Riparto errato? Occorre una nuova delibera

Donato Palombella
17 Ottobre 2022

Dopo l'approvazione del rendiconto annuale da parte dell'assemblea, l'amministratore si avvede dell'esistenza di un errore. Come può agire?

A questo punto sorge un problema: la nota dell'amministratore è sufficiente a correggere l'errore o occorre una nuova delibera dell'assemblea? Il caso è l'esempio lampante di come questioni di scarso valore economico (parliamo di circa tremila euro) possano scatenare liti che, anche in considerazione della perdita di tempo, eccedono il valore venale.

Il fatto in esame. L'assemblea di condomino approva il rendiconto annuale che, per disgrazia, contiene un errore: riporta un debito di un condomino (che chiameremo per comodità Rossi) nei confronti del Condominio relativo ad un rimborso assicurativo. A quanto pare, l'assicurazione ha effettuato il rimborso direttamente al condomino che (erroneamente) risulta debitore della somma nei confronti del Condominio. Leggendo l'esistenza del debito verso Rossi, l'assemblea incarica l'amministratore pro-tempore di provvedere al recupero delle somme dovute. Nelle more, l'amministratore si avvede dell'errore ed invia una nota ai condomini avvisandoli del fattaccio. Per chiarire la situazione (ed evitare possibili azioni da parte del Condominio) il nostro sig. Rossi parte in quarta e impugna la delibera con la quale l'assemblea dava il via libera al recupero del presunto credito. Il Condominio, costituitosi in giudizio, eccepisce l'inammissibilità dell'impugnazione per carenza di interesse. Secondo la prospettazione della difesa, la nota con la quale l'amministratore riconosceva l'errore era sufficiente a chiarire la questione quindi perché mai ricorrere al Giudice affrontando le spese relative?

Giudizi di merito a fasi alterne. Il Giudice di pace accoglie la tesi del Condominio e respinge la domanda. In definitiva si trattava di un mero errore materiale che poteva benissimo essere corretto con una nota dell'amministratore. La decisione non convince il nostro sig. Rossi, che propone appello.

L'appello. Il Tribunale, in appello, cambia rotta ed annulla la delibera impugnata. La posizione è chiara: l'assemblea, con la delibera impugnata, aveva deciso di chiedere al nostro sig. Rossi quasi tremila euro. La richiesta, però, era infondata, da qui l'interesse del condomino (debitore apparente) a chiedere al giudice di voler annullare formalmente tale deliberazione. La nota con cui l'amministratore riconosceva l'esistenza di un errore, viene considerata dal Tribunale come un fatto del tutto irrilevante. L'amministratore di condominio, infatti, è solo un organo di gestione del bene comune mentre il potere decisionale spetta all'assemblea. Se l'assemblea ha accertato l'esistenza di un credito del Condominio verso un condomino e ha dato mandato all'amministratore per il relativo recupero, quest'ultimo non ha il potere di rimescolare le carte e di sottrarsi all'incarico. Se vi è un errore nella contabilità, è necessario effettuare le dovute correzioni e sottoporle nuovamente all'assemblea perché ne prenda atto ufficialmente. La decisione non piace al Condominio e la questione arriva sui banchi di Piazza Cavour.

Il ricorso in Cassazione: errore corretto dalla nota dell'amministratore. Il Condominio, in prima battuta, rileva che non vi è alcuna delibera da impugnare. Nella sua prospettazione dei fatti deduce che la nota di chiarimento predisposta dall'amministratore era stata inserita all'ordine del giorno ma l'assemblea non aveva deliberato in merito limitandosi a “prendere atto” dell'errore contabile in cui era incorso l'amministratore. La delibera non conteneva alcun mandato all'amministratore di agire verso il Condominio per il recupero della somma bensì, più semplicemente, l'incarico “a sistemare la faccenda”, cosa che l'amministratore aveva fatto azzerando la partita contabile verso il sig. Rossi.

La Cassazione non è d'accordo. La Corte di Cassazione, con la Cass. civ., sez. II, sent., 11 ottobre 2022, n. 29618, respinge il ricorso. La decisione trova il proprio fondamento sul contenuto letterale del verbale impugnato che sbugiarda il Condominio. L'assemblea, infatti, aveva invitato l'amministratore “a prendere contatti e richiedere la restituzione della somma di ….. alla signora …… erroneamente e indebitamente percepita dalla stessa”. La delibera, quindi, conteneva una manifestazione di volontà dell'organo assembleare che esprimeva un ordine vincolante per l'amministratore di recuperare le somme dovute. Per “sistemare la faccenda”, quindi, era necessaria una nuova delibera con cui l'assemblea, presto atto dell'errore, annullava il precedente deliberato.

Il condominio ha diritto alla correzione. Gli Ermellini evidenziano un punto essenziale della vicenda: il nostro ipotetico sig. Rossi ha tutto il diritto di chiedere che l'assemblea riconosca formalmente l'esistenza di un errore e rinunci ad ogni possibile azione nei suoi confronti. Esiste, infatti, un problema di fondo che viene evidenziato da Piazza Cavour. La delibera condominiale che approva il rendiconto annuale può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti entro trenta giorni (art. 1137, secondo comma, c. c.). Trascorso tale terme, in assenza di impugnazioni, l'amministratore può agire tranquillamente limitandosi a fornire la prova dell'avvenuta approvazione del rendiconto senza avere l'obbligo di esibire i relativi documenti giustificativi che, evidentemente, ben possono essere controllati prima dell'approvazione del bilancio (e non dopo, rimettendo tutto in discussione). Di qui l'interesse del condomino ad impugnare il deliberato assembleare facendo accertare l'inesistenza del proprio debito nei confronti del Condominio.

C'è anche un problema contabile. La Cassazione ricorda che la contabilità deve quadrare perfettamente ed eventuali errori devono essere corretti in maniera formale. Il problema di fondo è semplice. La contabilità si chiude ogni anno riportando i relativi saldi attivi e passivi ovvero le varie posizioni di dare-avere dei singoli condomini e dei fornitori. I saldi di chiusura, quindi, da una parte “cristallizzano” una certa situazione economico-finanziaria esistente nel momento della chiusura dell'esercizio e, allo stesso tempo, parallelamente, costituiscono “l'apertura” del bilancio dell'anno successivo. Un esempio chiarirà la situazione. Se il bilancio di chiusura dell'anno 2012 riporta un debito del sig. Rossi per 100, il bilancio di apertura dell'anno 2013 si aprirà con lo stesso identico debito. Se si sono verificati degli errori, sarà necessario apportare le relative correzioni sia al bilancio di chiusura dell'esercizio 2012 che al bilancio di apertura dell'esercizio 2013. Ma tali correzioni non possono essere effettuate arbitrariamente dall'amministratore che dovrà fornirsi dei relativi giustificativi rappresentati da una sentenza passata in giudicato o da una delibera assembleare che riconosca l'esistenza/inesistenza di una data partita contabile. Se così non fosse l'amministratore potrebbe apportare ogni possibile modifica compromettendo la trasparenza e la correttezza della contabilità.

Fonte: dirittoegiustizia.it

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.