L'efficacia della dichiarazione del fiduciario, ricognitiva dell'intestazione fiduciaria di un immobile, contenuta nel testamento

02 Febbraio 2021

La dichiarazione unilaterale scritta dal fiduciario, ricognitiva dell'intestazione fiduciaria dell'immobile, può essere contenuta anche in un testamento; essa non costituisce...
Massima

La dichiarazione unilaterale scritta dal fiduciario, ricognitiva dell'intestazione fiduciaria dell'immobile, può essere contenuta anche in un testamento; essa non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della contra se pronuntiatio, dell'onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria

Il caso

Caia nominava eredi, con testamento olografo, il convivente more uxorio Sempronio e la sorella Tizia. Quest'ultima, in seguito all'apertura della successione di Caia, agiva in giudizio per chiedere lo scioglimento della comunione ereditaria instauratasi ex testamento con Sempronio.

Il convivente, convenuto in giudizio, deduceva l'esistenza di un testamento integrativo e posteriore rispetto al precedente, nel quale la testatrice Caia aveva dato atto che l'immobile (oggetto di disposizione nel primo testamento) apparteneva nella misura del 50% a Sempronio, col quale aveva convissuto per oltre trentadue anni, e che il medesimo immobile, ristrutturato con apporti di entrambi, era solo formalmente intestato per l'intero ad essa Caia, proprietaria invece della sola quota del 50%, di tal che solo di detta quota ella disponeva.

Sempronio chiedeva pertanto, riconosciuta la natura di testamento allo scritto, la conseguente rideterminazione delle quote funzionale allo scioglimento della comunione.

Il Tribunale negava la qualificazione come testamento della scrittura privata successiva, mentre la Corte di Appello ravvisava nella medesima i requisiti minimi di riconoscibilità oggettiva funzionali a concretare l'essenza di un negozio mortis causa.

In particolare la Corte, a sostegno delle proprie conclusioni, sottolineava due espressioni utilizzate dalla testatrice nella redazione della scrittura, ovvero innanzitutto l'incipit del documento “la sottoscritta … nel pieno possesso delle sue facoltà mentali…”, locuzione normalmente correlata, nella cultura popolare, alla redazione di una scheda testamentaria, nonché l'espressione secondo la quale il riconoscimento della proprietà di Sempronio nella misura del 50% "ha fatto maturare per entrambi il diritto di entrare in possesso dell'appartamento”.

Tizia proponeva quindi ricorso in Cassazione, sostenendo che la scrittura successiva conteneva unicamente una dichiarazione ricognitiva dell'autrice circa la proprietà dell'immobile, scrittura che tuttavia non poteva essere qualificata come testamento, mancando qualsiasi riferimento a disposizioni da valere post mortem.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso e cassato la sentenza, rinviando alla Corte d'Appello espressamente enunciando il principio di diritto di cui in massima al quale attenersi.

Nella motivazione dell'ordinanza in oggetto la Cassazione, da una parte, ha condiviso la conclusione della Corte di merito che ha ravvisato nella scrittura una serie di elementi convergenti nel senso dell'individuazione di una volontà di disporre per il futuro; dall'altra parte tuttavia, ha sottolineato l'errore contenuto nella sentenza impugnata laddove faceva conseguire all'affermazione della testatrice circa la titolarità dell'immobile l'automatica attribuzione della comproprietà dello stesso in favore di Sempronio.

Secondo la Suprema Corte, infatti, siffatta dichiarazione unilaterale ricognitiva della titolarità del bene, anche se contenuta in un atto mortis causa, deve piuttosto essere inquadrata quale riconoscimento di un patto fiduciario tra Caia e Sempronio avente ad oggetto l'immobile, concretante pertanto non già un'autonoma fonte di obbligazione bensì una promessa di pagamento, confermativa del preesistente rapporto.

La questione

La questione in esame è la seguente: alla luce dei requisiti minimi di riconoscibilità oggettiva di una scrittura privata quale testamento, può in esso trovare collocazione una dichiarazione - unilaterale - del fiduciario ricognitiva dell'intestazione fiduciaria di un immobile? E, in caso positivo, quale effetto giuridico ne discende: l'attribuzione della comproprietà del bene al fiduciante ovvero il riconoscimento di un patto fiduciario?

Le soluzioni giuridiche

La questione esaminata nell'ordinanza in esame, relativa alla possibilità che una dichiarazione ricognitiva di una intestazione fiduciaria di un bene immobile sia contenuta in un testamento e all'individuazione dei correlati effetti, ha presupposto un'indagine preliminare, indispensabile da un punto di vista logico, prima ancora che giuridico, circa la possibilità di considerare la (successiva) scrittura privata redatta dalla de cuius quale testamento.

Per la forma più semplice di testamento, quella olografa, il legislatore infatti si è limitato a prescrivere, nell'art. 602 c.c., che lo stesso deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore. Tali elementi, pur necessari, non sono di per sé sufficienti per qualificare una scrittura privata come testamento: occorre infatti accertare una volontà seria di disporre per il futuro. Sebbene la causa testamentaria sia particolarmente ampia, assolvendo alla funzione di autoregolamentare gli interessi patrimoniali e non per il tempo successivo alla morte, tuttavia, è necessario avere certezza che l'atto sia destinato a valere post mortem, contenendo precetti rivolti a persone diverse dal suo autore.

Nel caso di specie la Corte di merito aveva ravvisato nella scrittura requisiti minimi di riconoscibilità oggettiva perché potesse trattarsi di un atto mortis causa; sulla base di tale presupposto, si era soffermata sull'interpretazione della volontà in essa manifestata dall'autrice, concludendo che il dichiarato riconoscimento della proprietà in capo a Sempronio nella misura del 50% fosse idoneo a far conseguire l'attribuzione della comproprietà in suo favore.

Pervenendo a diversa conclusione, la Corte di Cassazione ha ravvisato in siffatto riconoscimento l'esistenza di un patto fiduciario avente ad oggetto l'appartamento, non costituente autonoma fonte di obbligazione ed avente il solo effetto di confermare il preesistente rapporto nascente dal patto.

Pertanto la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello enunciando il principio di diritto di cui in massima, alla luce del quale la dichiarazione unilaterale scritta dal fiduciario, finalizzata a riconoscere l'intestazione fiduciaria dell'immobile, ha il solo effetto di esonerare il fiduciante, beneficiario della contro se pronuntiatio dall'onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria.

Osservazioni

Nell'impugnare la sentenza della Corte di Appello, la ricorrente lamentava innanzitutto l'errata qualificazione della scrittura privata redatta dalla testatrice come testamento olografo: il presupposto di un siffatto motivo di doglianza risiede nella circostanza che, se è vero che il testamento olografo è una scrittura privata, non è sempre vero il contrario, dovendosi esaminare in quali circostanze una scrittura privata possa essere qualificata come testamento olografo. Infatti, è intuitivo come la qualificazione della scrittura privata come atto mortis causa, costituisce il prius logico rispetto a qualsiasi questione inerente l'interpretazione della volontà.

La difficoltà di siffatta indagine deriva dalle problematiche correlate alla ricerca di una volontà definitiva dell'autore, che si sia compiutamente ed incondizionatamente manifestata e diretta a disporre attualmente, in tutto o in parte, dei propri beni per il tempo successivo alla propria morte. Al riguardo, seguendo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la Cassazione ha sottolineato come sia necessario a tal fine che, in presenza dei requisiti formali richiesti dalla legge, risulti con certezza che l'estensore della scrittura abbia voluto porre in essere una disposizione di ultima volontà, stante l'efficacia rivolta a soggetti diversi dall'autore.

In realtà, al di là delle affermazioni di principio sulla necessità di riscontrare requisiti minimi di riconoscibilità oggettiva per la individuazione di un negozio mortis causa, nonché sull'ampiezza della causa testamentaria, l'ordinanza in esame non ha enucleato parametri obiettivi ai quali ancorare il riconoscimento di una scheda testamentaria.

La Corte di Cassazione, infatti, si è limitata a convenire con quella territoriale sul fatto che “Nel caso di specie, l'atto del (…) con cui Caia attestava che il 50% dell'appartamento era di proprietà del convivente Sempronio contiene disposizioni da valere per il tempo in cui avrà cessato di vivere, alla luce dell'ampio contenuto delle disposizioni testamentarie”.

Se il presupposto è stato condiviso, tuttavia, le conclusioni sono state differenti quanto all'interpretazione del contenuto della suddetta dichiarazione, concretante per la Cassazione solo un riconoscimento dell'esistenza di un patto fiduciario.

In particolare, inquadrando quest'ultimo nella fattispecie del mandato senza rappresentanza, come riconosciuto di recente dalle Sezioni Unite (discostandosi dai precedenti orientamenti), ha aderito alla ricostruzione secondo la quale non è necessaria la forma scritta ai fini della validità l'accordo fiduciario, ancorché concerna beni immobili, ponendosi soltanto, in difetto, un problema di prova; sulla base di tale ragionamento, si è ritenuta legittima anche una dichiarazione scritta unilaterale del fiduciario ricognitiva dell'intestazione fiduciaria dell'immobile, eventualmente inserita nella scheda testamentaria, alla luce dell'ampiezza del contenuto della stessa.

Tuttavia, tale dichiarazione unilaterale, anche se inserita in un atto mortis causa, rappresenta soltanto una promessa di pagamento idonea a realizzare un'astrazione processuale della causa, ai sensi dell'art. 1988 c.c., di tal che, restando il bene nella piena titolarità del dichiarante - fiduciario, il fiduciante è esonerato dall'onere di provare il rapporto fondamentale che si presume fino a prova contraria.

In conclusione, l'agevolazione concessa al fiduciante - al fine di conseguire l'attribuzione della titolarità del bene in esecuzione del patto fiduciario - risiede nella circostanza che, prodotto nel procedimento un atto unilaterale ricognitivo proveniente dal fiduciario, l'onere della prova risulterà invertito: quindi il fiduciario, ovvero il suo avente causa, che intende contrastare il contenuto della dichiarazione ricognitiva, assume l'onere di dare l'eventuale prova contraria dell'esistenza, validità, efficacia, esigibilità o non avvenuta estinzione del pactum.

Riferimenti

Musolino, Appunti e progetto di testamento olografo. Volontà negoziale e forma, in Rivista del Notariato, fasc.5, 2014, 1026.

Scarfò, Valido il patto fiduciario immobiliare privo di forma scritta, in IlFamiliarista.it, fasc., 11 agosto 2020.

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