Avocazione: tertium non datur
09 Dicembre 2022
Il fatto
S.G. è indagato del reato di cui all'art. 589-bis c.p., per avere cagionato il decesso di M.K, investendolo con la propria autovettura.
Il Pubblico Ministero ha assunto le sue determinazioni, formulando la richiesta di archiviazione in data /////////.
I prossimi congiunti, oltre a presentare opposizione, seguita dalla fissazione da parte del G.i.p. dell'udienza in Camera di Consiglio per il giorno //////, hanno contestualmente sollecitato l'avocazione del procedimento da parte della Procura Generale interessata, sostenendo che una richiesta di archiviazione asseritamente ingiustificata equivalga all'ipotesi di inerzia del P.M. Il quadro normativo di riferimento
L'avocazione è un istituto proprio dell'Ufficio della Procura Generale della Corte di Appello di riferimento e rientra tra le prerogative del Procuratore Generale esercitarla, seguendo il criterio - guida della “discrezionalità selettiva”.
Tale facoltà è stata attribuita dal legislatore al fine di colmare eventuali lacune investigative nell'attività d'indagine e al fine di sanare i casi di inerzia colpevole ingiustificata da parte del Pubblico Ministero di primo grado.
Occorre, tuttavia, introdurre un necessario distinguo tra le due ipotesi di avocazione disciplinate entrambe nel corpo dell'art. 412 c.p.p.
La prima ipotesi di avocazione è prevista dal comma I dell'art. 412 c.p.p. e presuppone alternativamente il mancato esercizio dell'azione penale o la mancata richiesta di archiviazione.
Pertanto, criterio fondamentale nell'esercizio del potere di avocazione è il carattere proceduralmente ingiustificato dell'inerzia del titolare dell'azione penale.
Tale qualificazione dell'inerzia sarà, perciò, oggetto di accurata valutazione.
Nel caso in esame, il Pubblico Ministero ha assunto le sue determinazioni, formulando la richiesta di archiviazione, come già si è detto.
Da escludersi, pertanto, la ricorrenza dell'inerzia da parte del Pubblico Ministero, sicché la richiesta di avocazione presentata nell'interesse dei prossimi congiunti di M.K. appare all'evidenza sotto tale profilo inammissibile.
L'altra ipotesi presuppone a monte l'avvenuta definizione del procedimento con una richiesta di archiviazione che, però, non è stata accolta dal GIP o è stata seguita dall'opposizione della persona offesa o dei prossimi congiunti della stessa, come nella fattispecie in esame.
In entrambi casi è data comunicazione al Procuratore Generale della data fissata dal G.i.p. dell'udienza in Camera di Consiglio e, in base al combinato disposto di cui agli artt. 409 comma 3, 410 comma 3, 412 comma 2 c.p.p., la trasmissione è effettuata per porre il Procuratore Generale nelle condizioni di valutare se esercitare o meno il potere di avocazione.
Qualora il P.G. decidesse di intervenire dovrebbe, quindi, avocare al fine di partecipare all'udienza camerale e assumere in tale sede le sue determinazioni, escludendosi, al riguardo, quella soluzione ermeneutica estrema secondo la quale l'avocazione comporterebbe automaticamente la revoca della richiesta di archiviazione.
D'altra parte, il legislatore non ha previsto che l'esercizio del potere di avocazione determini di per sé la revoca della richiesta di archiviazione.
Proprio il dato letterale non consente pertanto alcun automatismo in tal senso.
Si propende, quindi, verso un indirizzo interpretativo che attribuisce una posizione attendista al P.G., in tal modo lasciando spazio all'organo requirente di secondo grado di poter intervenire fino alla data fissata per l'udienza in Camera di Consiglio dal Giudice per le indagini preliminari.
L'intervento va concepito di tipo mitigatorio nei rapporti tra i due gradi requirenti, anche perché tiene conto del fatto che la decisione finale spetta, in ogni caso, all'organo giudicante.
L'art. 413 c.p.p. contempla la facoltà della persona offesa dal reato o dei prossimi congiunti di «chiedere al Procuratore Generale di disporre l'avocazione a norma dell'art. 412 comma 1», ed è il caso di una stasi procedimentale ingiustificata da parte del Pubblico Ministero di primo grado, come si è appena detto sopra.
Del resto, nell'ipotesi di mancata condivisione da parte del soggetto privato delle valutazioni finali del Pubblico Ministero, la via tracciata dal legislatore è quella dell'opposizione per effetto della quale il Procuratore Generale sarà, comunque, investito della conoscenza del procedimento.
Certamente vi è il riconoscimento da parte del legislatore della legittimità del potere di avocazione ex art. 412 comma 2 c.p.p., in caso di inerzia funzionale, pur mancando, in presenza di una richiesta di archiviazione, una condotta stricto sensu inerte da parte del Pubblico Ministero, in vista di un diverso e più proficuo taglio investigativo, ma tali considerazioni, in assenza di una espressa previsione normativa in tal senso, non spingono all'attribuzione alla persona offesa della facoltà di sollecitare direttamente l'avocazione all'organo requirente di secondo grado, qualora si ritenga la gestione dell'attività d'indagine conclusa in primo grado incompleta.
Accedendo a questa interpretazione, è ragionevole ritenere di raggiungere il giusto punto di equilibrio tra i due organi requirenti, onde evitare possibili corti circuiti, certamente contrari allo spirito della legge, che attribuisce al Procuratore Generale ex art. 6 d.lgs. n. 106/2006 un generale potere di vigilanza nell'ambito del quale va certamente ricompresa l'avocazione. In conclusione
Rebus sic stantibus, non è stata attribuita alla persona offesa la facoltà di promuovere una sollecitazione diretta ad intervenire rivolta al Procuratore Generale quando le indagini siano state concluse con una richiesta di archiviazione, posto che il legislatore ha previsto per tale soggetto la facoltà di avanzare una richiesta di avocazione soltanto nel caso di cui all'art. 412 comma 1 c.p.p.
Nell'ipotesi di una richiesta di archiviazione non condivisa da parte della persona offesa sarà cura della stessa presentare opposizione ex art. 410 c.p.p. (tertium non datur).
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