Azione revocatoria ordinaria (nel fallimento)

Paolo Bosticco
08 Aprile 2016

L'azione revocatoria ordinaria non è un istituto fallimentare, bensì nasce come azione di tutela dei singoli creditori, disciplinata dall'art. 2901 c.c. e come tale viene regolata a prescindere dall'accertamento di uno stato di insolvenza. L'art. 66 l.fall., peraltro, prevede che quando il debitore venga dichiarato fallito, l'azione possa essere esercitata – in luogo ed in sostituzione dei creditori nella loro collettività – dal curatore, che può sia proseguire le cause già avviate, accettandole nello stato processuale in cui si trovano, sia avviare una nuova iniziativa revocatoria.

Inquadramento

L'azione revocatoria ordinaria non è un istituto fallimentare, bensì nasce come azione di tutela dei singoli creditori, disciplinata dall'art. 2901 c.c. e come tale viene regolata a prescindere dall'accertamento di uno stato di insolvenza. L'art. 66 l. fall., peraltro, prevede che quando il debitore venga dichiarato fallito, l'azione possa essere esercitata – in luogo ed in sostituzione dei creditori nella loro collettività – dal curatore, che può sia proseguire le cause già avviate, accettandole nello stato processuale in cui si trovano, sia avviare una nuova iniziativa revocatoria.

Poiché, peraltro, il curatore, sia che subentri nella revocatoria pendente, sia che avvii una causa autonoma, esercita la stessa azione che spetta al creditore, l'accoglimento dell'iniziativa è subordinato ai requisiti civilistici, sia sotto il profilo processuale, sia quanto alla prova dei presupposti sostanziali, costituiti dall'eventus damni ed altresì, per gli atti a titolo gratuito, dalla scientia damni in capo al debitore, cui si aggiunge, per gli atti a titolo oneroso l'onere di provare analogo stato soggettivo in capo all'accipiens. Possono essere impugnati anche atti antecedenti al sorgere del credito, ma in tal caso dovrà essere provato il consilium fraudis ovvero che l'atto fosse preordinato a rendere incapiente il patrimonio del debitore in vista dell'obbligazione poi assunta; nel caso degli atti a titolo oneroso occorre provare in capo alla controparte negoziale la partecipatio fraudis.

L'azione si propone avanti al foro fallimentare e si prescrive in cinque anni dal compimento dell'atto.

La legittimazione del curatore all'azione revocatoria ordinaria

L'azione revocatoria, nota anche come actio pauliana in omaggio al similare istituto romanistico, nasce in ambito civilistico ed è inserita tra i “mezzi di conservazione” della garanzia patrimoniale imposta dall'art. 2740 c.c. a beneficio dei creditori; ciascun creditore è appunto legittimato ad utilizzare l'azione revocatoria per tutelare il proprio diritto, chiedendo che gli atti depauperativi del patrimonio compiuti dal debitore vengano dichiarati inefficaci, in presenza di alcuni presupposti che, in sostanza, attribuiscono agli atti censurati una connotazione di frode alle ragioni creditorie, in modo da poter esercitare sui beni oggetto dell'atto l'azione esecutiva.

A norma dell'art. 66 l. fall., peraltro, in caso di fallimento – o assoggettamento ad altra procedura concorsuale assimilata al fallimento – del debitore la legittimazione all'azione revocatoria si trasferisce in capo all'organo concorsuale (G. Federico, Legittimazione del curatore nell'azione revocatoria ordinaria, in Fall., 2003, 497).

Si discute sul fatto che con la sua traslazione nell'ambito della procedura concorsuale l'azione revocatoria ordinaria possa modificare la sua natura (in tal senso, A. Nigro, Azione revocatoria ordinaria, in Nigro-Santulli-Santoro, La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, 910); sul punto non sono mancate in passato pronunzie che hanno tentato di individuare una autonomia dell'azione se, anziché subentrare al creditore, il curatore avvii una nuova iniziativa. Peraltro, la tesi predominante, da ultimo ripresa da Cass., Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 9170, ribadisce che anche l'azione proposta a norma dell'art. 66 l.fall. è identica sotto il profilo sostanziale a quella che spetta al singolo creditore nei confronti del debitore in bonis, con l'unica differenza che la revocatoria proposta a norma dell'art. 66 l.fall. ha un ambito di efficacia più esteso di quella civilistica, in quanto giova alla massa dei creditori, oltre a non postulare la prova della scientia decoctionis (Cass., 23 febbraio 2013, n. 2772; la distinzione rileva, ad esempio, ai fini di consentire la revocatoria ordinaria rispetto agli atti del socio cui si estenda il fallimento, come osserva G. Carmellino, Revocatoria degli atti compiuti tra i coniugi e fallimento del socio unico di S.r.l.: interazioni e vuoti di tutela, in Fall., 2015, 82).

Tuttavia, la proposizione dell'azione da parte dell'organo concorsuale comporta alcuni effetti rilevanti che in effetti distinguono (A. Patti, Azione revocatoria ordinaria, in Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006, 890) l'azione promossa nell'ambito del fallimento:

  • il curatore si sostituisce ai creditori nella loro collettività e quindi, come meglio vedremo nel par. seguente, viene meno la legittimazione del singolo creditore.
  • l'art. 66 l. fall. prevede uno spostamento della competenza, sancendo che venga attratta dalla competenza del tribunale fallimentare sia l'azione per la revoca degli atti compiuti dal fallito, sia quella “a cascata” nei confronti dei sub-acquirenti;
  • la norma fallimentare fa riferimento espresso alla revocabilità dei soli atti di disposizione compiuti dal debitore.

La prima differenza è rilevante anche perché sarà onere del curatore di dimostrare la sussistenza di crediti da tutelare con la revocatoria, ma agendo a beneficio di tutti i creditori, sarà agevolato nel provare che l'atto sia stato compiuto posteriormente al sorgere di uno o più crediti ammessi al passivo (Cass., Sez. I, 31 ottobre 2012, n. 18847), beneficiando degli effetti della revocatoria anche i creditori posteriori (A. Pazzaglia, Art. 66 l.fall.. L'azione revocatoria ordinaria in sede fallimentare, in L. Ghia, C. Piccininni, F. Severini (a cura di), Trattato delle procedure concorsuali, vol. II, Torino, 2010, 93) ed, anzi, secondo una tesi interpretativa, ove esercitata nel fallimento, la revocatoria ordinaria prescinde da tale distinzione, di modo che di fatto non sarebbe mai rilevante il consilium fraudis (G. Rago, Manuale della revocatoria fallimentare, Milano, 2006, 19; L. Panzani – D. Colombini, Il fallimento. Profili applicativi, Torino, 1999, 181). Discutibile e difficilmente praticabile risulta, in tal senso, la tesi richiamata da M. Porzio, Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, in V. Buonocore – A. Bassi (a cura di), Trattato di diritto fallimentare, vol. II, Padova, 2010, 333, secondo la quale degli effetti della revocatoria dovrebbero beneficiare solo i creditori anteriori all'atto.

L'espressa previsione dello spostamento della competenza (L. De Renzis, L'azione revocatoria fallimentare, in A. Caiafa (a cura di), Le procedure concorsuali, Padova, 2011, 406), invece, supera alcune questioni in tema di individuazione del foro competente, in particolare il dubbio sulla rimessione alla Sezione Specializzata della revocatoria che tuteli crediti oggetto di accertamento avanti al giudice delle imprese (Trib. Castrovillari, 13 ottobre 2014; contra Trib. Vicenza, 13 maggio 2015), dovendosi anche considerare che oggetto dell'azione è il trasferimento impugnato e non l'accertamento nel merito della pretesa tutelata.

Quanto all'oggetto dell'impugnazione, L. Guglielmucci, Diritto Fallimentare, Torino, 2015, 144 ritiene che la revocatoria ordinaria “fallimentare”, essendo limitata agli atti dispositivi non possa coinvolgere gli atti di gestione (come la stipula di una locazione), nonché gli atti non definitivi (quali i preliminari: Cass. 16 aprile 2008, n. 9970) così come non potrà essere utilizzata per impugnare le ipoteche giudiziali, in quanto non si tratta di atto del debitore (S. Bonfatti, Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori. Le azioni revocatorie, in A. Jorio – B. Sassani (a cura di), Trattato delle procedure concorsuali, vol. II, Milano, 2014, 154 s.).

Differenze meno rilevanti concernono la legittimazione passiva (che compete solo al terzo e non al fallito: G. Rago, Manuale della revocatoria fallimentare, cit., 14) ed il riconoscimento al terzo revocato del diritto a concorrere in via paritaria (anziché subordinatamente la pieno soddisfo del creditore che abbia agito in revocatoria) al passivo ai sensi dell'art. 71 l. fall. (G. Terranova, Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, in F. Bricola – F. Galgano (a cura di) Commentario della legge fallimentare, Bologna, 1993, 216).

Natura “sostitutiva” della legittimazione del curatore e conseguenze

Come si accennava, il curatore si sostituisce ai creditori e può optare per la scelta di subentrare al creditore nell'azione costituendosi nella causa pendente (S. Bonfatti, Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, cit. 158; sul punto, paiono superate le perplessità espresse da L. Guglielmucci, La revocatoria ordinaria nel fallimento, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 1999, 249) ovvero riassumendola a seguito di interruzione (Cass., Sez. I, 21 luglio 1998, n. 7119), così come può decidere di promuovere una autonoma iniziativa (M. Ferro, La legge fallimentare, Padova, 2007, 441).

La valenza sostitutiva della legittimazione comporta che, sia quando l'organo concorsuale prosegua un'azione già pendente, sia quando ne avvii una autonoma, venga meno la legittimazione del creditore singolo (Cass., Sez. III, 27 ottobre 2015, n. 21810; Cass., Sez. I 25 luglio 2002, n. 10921), rendendo improcedibile l'azione di quest'ultimo (Cass., Sez. unite, 17 dicembre 2008, n. 29420); per una disamina dell'alternativa: M. Maienza, Fallimento del debitore ed azione revocatoria ordinaria preesistente: le possibili scelte del curatore secondo le Sezioni Unite, in Fall., 2009, 543).

In evidenza: ipotesi di legittimazione concorrente dei creditori

La perdita di legittimazione del creditore, peraltro, non si verifica quando l'azione coinvolga atti e soggetti diversi da quelli impugnati dalla curatela (Cass., Sez. III, 27 ottobre 2015, n. 21810, cit.). Inoltre, si ritiene che il creditore mantenga una sua legittimazione in caso di inerzia dell'organo concorsuale (Cass., Sez. Unite, 17 dicembre 2008, n. 29421); in tal senso, si è ritenuto ad esempio sia concessa al creditore che voglia opporsi all'altrui ammissione al passivo di esercitare anche l'azione revocatoria ordinaria al fine di far dichiarare inefficaci i negozi dai quali trae origine il credito opposto (Cass., Sez. VI - 1, 5 marzo 2015, n. 4524).

Dalla natura dell'azione discende che, qualora il curatore prosegua l'azione già promossa da un creditore dovrà accettare la causa nello stato in cui si trova (Trib. Rovigo, 22 dicembre 2015), subendo le eventuali preclusioni processuali (G. Rago, Manuale della revocatoria fallimentare, Milano, 2006, 24), anche se, di contro, la facoltà di subingresso può essere esercitata in ogni momento del processo, anche in appello, senza che tale iniziativa subisca i limiti previsti dall'art. 345 c.p.c. (Cass., Sez. I, 15 gennaio 2016, n. 614).

Dalla considerazione che si tratta di un'azione estranea all'istituto revocatorio tipico fallimentare taluni desumono che non dovrebbero applicarsi all'azione esercitata a norma dell'art. 66 l.fall. le esenzioni previste al terzo comma dell'art. 67 l.fall. (A. Nigro, Azione revocatoria ordinaria, cit., 912; M. Ferro, La legge fallimentare, cit., 442); peraltro, la tesi contraria, seguita da Trib. Milano, 2 marzo 2013, trova una giustificazione se si individua la ratio dell'esenzione nell'esclusione ex lege della scientia decoctionis, che taluni equiparano ad esclusione della percezione dell'eventus damni (L. Guglielmucci, Diritto Fallimentare, Torino, 2015, 160 s.).

In evidenza: Cass., Sez. I, 2 dicembre 2011, n. 25850

Da segnalare che in teoria il fallimento, per effetto di successione nei rapporti di cui era parte il fallito, potrebbe essere anche soggetto legittimato passivo rispetto all'azione revocatoria; in tal caso, se si tende ad escludere la proponibilità dell'azione una volta dichiarato il fallimento, viceversa la Corte di Cassazione, con la pronunzia n. 25850/2011, ha sancito che l'azione ex art. 2901 c.c. avviata e trascritta prima della sentenza di fallimento può essere validamente proseguita nei confronti della curatela.

Natura e presupposti dell'azione: a) distinzione tra atti gratuiti ed atti a titolo oneroso

La revocatoria ordinaria ha una funzione lato sensu cautelare (C. Conti, Sez. I, 8 giugno 2015, n. 377), tant'è che per l'esercizio non si richiede che il credito sia certo, liquido ed esigibile (Cass., Sez. III, 9 febbraio 2012, n. 1893; Cass., Sez. III, 29 gennaio 2010, n. 2066) e men che meno che sia portato da un titolo esecutivo: saranno tutelabili con revocatoria anche il credito condizionale e, secondo la giurisprudenza costante, anche i crediti eventuali (Cass., Sez. III, 7 maggio 2014, n. 9855) ed in particolare il credito contestato anche se soggetto ad accertamento giudiziale (Cass., Sez. II, 19 novembre 2015, n. 23666; Cass., Sez. I, 14 maggio 2013, n. 11573; Cass., 9 febbraio 2012, n. 1893; Cass., Sez. Unite, 18 maggio 2004, n. 9440).

Per la medesima ragione, la revocatoria non si lega necessariamente alla causa di accertamento del diritto che con essa si vuole tutelare; modificando un precedente orientamento, proposto da Cass., Sez. III, 6 febbraio 1996, n. 960, che riteneva la decisione sulla revocatoria subordinata all'accertamento del credito controverso, la Suprema Corte esclude che sussista un'ipotesi di sospensione necessaria del giudizio revocatorio all'esito di quello sull'esistenza del credito (Cass., Sez. I, 12 luglio 2013, n. 17257; Cass., Sez. I, 24 luglio 2003, n. 11471).

In evidenza: Applicabilità dell'art. 2901 c.c. alle pretese risarcitorie derivanti da azioni di responsabilità

Tra i diritti tutelabili mediante l'azione revocatoria ordinaria Cass., Sez. Un., 18 maggio 2004, n. 9440, cit., ricomprende anche il credito che la procedura concorsuale sostenga di vantare nei confronti degli organi societari in forza di azione di responsabilità promossa a norma dell'art. 147 l. fall., di modo che la curatela potrà avviare l'azione ex art. 2901 c.c. e la stessa non sarà influenzata dalla pendenza dell'azione risarcitoria nel merito.

Trattandosi di azione di inefficacia, la revocatoria ordinaria non ha effetto invalidante rispetto agli atti che ne vengono colpiti, bensì consente solo al creditore di estendere in futuro la propria azione esecutiva a colpire anche il diritto trasferito con l'atto revocando (Cass., Sez. III, 12 maggio 2015, n. 9584; Trib. Monza, 12 marzo 2013, in CorG, 2014, 368, con nota di M. Terenghi, Effetti della revocatoria ordinaria e sorte dell'ipoteca giudiziale iscritta dopo il compimento dell'atto dispositivo: nuovi contributi della giurisprudenza); in caso di impossibilità della restituzione del bene, potrà essere richiesta la condanna per equivalente (Cass., Sez. I, 29 luglio 2014, n. 17196).

Per tale ragione si esclude il litisconsorzio necessario - che, viceversa sussiste rispetto al beneficario dell'atto - con eventuali altre parti del negozio impugnato (Cass. civ. Sez. III, 20 agosto 2015, n. 17021 e Cass., Sez. III, 12 dicembre 2014, n. 26168) e si ritiene che, qualora il ricavato dell'esecuzione sui valori oggetto di revocatoria sia superiore ai crediti tutelati, il supero spetti al terzo che ha subito la revocatoria (G. Milano, Il danno nella revocatoria ex art. 66 l.fall., in Fall., 2016, 328).

Per l'effetto, anche l'azione proposta dal curatore non potrà superare eventuali diritti acquisiti da terzi in buona fede e non potrà eccedere il danno quantificato nelle ragioni creditorie insoddisfatte.

La revocatoria può essere proposta di fatto contro qualsiasi tipo di atto, purchè comporti una disposizione patrimoniale (cfr. S. D'Ercole, L'azione revocatoria, in P. Rescigno (a cura di), Trattato di Diritto Privato, vol. 20, Torino, 2008, 172 ss.). L'unico limite posto dall'art. 2901 c.c. – che di conseguenza si estende a precludere la revocatoria ai sensi dell'art. 66 l.fall. – è costituito dalla non revocabilità degli atti estintivi di debiti scaduti, a patto che l'atto estintivo non sia diretto e non costituisca l'esito finale di negozi diversi di quello per il quale è dovuto il pagamento (Trib. Milano, 23 ottobre 2013, in Fall., 2014, 113).

Casistica delle ipotesi in cui si è ritenuta ammessa la revocatoria ordinaria

Tipologia di atto

Orientamento giurisprudenziale

Rinunzia all'eredità o all'azione di riduzione

Trib. Novara, 18 marzo 2013 contra Trib. Cagliari, 19 giugno 2015; Cass., Sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4005

Trasferimento immobiliare in esecuzione di accordo di separazione

Cass. S.U. 22 gennaio 2015, n. 1144

Contratto definitivo in esecuzione di preliminare

Trib. Taranto, 29 marzo 2014

Conferimento di beni in società

Cass. S.U. 22 gennaio 2015, n. 1144, cit.; Cass., Sez. I, 22 ottobre 2013, n. 23891

Costituzione di ipoteche

Cass., Sez. I, 8 maggio 2014, n. 9987

Rinunzia al diritto di opzione

Trib. Nola, 24 ottobre 2013 contra Trib. Salerno, 12 gennaio 2010, in Fall., 2010, 839

Assegnazione della casa familiare al coniuge

Contra Trib. Udine, 16 giugno 2013

L'azione può andare a colpire anche fenomeni di collegamento negoziale, di modo che sarà impugnabile – ed altresì come atto anteriore al sorgere del credito - anche quell'atto che sia collegato a negozi successivi, se temporalmente ed eziologicamente vicini (Cass. civ. Sez. VI, 28 settembre 2015, n. 19129).

In evidenza: Cass., Sez. VI, 11 novembre 2015, n. 23101

La Suprema Corte ha, tuttavia, respinto una domanda di revocatoria formulata ai sensi dell'art. 66 l. fall. avverso rimesse in conto corrente bancario, ritenendo non si tratti di atti di pagamento, ma meramente ripristinatori della provvista.

Va segnalato che la giurisprudenza ha ritenuto sia esonerato da revocatoria anche l'atto che si dimostri non solo funzionale, bensì anche “necessitato” dall'esigenza di pagare debiti scaduti (App. Firenze, 18 marzo 2015; Cass., Sez. I, 7 giugno 2013, n. 14420).

In evidenza: Revocabilità degli atti costitutivi di patrimoni destinati e di trust

Un tema sul quale si evidenzia qualche incertezza è quello della revocabilità degli atti costitutivi di vincoli di destinazione ai sensi dell'art. 2645-ter c.c., ritenuti da taluna sentenza addirittura privi di causa, persino se istituiti per supportare ipotesi di concordato preventivo (Trib. Reggio Emilia, 27 gennaio 2014, in ilFallimentarista.it, con nota di Zanzi) e di patrimoni separati (Trib. Nola, 24 ottobre 2013, in Fall., 2014, 342) e costitutivi di trust (Trib. Genova, 18 febbraio 2015 e Trib. Forlì, 5 febbraio 2015, in FI, 2015, I, 2535, Trib. Milano, 27 maggio 2013, in QG, 2014) in particolare Trib. Alessandria 28 settembre 2015, in Trust, 2016, 65 ha ritenuto inefficace ex art. 2901 c.c. il negozio attributivo di beni al trust. Sul punto: S. Leuzzi, Riflessioni sull'art. 2645-ter c.c. nel quadro dei limiti interposti dalla giurisprudenza, in Trust, 2015, 7; I.L. Nocera, Trust e composizione negoziale della crisi d'impresa: causa in concreto, riconoscibilità e azione revocatoria, in DF, 2015, I, 640; M. Bucchi, Revocatoria ordinaria: agevole rimedio contro il trust gratuito in pregiudizio dei creditori del disponente, in Trust, 2013, 272.

L'azione può essere proposta anche nei confronti dei sub-acquirenti, a condizione della revoca dell'atto di cui ha beneficiato il loro dante causa (Cass., Sez. III, 28 maggio 2013, n. 13182) e purchè si provi anche in capo a costoro la scientia damni; anzi, si configura come azione revocatoria ordinaria anche l'azione volta ad impugnare gli atti traslativi successivi ad un atto che venga impugnato per revocatoria fallimentare (G. Schiano di Pepe (a cura di), Il diritto fallimentare riformato, Padova, 2007, 191).

Ciò premesso, per passare all'esame dei presupposti per l'accoglimento della domanda volta ad ottenere la declaratoria di inefficacia degli atti compiuti, occorre preliminarmente attuare una distinzione tra atti gratuiti ed atti a titolo oneroso, poiché in tale ultima ipotesi l'onere deduttivo e probatorio è più severo per il creditore – e quindi per il fallimento – che agisce in revocatoria (Cass., Sez. III, 30 dicembre 2014, n. 27546) e ciò per l'evidente ragione che, laddove l'inefficacia dell'atto gratuito non reca un danno all'accipiens, ma solo la perdita di un vantaggio ottenuto senza contropartita (Cass., 17 maggio 2010, n. 12045), nel caso dell'atto a titolo oneroso occorre tener conto anche del pregiudizio che subirebbe il terzo, la cui posizione di buona fede merita una tutela. In tal senso, si è ritenuto (Cass. 11 giugno 2004, n. 11093) che la gratuità dell'atto non postula l'animus donandi, bensì la mera assenza di un corrispettivo.

In evidenza: gratuità degli atti compiuti tra coniugi

Un'ipotesi controversa riguarda la costituzione di fondo patrimoniale tra coniugi: la giurisprudenza tende a configurare tale negozio come atto a titolo gratuito, come ribadito di recente da Cass., Sez. VI, 9 ottobre 2015, n. 20376, e Cass., Sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 2530, anche quando i beni conferiti provengono da entrambi i coniugi (Cass., Sez. III, 22 marzo 2013, n. 7250; Cass., Sez. VI, 12 dicembre 2012, n. 22878), di modo che ai fini della revoca è sufficiente provare la consapevolezza del debitore di arrecare danno ai creditori (Cass., Sez. III, 30 giugno 2015, n. 13343); di contro, qualche dubbio è stato posto da Cass., Sez. I, 10 aprile 2013, n. 8678, Notar., 2013, 364 con riguardo alle attribuzioni in occasione della separazione personale dei coniugi ed è stato qualificato come oneroso l'atto di trasferimento di un bene in adempimento dell'obbligo di mantenimento del coniuge e dei figli (Trib. Milano, 1 giugno 2015; Cass., Sez. III, 26 luglio 2005, n. 15603), ferma restando comunque la revocabilità di tali atti (Cass., 17 maggio 2010, n. 12045, in Fam.Dir., 2011, 337 con nota di A. Ferrari, La revocatoria di “donazione in occasione” e di “trasferimento a causa” di separazione consensuale tra coniugi; Trib. Reggio Emilia, 5 novembre 2013, in Fam.Dir., 2014, 362 con nota di L. Vignudelli, Revocatoria dei trasferimenti immobiliari in sede di separazione consensuale, fra interessi dei familiari e interessi dei creditori); in ogni caso, poichè la sentenza va a far stato anche nei confronti del coniuge, questi è litisconsorte necessario nella revocatoria (Trib. Monza, 5 marzo 2015), laddove non è invece necessaria la partecipazione al giudizio dei figli minori meri beneficiari del fondo (Cass., Sez. III, 15 maggio 2014, n. 10641).

Il secondo comma dell'art. 2901 c.c. prevede, inoltre, una presunzione di onerosità per le garanzie prestate contestualmente al sorgere del credito, anche se a favore di terzi (Cass., Sez. I, 19 giugno 2014, n. 13973), laddove invece si considera a titolo gratuito, ad esempio, la costituzione di ipoteca successiva al sorgere del credito (Cass., Sez. I, 8 maggio 2014, n. 9987, cit.).

Segue: b) presupposti per la revoca degli atti a titolo gratuito

E dunque, ai fini del promovimento dell'azione prevista dall'art. 2901 c.c. contro atti a titolo gratuito, è necessario e dedurre e provare una serie di presupposti (G. Monteleone, Dell'azione revocatoria, in E. Gabrielli (dir. da) Commentario del Codice Civile, Torino, 2015, 769 ss.):

  • il compimento da parte del debitore di un atto che abbia recato pregiudizio alle ragioni del creditore (eventus damni)
  • la conoscenza da parte del debitore di tale pregiudizio (scientia damni)
  • che, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, si dimostri che esso era dolosamente finalizzato a precludere il soddisfo del creditore (consilium fraudis).

Con riguardo al primo presupposto dell'eventus damni, nell'ambito dell'istituto civilistico (cfr. S. D'Ercole, L'azione revocatoria, cit., 169 ss.) si ritiene che esso non richieda la totale compromissione del patrimonio (Cass., Sez. II, 3 febbraio 2015, n. 1902) e possa essere costituito da qualsiasi variazione sia quantitativa che qualitativa che renda più difficoltosa la futura esecuzione forzata a carico del debitore (Cass., Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 9170, in IlFallimentarista.it, con nota di Nocera; Trib. Piacenza, 6 luglio 2015, in Trust, 2016, 62; Cass., 4 luglio 2006, n. 15265; Cass., 15 febbraio 2007, n. 3470); il tipico esempio di variazione qualitativa revocabile è costituito dalla sostituzione di un bene immobili con una somma di danaro (Cass., Sez. III, 9 febbraio 2012, n. 1896).

Si realizza, nella sostanza, una sorta di inversione dell'onere della prova, nel senso che, a fronte di un atto che diminuisca il patrimonio del debitore – specie se a titolo gratuito – è il creditore ad essere onerato della prova dell'assenza di danno, id est, della sussistenza di un residuo patrimonio aggredibile sufficiente per il soddisfo del credito tutelando (Cass., 18 ottobre 2011, n. 21502; Cass., 14 ottobre 2005, n. 19963). La valutazione deve essere effettuata con riguardo al patrimonio del debitore revocando, essendo irrilevante la presenza di condebitori solidali o la previsione del beneficium excussionis (App. Firenze, 12 gennaio 2015; Trib. Tempio Pausania, 20 novembre 2014; sul punto v. però M. D'auria, Azione revocatoria, solidarieta` passiva e pregiudizio, in GI, 2008, 340).

In evidenza: Cass., Sez. III, 22 dicembre 2015, n. 25733

La revocatoria ordinaria tutela anche il mero pericolo di danno, ma quando l'azione riguardi la vendita di un bene soggetto a garanzia reale, pur essendo l'azione in astratto proponibile (Cass., Sez. III, 13 agosto 2015, n. 16793), il creditore chirografario che agisca dovrà dimostrare quantomeno una ragionevole aspettativa di soddisfazione su un delta residuo rispetto al soddisfo del creditore privilegiato (conf. Trib. Milano, 1 giugno 2015).

Sull'individuazione, invece, del requisito del danno nella revocatoria proposta dal curatore ai sensi dell'art. 66 l.fall., si vedano G. Milano, Il danno nella revocatoria ex art. 66 l.fall., cit., 324, il quale ripercorre il cammino che ha condotto la giurisprudenza ad abbandonare la tesi minoritaria (in tal senso, Cass. 10 dicembre 1987, n. 9122, in Fall., 1988, 322, peraltro riferita alla revocatoria contro il sub-acquirente) che addirittura condizionava la sussistenza dell'eventus damni e di conseguenza l'elemento psicologico alla prova della riconducibilità dell'insolvenza all'atto impugnato (Cass., Sez. I, 15 marzo 1990, n. 2117, in Fall., 1990, 1007) e della percezione di tale situazione (B. Quatraro – M. Giorgetti – A. Fumagalli, Revocatoria ordinaria e fallimentare, Milano, 2009, 613 s.) sino alla tesi prevalente che si uniforma al concetto di danno proprio dell'azione civilistica (G. Rago, Manuale della revocatoria fallimentare, cit., 13 ss.) che considera pregiudizievole ogni atto che comporti l'incapienza o la minor capienza del patrimonio del debitore ai fini del pagamento dei creditori, situazione che poi può essere in effetti ritenuta equipollente all'aggravamento dell'insolvenza (A. Pazzaglia, Art. 66 l.fall.. L'azione revocatoria ordinaria, cit., 99). Tuttavia, la Suprema Corte ha invece sancito che nella revocatoria esercitata nel fallimento, diversamente da quanto avviene nella revocatoria civilistica, non vale la regola secondo la quale incombe al debitore l'onere di dedurre che il patrimonio residuo è sufficiente a soddisfare i crediti (Cass., Sez. I, 12 aprile 2013, n. 8931).

Per quel che concerne la distinzione tra atti anteriori o meno al sorgere del credito (così rilevante che Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13446 sostiene che il passaggio dall'una all'altra fattispecie costituisce mutamento della domanda inammissibile), nella disciplina civilistica si ritiene che non rilevi il momento in cui il credito diviene esigibile o viene accertato, bensì quello in cui il credito sorge (Cass., Sez. III, 18 agosto 2011, n. 17356; Cass., Sez. I, 2 settembre 1996, n. 8013, in Fall., 1997, 595), anche - come detto sub 3 – come mera pretesa eventuale, di modo che si ritiene tutelabile con la revocatoria ordinaria anche il credito vantato verso il fidejussore a prescindere dal verificarsi dell'inadempimento del debitore principale e dell'esercizio dell'azione di garanzia (Cass., Sez. III, 22 marzo 2013, n. 7250; Trib. Prato, 17 aprile 2015)

Ai fini di ravvisare l'elemento psicologico in capo al debitore rispetto agli atti a titolo gratuito, peraltro, non occorre l'animus nocendi, ma è sufficiente la scientia damni, ovvero il compimento dell'atto nella consapevolezza del danno che verrà recato ai creditori (Cass., Sez. I, 4 dicembre 2014, n. 25658; Cass., 7 ottobre 2008, n. 24757; App. Lecce-Taranto, 21 gennaio 2016, Plurisonline); il consilium fraudis inteso come dolosa preordinazione (Cass., Sez. II, 20 febbraio 2015, n. 3461) è richiesto solo per gli atti anteriori al sorgere del credito tutelando con la revocatoria; peraltro, a tal fine si ritiene sufficiente che l'atto sia compiuto “in previsione” dell'insorgenza del debito (Cass., Sez. VI, 18 luglio 2014, n. 16498).

Segue: c) la revocatoria ordinaria degli atti a titolo oneroso

Quando la revocatoria ordinaria viene proposta per inficiare atti a titolo oneroso, oltre a dover dedurre e provare gli elementi indicati al precedente paragrafo, il creditore dovrà dimostrare.

  • che il terzo contraente fosse consapevole del danno recato ai creditori dall'atto impugnato (scientia damni);
  • che, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, si dimostri il terzo era partecipe della preordinazione dell'atto all'inadempimento (partecipatio fraudis).

Per l'accoglimento della revocatoria, quindi, è sufficiente provare la consapevolezza in capo al terzo del pregiudizio recato al debitore (Cass., Sez. I, 4 dicembre 2014, n. 25658; Cass., 15 febbraio 2011, n. 3676) e tale elemento psicologico – che per le società va ravvisato in capo al legale rappresentante, ovvero anche ai soci (Cass., Sez. I, 6 novembre 2014, n. 23685) – può essere provato con l'utilizzo di presunzioni (Cass., Sez. III, 30 dicembre 2014, n. 27546; Cass., 17 agosto 2011, n. 17327) e si presume sussistente nel caso di vendita di una pluralità di beni (Cass., Sez. III, 25 luglio 2013, n. 18034) o dell'unico bene posseduto dal debitore (Trib. Prato, 27 gennaio 2015); solo se si impugni un atto anteriore al sorgere del credito – situazione che, come detto, si reputa infrequente nella revocatoria avviata dal curatore – è necessario provare non solo il consilium fraudis in capo al debitore, ma anche la partecipatio fraudis a carico dell'accipiens, salvo che è controverso se sia sufficiente a tal fine il dolo generico, ovvero la mera percezione dell'attitudine dell'atto a danneggiare i creditori (Cass., Sez. III, 18 settembre 2015, n. 18315; Cass., Sez. III, 7 ottobre 2008, n. 24757) o se sia necessaria la coscienza della preordinazione dell'atto a precludere il soddisfo quindi uno stato psicologico qualificabile come dolo specifico (Trib. Treviso, 17 marzo 2015) e secondo taluni anche riferito alla conoscenza precipua del danno al futuro credito oggetto di tutela revocatoria (Cass., Sez. I, 5 luglio 2013, n. 16825).

Peraltro, anche il requisito del consilium fraudis può essere provato anche per presunzioni, ivi compresa la considerazione per i rapporti di parentela (Cass., Sez. VI, 26 gennaio 2016, n. 1404; Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13447).

Prescrizione dell'azione

L'art. 2903 c.c. prevede che la revocatoria sia soggetta a prescrizione quinquennale; non trattandosi di azione che deriva dal fallimento, inoltre, il termine di prescrizione decorre anche nei confronti della curatela, ai sensi dell'art. 2903 c.c., dalla data dell'atto impugnato e non dall'avvio della procedura.

Peraltro, la prescrizione decorre da quando l'azione può essere esercitata, pertanto, per gli atti soggetti a formalità pubblicitarie decorre dalla trascrizione (Cass., Sez. VI, 27 maggio 2014, n. 11815) e per l'ipotesi della costituzione del fondo patrimoniale, poi, dalla data di annotazione nei registri di Stato civile (Trib. Milano, 25 febbraio 2015); in caso di atti dissimulati, quali una donazione sottesa ad una compravendita simulata, la prescrizione decorre, poi, dalla declaratoria di simulazione (Cass., Sez. VI, 16 dicembre 2014, n. 26460).

Poiché il curatore “eredita” l'azione civilistica, si dubita che si applichi all'azione introdotta ai sensi dell'art. 66 l.fall. il termine decadenziale previsto dall'art. 69-bis l.fall. per le azioni revocatorie; la tesi più rigida che estende l'applicazione del termine triennale alla revocatoria ordinaria è stata sostenuta da Trib. Napoli, 1° aprile 2014, in Fall., 2014, 1309 ed in dottrina da A. Nigro, Azione revocatoria ordinaria, cit., 918, G. Schiano di Pepe (a cura di), Il diritto fallimentare riformato, cit., 189; in senso contrario si esprimono M. Montanari, Termine triennale di proponibilità dell'azione revocatoria fallimentare: sulle condizioni di rilevabilità della relativa violazione, in Fall., 2014, 1314; M Porzio, Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli, cit., 334.

Trattandosi di azione costitutiva, ai fini dell'interruzione della prescrizione non è sufficiente l'invio di diffide o intimazioni stragiudiziali, ma occorre la notifica della citazione introduttiva del giudizio alla quale è equiparato l'avvio di iniziative cautelari.

In evidenza: Cass. S.U. 9 dicembre 2015, n. 24822

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 24822 del 2015, ha modificato il proprio precedente orientamento, sancendo che la scissione del momento di efficacia della notifica per il notificante ed in destinatario vale anche ai fini dell'interruzione della prescrizione ed è quindi sufficiente che la citazione della revocatoria venga richiesta di notifica entro il quinquennio prescrizionale (si veda anche la rimessione della questione alla SS.UU. da parte di Cass., Sez. III, 26 gennaio 2015, n. 1392).

In considerazione della natura dell'azione, peraltro, il compimento di un atto interruttivo della prescrizione da parte di uno dei creditori, cui il curatore sia subentrato ex art. 66 cit., giova anche alla massa fallimentare (Cass., Sez. III, 20 marzo 2015, n. 5586) ed in tal senso lascia perplessi la tesi secondo la quale il curatore non potrebbe proseguire l'azione revocatoria avviata ante fallimento da un creditore se sia decorso il quinquennio dal compimento dell'atto (A. Pazzaglia, Art. 66 l.fall.. L'azione revocatoria ordinaria, cit., 111, che riprende la tesi di App. Torino, 6 aprile 2004, in GI, 2004, 2345).

Riferimenti

Normativi

  • Artt. 2740, 2901-2904, c.c.
  • Art. 66 l.fall.
  • Art. 69-bis l.fall.

Giurisprudenza

  • Cass., sentenza 12 dicembre 2014, n. 26151
  • Cass., sentenza 17 gennaio 2007, n. 966
  • Cass., sentenza 18 marzo 2003, n. 3981

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