Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: ricorso per cassazione e impugnazioni straordinarie

Renato Bricchetti
18 Gennaio 2023

Approfondimento aggiornato al d.l. n. 162/2022 convertito con modificazioni nella l. n. 199/2022 (che ha introdotto modifiche a talune previsioni transitorie della riforma Cartabia penale). Si è voluto che il sistema procedurale “pandemico” diventasse regola.
Trattazione dei ricorsi. Procedimento

a) Come già si è detto trattando del giudizio di appello, si è voluto che il sistema procedurale “pandemico” diventasse regola.

In particolare, la trattazione dei ricorsi davanti alla Corte di cassazione deve avvenire con confronto cartolare senza l'intervento dei difensori.

Tuttavia, nei casi non contemplati dall'art. 611 c.p.p., le parti devono poter presentare richiesta di discussione orale in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata.

Negli stessi casi, la legge delega ha voluto che la Corte di cassazione potesse disporre, anche in assenza di una richiesta di parte, la trattazione con discussione orale in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata.

Insomma, uno scenario che si è già visto trattando, con riguardo al giudizio di appello, del nuovo art. 598-bis c.p.p.

Infine, il legislatore delegato, memore della vicenda Drassich (Corte EDU, sez. II, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia), dovrà dare dignità di norma ad una prassi già esistente e stabilire che la Corte di cassazione, qualora intenda dare al fatto una definizione giuridica diversa, è tenuta alla preventiva instaurazione del contraddittorio nelle forme previste per la celebrazione dell'udienza.

b) Il legislatore delegato ha, dunque, messo mano (con l'art. 35, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 150/2022) all'art. 611 c.p.p., ora dedicato in genere al “procedimento” (così la nuova rubrica).

Le nuove disposizioni erano destinate ad applicarsi dal 1° gennaio 2023 ai sensi dell'art. 94, comma 2, d.lgs. n. 150/2022).

Il comma 2 è stato, tuttavia, modificato dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, di conversione del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, ed ora stabilisce che:

  • per le impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2023 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo e 9, e all'art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con mod., dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176;
  • se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo il 30 giugno 2023, si fa riferimento all'atto di impugnazione proposto per primo.

Al ricorso per cassazione si applica l'art. 23, commi 8 e 9: per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione a norma degli artt. 127 (udienza camerale partecipata) e 614 (udienza pubblica) c.p.p. la corte di cassazione procede in camera di consiglio non partecipata (cioè, senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti) salvo che una delle parti private o il procuratore generale faccia richiesta di discussione orale (primo periodo).

Entro il quindicesimo giorno precedente l'udienza, il procuratore generale formula le sue richieste con atto spedito alla cancelleria della Corte a mezzo di posta elettronica certificata (PEC) (secondo periodo). La cancelleria provvede immediatamente a inviare, a mezzo PEC, l'atto contenente le richieste ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono presentare con atto scritto, inviato alla cancelleria della corte a mezzo PEC, le conclusioni (terzo periodo). Alla deliberazione si procede con le modalità di cui al comma 9 (le deliberazioni collegiali in camera di consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto. Dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l'ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell'inserimento nel fascicolo il prima possibile); non si applica l'art. 615, comma 3, c.p.p. (che prevede che la sentenza sia pubblicata in udienza subito dopo la deliberazione, mediante lettura del dispositivo) e il dispositivo è comunicato alle parti. (quarto periodo)

La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell'art. 613 c.p.p. (iscritto, cioè, nell'albo speciale della corte di cassazione) entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza e presentata, a mezzo PEC, alla cancelleria. (quinto periodo)

Il comma 1 dell'art. 611 è stato sostituito e sono stati aggiunti i commi da 2-bis a 2-sexies; il comma 2 è stato da tempo abrogato.

La regola è che la Corte provvede sui ricorsi in camera di consiglio non partecipata, se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall'art. 127 c.p.p.

Il confronto è cartolare: motivi di ricorso, richieste del procuratore generale e memorie. Fino a quindici giorni prima dell'udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica (comma 1).

Tuttavia, il procuratore generale e i difensori possono chiedere la trattazione (comma 2-bis):

  • in pubblica udienza, dei ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento o all'esito di giudizio abbreviato;
  • in camera di consiglio partecipata, i) dei ricorsi per i quali la legge prevede la trattazione con l'osservanza delle forme previste dall'art. 127 (come, ad es., gli artt. 32, comma 1, 48, comma 1, 130, comma 2, 311, comma 5, 325, comma 3, 428, comma 3-ter, 625-bis, comma 4) e ii) dei ricorsi contro le sentenze pronunciate all'esito di camera di consiglio non partecipata a norma dell'art. 598-bis, salvo che l'appello abbia avuto esclusivamente per oggetto la specie (v. art. 17 c.p.) o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze (art. 69 c.p.), o l'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), di pene sostitutive (art. 20-bis c.p.), della sospensione della pena (art. 163 c.p., dovendo ritenersi che il legislatore intendesse riferirsi alla sospensione condizionale della pena) o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario (art. 175 c.p., trattandosi di quello spedito a richiesta di privati).

Le richieste anzidette vanno presentate, a pena di decadenza, nel termine di dieci giorni dalla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza e sono irrevocabili. Se la richiesta è ammissibile, la Corte dispone l'udienza partecipata indicando se il ricorso sarà trattato in udienza pubblica o in camera di consiglio e la cancelleria avvisa procuratore generale e difensori (comma 2-ter).

Negli stessi casi la Corte può disporre d'ufficio la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio partecipata se ritiene sussistere la rilevanza delle questioni (comma 2-quater).

Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall'art. 127, l'avviso dell'udienza è dato almeno venti giorni prima e i termini di cui ai commi 1 e 2-ter sono ridotti a cinque giorni per la richiesta di intervenire in udienza, a dieci giorni per le memorie e a tre giorni per le memorie di replica (comma 2-quinquies).

c) Infine (comma 2-sexies), la Corte, se ritiene di dare una diversa definizione giuridica al fatto, dispone con ordinanza il rinvio per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, indicando la ragione del rinvio e dandone comunicazione alle parti con l'avviso di fissazione della nuova udienza.

Senza preventiva interlocuzione nei termini anzidetti, non può procedersi ad una diversa qualificazione del fatto neppure se la prospettiva della nuova definizione sia formalmente nota o comunque sufficientemente prevedibile.

Questioni concernenti la competenza per territorio

a) Sempre ad evidenti fini di riduzione dei tempi del procedimento, il Parlamento ha imposto al legislatore delegato di prevedere che il giudice chiamato a decidere una questione concernente la competenza per territorio possa, anche su istanza di parte, rimettere la decisione alla Corte di cassazione, che provvede in camera di consiglio.

Qualora non proponga l'istanza di rimessione della decisione alla Corte, la parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio non potrà riproporre la questione nel corso del procedimento.

Infine, la Corte di cassazione, nel caso in cui dichiari l'incompetenza del giudice, deve ordinare la trasmissione degli atti al giudice competente.

b) Il legislatore delegato ha disciplinato il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione per la decisione sulla competenza per territorio con il nuovo art. 24-bis, introdotto dall'art. del 4 d.lgs. n. 150/2022.

I commi 1 e 2 stabiliscono che, prima della conclusione dell'udienza preliminare, la questione concernente la competenza per territorio può essere rimessa (con gli atti necessari alla risoluzione della questione e con l'indicazione delle parti e dei difensori), a richiesta di parte o di ufficio, alla Corte di cassazione.

La parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio, senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di cassazione, non può più riproporre l'eccezione nel corso del procedimento (comma 6).

Qualora non vi sia udienza preliminare la rimessione deve avvenire entro il termine previsto dall'art. 491, comma 1, c.p.p. vale a dire «subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti».

Entro questo termine deve essere riproposta la questione «ai sensi dell'articolo 21, comma 2», vale a dire la questione respinta nell'udienza preliminare.

La Corte di cassazione decide in camera di consiglio con le forme previste dall'art. 127 c.p.p.

Se dichiara l'incompetenza (che va dichiarata con sentenza), ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente (comma 3).

L'estratto della sentenza è immediatamente comunicato al giudice che ha rimesso la questione e, quando diverso, al giudice competente nonché al pubblico ministero presso i medesimi giudici (ed è notificato alle parti private) (comma 4) ed il termine previsto dall'art. 27 per le misure cautelari decorre dalla comunicazione (comma 5).

Richiesta per l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della CEDU (revisione europea)

a) Il Parlamento ha imposto al Governo di introdurre un mezzo di impugnazione straordinario davanti alla Corte di cassazione al fine di dare esecuzione alla sentenza definitiva della Corte EDU, proponibile dal soggetto che abbia presentato il ricorso alla Corte medesima, entro un termine perentorio.

La direttiva muove dall'esigenza di dar vita ad un nuovo rimedio straordinario, diverso da quello previsto dall'art. 625-bis c.p.p. (ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, che dovrà essere “coordinato” con quello della rescissione del giudicato nei confronti dell'assente “incolpevole” (trasferito, a seguito della riforma Orlando, dall'art. 625-ter all'art. 629-bis c.p.p.) e con l'incidente di esecuzione di cui all'art. 670 inteso a ottenere la dichiarazione di non esecutività del provvedimento.

Il Parlamento ha preso le distanze dalla tendenza, molto criticata, dei giudici di legittimità (Cass. pen., sez. VI, 12 novembre 2008, Drassich; Cass. pen., sez. V, 11 febbraio 2010, Scoppola), di estendere l'area dei provvedimenti impugnabili con ricorso straordinario ex art. 625-bis per rimediare a errori, non necessariamente materiali o di fatto, determinanti una violazione della CEDU verificatisi nel giudizio di cassazione.

Questa tendenza è stata comunque ridimensionata in una successiva pronuncia (Cass. pen., sez. V, 14 marzo 2016, n. 28676) in cui si è affermato che l'esigenza «di conformarsi ai principi sanciti da una sentenza della Corte EDU deve pur sempre passare attraverso il rinvenimento di uno strumento processuale conforme non solo alla finalità indicata dalla pronuncia sovranazionale, ma altresì coerente con la struttura ontologica e con le finalità riconosciute dall'ordinamento nazionale allo strumento processuale prescelto».

A questa pronuncia ne è seguita altra (Cass. pen., sez. V, 6 luglio 2016, n. 43886) che ha ritenuto inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto proposto al fine di ottenere la revoca della condanna inflitta per fatti di concorso esterno in associazione mafiosa commessi antecedentemente al 1994, rientranti nell'orientamento espresso dalla sentenza Corte EDU 14 aprile 2015, Contrada c. Italia.

Il legislatore delegato dovrà attribuire alla Corte di cassazione il potere di adottare i provvedimenti necessari e di disciplinare l'eventuale procedimento successivo.

b) Il rimedio per l'esecuzione delle decisioni della Corte EDU è stato (dall'art. 36, comma 1, d.lgs. n. 150/2022) collocato nel nuovo art. 628-bis c.p.p., preceduto dall'introduzione nel libro IX di un Titolo III-bis, dedicato ai «Rimedi per l'esecuzione delle decisioni della Corte EDU».

Si tratta della richiesta del condannato (con sentenza, anche di patteggiamento, o con decreto) e della persona sottoposta a misura di sicurezza, da rivolgere alla Corte di cassazione (sulla quale si concentra la fase rescindente):

  • di revoca della sentenza o del decreto di condanna,
  • di riapertura del procedimento,
  • di adozione dei provvedimenti necessari per eliminare gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione (che può riguardare anche il diritto dell'imputato di partecipare al processo: comma 8 voluto per regolamentare i rapporti tra il ricorso in esame e la rescissione del giudicato di cui all'art. 629-bis c.p.p.) accertata dalla Corte EDU (a seguito dell'accoglimento, con decisione definitiva, di ricorso del condannato medesimo (non, dunque, di cd. fratelli minori) per l'accertamento di una violazione dei diritti riconosciuti dalla CEDU oppure della cancellazione dal ruolo del ricorso ai sensi dell'art. 37 CEDU a seguito del riconoscimento unilaterale della violazione da parte dello Stato (comma 1).

Il ricorso deve, a pena di inammissibilità:

  • contenere l'indicazione specifica delle ragioni che giustificano la richiesta;
  • essere presentato personalmente dall'interessato o, in caso di morte, da un suo congiunto, a mezzo di difensore “cassazionista” munito di procura speciale;
  • essere depositato presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza o il decreto di condanna nelle forme previste dall'art. 582, entro novanta giorni dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione della Corte EDU che ha accertato la violazione o dalla data in cui è stata emessa la decisione che ha disposto la cancellazione del ricorso dal ruolo.

Unitamente alla richiesta vanno depositati (sembra trattarsi di mero onere di allegazione, non quindi a pena di inammissibilità), con le medesime modalità:

  • la sentenza o il decreto di condanna;
  • la decisione emessa dalla Corte EDU e iii) gli eventuali ulteriori atti e documenti che giustificano la richiesta (commi 2 e 3).

La Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'art. 611 (rito camerale non partecipato).

La Corte può, ricorrendone i presupposti, disporre la sospensione dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza ai sensi dell'art. 635 (comma 4).

La Corte, in questa fase rescindente, deve verificare che la violazione accertata dalla Corte EDU abbia avuto, per natura e gravità, una incidenza effettiva sulla sentenza o sul decreto di condanna.

Sussistendo detto presupposto accoglie la richiesta; altrimenti la rigetta.

Passando alla fase rescissoria, se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto o se risulta comunque superfluo il rinvio, la Corte assume i provvedimenti idonei a rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla violazione, disponendo, ove occorra, la revoca della sentenza o del decreto di condanna.

Se sono, invece, necessari ulteriori accertamenti, la Corte trasmette gli atti al giudice dell'esecuzione o dispone la riapertura del processo, davanti al giudice della cognizione, nel grado e nella fase in cui si procedeva al momento in cui si è verificata la violazione (una sorta di annullamento con rinvio), stabilendo se e in quale parte conservino efficacia gli atti compiuti nel processo in precedenza svoltosi (comma 5).

Nei commi 6 e 7 sono disciplinate le conseguenze della riapertura del processo con riguardo alla prescrizione del reato e all'improcedibilità dell'azione penale.

La prescrizione riprende il suo corso dalla pronuncia della Corte di cassazione che dispone la riapertura del processo davanti al giudice di primo grado (comma 6).

Quando, invece, la riapertura del processo è disposta davanti alla Corte di appello, fermo restando quanto previsto dall'art. 624 c.p.p. (eventuale giudicato parziale), si osservano le disposizioni in materia di improcedibilità per superamento dei termini del giudizio di impugnazione (commi 1, 4, 5, 6 e 7 dell'art. 344-bis c.p.p.) e il termine di durata massima del processo decorre dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine di cui all'art. 128 c.p.p. (termine di cinque giorni per il deposito del provvedimento).

Va ricordato, infine, che, a norma del modificato art. 60, comma 3 c.p.p. (art. 5, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 150/2022), in caso di accoglimento della richiesta di cui all'art. 628-bis c.p.p. si ha riassunzione della qualità di imputato.

c) L'art. 91 del d.lgs. n. 150/2022 prevede disposizioni transitorie.

Se la decisione definitiva della Corte EDU o la cancellazione dal ruolo sono avvenute in data anteriore all'entrata in vigore del decreto (1° novembre 2022), il termine di novanta giorni indicato nell'art. 628-bis, comma 2, decorre dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto (comma 1).

Inoltre, per i reati commessi in data anteriore al 1° gennaio 2020, la prescrizione riprende il suo corso in ogni caso in cui la Corte di cassazione dispone la riapertura del processo ai sensi dell'art. 628-bis c.p.p., comma 5 (comma 2).

Rescissione del giudicato

L'art. 629-bis è stato sostituito dall'art. 37, comma 1, del d.lgs. n. 150/2022 [l'art. 89, comma 1, del d.lgs. prevede che, salvo quanto previsto dai commi 2 (caso in cui, prima dell'entrata in vigore del d.lgs., nell'udienza preliminare o nel giudizio di primo grado è stata disposta la sospensione del processo ai sensi dell'art. 420-quater, comma 2, nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del d.lgs. e l'imputato non è stato ancora rintracciato) e 3 (applicazione per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del d.lgs. delle disposizioni degli artt. 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, nonché 175 come modificato dal d.lgs.), quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. (ad oggi il 30 dicembre 2022, ai sensi dell'art. 99-bis del d.lgs., aggiunto dall'art. 6 del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162), è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell'imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e di attuazione del medesimo «in materia di assenza anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullità in appello e alla rescissione del giudicato.»].

Ora prevede che, fuori dei casi disciplinati dall'art. 628-bis c.p.p., il condannato o la persona sottoposta a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato nei cui confronti si sia proceduto in assenza può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall'art. 420-bis c.p.p.,come sostituito dall'art. 23, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 150/2022 (comma 1: notificazione dell'atto in mani proprie o di persona da lui espressamente delegata al ritiro dell'atto ed espressa rinuncia a comparire o a far valere un sussistente impedimento; comma 2: prova dell'effettiva conoscenza della pendenza del processo e che l'assenza è dovuta ad una scelta volontaria e consapevole; comma 3: dichiarazione di latitanza o volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo), e che non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, salvo risulti che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza (comma 1).

Lo spazio della rescissione è delimitato anche dal nuovo comma 2.1 dell'art. 175 c.p.p., introdotto dall'art. 11, comma 1, lett. b), n. 1, del d.lgs. n. 150/2022, che prevede che l'imputato giudicato in assenza sia restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato, se, nei casi previsti dall'art. 420-bis, commi 2 e 3, c.p.p. fornisce la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa.

Il nuovo comma 8-bis dell'art. 175 c.p.p. (aggiunto dall'art. 11, comma 1, lett. b), n. 3), prevede, poi, che in caso di restituzione nel termine concessa a norma del comma 2.1, non si tiene conto, ai fini della improcedibilità di cui all'art. 344-bis c.p.p., del tempo intercorso tra il novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall'art. 544 c.p.p., come eventualmente prorogato ai sensi dell'art. 154 disp. att., e la notificazione alla parte dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione.

Anche in caso di riapertura del processo a seguito della rescissione del giudicato si ha riassunzione della qualità di imputato (v. citato art. 60, comma 3).

L'art. 88 d.lgs. n. 150/2022 detta una disposizione transitoria secondo la quale, nei procedimenti che hanno ad oggetto reati commessi prima del 1° gennaio 2020, nei qualisia disposta la anzidetta restituzione nel termine, non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la scadenza dei termini per impugnare di cui all'art. 585 c.p.p. e la notificazione alla parte dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione.

Le ulteriori modifiche all'art. 629-bis c.p.p. riproducono le disposizioni preesistenti o sono volte a coordinare la disciplina sulla rescissione del giudicato con la nuova disciplina delle impugnazioni.

La richiesta è sempre presentata alla Corte di appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento, a pena di inammissibilità, personalmente dall'interessato o da un difensore munito di procura speciale entro trenta giorni dal momento dell'avvenuta conoscenza della sentenza (comma 2).

La Corte provvede a norma dell'art. 127 c.p.p. e, se accoglie la richiesta, revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice della fase o del grado in cui si è verificata la nullità (comma 3).

Si applicano – come già era previsto – l'art. 635 c.p.p. sulla sospensione dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza e l'art. 640 c.p.p. sull'impugnabilità della sentenza (comma 4).

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