Mancata assegnazione della casa coniugale e di un contributo per esigenze abitative
27 Gennaio 2023
Massima
La previsione di un contributo per esigenze abitative conseguente alla separazione dei coniugi, in caso di mancata assegnazione della casa coniugale, non è subordinata alla preventiva stipula di un contratto di locazione da parte del genitore beneficiario. Il caso
La Corte d'Appello confermava la sentenza di primo grado con cui il Tribunale aveva respinto la richiesta di assegnazione della casa coniugale avanzata dalla moglie, stante l'avvenuto trasferimento – unitamente alle figlie minori - presso l'abitazione dei genitori antecedentemente al deposito della domanda di separazione.
Veniva così disposto a carico del padre, oltre ad un assegno per il mantenimento delle figlie, la corresponsione di un 'ulteriore importo a titolo di contributo per il pagamento del canone di locazione di un'abitazione, a decorrere - peraltro - dal momento in cui la madre avesse preso in locazione un immobile, dimostrando di risiedervi stabilmente unitamente alle figlie.
La Corte di Cassazione cassava la sentenza impugnata, ritenendo viziata la subordinazione del versamento alla preventiva stipula di un contratto locatizio da parte del genitore beneficiario, rinviando alla Corte D'Appello in diversa composizione.
La questione
In caso di mancata assegnazione della casa coniugale (nella specie, per essersene allontanate la madre con le figlie), è ammissibile subordinare il versamento di un contributo, connesso alle esigenze abitative, all'effettiva stipula di un contratto di locazione da parte del genitore beneficiario? Le soluzioni giuridiche
L'art. 337-sexies c.c. prevede che il godimento della casa famigliare venga attribuito, tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. In caso di mancato godimento è giustificato un contributo economico che, peraltro, la Cassazione ritiene non possa essere subordinato alla preventiva stipula di un contratto di locazione da parte del genitore beneficiario e dalla prova dell'effettiva residenza.
Ritiene, infatti, la Suprema Corte che il fatto che i nonni si siano fatti carico di ospitare la figlia con le nipoti, non può portare a considerare inesistente un'esigenza abitativa, ma solo a considerare che altri si siano fatti carico in luogo dei diretti interessati. Del resto, la Cassazione ha più volte ribadito, dopo un iniziale orientamento favorevole a tener conto - nella determinazione dell'assegno di mantenimento - di eventuali elargizioni provenienti da terzi (Cass. civ., sez. I, sentenza 26 giugno 1996 n. 5916) a considerare irrilevanti tali eventuali emolumenti - provenienti, ad esempio, dai genitori di uno dei coniugi - ancorché regolari e protrattesi anche dopo la separazione, dato il carattere liberale e non obbligatorio di tali aiuti (tra le molte, Cass. civ., sez. I, sentenza 18 luglio 2003 n. 11224;, Cass. civ., sez. I, sentenza 4 aprile 2011 n. 7601).
Ritiene, pertanto, la Cassazione che l'ospitalità da parte dei genitori non possa giustificare una subordinazione dell'obbligo - da parte dell'altro coniuge - a versare un contributo economico solamente nel caso di stipula di un contratto di locazione.
La Cassazione con questa pronuncia afferma, pertanto, il principio secondo cui la mancata fruizione della casa familiare legittima l'incremento dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge affidatario dei figli. Osservazioni
Scopo dell'assegnazione della casa coniugale ex art. 337-sexies c.c. è solo quello di tutelare l'interesse della prole a rimanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta e non anche quello di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole (Cfr. Cass. civ., 7 febbraio 2018 n. 3015). Nel caso di allontanamento protratto nel tempo da parte di un genitore unitamente ai figli, viene certamente meno la continuità ambientale e la conseguente necessità di preservare agli stessi un certo habitat di vita e che sola giustifica la disposizione della casa coniugale in favore del genitore colllocatario.
L'assegnazione, infatti, consegue alla stabile dimora del figlio presso l'abitazione di uno dei genitori e dunque si può escludere nei casi in cui il minore venga allontanato, così sradicandolo dal luogo in cui fino a quel momento aveva abitato, a nulla rilevando che poi vi faccia ritorno in maniera sporadica (Cass. civ., 16 maggio 2013 n. 11981; Cass. civ., 9 settembre .2002 n. 13065).
Il Tribunale, peraltro, in tali casi, potrà prevedere un contributo economico a fronte del mancato godimento della casa coniugale da parte del coniuge collocatario dei figli, ad integrazione dell'assegno per il mantenimento ordinario, che deve coprire quanto necessario per la vita corrente dei figli, ivi compreso l'alloggio, distinguendosi così dal concorso alle spese straordinarie. Parimenti, nel caso di assegnazione della casa coniugale, il Giudice – ex art. 337-sexies c.c. – dovrà tenerne conto ai fini della regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato da un lato il risparmio economico per il genitore assegnatario e dall'altro, i costi cui va incontro l'altro genitore, il quale dovrà trovarsi una nuova casa ed arredarla e talora continuare altresì a versare la rata di mutuo sull'alloggio coniugale.
La Corte di Cassazione ha infatti recentemente affermato che l'assegnazione ad uno dei coniugi, pur essendo finalizzata alla tutela della prole e del suo interesse a permanere nell'ambiente domestico, costituisce altresì un'utilità suscettibile di apprezzamento economico, anche quando il coniuge separato assegnatario dell'immobile sia comproprietario, in quanto il godimento del bene non trova fondamento nella comproprietà dello stesso, ma nel provvedimento di assegnazione, opponibile anche a terzi, che limita la facoltà dell'altro coniuge di disporre della propria quota, traducendosi, per esso, in un pregiudizio economico, valutabile ai fini della quantificazione dell'assegno dovuto ( Cass. civ., 21 settembre 2022 n. 27599; Cass. civ., 11 novembre 2021 n. 33606).
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