L'insostenibile meritevolezza del sovraindebitato

Gianluca Minniti
06 Ottobre 2021

La prematura entrata in vigore di alcune disposizioni del Codice della crisi d'Impresa ha comportato qualche rilevante modifica alla disciplina del sovraindebitamento, andando ad incidere, tra l'altro, sul requisito della meritevolezza, la cui sussistenza doveva essere oggetto, nella previgente disciplina, di accertamento in sede di omologa ex art. 12-bis L. 3/2012.

La prematura entrata in vigore di alcune disposizioni del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza ha comportato qualche rilevante modifica alla disciplina del sovraindebitamento, andando ad incidere, tra l'altro, sul requisito della meritevolezza, la cui sussistenza doveva essere oggetto, nella previgente disciplina, di accertamento in sede di omologa ex art. 12-bis L. 3/2012.

Il riferimento è, in particolare, al disposto dell'art. 7, comma 2, lett. d)-ter del citato testo legislativo, per cui “la proposta non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore…limitatamente al piano del consumatore, ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode”, nonché al successivo comma 2, lett. d)-quater, secondo cui la proposta di accordo di composizione della crisi non è ammissibile quando risulti che il debitore “abbia commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori” ed infine all'art. 14-quinquies, in forza del quale, nella liquidazione del patrimonio, il giudice può dichiarare aperta la procedura solamente una volta verificata l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni.

Si tratta del medesimo concetto di cui all'art. 69 CCII, laddove disegna le condizioni soggettive ostative all'accordo di ristrutturazione dei debiti del consumatore, e della stessa nozione di meritevolezza adottata dal CCII nell'art. 282, laddove disciplina i presupposti per l'esdebitazione di diritto a seguito di liquidazione controllata: infatti, nella liquidazione controllata del patrimonio del consumatore la esdebitazione di diritto trova l'ostacolo della ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 69 CCII.

Sempre la L. 176/2020 ha introdotto, all'art. 14-quaterdecies, l'esdebitazione del debitore incapiente prevista all'art. 283 CCII (benché, a seguito del correttivo di novembre, la rubrica della norma contenuta nel CCII sia cambiata rispetto a quella recuperata dalla L. 176/2020); una forma di esdebitazione una tantum dedicata al debitore persona fisica “meritevole” che non sia in grado di offrire nulla di significativo ai propri debitori, tenuto conto del minimo che gli serve per il proprio mantenimento, calcolato secondo il parametro offerto dalla norma stessa.

Anche in questo caso, l'OCC deve redigere una relazione che indaghi, fra le altre circostanze, anche sulle cause del sovraindebitamento e sulla diligenza del debitore nell'assumere le obbligazioni. D'altro canto, il Giudice dovrà concedere la esdebitazione quando il debitore sia meritevole; meritevolezza che è espressamente definita con l'assenza di atti di frode e la mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell'indebitamento. Le norme della L. 3/2012 così novellata sono in vigore, e si applicano anche alle procedure in corso.

Sul punto, si è formato, sin dai primi commenti, un contrasto tra coloro secondo cui la riforma avrebbe avuto un effetto sostanzialmente abrogativo del requisito della meritevolezza (Modica, Effetti esdebitativi (nella nuova disciplina del sovraindebitamento) e favor creditoris; De Matteis, L'interesse del debitore all'esdebitazione), e chi invece ritiene che le modifiche normative abbiano in realtà meglio definito i contorni di un presupposto tuttora imprescindibile per il buon esito delle procedure di sovraindebitamento (D'Orazio, Il nuovo appeal delle procedure di sovraindebitamento nella riforma in itinere; Ghedini Rusotto, La meritevolezza del debitore: ieri, oggi e domani).

Nel novero di chi considera ancora il requisito soggettivo della meritevolezza un elemento cardine della procedura, pur riconoscendo il ridimensionamento del suo ambito applicativo provocato dall'evoluzione legislativa, si colloca anche la maggior parte delle decisioni della giurisprudenza di merito, tra cui spicca quella assunta dal Tribunale di Benevento il 26 gennaio 2021.

In particolare, secondo l'interessante arresto poc'anzi citato, la L. 176/2020, pur circoscrivendo il requisito della meritevolezza ai soli casi caratterizzati da colpa grave e dolo, ne avrebbe confermato la rilevanza rispetto alla fase genetica del debito, imponendo al giudice di accertare che, al momento dell'assunzione dell'indebitamento, il futuro debitore si trovasse in condizioni finanziarie e patrimoniali tali da garantire la sostenibilità del debito.

Nella medesima ottica, particolare rilievo deve essere attribuito ad un passaggio della sentenza, in cui - pur non negandosi la rilevanza di esigenze personali o familiari - si precisa tuttavia che le stesse “non potranno di per sé giustificare la negligente assunzione del debito”. In tal senso, il Giudice beneventano sembrerebbe quindi ammettere – dando rilievo a quello che, in chiave penalistica, può essere considerato il “movente” – che le sopravvenute esigenze familiari potrebbero giustificare il successivo inadempimento di un consumatore accorto (la verifica giurisdizionale si sposta dall'atto al comportamento, dal momento che ciò che rileva ai fini dell'omologa del piano è il comportamento tenuto dal debitore.

Occorre pertanto accertare che il comportamento tenuto sia stato prudente, accorto e diligente, avendo il consumatore assunto esclusivamente obbligazioni che ragionevolmente potevano essere soddisfatte, senza però al contrario legittimare il beneficio del sovraindebitamento per quel debitore che, spinto da pur innegabili esigenze personali (si pensi a spese mediche di particolare rilevanza), abbia contratto finanziamenti ab origine insostenibili rispetto alle sue capacità finanziarie e patrimoniali.

Ulteriori dubbi sono immediatamente emersi sulla persistenza del requisito della meritevolezza a seguito della riforma anche con riferimento alla procedura della liquidazione del patrimonio (Mancini, Liquidazione dei beni ex l. 3/ 2012: sulla estensione degli effetti ai soci illimitatamente responsabili e sul concetto di atto in frode - Brevi note su Tribunale di Ravenna 29 aprile 2021).

A giustificare il dibattito dottrinale e i contrasti in giurisprudenza è stata, infatti, la L. 176/2020, che, da un lato, ha introdotto – nel corpo della L. 3/2012 – l'art. 14-decies, il cui secondo comma prevede che “il liquidatore, autorizzato dal giudice, esercita o, se pendenti, prosegue le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile”, e, dall'altro, non è intervenuta sul già citato art. 14-quinquies, confermando così che “il giudice, se la domanda soddisfa i requisiti di cui all'art. 14-ter, verificata l'assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni, dichiara aperta la procedura di liquidazione”.

Più in particolare, in dottrina si è da subito sostenuto – enfatizzando la contraddizione tra l'espressa previsione della facoltà del liquidatore di esercitare l'azione revocatoria (che presuppone il compimento di atti pregiudizievoli da parte del debitore ammesso alla procedura) e l'impossibilità di far accedere alla liquidazione coloro che abbiano compiuto atti in frode negli ultimi cinque anni – l'implicita abrogazione del primo comma dell'art. 14-quinquies L. 3/2012 (Cesare, L'atto in frode non frena la liquidazione del patrimonio).

Solo parte della giurisprudenza, però, ha seguito la tesi dell'abrogazione implicita della citata norma (Trib. Lecco 16 gennaio 2021 e Trib. Sondrio 28 maggio 2021), statuendo che l'introduzione del potere, in capo al liquidatore, di esercitare le azioni revocatorie di cui all'art. 2901 c.c. “presuppone implicitamente l'irrilevanza, ai fini dell'accesso alla procedura, degli “atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori”.

Aderendo invece all'orientamento opposto, il Tribunale di Ravenna (29 aprile 2021) ha efficacemente sostenuto la possibilità di coordinare l'art. 14-quinquies con l'introduzione della legittimazione attiva del liquidatore all'esercizio dell'azione revocatoria ordinaria. In questa prospettiva, ai fini dell'ammissione alla procedura di liquidazione del patrimonio, “il concetto di frode assume un termine molto più lato e relativo alla sola dolosa preordinazione della procedura in danno dei creditori o esercizio abusivo del relativo diritto”. Detta interpretazione, come rilevato da altra dottrina (Mancini, op. cit.), delimita la nozione di atto in frode rispetto all'atto in pregiudizio dei creditori (e come tale revocabile): il primo costituirebbe un genus del secondo, facendo riferimento alle sole condotte caratterizzate dalla natura fraudolenta della disposizione patrimoniale.

Alla luce delle prime decisioni di merito e delle riflessioni dottrinarie, sembra potersi delineare quale orientamento destinato a prevalere quello che ritiene di individuare, tra gli obiettivi del legislatore della riforma, il ridimensionamento del presupposto della meritevolezza, nell'intenzione di rimuovere gli ostacoli che hanno decretato il parziale insuccesso del sovraindebitamento, a partire dai requisiti per l'omologa del piano del consumatore, definiti - nella stessa relazione illustrativa - “troppo stringenti” (Ghedini, Russotto, op. cit.).

In questa prospettiva, deve ritenersi oggi precluso l'accesso alle procedure a quei debitori che abbiano assunto un debito in un momento in cui erano ragionevolmente incapaci di farvi fronte, e ciò sia nel caso di assunzione consapevole o addirittura fraudolenta di un'obbligazione sproporzionata, sia nel caso in cui abbiano con colpa grave sopravvalutato le proprie future capacità di adempimento (si pensi a chi faceva ingiustificatamente conto sugli effetti positivi in termini finanziari di una futura promozione lavorativa).

La nuova formulazione della norma esclude invece la rilevanza della colpa lieve, che potrebbe essere individuata (e sul punto appare interessante verificare i futuri casi affrontati dalla giurisprudenza) in tutte quelle ipotesi in cui il debito sproporzionato sia stato assunto quando il debitore poteva ragionevolmente non avvedersi dell'inadeguatezza delle proprie capacità restitutorie, avuto riguardo all'ordinaria diligenza richiesta al consumatore (e non chiaramente alla diligenza qualificata di cui al secondo comma dell'art. 1176 c.c.).

In questa prospettiva, potrebbero aprirsi interessanti profili applicativi in tutti quei casi in cui, accertata la mancata preventiva informazione da parte dell'intermediario al consumatore del suo merito creditizio, ai sensi dell'art. 124 bis T.U.B., si possa presumere sussistente la colpa lieve in capo al debitore, in ragione dell'affidamento da lui riposto nella capacità professionale del finanziatore, ferma restando la dimostrazione di colpa grave da parte dell'OCC nella propria relazione ex art. 9, comma 3 bis, L. 3/2012 (che potrebbe individuarsi, ad esempio, nel caso in cui il consumatore abbia preventivamente richiesto senza successo il finanziamento ad altri finanziatori, ricevendo motivati dinieghi).

Alla luce della proposta interpretazione residuerebbe una rilevanza limitata delle ragioni soggettive che hanno inciso sull'inadempimento del debito, dovendosi escludere la meritevolezza del debitore indotto a sovraindebitarsi, pur nella consapevolezza di superare la propria capacità patrimoniale, non avendo tuttavia altra scelta per continuare a mantenere sé e la propria famiglia (in senso contrario, in vigenza della precedente disciplina, Trib. Pistoia, 28 febbraio 2014, in cui il giudice, rigettando la opposizione di un creditore, aveva omologato il piano ritenendo sussistente la meritevolezza del consumatore, il quale, già indebitato, aveva contratto ulteriori finanziamenti, sovraindebitandosi, per fare fronte ai gravi problemi di salute della moglie, e Trib. Santa Maria Capua Vetere, 2 dicembre 2020). Diversamente, le motivazioni etiche e sociali potrebbero rilevare, ai fini del giudizio di meritevolezza, in tutti quei casi in cui il consumatore, pur avendo assunto un debito sostenibile, si sia reso successivamente inadempiente a causa del sopraggiungere imprevisto di esigenze familiari indifferibili.

La proposta chiave di lettura consentirebbe di enfatizzare la finalità della disciplina di restituire al ciclo del consumo esclusivamente quei soggetti sufficientemente diligenti, escludendo invece coloro i quali non siano stati capaci di avvedersi del prevedibile rischio di insolvenza cui andavano incontro all'atto dell'assunzione del debito, pur tutelando quei debitori accorti resisi inadempimenti per cause familiari imprevedibili sopravvenute.