Sono applicabili le esenzioni di cui all’art. 67 l.fall. all’azione revocatoria ordinaria?

Giuseppina Satta
30 Gennaio 2023

La Prima sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 2176 del 24 gennaio 2023, affrontando la controversa questione circa l'applicabilità o meno delle esenzioni di cui all'art. 67, comma 3, l.fall. alla revocatoria ordinaria, enuncia un importante principio di diritto.

La questione in lite - La fattispecie oggetto della presente pronuncia può essere così sintetizzata: il Tribunale di Perugia accoglieva parzialmente l'opposizione proposta da una banca in amministrazione straordinaria avverso lo stato passivo del fallimento di una società, ammettendo al passivo in via chirografaria, anziché in grado ipotecario, un credito a titolo di restituzione del mutuo fondiario concesso alla società fallita da un pool di banche, ai sensi dell'art. 38 TUB. Per quanto qui rileva il Tribunale precisava che l'esenzione prevista dall'art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. non trova applicazione alla revocatoria ordinaria, essendo prevista soltanto per la revocatoria fallimentare, nell'ambito della quale costituisce un contrappeso alle agevolazioni probatorie accordate al curatore, e dovendosi altrimenti ritenere che la medesima esenzione spetti anche all'imprenditore in bonis convenuto in giudizio ai sensi dell'art. 2901 c.c.

Ricorreva per Cassazione la Banca denunciando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 66 e 67, comma 3, l.fall. e dell'art. 2901 c.c. Ad avviso della Banca, il decreto impugnato, nell'escludere l'applicabilità dell'esenzione prevista dall'art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. alla revocatoria ordinaria, non avrebbe tenuto conto del tenore letterale della predetta disposizione e della ratio della stessa, consistente nel sottrarre alla revocabilità determinate categorie di atti posti in essere per un fine ritenuto meritevole di tutela, ed in particolare le operazioni strumentali al superamento della crisi d'impresa, le quali risulterebbero altrimenti poco appetibili sia per il debitore che per i terzi.

L'orientamento precedente di legittimità sulla inapplicabilità dell'art. 67, comma 3, l.fall. all'azione revocatoria ordinaria. - Osserva, in primo luogo, la Corte come la questione sollevata dalla ricorrente sia stata ripetutamente affrontata dalla giurisprudenza di legittimità e risolta nel senso dell'inapplicabilità all'azione revocatoria ordinaria, ancorché esercitata dal curatore fallimentare, delle esenzioni contemplate dall'art. 67, comma 3, l.fall. (cfr. Cass. civ., n. 3778/2019; Cass. civ., n. 4796/2020 e Cass. civ., n. 571/2021). A fondamento di tale soluzione, sono stati addotti cinque ordini di considerazioni, fondate rispettivamente:

sulla formulazione letterale del citato art. 67, il quale, escludendo la soggezione degli atti da esso indicati all'«azione revocatoria» genericamente indicata, si riferisce evidentemente a quella disciplinata dai due commi precedenti, e non anche a quella ordinaria, disciplinata dall'art. 66 con rinvio

1.alle norme del codice civile;

2.sulla diversa formulazione dell'art. 69-bis, il quale, nel disciplinare la decadenza dall'azione, si riferisce invece espressamente a tutte quelle «disciplinate dalla presente sezione», ovverosia dagli artt. 64-71;

3.sull'analoga disciplina dettata dall'art. 12, comma 5, legge 27 gennaio 2012, n. 3 per i procedimenti di composizione delle crisi da sovraindebitamento, la quale, nel sottrarre all'azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione dell'accordo omologato, fa espresso riferimento all'art. 67 l.fall., in tal modo escludendo l'applicabilità dell'esenzione all'azione revocatoria ordinaria di cui all'art. 2901 c.c., richiamato dall'art. 66 l.fall.;

4.sull'art. 18 del d.l. n. 179/2012 il quale, nel modificare il citato art. 12, comma 5, ha contestualmente modificato l'art. 217-bis l.fall., estendendo le esenzioni dai reati di bancarotta all'accordo di composizione della crisi omologato ai sensi dell'art. 12, in tal modo confermando la piena autonomia dei due ambiti di tutela, civilistico e penalistico, riguardanti i pagamenti effettuati in violazione della par condicio creditorum;

5.sulla diversità dei due tipi di azione revocatoria, ritenuta idonea ad escludere l'arbitrarietà di un trattamento differenziato, essendo gli stessi volti a colpire rispettivamente atti idonei a indurre l'insolvenza del debitore ed atti compiuti dallo stesso quando era già insolvente, nonché riferibili ad ambiti temporali diversi e caratterizzati da un differente regime probatorio, più gravoso per quella ordinaria, dal momento che in quella fallimentare il curatore può avvalersi anche di presunzioni juris tantum.

La nuova prospettiva della Corte sull'applicabilità dell'art. 67, comma 3, l.fall. alla revocatoria ordinaria- Ciò chiarito, la Corte osserva tuttavia come ciascuna delle considerazioni sopra enunciate possa essere criticamente rivalutata anche alla luce degli orientamenti espressi nel tempo dalla dottrina. Segnatamente e sotto il profilo letterale la Corte rileva:

1.l'ambivalenza della formulazione dell'art. 67, comma 3, l.fall. che non autorizza conclusioni sicure né nel senso dell'applicabilità, né in quello dell'inapplicabilità delle esenzioni alla revocatoria ordinaria. Detto articolo, infatti, al comma 4, esclude espressamente l'applicabilità della revocatoria all'istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario, facendo puntuale riferimento alle «disposizioni di questo articolo», e quindi alla sola revocatoria fallimentare;

2.che analoghe considerazioni possono svolgersi con riguardo alla differente formulazione dell'art. 69-bis, il cui specifico riferimento a tutte le «azioni revocatorie disciplinate dalla presente sezione», idoneo ad abbracciare sia quella fallimentare che quella ordinaria, non rappresenta un indice sicuro della volontà del legislatore di limitare alla prima l'ambito applicativo delle esenzioni previste dall'art. 67, comma 3: si è anzi rilevato che, in presenza di una più generica formulazione di quest'ultima disposizione, costituirebbe un evidente paradosso l'attribuzione alla stessa di una portata più circoscritta di quella di altre norme, aventi un ambito di applicazione rigorosamente individuato;

3.come non sia determinante neppure il confronto con l'art. 12, comma 5, l. n. 3/2012, il cui puntuale riferimento «all'azione revocatoria di cui all'art. 67» potrebbe essere interpretato come espressione tanto della volontà di esplicitare meglio la regola generale enunciata da tale disposizione, quanto della volontà di discostarsene, dettando una disciplina dall'ambito applicativo più ristretto.

Le diverse tipologia di esenzioni. - La Corte osserva poi come sotto un profilo logico-sistematico, le segnalate differenze tra la disciplina della revocatoria fallimentare e quella della revocatoria ordinaria non possano ritenersi idonee a giustificare l'esclusione dell'applicabilità alla seconda delle esenzioni previste per la prima, correndosi altrimenti il rischio di vanificarne l'efficacia, e quindi di impedire il perseguimento delle finalità del legislatore. In quest'ottica, ricorda la Corte come sia stata peraltro evidenziata la difficoltà di ricondurre ad unità le fattispecie di esenzione, osservandosi che, mentre alcune delle stesse (lett. a, b) mirano a consentire la prosecuzione dell'attività produttiva, evitando che il timore della revocatoria scoraggi altri operatori dall'entrare in rapporti con l'imprenditore in difficoltà, altre (lett. d, e, g) sono volte ad agevolare il ricorso alle procedure di composizione negoziale della crisi d'impresa, sottraendo alla revocatoria gli atti compiuti in funzione o in esecuzione delle stesse, ed altre ancora trovano giustificazione nell'appartenenza del creditore o dell'altro contraente a particolari categorie di soggetti ritenute meritevoli di tutela (lett. c, f).

Si è quindi prospettata la possibilità di dare al quesito riguardante l'ambito di operatività della norma in esame risposte differenziate, anche con riguardo alla revocatoria fallimentare, correlando l'applicabilità dell'esenzione alla categoria di atti cui si riferiscono le singole fattispecie: si è ritenuto, in particolare, che l'operatività del primo gruppo di esenzioni dovrebbe essere subordinata alla riconducibilità dell'atto alla normale gestione dell'impresa ed al compimento dello stesso con modalità ordinarie, con la conseguente inapplicabilità delle esenzioni agli atti di cui all'art. 67, comma 1, n. 1, mentre quella del secondo e del terzo gruppo andrebbe riconosciuta alle condizioni di volta in volta previste, e tale ragionamento è stato esteso anche alla revocatoria ordinaria, osservandosi che la sottrazione della stessa all'ambito di applicabilità della norma in esame comporterebbe la sostanziale elisione della portata delle esenzioni.

Il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione - I Giudici condividono quest'ultima impostazione in considerazione delle finalità perseguite dal legislatore mediante la previsione delle singole fattispecie di esenzione. Nel primo gruppo di ipotesi, infatti, l'esenzione si pone in collegamento con l'ordinaria gestione dell'impresa, e può trovare giustificazione soltanto a condizione che, per tipologia e modalità di effettuazione, da valutarsi caso per caso, l'operazione sia riconducibile alla stessa. Negli altri due gruppi di ipotesi, invece, la finalità di agevolare il ricorso ad accordi per la regolazione della crisi d'impresa, e quella di garantire la tutela di soggetti appartenenti alle categorie indicate, comporta la necessità di riconoscere comunque l'esenzione, in presenza delle condizioni richieste dalla norma, e cioè, rispettivamente, del compimento dell'atto in esecuzione di un piano di risanamento, del concordato, dell'amministrazione controllata o dell'accordo omologato, oppure dell'effettuazione del pagamento a fronte di un servizio prestato in funzione delle predette procedure, o ancora dell'effettuazione dello stesso per una prestazione di lavoro.

E, conclude la Corte, In termini sostanzialmente non diversi deve ritenersi operante l'esenzione dalla revocatoria ordinaria, rispetto alla quale occorre tuttavia tenere presente che i pagamenti e le rimesse di cui alle lett. a), d), f) e g) dell'art. 67, comma 3, sono già sottratti alla revoca, ai sensi dell'art. 2901, comma 3, c.c., costituendo adempimento di debiti scaduti. Quanto agli atti ed alle garanzie di cui alle lettere c), d) ed e), occorre invece considerare che per le vendite immobiliari l'applicabilità dell'esenzione trova giustificazione nella corrispondenza dell'atto ad una situazione di normale esercizio dell'attività d'impresa; per gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione o in funzione della regolazione concordata della crisi d'impresa, la riferibilità dell'esenzione alla revocatoria ordinaria trova a sua volta giustificazione nell'osservazione che altrimenti l'operazione non potrebbe mai sottrarsi alla dichiarazione d'inefficacia, avuto riguardo alla consapevolezza da parte del terzo dello stato di crisi in cui versava l'impresa all'epoca del compimento dell'operazione e dell'oggettiva idoneità della stessa ad arrecare pregiudizio alle ragioni degli altri creditori. La medesima disciplina deve infine considerarsi applicabile anche nel caso in cui l'azione revocatoria ordinaria venga esercitata al di fuori del fallimento, non ravvisandosi alcuna ragione che possa giustificare, in tal caso, l'assoggettamento dell'operazione ad una disciplina più severa di quella applicabile nell'ambito del fallimento.

Secondo la Corte non è dunque condivisibile il decreto impugnato, nella parte in cui, pur avendo accertato che il credito fatto valere con l'istanza d'insinuazione al passivo traeva origine da un mutuo ipotecario concesso alla società fallita in esecuzione di un piano di risanamento dell'impresa stipulato con un pool di banche, ivi compresa la ricorrente, ha ritenuto revocabile la garanzia, in accoglimento dell'eccezione proposta dal curatore del fallimento, ed ha ammesso il credito al passivo in via chirografaria, escludendo l'applicabilità della esenzione prevista dall'art. 67, comma 3, lett. d), l.fall.

La Prima Sezione cassa dunque il decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Perugia affinché si attenga al seguente principio di diritto: «in tema di fallimento, le esenzioni previste dall'art. 67, comma 3, l.fall. trovano applicazione non soltanto all'azione revocatoria fallimentare, ma, alle condizioni per la stessa previste, anche all'azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore, nonché a quella esercitata al di fuori del fallimento, nel caso in cui il giudizio promosso dal singolo creditore sia proseguito dal curatore».

Fonte: www.dirittoegiustizia.it