratteristica peculiare che rende particolarmente attraente per il debitore il ricorso al piano del consumatore? Ebbene, la caratteristica del piano del consumatore (in ciò distinguendosi dall'accordo) risiede in questo aspetto del procedimento: una volta che la proposta di piano sia stata depositata presso il Tribunale competente insieme alla relazione particolareggiata dell'OCC (secondo le modalità e con il contenuto previsto dall'art. 9) e il giudice l'abbia ritenuta prima ammissibile ex artt. 7, 8 e 9 della legge e, poi, ne abbia riscontrato la fattibilità nonché l'idoneità ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili, nonche' dei crediti di cui all' articolo 7, comma 1, terzo periodo, il piano verrà omologato senza che sia necessario un atto di volontà – e quindi un voto - dei creditori (o della maggioranza dei creditori). Per effetto dell'omologazione il piano è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità prevista dall'art. 12-bis (che regola il procedimento da seguire per l'omologa del piano del consumatore). L'unica modalità indiretta di espressione della propria volontà da parte dei creditori risiede nella possibilità di contestare la convenienza del piano (oltre quella di contestare i requisiti di ammissibilità delle procedura da parte del debitore proponente): ed infatti, quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza del piano il giudice omologherà soltanto "se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata" dagli artt. 14-ter e seguenti della legge (c.d. alternativa liquidatoria). Diversamente, i creditori saranno obbligati a quanto risulterà previsto dal piano circa la percentuale di soddisfazione del proprio credito, fermo restando che, ex art. 12-ter, comma 3, "l'omologazione del piano non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso" e che non determina la novazione delle obbligazioni, salvo che sia diversamente stabilito.Ecco allora che la circostanza che il debitore abbia a disposizione un procedimento che possa portare ad un accordo vincolante per i propri creditori senza che questi debbano votare (come, viceversa nell'accordo) rende particolarmente attraente il ricorso a questa procedura.Sennonché, proprio gli indubbi vantaggi che caratterizzano il piano del consumatore, unitamente al fatto che questa procedura (come del resto le altre) tutelano il debitore in sovraindebitamento imponendo, comunque sia, un sacrificio ai creditori, sta conducendo la giurisprudenza a interpretare in modo restrittivo l'esistenza dei presupposti di ammissibilità, soprattutto quelli speciali, del piano del consumatore.A tal proposito le due principali questioni che si sono poste riguardano proprio la nozione di consumatore e il requisito di meritevolezza speciale per l'ammissione al piano del consumatore.

La nozione di consumatore

Quanto alla nozione di consumatore – che non coincide cin la nozione prevista dal Codice del Consumo, pensata per un rapporto contrattuale singolo – è intervenuta anche la giurisprudenza di legittimità, che ha chiarito come il piano esiga che nel suo presupposto personalistico possa esservi una "rintracciabilità delle cause dell'insolvenza non risalenti ad attività economica organizzata (d'impresa o non) che ne permetta un sicuro ancoramento tipologico alla figura del debitore compromesso in atti di rischio non speculativo o comunque propria dell'intermediazione organizzativa", con la conseguenza che il piano è "esperibile ... pure da imprenditori e professionisti ove abbiano contratto obbligazioni per far fronte a esigenze personali o familiari o della più ampia sfera attinente agli impegni derivanti dall'estrinsecazione della propria personalità sociale, e anche a favore di terzi, ma senza riflessi in un'attività d'impresa o professionale propria" (cfr. Cass., sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1869).

Per la Cassazione, quindi, rileva la qualità del debito, anzi dell'insolvenza finale, ove non devono "comparire obbligazioni assunte per gli scopi di cui alle predette attività ovvero comunque esse non dovendo più risultare attuali" potendo al limite residuare eventuali debiti di cui all'art. 7, comma 1, terzo periodo (tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea, imposta sul valore aggiunto e ritenute operate e non versate), che sono da pagare in quanto tali.

La meritevolezza del consumatore

Quanto, poi, alla meritevolezza o non immeritevolezza del consumatore, già la legge prevede che il giudice possa omologare il piano se esclude che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che ha colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacita' patrimoniali.

Sulla nozione di colpa nella determinazione del ricorso al credito, la giurisprudenza è attualmente divisa tra chi ritiene di dover accedere ad un'interpretazione lata della disposizione e chi ad un'interpretazione restrittiva. Da un lato, infatti, vi è chi ritiene che – ed è questo il caso più ricorrente e discusso – il debitore non possa accedere alla procedura quando si sia indebitato oltre il limite del terzo delle proprie entrate sulla base di un credito erogato da intermediari bancari o finanziari in violazione delle regole sul merito creditizio. Dall'altro lato, invece, vi è chi ritiene che l'eventuale violazione dell'obbligo di valutare il merito creditizio possa incidere soltanto sul singolo rapporto contrattuale (e quindi consentire eventualmente un'azione giudiziaria) senza che possa avere un qualche effetto sulla meritevolezza del debitore. In quest'ottica il debitore meritevole sarebbe colui il quale sia (stato) capace di fare una valutazione presente e futura sulla propria capacità economica in rapporto ai debiti che assume, indipendentemente dall'apporto causale concorrente di un indebito finanziamento (cfr. in questi termini, Trib. Cagliari, ord., 11 maggio 2016).

Il procedimento per l'omologa del piano

Una volta che il consumatore abbia predisposto una proposta di piano con l'ausilio dell'OCC, del quale deve allegare la relazione particolareggiata, deve depositarla presso il Tribunale competente. Entro tre giorni l'OCC presenta la proposta all'agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche presso gli enti locali. Il deposito della proposta equivale a deposito di una domanda giudiziale (e, quindi, necessita – nonostante la giurisprudenza non sia univoca – dell'assistenza obbligatoria dell'avvocato) e determina la pendenza della procedura (rilevante, inter alia, per individuare quali siano i creditori anteriori per i quali il piano sarà obbligatorio). Una volta presentata la domanda, il giudice, verificato se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli artt. 7, 8 e 9 e l'assenza di atti in frode ai creditori, fissa immediatamente con decreto l'udienza, disponendo, a cura dell'organismo di composizione della crisi, la comunicazione, almeno trenta giorni prima, a tutti i creditori, della proposta e del decreto.

Peraltro, in questa fase il giudice potrebbe adottare una misura cautelare tipica: ed infatti, in base all'art. 12-bis, comma 2, se "nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilita' del piano, il giudice, con lo stesso decreto, puo' disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo".

Per effetto dell'omologa, il piano diviene obbligatorio per tutti i creditori con causa o titolo anteriore ed essi non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali o azioni cautelari, ne' acquistare diritti di prelazione sul patrimonio del debitore. È anche disciplinata dalla legge la fase di possibile impugnazione e risoluzione dell'accordo nonché di revoca degli effetti dell'omologazione.

L'accordo di composizione della crisi

Il debitore non consumatore (e il consumatore) può proporre un accordo ai propri creditori che preveda la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri. Per gli imprenditori l'accordo può anche prevedere la continuità di impresa conuna moratoria fino ad un anno (dall'omologazione) per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.

Il piano deve comunque assicurare il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell' art. 545 c.p.c. e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, prevedere scadenze e modalita' di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, indicare le eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti e le modalita' per l'eventuale liquidazione dei beni.

E', poi, possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano non essere soddisfatti integralmente, allorche' ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi.

In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea, all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano puo' prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento (cfr. sul tema dell'impossibilità di falcidia dell'IVA, Cass., sez. un., 27 dicembre 2016, n. 26988).

In questa procedura, una volta che il debitore abbia depositato la proposta di accordo e il giudice ne abbia verificato l'ammissibilità ai sensi degli artt. 7, 8 e 9, nonché l'assenza di atti in frode ai creditori, fisserà con decreto – che equivale all'atto di pignoramento - l'udienza di verifica del raggiungimento dell'accordo tra debitore e creditori.

Ed infatti, in questa procedura l'accordo sarà omologato soltanto se avrà ricevuto il voto favorevole di almeno il 60% dei creditori ammessi al voto (essendo esclusi, oltre al coniuge del debitore, ai parenti e affini fino al quarto grado del debitore, ai cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta, i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l'integrale pagamento). In prima battura è compito dell'OCC trasmettere ai creditori la proposta di accordo e di ricevere il voto dei creditori ammessi (con la precisazione che la mancata espressione del voto equivale a consenso alla proposta).

E' importante notare che , nelle more dell'omologazione, con il decreto di apertura della procedura il giudice dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullita', essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali ne' disposti sequestri conservativi ne' acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore; la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.

Anche nel caso dell'accordo di composizione della crisi "l'omologazione del piano non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso" e non determina la novazione delle obbligazioni, salvo che sia diversamente stabilito.

Dal momento dell'omologazione si apre la esecuzione dell'accordo di composizione della crisi ove pure è disciplinata la fase di possibile impugnazione e risoluzione dell'accordo nonché di revoca degli effetti dell'omologazione del piano stesso.

La liquidazione del patrimonio

La liquidazione del patrimonio è una procedura alternativa alla proposta di piano e di accordo, attivabile sempre ad iniziativa del debitore (salvo l'ipotesi di cui all'art. 14-quater dove il giudice provvede su istanza dei creditori) che si avvia con una domanda al proposta al tribunale competente ai sensi dell'art. 9, comma 1, corredata dalla documentazione di cui all' art. 9, commi 2 e 3 .

Inoltre, il debitore deve allegare l'inventario di tutti i beni, nonche' una relazione particolareggiata dell'organismo di composizione della crisi che deve contenere: a) l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore persona fisica nell'assumere volontariamente le obbligazioni; b) l'esposizione delle ragioni dell'incapacita' del debitore persona fisica di adempiere le obbligazioni assunte; c) il resoconto sulla solvibilita' del debitore persona fisica negli ultimi cinque anni; d) l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori; e) il giudizio sulla completezza e attendibilita' della documentazione depositata a corredo della domanda.

La procedura di liquidazione del patrimonio – affidata ad un liquidatore che ha l'amministrazione dei beni e che può esercitare le relative azioni - comprende tutti i beni del debitore ad eccezione dei crediti impignorabili ex art. 545 c.p.c., dei crediti alimentari e di mantenimento, degli stipendi, pensioni, salari e di cio' che il debitore guadagna con la sua attivita', nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia indicati dal giudice, dei frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, dei beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall' art. 170 del codice civile e delle cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

Inoltre, comprende anche i beni sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della domanda (tant'è che la procedura non può chiudersi prima dei quattro anni).

Peraltro – e qui risiede una caratteristica importante - le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati dal liquidatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, ben potendo, inoltre, il liquidatore subentrare in eventuali processi esecutivi pendenti.

La liquidazione è volta ad ottenere, mutatis mutandis, gli effetti della cessione dei beni ai creditori ex art. 1977 c.c. prescindendo dal consenso dei creditori.

Rispetto alla cessione di diritto comune, la liquidazione del patrimonio è caratterizzata anche da un procedimento (però con efficacia solo endo-esecutiva) di accertamento dei crediti di natura concorsuale (nel senso che riguarda l'universalità dei creditori anteriori) finalizzato alla formazione del passivo.

In modo simile alla cessione di diritto comune, però, la liquidazione del patrimonio non determina l'esdebitazione del debitore: questa sarà possibile soltanto per il debitore persona fisica in presenza dei requisiti di cui all'art. 14-terdecies.

Ne deriva che l'interesse alla procedura – fuori dall'ipotesi in cui il debitore possa nutrire l'aspettativa dell'esdebitazione – risiede nell'ottenimento dell'effetto della cessione dei beni ai creditori senza il loro consenso, con una procedura che prevede anche l'accertamento del passivo nonché la misura cautelare che il giudice dispone con il decreto di apertura della liquidazione – che equivale ad un atto di pignoramento – in base alla quale "dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullita', essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive ne' acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore".

L'esdebitazione

L'esdebitazione è un istituto previsto per il debitore persona fisica all'esito della chiusura della liquidazione del patrimonio (nelle altre procedure un effetto "esdebitatorio" deriva per il debitore dalla corretta esecuzione dell'accordo o del piano omologato).

L'esdebitazione prevista per il debitore persona fisica necessità però di un procedimento dichiarativo dell'effetto, affidato al Tribunale che vi provvede una volta verificato che il debitore abbia cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utili; che si sia adoperato per il proficuo svolgimento delle operazioni; non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura; non abbia beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda; non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno dei reati previsti dall'art. 16; abbia svolto, nei quattro anni di cui all' art. 14-undecies, un'attivita' produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie competenze e alla situazione di mercato o, in ogni caso, abbia cercato un'occupazione e non abbia rifiutato, senza giustificato motivo, proposte di impiego; infine, siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.

In ogni caso l'esdebitazione è preclusa quando il sovraindebitamento del debitore sia imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacita' patrimoniali e quando il debitore, nei cinque anni precedenti l'apertura della liquidazione o nel corso della stessa, abbia posto in essere atti in frode ai creditori, pagamenti o altri atti dispositivi del proprio patrimonio, ovvero simulazioni di titoli di prelazione, allo scopo di favorire alcuni creditori a danno di altri.

Inoltre, l'esdebitazione non opera per i debiti derivanti da obblighi di mantenimento e alimentari; per i debiti da risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonche' per le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti e per i debiti fiscali che, pur avendo causa anteriore al decreto di apertura delle procedure di composizione della crisi, sono stati successivamente accertati in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.

Sanzioni

Il legislatore ha anche previsto all'art. 16 una serie di fattispecie di reato, tanto per il debitore che per il componente dell'OCC, a presidio della correttezza della procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, con la clausola di riserva espressa secondo cui i reati previsti trovano applicazione "salvo che il fatto costituisca piu' grave reato".

Orbene, in base all'art. 16, e' punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro il debitore che:

a) al fine di ottenere l'accesso alla procedura di composizione della crisi aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simula attivita' inesistenti;

b) al fine di ottenere l'accesso alle procedure (“di cui alle sezioni prima e seconda del presente capo”), produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile;

c) omette l'indicazione di beni nell'inventario di cui all'art. 14-ter, comma 3;

d) nel corso della procedura (“di cui alla sezione prima del presente capo”), effettua pagamenti in violazione dell'accordo o del piano del consumatore;

e) dopo il deposito della proposta di accordo o di piano del consumatore, e per tutta la durata della procedura, aggrava la sua posizione debitoria;

f) intenzionalmente non rispetta i contenuti dell'accordo o del piano del consumatore.

Quanto al componente dell'organismo di composizione della crisi o il professionista di cui all'art. 15, comma 9, la legge prevede la punibilità per colui che rende false attestazioni in ordine alla veridicita' dei dati contenuti nella proposta o nei documenti ad essa allegati, alla fattibilita' del piano ai sensi dell'art. 9, comma 2, ovvero nella relazione di cui agli articoli 9, comma 3-bis, 12, comma 1 e 14-ter, comma 3, punendolo con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro.

Infine, la stessa pena di cui al comma 2 si applica al componente dell'organismo di composizione della crisi, ovvero al professionista di cui all' articolo 15, comma 9, che cagiona danno ai creditori omettendo o rifiutando senza giustificato motivo un atto del suo ufficio.

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