a) Il Parlamento ha imposto al Governo di introdurre un mezzo di impugnazione straordinario davanti alla Corte di cassazione al fine di dare esecuzione alla sentenza definitiva della Corte EDU, proponibile dal soggetto che abbia presentato il ricorso alla Corte medesima, entro un termine perentorio.
La direttiva muove dall'esigenza di dar vita ad un nuovo rimedio straordinario, diverso da quello previsto dall'art. 625-bis c.p.p. (ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, che dovrà essere “coordinato” con quello della rescissione del giudicato nei confronti dell'assente “incolpevole” (trasferito, a seguito della riforma Orlando, dall'art. 625-ter all'art. 629-bis c.p.p.) e con l'incidente di esecuzione di cui all'art. 670 inteso a ottenere la dichiarazione di non esecutività del provvedimento.
Il Parlamento ha preso le distanze dalla tendenza, molto criticata, dei giudici di legittimità (Cass. pen., sez. VI, 12 novembre 2008, Drassich; Cass. pen., sez. V, 11 febbraio 2010, Scoppola), di estendere l'area dei provvedimenti impugnabili con ricorso straordinario ex art. 625-bis per rimediare a errori, non necessariamente materiali o di fatto, determinanti una violazione della CEDU verificatisi nel giudizio di cassazione.
Questa tendenza è stata comunque ridimensionata in una successiva pronuncia (Cass. pen., sez. V, 14 marzo 2016, n. 28676) in cui si è affermato che l'esigenza «di conformarsi ai principi sanciti da una sentenza della Corte EDU deve pur sempre passare attraverso il rinvenimento di uno strumento processuale conforme non solo alla finalità indicata dalla pronuncia sovranazionale, ma altresì coerente con la struttura ontologica e con le finalità riconosciute dall'ordinamento nazionale allo strumento processuale prescelto».
A questa pronuncia ne è seguita altra (Cass. pen., sez. V, 6 luglio 2016, n. 43886) che ha ritenuto inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto proposto al fine di ottenere la revoca della condanna inflitta per fatti di concorso esterno in associazione mafiosa commessi antecedentemente al 1994, rientranti nell'orientamento espresso dalla sentenza Corte EDU 14 aprile 2015, Contrada c. Italia.
Il legislatore delegato dovrà attribuire alla Corte di cassazione il potere di adottare i provvedimenti necessari e di disciplinare l'eventuale procedimento successivo.
b) Il rimedio per l'esecuzione delle decisioni della Corte EDU è stato (dall'art. 36, comma 1, d.lgs. n. 150/2022) collocato nel nuovo art. 628-bis c.p.p., preceduto dall'introduzione nel libro IX di un Titolo III-bis, dedicato ai «Rimedi per l'esecuzione delle decisioni della Corte EDU».
Si tratta della richiesta del condannato (con sentenza, anche di patteggiamento, o con decreto) e della persona sottoposta a misura di sicurezza, da rivolgere alla Corte di cassazione (sulla quale si concentra la fase rescindente):
- di revoca della sentenza o del decreto di condanna,
- di riapertura del procedimento,
- di adozione dei provvedimenti necessari per eliminare gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione (che può riguardare anche il diritto dell'imputato di partecipare al processo: comma 8 voluto per regolamentare i rapporti tra il ricorso in esame e la rescissione del giudicato di cui all'art. 629-bis c.p.p.) accertata dalla Corte EDU (a seguito dell'accoglimento, con decisione definitiva, di ricorso del condannato medesimo (non, dunque, di cd. fratelli minori) per l'accertamento di una violazione dei diritti riconosciuti dalla CEDU oppure della cancellazione dal ruolo del ricorso ai sensi dell'art. 37 CEDU a seguito del riconoscimento unilaterale della violazione da parte dello Stato (comma 1).
Il ricorso deve, a pena di inammissibilità:
- contenere l'indicazione specifica delle ragioni che giustificano la richiesta;
- essere presentato personalmente dall'interessato o, in caso di morte, da un suo congiunto, a mezzo di difensore “cassazionista” munito di procura speciale;
- essere depositato presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza o il decreto di condanna nelle forme previste dall'art. 582, entro novanta giorni dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione della Corte EDU che ha accertato la violazione o dalla data in cui è stata emessa la decisione che ha disposto la cancellazione del ricorso dal ruolo.
Unitamente alla richiesta vanno depositati (sembra trattarsi di mero onere di allegazione, non quindi a pena di inammissibilità), con le medesime modalità:
- la sentenza o il decreto di condanna;
- la decisione emessa dalla Corte EDU e iii) gli eventuali ulteriori atti e documenti che giustificano la richiesta (commi 2 e 3).
La Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'art. 611 (rito camerale non partecipato).
La Corte può, ricorrendone i presupposti, disporre la sospensione dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza ai sensi dell'art. 635 (comma 4).
La Corte, in questa fase rescindente, deve verificare che la violazione accertata dalla Corte EDU abbia avuto, per natura e gravità, una incidenza effettiva sulla sentenza o sul decreto di condanna.
Sussistendo detto presupposto accoglie la richiesta; altrimenti la rigetta.
Passando alla fase rescissoria, se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto o se risulta comunque superfluo il rinvio, la Corte assume i provvedimenti idonei a rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione, disponendo, ove occorra, la revoca della sentenza o del decreto di condanna.
Se sono, invece, necessari ulteriori accertamenti, la Corte trasmette gli atti al giudice dell'esecuzione o dispone la riapertura del processo, davanti al giudice della cognizione, nel grado e nella fase in cui si procedeva al momento in cui si è verificata la violazione (una sorta di annullamento con rinvio), stabilendo se e in quale parte conservino efficacia gli atti compiuti nel processo in precedenza svoltosi (comma 5).
Nei commi 6 e 7 sono disciplinate le conseguenze della riapertura del processo con riguardo alla prescrizione del reato e all'improcedibilità dell'azione penale.
La prescrizione riprende il suo corso dalla pronuncia della Corte di cassazione che dispone la riapertura del processo davanti al giudice di primo grado (comma 6).
Quando, invece, la riapertura del processo è disposta davanti alla Corte di appello, fermo restando quanto previsto dall'art. 624 c.p.p. (eventuale giudicato parziale), si osservano le disposizioni in materia di improcedibilità per superamento dei termini del giudizio di impugnazione (commi 1, 4, 5, 6 e 7 dell'art. 344-bis c.p.p.) e il termine di durata massima del processo decorre dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine di cui all'art. 128 c.p.p. (termine di cinque giorni per il deposito del provvedimento).
Va ricordato, infine, che, a norma del modificato art. 60, comma 3 c.p.p. (art. 5, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 150/2022), in caso di accoglimento della richiesta di cui all'art. 628-bis c.p.p. si ha riassunzione della qualità di imputato.
c) L'art. 91 del d.lgs. n. 150/2022 prevede disposizioni transitorie.
Se la decisione definitiva della Corte EDU o la cancellazione dal ruolo sono avvenute in data anteriore all'entrata in vigore del decreto (1° novembre 2022), il termine di novanta giorni indicato nell'art. 628-bis, comma 2, decorre dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto (comma 1).
Inoltre, per i reati commessi in data anteriore al 1° gennaio 2020, la prescrizione riprende il suo corso in ogni caso in cui la Corte di cassazione dispone la riapertura del processo ai sensi dell'art. 628-bis c.p.p., comma 5 (comma 2).