Vaccinazione anti-covid 19 delle persone incapaci nel d.l. n. 1/2021

09 Febbraio 2021

L'art. 5 del d.l. .5 gennaio 2021, n. 1 regola la “Manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite”. La disciplina normativa si inserisce nel quadro dei principi dettati in materia di consenso informato al trattamento medico-sanitario e di amministrazione di sostegno per i disabili impossibilitati alla gestione dei propri interessi. Tali principi guida vanno coordinati con le specifiche disposizioni dettate dal d.l. n. 1/2021, con specifico riferimento ai “soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite”, con riguardo alla manifestazione del consenso al trattamento vaccinale anti covid 19.
Premessa

Nell'ottica volta al contrasto dell'emergenza epidemiologia da Covid-19, il Governo ha approvato il d.l. 5 gennaio 2021, n. 1 (“Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid 19”), in vigore dal 6 gennaio 2021 (art. 7).

L'art. 5 del d.l. regola la “Manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite”.

La disciplina normativa si inserisce nel quadro dei principi dettati in materia di consenso informato al trattamento medico-sanitario (artt. 1 e 3 della l. 22 dicembre 2017, n. 219) e di amministrazione di sostegno per i disabili impossibilitati alla gestione dei propri interessi (artt. 404 e segg. c.c.). Tali principi guida vanno coordinati con le specifiche disposizioni dettate dal d.l. n. 1/2021, con specifico riferimento ai “soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite”, con riguardo alla manifestazione del consenso al trattamento vaccinale anti covid 19.

Il comma 1 dell'art. 5 d.l. n. 1 richiama la manifestazione del consenso al trattamento vaccinale anticovid 19 prevista dal “piano strategico nazionale”, di cui all'art. 1, comma 457, l. 30 dicembre 2020, n. 178: «per garantire il più efficace contrasto alla diffusione del virus SARS-CoV-2, il Ministro della salute adotta con proprio decreto avente natura non regolamentare il piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-Covid-2, finalizzato a garantire il massimo livello di copertura vaccinale sul territorio nazionale».

Il piano strategico del Ministro della salute, tra l'altro, indica le categoria prioritarie da vaccinare contro il virus, che sono state individuate, in ordine gradato, come segue: in primis, gli “operatori sanitari e socio sanitari”, poi i “residenti e il personale dei presidi residenziali per anziani” (stimati nella misura di circa 570.000 unità), poi, le persone di età avanzata (over 80).

Ambito di applicazione

Poste queste premesse, l'art. 5, d.l. n. 1 riguarda anzitutto la seconda categoria di vaccinandi (“i residenti dei presidi residenziali per anziani”), disciplinando le modalità di “manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite”.

Anzitutto, la novella si applica unicamente ai “ricoverati nelle strutture sanitarie assistite”, “comunque denominate”.

Tenuto conto dell'ampia tipologia di strutture assistenziali di ricovero, va individuato l'ambito applicativo della novella, domandando se la disciplina sia applicabile ai disabili ricoverati, ad es., in nosocomi ed ospedali.

La risposta non può che esigere un'interpretazione estensiva, tenuto conto della lettera (“strutture sanitarie assistite, comunque denominate”: comma 1; ovvero, “residenza sanitaria assistita, o analoga struttura comunque denominata”: comma 2) e della ratio di protezione che la sottende, dato che le strutture residenziali sono luoghi di frequente contagio virale.

La novella legis ci pare invocabile pertanto a beneficio degli ospiti di qualunque luogo di accoglienza e/o cura variamente denominato, di varia natura, sanitaria, assistenziale, psichiatrica di lungodegenza, sempre che gli ospiti di esse versino in condizione di incapacità naturale, ovvero, siano privi della capacità di autodeterminazione in materia sanitaria, necessaria ad esprimere consenso al trattamento vaccinale.

Incapaci

Per meglio inquadrare la tematica, pare opportuno distinguere due ipotesi di “incapacità”.

Laddove l'ospite della struttura sanitaria sia capace di intendere e volere, sarà lui stesso ad esprimere il consenso alla somministrazione vaccinale anti Covid, previa “informazione” medica sui rischi-benefici che la vaccinazione può comportare (a norma dell'art. 1, comma 1, l. n. 219/2017).

A questo punto, occorre ulteriormente porre la seguente dicotomia: se l'incapace sia dotato di protezione istituzionale e sia così qualificabile “incapace legale” (comma 1); ovvero, se, al contrario, egli sia “incapace naturale” (comma 2), “incapace di intendere o volere” (ex art. 428 c.c.), ma privo di protezione istituzionale.

Protezione istituzionale

Nella prima ipotesi considerata (incapace legale, sottoposto ad interdizione giudiziale o amministrazione di sostegno), il consenso al trattamento vaccinale viene espresso dal tutore, dal curatore o dall'amministratore di sostegno, ovvero, dal fiduciario ex art. 4 l. n. 219/2017, “e comunque nel rispetto di quanto previsto dall'art. 3 della legge n. 219/2017” (comma 1).

Da un canto, il comma in oggetto appare pleonastico, dall'altro contiene un errore giuridico, oltrechè un'imprecisione tecnica.

Dato che la norma si pone in continuità con la legge dettata in tema di consenso informato e d.a.t. (l. n. 219/2017)e, in particolare, con l'art. 3 di questa legge (riferito agli “incapaci”) che rimette ai rappresentanti legali degli incapaci le scelte in materia di trattamenti sanitari, risulta pleonastico e potrebbe suscitare incertezze interpretative ribadirlo in questa sede, dettando ulteriore e specifica disposizione concernente la manifestazione di consenso al trattamento vaccinale.

Oltretutto, la previsione contiene un errore tecnico nella parte in cui rimette al curatore l'espressione del trattamento sanitario vaccinale anti Covid-19 per l'inabilitato. Si consideri, invece, che il richiamato art. 3 (comma 4) della l. n. 219 dispone che il consenso informato per la persona inabilitata sia “espresso dalla medesima persona inabilitata”, in aderenza ad un'interpretazione condivisa, che ha sempre riconosciuto all'inabilitato la capacità di agire per il compimento degli atti personali e personalissimi.

L'imprecisione tecnica riscontrabile nel comma in discorso riguarda infine l'omessa enucleazione delle facoltà che in materia sono rimesse all'amministratore di sostegno.

A questo riguardo, l'a.d.s. potrà esprimere consenso alla vaccinazione per il ricoverato in struttura ed in rappresentanza del beneficiario, semprechè la relativa facoltà gli sia stata attribuita in forza del decreto di apertura ex art. 405 c.c.

Laddove nel decreto manchi l'attribuzione della c.d. delega sanitaria, il decreto andrà integrato a norma dell'art. 407, comma 4, c.c., con previsione della facoltà per l'a.d.s. di esprimersi in materia (Trib. Milano, Linee guida, 11 gennaio 2021).

Pare invece da respingere la proposta interpretativa avanzata da chi ritiene che “il potere di prestare il consenso informato promani direttamente dalla legge”. Tale assunto è privo di fondamento normativo, oltrechè contrario ai principi emergenti dal micro sistema di protezione.

Incapaci naturali ed a.d.s. ex lege

Per gli “incapaci naturali”, privi di protezione istituzionale, disabili mentali ricoverati in strutture assistenziali, il comma 2 dell'art. 5 del d.l. n. 1 ha introdotto un sistema di manifestazione del consenso al trattamento vaccinale assai complesso e burocratizzato, di cui non si sentiva necessità. Il nuovo regime è fondato sul presupposto di non far gravare sul sistema giudiziario nuovi procedimenti di nomina di a.d.s. per gli ospiti di r.s.a., soggetti ancora non “sostenuti” ex art. 404 c.c., e nell'intento di procedere ad una nomina tempestiva.

Scegliendo di non rendere obbligatoria la vaccinzione anti covid 19 per tutta la popolazione (o per una parte di essa), il Governo ha conferito ai medici della struttura sanitaria il potere di esprimere il consenso al trattamento vaccinale anti covid per gli ospiti incapaci naturali; in particolare, conferendo la qualifica di amministratore di sostegno in ordine gradato: al suo direttore sanitario, in difetto al responsabile medico della r.s.a., in subordine, al direttore sanitario della a.s.l. territorialmente competente o ad un suo delegato.

Al solo fine dell'espressione del consenso al trattamento sanitario vaccinale anti covid, tali figure di area medica sono ex lege chiamate all'espletamento della “funzione di amministratore di sostegno” (comma 2).

Trattasi di amministratore di sostegno sui generis, chiamato ad esplicare una funzione limitata al compimento di un solo, unico, atto medico, riguardante la vaccinazione anti covid (potendo, eventualmente, esprimere consenso al successivo richiamo vaccinale) e per un tempo limitato (non eccedente le successive 48 ore + 48 ore, in attesa dell'eventuale convalida giudiziale, laddove questa fosse richiesta).

L'a.d.s. in oggetto non deve quindi giurare prima di assumere l'incarico (art. 349 c.c.), né depositare rendiconti periodici (art. 380 c.c.). La nomina riecheggia la nomina giudiziale di talune figure istituzionali chiamate all'ufficio di tutore per i minori privi di parenti, che tradizionalmente è devoluta all'ente di assistenza del comune dove il minore ha domicilio (oggi, il sindaco: art. 354 c.c.)

Manifestazione del consenso alla vaccinazione da parte dell'a.d.s. ex lege

Di non secondario profilo sono le verifiche poste a carico dell'a.d.s. ex lege.

1) Anzitutto, il responsabile sanitario, a.d.s. ex lege dell'ospite persente nella struttura agli effetti della vaccinazione, è tenuto a verificare che quest'ultimo sia privo di tutore o amministratore di sostegno (“manchino”), ovvero, che gli stessi non siano “in alcun modo reperibili per almeno 48 ore”. L'a.d.s. dovrà dare atto delle “ricerche svolte”, necessarie al reperimento del rappresentante legale

2) Egli è tenuto poi a verificare che l'ospite si trovi in condizione di “incapacità naturale”, essendo tenuto ad ”accertare lo stato di incapacità naturale dell'interessato” nel documento che egli sottoscrive a norma del comma 3 (comma 2, parte finale). Ex art. 428 c.c., è incapace naturale il “soggetto le cui facoltà intellettive o volitive risultino diminuite in modo da impedire od ostacolare una seria valutazione dell'atto o la formazione di una volontà cosciente” (giurisprudenza consolidata sul punto: Cass. 1258/1958; Cass. 2634/1972; Cass. 1584/1978; Cass. 4584/1978; Cass. 6756/1995; Cass. 7626/2013). Potrebbe essere all'uopo sufficiente richiamare la patologia diagnosticata all'ospite della residenza (demenza senile, Alzheimer, schizofrenia, oligofrenia, etc.), per arguire la sua condizione di incapacità all'autodeterminazione sanitaria.

3) Ancora, l'a.d.s. è tenuto a verificare che “il trattamento vaccinale è idoneo ad assicurare la migliore tutela della salute della persona ricoverata” (comma 3). Andrà con ciò verificato che il trattamento vaccinale anti covid non sia controindicato per la salute dell'ospite, tenuto conto del trattamento farmacologico eventualmente in atto, ed anzi che lo stesso risponda ad un criterio di “beneficienza”.

4) Devono poi essere “sentiti, quando già noti” i parenti prossimi dell'ospite. L'audizione dei parenti può avvenire per le vie brevi (leggi: telefonicamente) nell'ottica di informarli della futura vaccinazione cui sarà sottoposto il familiare e per raccoglierne l'adesione. Onde evitare ricerche defatiganti, ricercando le generalità di parenti mai prima individuati, opportunamente il legislatore limita l'audizione unicamente ai parenti “già noti”.

In caso di adesione dei parenti (“in conformità”) alla proposta vaccinale avanzata dall'a.d.s. ex lege, si può dare corso agli ulteriori atti prodromici alla vaccinazione. In caso contrario, a norma del comma 4, il contrasto viene risolta dal giudice tutelare (su cui infra).

Con riguardo all'individuazione dei parenti da sentire e dai quali ricercare adesione alla proposta di consenso al trattamento vaccinale, a questo fine il legislatore sembra avere posto sul medesimo piano “il coniuge, la persona parte dell'unione civile o stabilmente convivente” (comma 3). Sembra con ciò sufficiente l'adesione da parte del partner di vita dell'incapace, affinchè il presupposto normativo si ritenga soddisfatto. Parendo, invece, irrilevante il dissenso eventualmente espresso dal figlio o dal fratello della persona incapace coniugata, ovvero, degli altri parenti (Trib. Milano, Linee guida, 11 gennaio 2021).

In difetto del partner di vita dell'incapace, va sentito “il parente più prossimo entro il terzo grado”.

Laddove emergano contrasti tra parenti collocati nel medesimo grado di parentela rispetto all'ospite della struttura, ad es., tra i figli, sembra opportuno rimettere la questione al g.t. ex comma 4, dato che in tal caso ermege una situazione di “rifiuto” di consenso.

Conclusivamente, l'a.d.s. ex lege di cui al comma 2, una volta verificato che l'ospite non gode di protezione istituzionale (ovvero, che il rappresentante legale non è reperibile nelle 48 ore, nonostante le ricerche compiute); che l'ospite si trova in una condizione soggettiva di incapacità naturale e quindi non è in grado di esprimere alcuna autodeterminazione sanitaria; che il trattamento vaccinale anti covid risponde al suo benessere fisico; che i parenti hanno espresso consenso alla vaccinazione; in presenza di tali presupposti, l'a.d.s. di cui al comma 2 “esprime in forma scritta il consenso alla somministrazione del trattamento anti covid 19 e dei successivi eventuali richiami” (comma 3), sottoscrivendo il relativo modulo.

Tale modulo va “comunicato al dipartimento di prevenzione sanitaria competente per territorio”, affinchè si proceda alla vaccinazione dell'ospite.

Nessuna comunicazione va data all'ufficio tutelare, trattandosi di atto di mera natura medica.

Il consenso espresso dal responsabile sanitario in conformità a quello dei parenti “è immediatamente e definitivamente efficace” (comma 4).

A.d.s. destinatari della procedura di consenso alla vaccinazione

Ci si è chiesti se il destinatario della procedura contenuta nei commi da 3 a 10 dell'art. 5 del d.l. n. 1 sia unicamente il responsabile sanitario nominato a.d.s. ex lege (comma 2), ovvero pure l'a.d.s. nominato ex art. 405 c.c. (comma 1).

Da un punto di vista lessicale, il comma 3 della norma richiama entrambe le tipologie di amministratori di sostegno (“il soggetto individuato ai sensi dei commi 1 e 2,”).

Sempre, da un punto di vista letterale, con riguardo ai parenti “indisponibili o irreperibili” ad esprimere consenso, il comma 5 della norma si limita a richiamare unicamente “il consenso al trattamento vaccinale sottoscritto dall'amministratore di sostegno di cui al comma 2”, ovvero espresso dai responsabili sanitari.

D'altro canto, a norma del comma 4, gli unici legittimati a richiedere l'intervento di convalida del trattamento al g.t. in presenza di “rifiuto dei parenti” alla vaccinazione sono individuati negli a.d.s. ex lege, di cui al comma 2 (“il direttore sanitario o il responsabile medico della struttura in cui l'interessato è ricoverato, ovvero il direttore sanitario dell'ASL o il suo delegato”).

Da un punto di vista lessicale, la risposta negativa sembra imporrsi ed essere tranquillizzante, rendendo destinatari della burocratica procedura prevista dai commi 3-10 dell'art. 5 unicamente gli a.d.s. sanitari nominati ex lege per esprimere il consenso alla vaccinazione anticovid degli ospiti di r.s.a., in tal modo esentando gli a.d.s. istituzionali, nominati giudizialmente con decreto ex art. 405 c.c.

Una maggiore prudenza nell'espressione del consenso vaccinale, mediante audizione dei parenti dell'ospite della struttura che abbiano prestato adesione, può unicamente giustificarsi nella prima ipotesi, dato che la nomina del vicario è prevista direttamente dalla legge, al di fuori di qualsivoglia preventivo contraddittorio e controllo giudiziale.

Interventi del giudice tutelare

Per gli ospiti delle strutture residenziali rappresentati da un a.d.s. ex lege individuato nella persona del responsabile sanitario acquista dirimente rilevanza il consenso alla vaccinazione espresso dai parenti. Il “rifiuto” ovvero la “irreperibilità” o la “indisponibilità” da parte loro preclude all'a.d.s.- sanitario la manifestazione del consenso vaccinale di cui al comma 3.

In entrambi i casi, per procedere a vaccinazione dell'ospite, il responsabile sanitario, in assenza di accordo dei parenti (ovvero, in loro fisica assenza), è tenuto a richiedere la convalida del consenso già espresso excomma 3 al giudice tutelare “competente per territorio sulla struttura stessa”, ai sensi dei commi 5; ovvero, “autorizzazione ad effettuare comunque la vaccinazione” (comma 4).

La procedura prevista dal comma 5 per superare la situazione di impasse è strutturalmente analoga a quella dell'art. 3, comma 5, l. n. 219/2017, che ultima riguarda il contrasto insorto tra a.d.s. che rifiuti le cure per il beneficiario ed il medico che, invece, le ritenga “appropriate e necessarie”.

In analogia a quanto previsto per la convalida del t.s.o. per i malati psichiatrici (artt. 34 e 35 l. n. 833/1978), in ipotesi di “irreperibilità” o “indisponibilità” dei parenti tenuti ad esprimere consenso/dissenso alla vaccinazione (comma 5), il g.t. è tenuto a provvedere nelle 48 ore successive “dal ricevimento degli atti” con decreto motivato, di convalida o non convalida del consenso vaccinale espresso excomma 3 (comma 6).

Solo in tale ipotesi è prevista (comma 9) un'ipotesi di silenzio assenso (“decorso il termine di cui al comma 7 senza che sia stata effettuata la comunicazione ivi prevista, il consenso espresso ai sensi del comma 5 si considera a ogni effetto convalidato e acquista definitiva efficacia ai fini della somministrazione dl vaccino”), che evidenzia un evidente favore per la somministrazione del vaccino.

In ipotesi di contrasto insorto tra a.d.s.- medico e parenti dell'ospite con riguardo alla somministrazione vaccinale (comma 4), la procedura è diversa rispetto alla precedente.

Dato che non è prevista convalida del consenso entro le 48 ore successive alla redazione dell'atto ex comma 3, in tal caso non si è formato alcun consenso al trattamento, stante dissenso espresso dai parenti.

Il g.t. ricevuto il ricorso dell'a.d.s. può “autorizzare la vaccinazione”.

Da ultimo, l'intervento dirimente del g.t. è pure previsto in ipotesi di “rifiuto alla somministrazione del vaccino o del relativo consenso, ai sensi del comma 5” da parte del personale di area medica(comma 10). Due sono le ipotesi previste da una disposizione il cui significato resta in gran parte oscuro.

Il richiamo al comma 5 coniugato col rifiuto di consenso espresso da parte del responsabile di area medica (nominato a.d.s. ex lege ?) parrebbe supporre il rifiuto alla vaccinazione da parte di un medico no vax. Viceversa, resta inintellegibile l'ulteriore ipotesi di “rifiuto della somministrazione del vaccino”; un'attività, quella vaccinale, che non viene eseguita nelle r.s.a.

Profili procedurali

Come nell'interpretazione dell'art. 3, comma 5, l. n. 219/2017, anche per gli incidenti giudiziari previsti dal d.l. n. 1, la trama procedurale ha contenuto sommario, non essendo la stessa compiutamente disciplinata.

Ne sono unicamente tratteggiati taluni passaggi essenziali.

In particolare, il legislatore emergenziale ha precisato a chi competa la legittimazione attiva; il ricorso va depositato presso la cancelleria del g.t. “competente per territorio sulla struttura” (comma 5) ove è ospitato l'incapace da vaccinare; il giudice provvede “disposti gli eventuali accertamenti”, adottando “decreto motivato, immediatamente esecutivo”.

Come evidenziò un giudice di merito con riferimento alla trama procedurale ex art. 3, comma 5, l. n. 219, il procedimento si svolge nelle consuete forme camerali (artt. 737 e segg. c.p.c.) (Trib. Mantova 13 aprile 2018). Con la conseguenza che eventuali lacune normative vanno colmate ricorrendo ai principi generali della volontaria giurisdizione. L'osservazione va ribadita per la disamina interpretativa dei profili processuali dell'art. 5 d.l. n. 1

Il ricorso al g.t. può rivestire, non solo forma scritta come emerge dal d.l. n. 1, ma secondo i principi, pure forma orale, “nei casi urgenti” (art. 43, comma 2, att. c.c.).

Nel procedimento non è prevista partecipazione del p.m.

Non è necessaria la fissazione di udienza, prima di provvedere (art. 737, comma 1, c.p.c.).

Il contraddittorio può essere meramente cartaceo.

Per quanto in uno dei primi precedenti in materia - un procedimento avanzato ex comma 4 - il g.t. abbia fissato l'udienza ed ascoltato il parente contrario alla somministrazione vaccinale, le cui considerazioni sono state peraltro disattese, con decreto autorizzativo la vaccinazione (Trib. Verbania 20 gennaio 2021, inedita).

Il giudice può assumere sommarie informazioni (art. 738, ultimo comma, c.p.c.), da medici, da altri parenti, etc., nell'ottica di ricostruire la volontà dell'incapace, acquisendo documentazione scritta di provenienza del disabile, nell'ottica di ricostruire la volontà che egli “presumibilmente avrebbe espresso ove capace di intendere e di volere” (art. 5, comma, 1, parte finale, d.l. n. 1).

Il provvedimento del g.t. riveste forma di decreto motivato, che è suscettibile di reclamo avanti al tribunale in formazione collegiale, il quale pronunzia in camera di consiglio (art. 739, comma 1, c.p.c.)

Conclusioni

La scelta compiuta dal Governo è trasparente, per quanto non del tutto condivisibile.

In particolare, si è deciso di non rendere obbligatoria la vaccinazione contro il virus cinese, preferendo optare per il sistema della “raccomandazione”, e fondando la campagna vaccinale sulla regola generale della necessità del consenso libero ed informato dell'interessato al trattamento sanitario (art. 1, comma 1, l. 22 dicembre 2017, n. 19 ed art. 32, comma 2, Cost.), forse paventando una reazione negativa all'obbligatorietà della vaccinazione di parte della popolazione.

Compiuta questa primaria scelta, era necessario compiere un'ulteriore opzione e risolvere una precisa problematica. Quella di assicurare la vaccinazione ai soggetti “incapaci”, in quanto non in grado di esprimere consapevole autodeterminazione al trattamento medico-sanitario, per poi individuare il metodo di sostituzione della carente volontà.

La scelta compiuta dal decreto legge è stata quella di elevare alla funzione di amministratori di sostegno, per quanto sui generis, le figure sanitarie operanti all'interno della residenze sanitarie assistite (r.s.a.) le quali, in tal modo, sostituiscono gli ospiti incapaci nell'espressione del consenso al trattamento vaccinale.

L'effetto pratico portato dalla novella sarà un aumento della burocrazia, oltre a quello, ulteriormente negativo, di far gravare compiti impropri, estranei alle loro funzioni ordinarie, sul personale medico, già sufficientemente gravato da attività di istituto, così rallentandone l'attività e distogliendolo da compiti essenziali.

Il personale sarà così costretto a districarsi tra procedure burocratiche di non cristallina evidenza, evitandogli di avanzare, volta a volta, richiesta di nomina di a.d.s. per l'ospite incapace, in applicazione delle regole ordinarie (art. 405 c.c.).

Quest'ultima opzione è stata scartata dal legislatore, dato che avrebbe scaricato l'enorme massa di nuove richieste di protezione sul sistema giudiziario di protezione, fin troppo gravato.

Un'opportuna soluzione, già evincibile dalla trama normativa di nuovo conio, è stata evidenziata criticamente dall'on. Donata LENZI, che ha richiamato l'applicabilità del disposto affidato all'art. 1, comma 7, l. n. 219/2017: “nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell'equipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà' del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla”.

Nelle situazioni emergenziali si prescinde dalla raccolta del consenso informato del paziente, potendo il medico procedere autonomamente al trattamento sanitario necessario alla cura del paziente (su cui, ad es., Trib. Modena 12 aprile 2018, in IlFamiliarista).

D'altro canto, la pandemia pare idonea ad integrare una “situazione emergenziale” (a tenore della l. n. 219), che può permettere al sanitario di procedere autonomamente a vaccinazione del paziente sotto la propria responsabilità, senza demandargli l'espressione del consenso al trattamento sanitario in sua vece. In questa prospettiva, la vaccinazione potrebbe configurarsi come trattamento salva vita d'urgenza.

Ciò è tanto vero che da ormai un anno il nostro Paese vive in uno “stato di emergenza” susseguente al virus covid- 19 (mediante delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, trasfusa nell'art. 1 d.l. 25 marzo 2020, n. 19; una disciplina normativa espressamente richiamata nelle premesse del d.l. n. 1/2021), stato emergenziale da ultimo prorogato fino al 30 aprile prossimo (per effetto dell'art. 1 del d.l. 14 gennaio 2021, n. 2, ancora in fase di conversione).

In conclusione, sembra piuttosto curioso che la situazione di emergenza sanitaria causata dalla pandemia, da ormai un anno influenzi negativamente molteplici profili esistenziali della vita della popolazione italiana (che continua ancor'oggi a subire una limitazione dei diritti inviolabili garantiti dalla Costituzione), ma non sia ancora... penetrata all'interno delle strutture sanitarie assistite, i cui ospiti, incapaci all'autodeterminzione, sono chiamati, volta a volta, ad esprimere, tramite rappresentante legale, consenso vaccinale anti Covid, come se nulla fosse successo.

Riferimenti

Tribunale Genova, Linee guida, 5 gennaio 2021, in Quest. giustizia

Tribunale Milano, Linee guida, 11 gennaio 2021, in RIDARE.

Tribunale Palermo, Linee guida, 7 gennaio 2021.

MASONI, Il corpo umano tra diritto e medicina, Milano, 2020, 427 e segg.

LENZI, Troppa burocrazia per il consenso al vaccino Covid nelle Rsa, in quotidianosanità.it

TRENTANOVI, GOTTARDI, Il consenso informato - parte quarta, in persona e danno

MASONI, Vaccinazione anticoronavirus, tra libertà, obbligo e responsabilità, in RIDARE,

FUMAGALLI, Le vaccinazioni anti Sars-Cov-2 delle persone incapaci ricoverate presso strutture assistenziali. Prima lettura dell'art. 5 d.l. n. 1/2021, in Quest. Gustizia

SPACCASASSI, Ospiti delle RSA e consenso alla vaccinazione anti Covid-19: un percorso a ostacoli ?, in Quest. gustizia, 27.1.2021.

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