La rivalutazione dei beni d'impresa nei bilanci degli esercizi chiusi al 30 giugno 2022 ai fini civilistici

Claudio Sottoriva
07 Luglio 2022

Il decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (pubblicato sulla G.U. n. 70 del 22 marzo 2021) e convertito con modificazioni dalla L. 21 maggio 2021, n. 69, ha disposto, all'art. 1-bis, comma 1, l'introduzione del comma 4-bis all'art. 110 del decreto-legge n. 104/2020. E', quindi, possibile, ricorrendone i presupposti, procedere ad una rivalutazione dei beni d'impresa anche nei bilanci degli esercizi chiusi al 30 giugno 2022 (o chiusi al 30 aprile 2022 o che chiuderanno - ad esempio - al 30 settembre 2022 o al 30 novembre 2022).
Premessa

Il d.l. 22 marzo 2021, n. 41 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 70 del 22 marzo 2021) e convertito con modificazioni dalla L. 21 maggio 2021, n. 69 (pubblicata sul S.O. n. 21, relativo alla G.U. del 21 maggio 2021, n. 120) ha disposto (con l'art. 1-bis, comma 1) l'introduzione del comma 4-bis all'art. 110 del decreto-legge 104/2020.

E' stata quindi introdotta la possibilità che anche nei bilanci relativi agli esercizi chiusi al 31 dicembre 2021 o al 30 giugno 2022 si possa procedere ad una rivalutazione dei beni d'impresa senza tuttavia la possibilità di esercitare l'opzione per il riconoscimento fiscale dei maggiori valori attribuiti agli stessi (rivalutazione pertanto c.d. “solo civilistica”).

Ne consegue che le società potranno aggiornare il valore iscritto nel registro dei beni ammortizzabili, ai fini civilistici, senza però modificare il valore fiscale dei beni considerando che:

a) non potranno essere rivalutati beni già oggetto di rivalutazione nel bilancio dell'esercizio chiuso al 30 giugno 2021;

b) i beni oggetto di rivalutazione dovranno essere presenti sia nel bilancio dell'esercizio chiuso al 30 giugno 2021 sia in quello dell'esercizio chiuso al 30 giugno 2022.

La rivalutazione determinerà un incremento del Patrimonio netto della società al 30 giugno 2022 ed un corrispondente incremento dell'Attivo dello stato patrimoniale.

Anche con rifermento agli esercizi chiusi al 30 giugno 2022, si potrà procedere con la rivalutazione del singolo bene e non dell'intero blocco della categoria dei beni omogenei cui quel bene appartiene.

Le tipologie di beni che possono essere oggetto di rivalutazione

Sotto il profilo oggettivo, possono beneficiare della rivalutazione:

i) i beni iscritti tra le immobilizzazioni materiali;

ii) i beni iscritti tra le immobilizzazioni immateriali;

iii) le partecipazioni di controllo e collegamento iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie.

Per quanto riguarda le immobilizzazioni immateriali, sono rivalutabili solo quelle che godono della cosiddetta tutela giuridica, ossia i beni immateriali (marchi, brevetti, licenze, ecc.) così come precisato dall'Organismo Italiano di Contabilità nel Documento Interpretativo n. 7 pubblicato il 31 marzo 2021 (che, in particolare, ha confermato al paragrafo 5, la possibilità di rivalutare le immobilizzazioni immateriali anche quando queste siano state contabilizzate nel Conto economico, anche se avevano i requisiti per essere contabilizzate nello Stato patrimoniale).

Il soggetto incaricato della revisione, qualora l'impresa proceda con la rivalutazione dei beni, deve vigilare sulla corretta individuazione dei beni rivalutabili, sulla corretta identificazione del valore recuperabile, sulla corretta applicazione delle diverse metodologie contabili, sul corretto trattamento della riserva di rivalutazione, sulle eventuali problematiche inerenti il trattamento della fiscalità differita.

Circa la corretta identificazione dei beni rivalutabili si rammenta che sono invece esclusi gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, ossia i c.d. beni merce.

Inoltre, si segnala che non sono interessati alla rivalutazione i beni in locazione finanziaria, sono dunque solo rivalutabili i beni che a seguito di un contratto di leasing siano stati riscattati entro il 30 giugno 2022 (facendo riferimento ai bilanci chiusi a tale data).

L'organo amministrativo deve considerare che la rivalutazione di un'immobilizzazione di per sé non comporta modifica della vita utile; ne consegue che nel Conto economico degli esercizi successivi dovranno essere contabilizzate maggiori quote di ammortamento. Qualora invece si ritenesse necessario aggiornare la stima della vita utile rimane ferma la necessità di verificare la presenza delle condizioni richieste dai principi contabili nazionali (in particolare all'OIC 16) e di un'adeguata informativa in tal senso nella Nota integrativa.

La possibilità di rivalutare i beni anche ai fini fiscali

A completamento dell'analisi che precede, si rappresenta che l'impresa può comunque optare per il riconoscimento anche ai fini fiscali dei maggiori valori attribuiti ai beni facendo in questo caso riferimento al regime di rivalutazione c.d. ordinario previsto dall'art. 1, commi 696-704 della L. 160/2019, atteso che l'art. 12-ter del decreto-legge 23/2020 ha previsto la possibilità di aggiornare i valori negli esercizi 2020, 2021 e 2022. Si rammenta che in questo caso:

i) le aliquote per calcolare l'imposta sostitutiva sono pari al 12% per beni mobili e immobili ammortizzabili e al 10% per i beni non ammortizzabili;

ii) il riconoscimento fiscale del maggior valore andrà evidenziato a partire dal terzo esercizio successivo dal momento della rivalutazione;

iii) occorre procedere a rivalutare l'intera categoria a cui il bene appartiene tramite l'applicazione di un unico criterio di rivalutazione (valore d'uso o valore di mercato) all'interno del medesimo raggruppamento di beni. Tale precisazione è stata fornita dalla Circolare dell'Agenzia delle Entrate 14/2017.

La rivalutazione decorrerà dal quarto esercizio successivo se si verifica una plus/minusvalenza in seguito a:

i) cessione a titolo oneroso del bene oggetto di rivalutazione;

ii) assegnazione ai soci del bene oggetto di rivalutazione;

iii) bene destinato a finalità estranee all'esercizio dall'impresa;

iv) bene destinato al consumo personale o familiare dell'imprenditore.

Il limite massimo della rivalutazione effettuabile e l'informativa da fornire in sede di redazione del bilancio di esercizio

Come stabilito dall'art. 11, comma 2, L. n. 342/2000, a prescindere dal metodo applicato, il valore economico del cespite che risulta dalla rivalutazione, sarà soggetto al limite corrispondente ai valori effettivamente attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all'effettiva possibilità di utilizzazione nell'impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri”.

Per contabilizzare la rivalutazione, è possibile optare per tre differenti metodologie:

i) la rivalutazione del costo storico;

ii) la riduzione del fondo ammortamento;

iii) la rivalutazione del costo storico e del fondo ammortamento.

Nella Nota integrativa dovrà essere illustrata la metodologia di rivalutazione adottata, i criteri adottati, il costo storico del bene oggetto di rivalutazione ed eventuali altre rivalutazioni effettuate in precedenti esercizi.

L'organo amministrativo e l'organo di controllo (sindaco unico o collegio sindacale) devono fornire informazioni nelle relazioni di propria competenza indicando il criterio seguito per rivalutare i beni e dichiarare che il valore rivalutato iscritto in bilancio non supera il valore attribuibile ai beni stessi avuto riguardo alla loro consistenza, capacità produttiva ed effettiva possibilità di economica utilizzazione nell'impresa. Appare quindi necessaria la predisposizione di apposita perizia di stima da parte di soggetto indipendente: si rammenta che l'art. 11 della Legge n. 342 del 2000 prevede che gli amministratori, e i sindaci, devono indicare e motivare nelle loro relazioni al bilancio i criteri seguiti nella rivalutazione e che la rivalutazione operata non ecceda il valore effettivamente attribuibile al bene oggetto di rivalutazione. La perizia ha quindi la finalità di limitare il rischio di una sopravvalutazione del patrimonio sociale.

Quanto sopra riveste particolare rilevanza in presenza di società che evidenziano perdite di esercizio: la presenza di una perdita di per sé non è considerata causa ostativa alla rivalutazione, sebbene la presenza di perdite durevoli dovrebbe inibire dette rivalutazioni a fronte di un loro problema di recuperabilità dei valori. Va però considerato che l'opzione della rivalutazione in sé dovrebbe essere inibita solo se si è in presenza di perdite durevoli, tali da mettere in discussione il presupposto di continuità aziendale (presupposto del going concern; in argomento si veda F. Superti Furga, Il bilancio di esercizio italiano secondo la normativa europea, V ed., Giuffrè Editore, Milano, 2017, 17). Qualora invece la continuità aziendale non fosse in discussione, l'opzione della rivalutazione può ritenersi legittima. La Corte di Cassazione con sentenza n. 9068 del 2000 ha infatti affermato la legittimità dell'utilizzo della riserva da rivalutazione per la copertura delle perdite, purché la suddetta non sia stata generata esclusivamente a tale scopo. Si segnala però che in caso di suo utilizzo al fine di una copertura delle perdite, non potranno essere distribuiti utili fino a quando la suddetta riserva non risulterà reintegrata, o ridotta in misura corrispondente (art. 13, comma 2, l. n. 342/2000).

Ulteriori indicazioni sono contenute nel Documento interpretativo n. 7 dell'Organismo Italiano di Contabilità Legge 13 ottobre 2020, n. 126 Aspetti contabili della rivalutazione dei beni d'impresa e delle partecipazioni” del Marzo 2021.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario