Legittimazione del singolo condomino alla tutela delle parti comuni
16 Marzo 2021
Tizio ha una seconda casa nel Condominio Alfa di una località di villeggiatura, ove vengono eseguiti lavori di rifacimento delle facciate da parte dell'impresa Beta. A distanza di qualche mese dal completamento dei lavori, nella facciata si verificano distacchi di intonaco e rigonfiamenti, dovuti presumibilmente alla mancata corretta rimozione del materiale di rivestimento preesistente. Trattandosi di un Condominio composto esclusivamente da seconde case, nessun altro condomino, al di fuori di Tizio, intende agire nei confronti dell'impresa esecutrice dei lavori, che peraltro si è resa insolvente, né dell'Amministratore del Condominio e del direttore dei lavori. Può Tizio agire non solo per i danni subiti in proprio, ma anche dalla compagine condominiale? E può ravvisarsi anche una responsabilità dello stesso Condominio?
In assenza di ulteriori elementi utili alla vicenda, ai fini di una possibile soluzione alla questione in esame, sono necessarie delle precisazioni in ambito civile (legittimazione dell'azione) e in ambito penale (responsabilità per la sicurezza). Ebbene, sappiamo che l'Amministratore è legittimato a proporre l'azione di cui all'art. 1669 c.c., relativa ai gravi difetti di costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell'edificio condominiale, anche senza preventiva autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale. (Cass. civ., sez. II, 19 aprile 2017, n. 9911). Difatti, proprio il distaccamento dell'intonaco dalla facciata di un edificio, anche se riguardante una sola parte della stessa, può configurare un grave difetto nella costruzione tale da legittimare l'azione prevista dall'art. 1669 c.c. che consente di agire contro l'appaltatore entro dieci anni dal compimento dell'opera (Cass. civ., sez. II, 9 dicembre 2013, n. 27433). Premesso ciò, come noto, il Condominio non ha personalità giuridica: non è cioè un autonomo soggetto di diritto come lo sono le società. Il fatto pertanto che l'Amministratore riceva la rappresentanza ad agire a tutela degli interessi di tutti i condomini non priva questi ultimi del potere di agire in difesa dei propri stessi diritti tutte le volte in cui lo vogliono o lo ritengono necessario. Lo possono fare sia in caso di inerzia da parte dell'Amministratore che nel caso in cui questi abbia già agito in primo grado e, incassata una sconfitta, l'assemblea non abbia voluto incaricarlo anche per il successivo grado di appello (Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2011, n. 10717). Quindi, in caso di inerzia, ogni singolo condomino, sia pure agendo nel suo esclusivo interesse, può compiere atti giuridici aventi effetto dispositivo, o anche risolutivo, rispetto a un contratto – nella specie d'appalto – che era stato concluso dall'Amministratore a nome dell'intero Condominio. In particolare, secondo tale orientamento riguardo ai lavori commissionati dall'Amministratore condominiale, con o senza la autorizzazione necessaria dell'assemblea, ogni singolo condomino ha il diritto suo proprio di attivarsi per chiedere l'eliminazione dei vizi, o la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni, indipendentemente dal fatto che stia agendo anche o soltanto nel proprio interesse, e non solo in quello dell'intero Condominio: “la qualità di condomino è inscindibilmente legata a quella di proprietario di parti esclusive dell'edificio” (Cass. civ., sez. II, 14 maggio 2019, n. 12803). Secondo altro orientamento di merito, in questi casi, esiste una sorta di diritto di sostituirsi all'Amministratore nella tutela dell'interesse comune, come (ad esempio) esercitando in proprio la denuncia dei vizi richiesta a pena di decadenza ex art. 1667 c.c., o anche – in ipotesi – sostituendosi a lui nella gestione della sicurezza del contratto di appalto, ad esempio verificando che l'impresa appaltatrice sia iscritta alla Camera di Commercio, e dotata di Durc nonché di idoneità tecnica e professionale (art. 90 del d.lgs. n. 81/2008). Tutto questo senza pregiudizio del fatto che le conseguenze negative del mancato assolvimento degli oneri connessi alla stipula dell'appalto ricadrebbero comunque sull'Amministratore (Trib. Velletri, sez. II, 24 gennaio 2020). Ad ogni modo, a prescindere dall'azione contro la ditta dei lavori, se la facciata dell'edificio è malmessa e cadono calcinacci, intonaco e cemento, suscettibili di minare alla sicurezza dei pedoni, l'Amministratore ha il dovere di transennare la zona (Cass. pen. sez. IV, 23 novembre 2015, n. 46385. Fattispecie nella quale l'imputato, Amministratore di Condominio, è stato ritenuto responsabile delle lesioni colpose provocate ad un passante dalle mattonelle staccatesi dalla facciata dell'immobile). Diversamente, non risponde penalmente l'Amministratore che diligentemente si attiva facendo transennare la zona sottostante l'area corrispondente alla parte pericolante dell'edificio in rovina, rimandando all'assemblea condominiale o ai singoli proprietari la decisione sull'intervento risolutore. In queste ipotesi, riemerge in via autonoma la responsabilità esclusiva dei proprietari inerti che negligentemente omettono di intervenire sulle cause del pericolo, che continuano a sussistere ininterrottamente fino alla messa in sicurezza dell'immobile, malgrado gli interventi urgenti posti in essere dall'Amministratore, finalizzati a circoscrivere gli effetti del pericolo. Ne consegue, pertanto, che la consumazione del reato de quo a carico dei condomini inerti si compie solo quando sono state effettivamente eseguite le opere di messa in sicurezza dell'immobile, e non al momento in cui l'Amministratore aveva provveduto a transennare l'area, trattandosi di misure che incidono solo sugli effetti, ma non sulle cause del pericolo (Cass. pen., sez. I, 7 ottobre 2019, n. 50366). Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, oltre alla legittimazione del condomino alla relativa azione a tutela delle parti comuni, è importante valutare gli aspetti legati alla sicurezza dello stabile. |