Vincenzo Fabrizio Giglio
20 Dicembre 2023

Per mezzo del “comando” o “distacco”, un datore di lavoro pone a disposizione di un diverso soggetto la prestazione di un proprio dipendente. Per realizzare tale risultato, il datore di lavoro formale (distaccante) si spoglia (di una parte) dei poteri datoriali in favore del soggetto (distaccatario) che utilizzerà la prestazione del lavoratore (distaccato). Ordinaria conseguenza di ciò è che muti il luogo di svolgimento della prestazione e che il lavoratore distaccato venga inserito nell'organizzazione aziendale del distaccatario.

Inquadramento

Per mezzo del “comando” o “distacco”, un datore di lavoro pone a disposizione di un diverso soggetto la prestazione di un proprio dipendente. Per realizzare tale risultato, il datore di lavoro formale (distaccante) si spoglia (di una parte) dei poteri datoriali in favore del soggetto (distaccatario) che utilizzerà la prestazione del lavoratore (distaccato). Ordinaria conseguenza di ciò è che muti il luogo di svolgimento della prestazione e che il lavoratore distaccato venga inserito nell'organizzazione aziendale del distaccatario.

Il distacco in ambito nazionale è regolato dall'art. 30, D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (cd. “Riforma Biagi”). Altre previsioni sono contenute altresì nell'art. 8, comma 3, D.L. 20 maggio 1993, n. 148 (convertito in L. 19 luglio 1993, n. 236) e nell'art. 3, comma 6, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Prima della regolazione offerta dal Legislatore del 2003, il distacco era disciplinato in ambito pubblico (artt. 56 e 57, D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3), mentre in ambito privato era ritenuto lecito dalla giurisprudenza e dalla prassi.

Come noto, l'ordinamento giuridico sancisce il principio secondo cui il datore titolare del rapporto di lavoro deve normalmente coincidere con il soggetto che beneficia della prestazione del lavoratore, ai sensi dell'art. 2094 c.c. (cfr. Cass. sez. lav., 15 maggio 2012, n. 7517; Cass. sez. lav., 8 settembre 2005, n. 17842; Cass. 18 agosto 2004, n. 16165).

In alcuni casi, tuttavia, tale dissociazione è ritenuta meritevole di tutela e, a determinate condizioni, è pertanto consentita, seppure in via eccezionale (Cass. S.U., 26 ottobre 2006, n. 22910).

Uno di questi casi è rappresentato per l'appunto dall'istituto del distacco.

Come già rilevato dalla giurisprudenza antecedente il D.Lgs. n. 276/2003, il distacco si risolve in una delle possibili modalità di esplicazione del potere direttivo del datore di lavoro (art. 2094 c.c.; art. 2104, comma 2, c.c.; Cass. sez. lav., 21 febbraio 2007, n. 4003; Cass. sez. lav., 18 agosto 2004, n. 16165).

Il distacco, infatti, non determina alcuna novazione del rapporto ma solo una modifica nelle sue ordinarie modalità di esecuzione (Cass. sez. lav., 22 marzo 2007, n. 7049). Deve infatti continuare ad operare, anche in corso di distacco, la causa giuridica del contratto di lavoro originario, pena la diversa qualificazione dell'operazione (Cass. 20 gennaio 2005, n. 1124).

Poco persuasiva appare invece l'ipotesi di una sospensione del rapporto originario in costanza di distacco, seppure talora ritenuta ammissibile (Cass., sez. lav., 8 ottobre 1991, n. 10556). In tal caso, infatti, dovrebbe verificarsi l'instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro alle dipendenze dell'utilizzatore, stante la necessità di imputare le obbligazioni eseguite ad un contratto efficace (Cass. sez. lav., 23 ottobre 2015, n. 21637). Sarebbe ancora un'operazione lecita ma non si tratterebbe più di un distacco. Questo schema trova talora applicazione nei casi in cui, la legge del luogo in cui il distacco viene eseguito richieda l'instaurazione di un rapporto di lavoro locale.

Il distacco transnazionale

L'istituto è altresì oggetto di ulteriori discipline allorché il distacco valichi i confini nazionali (cfr., ad esempio, L. 27 dicembre 1988, n. 567; D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 72, ora sostituita D.Lgs. 17 luglio 2016, n. 136, modificato dal D.lgs. 15 settembre 2020, n. 122; in ambito europeo, cfr. Direttiva 96/71/CE; Direttiva 2014/67/UE).

Il tema esula dallo spazio a disposizione di questo lavoro ma possiamo brevemente rammentare che, in ambito europeo, la materia è disciplinata nei suoi diversi aspetti dalle norme pocanzi ricordate e dalle altre disposizioni, tra cui quelle in materia di sicurezza sociale (cfr. Regolamento 14 giugno 1971, n. 1408 e 29 aprile 2004, n. 883).

Tra gli aspetti di maggior rilievo meritano menzione l'obbligo di applicare al lavoratore distaccato, nel corso del distacco, condizioni di lavoro non inferiori a quelle previste per i lavoratori che svolgono mansioni analoghe nel luogo in cui si svolge la prestazione; e la responsabilità solidale imposta a distaccante e distaccatario, ai sensi dell'art. 1676 c.c. e art. 29, D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276. In ambito extra comunitario, troveranno applicazione le diverse normative dedicate a tale caso (quali il D.L. 31 luglio 1987, n. 317) e le convenzioni bilaterali eventualmente in vigore tra l'Italia e il Paese straniero.

Ambito di applicazione

Il distacco è un istituto applicabile nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c. e delle sue declinazioni.

Si ritiene che sia applicabile anche nell'ambito dei contratti a tempo determinato, entro il periodo di efficacia del contratto, e del lavoro portuale (Ministero del Lavoro, Nota 12 aprile 2005, n. 387; Ministero del Lavoro, Circolare 25 giugno 2001).

L'istituto deve ritenersi applicabile anche nell'ambito di un rapporto a tempo parziale.

Sul piano soggettivo, non si ravvisano ragioni per limitare la capacità di disporre o di ricevere un distacco a soli datori di lavoro qualificati (quali potrebbero essere ad esempio imprese o soggetti di natura societaria). Il tenore letterale della norma, infatti, (che menziona “datori di lavoro” distaccanti e “soggetti” distaccatari) non autorizza una diversa conclusione.

Parimenti, deve ritenersi applicabile il distacco a lavoratori appartenenti a tutti i livelli contrattuali e a tutte le categorie legali (operai, impiegati, quadri e dirigenti).

È ammessa la possibilità di avvalersi del distacco anche nei rapporti di apprendistato, fermo restando il rispetto dei requisiti di legge, in particolare in ordine al regolare adempimento dell'obbligo di formazione, di cui rimane responsabile il datore di lavoro distaccante. Deve, in ogni caso, essere rispettate le seguenti condizioni: la prevalenza della formazione rispetto all'interesse del distaccante allo svolgimento della prestazione lavorativa, la previsione nel piano formativo individuale della possibilità del distacco e la garanzia dell'assistenza di un tutor (Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota 12 gennaio 2018, n. 290; Ministero del Lavoro, nota 17 gennaio 2019, n. 1118).

Requisiti

Come si è detto in apertura, la scissione che, tramite il distacco, si realizza tra il titolare del rapporto e il beneficiario della prestazione va considerata come eccezionale e la sua liceità è pertanto garantita solo dal rispetto dei requisiti fissati dalla legge.

Il primo e qualificante requisito è dato dall'interesse che il datore di lavoro deve nutrire nel distacco. Ma non è il solo.

Secondo il citato art. 30, D.Lgs. n. 276/2003, i requisiti di un valido distacco sono tre:

  • l'interesse del datore di lavoro;
  • la temporaneità;
  • lo svolgimento di un'attività lavorativa determinata.

Non è prevista una forma per il distacco che, pertanto, può essere disposto al pari delle altre direttive dell'imprenditore (art. 2104, comma 2, c.c.; Cass. sez. lav., 23 agosto 1996, n. 7762; Cass. sez. lav., 3 marzo 1994, n. 2095).

Inoltre rimane estraneo alla fattispecie e, dunque, irrilevante (se non nei limiti che vedremo infra), il consenso del lavoratore distaccato. Questi, infatti, è tenuto ad eseguire le direttive datoriali in esecuzione dell'espressa previsione dell'art. 30, D.Lgs. n. 276/2003 e del generale dovere di obbedienza previsto dall'art. 2104, comma 2, c.c. (Cass. sez. lav., 6 giugno 2013, n. 14314; Cass. sez. lav., 4 marzo 2009, n. 5219).

1. L'interesse del datore di lavoro distaccante

Natura dell'interesse datoriale

L'interesse del datore di lavoro è un interesse qualificato. Esso non può consistere in un mero interesse pecuniario (avente ad oggetto il rimborso del costo del rapporto o un corrispettivo per il distacco stesso: cfr. Ministero del Lavoro, Circolare 15 gennaio 2004, n. 3; Circolare 24 giugno 2005, n. 28). Deve trattarsi invece di un interesse di natura “spiccatamente imprenditoriale” (ossia, di natura organizzativa, produttiva, commerciale, ecc.).

Ad esempio, può rappresentare un interesse al distacco quello di sovrintendere alle attività di una controllata (Cass. sez. lav., 16 febbraio 2000, n. 1733); o di far assumere, ad un proprio dirigente, il ruolo di amministratore presso una società partecipata (Cass. sez. lav., 3 luglio 2015, n. 13673). E cosi via.

È stato ritenuto altresì idoneo ad integrare la fattispecie un interesse di natura etica e solidaristica (Cass. sez. lav., 17 gennaio 2001, n. 594).

Di contro è stato ritenuto inidoneo a costituire un valido interesse al distacco, l'interesse del distaccante a sollevarsi dal costo del lavoratore in un momento di crisi o finanche di emergenza (Cass. sez. lav., 23 aprile 2009, n. 9694).

In proposito va detto, però, che è stato ritenuto valido il distacco disposto da un soggetto che fruisce di integrazioni salariali. Ciò perché da un lato, l'interesse del distaccante ad alienare il costo del lavoratore è integrato dall'interesse pubblico a risparmiare il costo del sostegno; dall'altro, il distaccante può nutrire un legittimo interesse alla preservazione del proprio patrimonio professionale che potrebbe risultarne depauperato, sia dalla stessa inattività del lavoratore protratta nel tempo, sia dal fatto che i lavoratori, specie i più qualificati, potrebbero essere indotti a lasciare l'impresa per ricercare una diversa occupazione (Ministero del Lavoro, Circolare 24 giugno 2005, n. 28).

È stato altresì ritenuto valido il distacco che comporti il mutamento delle mansioni del lavoratore senza il suo preventivo consenso e il suo trasferimento oltre 50 km dalla sede di lavoro in assenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive - come invece richiesto dalla legge (art. 30, comma 3 D.Lgs. n. 276/2003) - qualora ciò avvenga, in un contesto di crisi aziendale temporanea e nell'attesa della ripresa produttiva, al fine di incrementarne la polivalenza professionale individuale ed evitare di disperderne il patrimonio professionale (Cass., Sez. Lav. 17 settembre 2020, n. 19413).

L'interesse del distaccante, naturalmente, deve essere lecito (artt. 1343, 1344, 1345 c.c.; Cass. sez. lav., 10 giugno 1999, n. 5721).

Permanenza dell'interesse per l'intera durata del distacco

L'interesse del distaccante deve sorreggere il distacco per la sua intera durata. Il venir meno di tale interesse determina la cessazione del (valido) distacco (Cass. sez. lav., 15 maggio 2012, n. 7517).

Rilevanza delle reti di impresa e (la controversa) rilevanza dei collegamenti societari

Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa, ai sensi del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, l'interesse del distaccante è riconosciuto ex lege (art. 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003). Più esattamente, in questi casi, l'interesse del distaccante è oggetto di una presunzione assoluta (Cass. sez. lav., 21 aprile 2016, n. 8068).

Il medesimo automatismo non può essere ricondotto al distacco nell'ambito di società collegate, anche se ai sensi dell'art. 2359 c.c., sul piano formale, l'irrilevanza del collegamento societario discende dalla riferita natura eccezionale dell'istituto del distacco e dalla conseguente interpretazione restrittiva che va data ai precisi confini posti dall'art. 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003 (cfr. anche art. 31, D.Lgs. n. 276/2003). Questo orientamento mira a garantire la posizione del lavoratore dal rischio di trovarsi alle dipendenze di un debitore meno affidabile del primo. È stata, ad esempio, ritenuta di per sé irrilevante l'appartenenza delle due società (distaccante e distaccataria) alla medesima compagine proprietaria (Cass. 3 giugno 2000, n. 7450).

Anche l'appartenenza ad un medesimo consorzio non solleva le parti dal rispetto del requisito del distaccante: le consorziate, infatti, restano pur sempre soggetti distinti e, qualora sia riscontrata l'assenza di interesse del distaccante (pur se esista l'interesse del solo distaccatario) il distacco è illecito (Cass. 2 ottobre 2009, n. 21115).

Va evidenziato che se, da un lato, la sussistenza di un collegamento societario non garantisce la soddisfazione dei requisiti del distacco, dall'altro, non rappresenta un ostacolo. Anzi, tale circostanza potrebbe rappresentarne un indizio (Cass. sez. lav., 18 agosto 2004, n. 16165; Cass. sez. lav., 16 febbraio 2000, n. 1733; Ministero del Lavoro, Circolare 24 giugno 2005, n. 28).

Pertanto, si deve affermare che, anche in caso di distacco intra-gruppo, lo svolgimento di prestazioni da parte di un lavoratore in favore di una delle società collegate al proprio datore potrà (e dovrà) avvenire nel rispetto dei requisiti generali del distacco (Ministero del Lavoro, Nota 11 aprile 2001, n. 5).

Occorre dar conto tuttavia di un diverso orientamento, a mente del quale, viceversa, il distacco all'interno di un gruppo di imprese sembra assumere un qualche rilievo: anche se non si giunge ad affermarlo esplicitamente, si adombra una ricostruzione secondo cui il distacco intra-gruppo appare sorretto da una presunzione iuris tantum (Cass. sez. lav., 21 aprile 2016, n. 8068; cfr. anche Ministero del Lavoro, Interpello 20 gennaio 2016, n. 1; Cass. 16 febbraio 2000, n. 1733; Cass. 17 marzo 1998, n. 2880).

Particolarità nel periodo di emergenza Covid-19

La normativa emergenziale emanata in occasione della pandemia derivante da Covid-19 ha previsto, per l'anno 2021, la possibilità di fare ricorso all'istituto del distacco nell'ambito dei contratti di rete stipulati con la causale specifica di solidarietà – senza l'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese ma con la sola assistenza delle organizzazioni sindacali datoriali maggiormente rappresentative - tra imprese appartenenti alla stessa filiera colpite da crisi economica.

Lo scopo è quello di favorire il mantenimento dei lavoratori a rischio di perdita del posto, l'inserimento di coloro che lo hanno perso e l'assunzione di figure professionali in grado di rilanciare l'attività nella fase di uscita dalla crisi (art. 3, comma 4-sexies, D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, introdotto dall'art. 43 bis, comma 1, D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla L. 17 luglio 2020, n. 77 e successivamente modificato dall'art. 12, comma 1, D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito dalla L. 26 febbraio 2021, n. 21).

2. La temporaneità

Il requisito della temporaneità, pur essendo coessenziale alla validità del distacco, viene sovente interpretato in modo estremamente elastico, complice il tenore della norma che non pone alcuna delimitazione oggettiva.

Il requisito in esame è infatti, anzitutto, generalmente inteso come “non definitività”, e non come “brevità” (Cass. sez. lav., 21 maggio 1998, n. 5102). Anche un distacco della durata di anni, dunque, potrebbe essere valido purché sia congruo rispetto all'interesse del distaccante (Cass. sez. lav., 5 marzo 2010, n. 5403; Cass. sez. lav., 2 settembre 2004, n. 17748; Ministero del Lavoro, Circolare 15 gennaio 2004, n. 3).

L'interesse datoriale al distacco potrebbe pertanto cessare anche solo con la cessazione del rapporto (Cass. sez. lav., 17 marzo 1998, n. 2880).

Non si richiede neppure che la durata del distacco sia predeterminata fin dall'inizio ma solo che coincida con la durata dell'interesse del datore di lavoro a che il proprio dipendente presti la sua opera in favore di un terzo (Cass. sez. lav., 21 aprile 2016, n. 8068; Cass. sez. lav., 7 aprile 2015, n. 6944).

Ne consegue che il requisito della temporaneità non è autonomo dall'interesse, nel senso che sussiste il primo finché persiste quest'ultimo, con la sola eccezione (non consentita) di un'assunzione a tempo indeterminato finalizzata alla esclusiva destinazione della prestazione a favore di terzi (Cass. sez. lav., 17 marzo 1998, n. 2880).

In concreto, pertanto, alla luce di tali orientamenti, un valido distacco può essere disposto in presenza del solo interesse datoriale, senza predeterminazione (né comunicazione) della durata prevista o prevedibile dello stesso.

3. L'attività lavorativa

L'attività lavorativa per la quale viene disposto il distacco deve essere determinata, non potendosi risolvere un una mera messa a disposizione delle energie lavorative del distaccato in favore del distaccatario (cfr. Ministero del Lavoro, Interpello 2 febbraio 2011, n. 1).

Tale attività dovrà essere altresì funzionale all'interesse del distaccante che si conferma, anche sotto questo profilo, la vera architrave dell'istituto (cfr. Ministero del Lavoro, Interpello 2 febbraio 2011, n. 1).

Eccezioni

In via eccezionale, è previsto che gli accordi sindacali raggiunti nell'ambito di procedure per la riduzione collettiva di personale, al fine di evitare le riduzioni di personale, possano regolare il distacco di uno o più lavoratori dall'impresa ad altra per una durata temporanea (art. 30, comma 4, D.Lgs. n. 276/2003; art. 8, comma 3, D.L. 20 maggio 1993, n. 148).

In questi casi, si ritiene che l'interesse al distacco sia identificato dal legislatore e che la norma abbia il precipuo scopo di consentire un'applicazione dell'istituto del distacco più estesa rispetto agli ordinari limiti (Ministero del Lavoro, Circolare 18 gennaio 1994, n. 4; INPS, Circolare 9 marzo 1994, n. 81).

Tenuto conto del fatto che la norma ribadisce comunque la necessità del requisito della temporaneità, deve ritenersi che la deroga possa avere ad oggetto gli altri due requisiti dell'interesse datoriale e della specificità della prestazione. In altri termini, si può ritenere, ad esempio, che gli accordi gestionali in esame possano consentire il ricorso al distacco in presenza di un interesse datoriale consistente anche nel solo contenimento dei costi; o che il contenuto della prestazione distaccata possa non essere predeterminato.

Ulteriori deroghe potrebbero essere adottate nell'ambito di accordi collettivi di prossimità, stipulati ai sensi dell'art. 8, D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (conv. in L. 14 settembre 2011, n. 148).

Possibili ulteriori requisiti: la disciplina del distacco nella contrattazione collettiva

Molti contratti collettivi nazionali di lavoro si occupano in modo più o meno esteso dell'istituto del distacco, integrando cosi la disciplina legale. Pertanto, nel disporre un distacco occorrerà tener conto anche dell'eventuale disciplina collettiva.

Differenze da istituti limitrofi

Risulta evidente, a questo punto, la differenza tra l'istituto del distacco e istituti giuridici che realizzano, in tutto o in parte, un risultato analogo.

Il distacco è diverso dalla trasferta e dal trasferimento (art. 2103, comma 8, e art. 2104, comma 2, c.c.) poiché, seppure in entrambi questi casi viene mutata la sede abituale di lavoro, la prestazione rimane a beneficio del medesimo soggetto, ossia il titolare del rapporto di lavoro.

Talora, si parla di “distacco improprio”, allorché il datore invia un proprio lavoratore presso un terzo dove svolgerà la prestazione. A ben guardare, tuttavia, si tratta anche in questo caso di una trasferta.

Analogamente, il distacco è diverso dall'appalto (artt. 1655 e segg. c.c.) poiché nel primo caso il lavoratore passa sotto la direzione dell'utilizzatore della prestazione che ne diviene il beneficiario immediato; nell'appalto, invece, il lavoratore rimane sotto la direzione del datore di lavoro formale il quale impiega la sua prestazione lavorativa per la produzione del risultato previsto dall'appalto. Il committente, pertanto, beneficia della prestazione solo in modo mediato dall'organizzazione e dall'apporto dell'appaltatore e non ha alcun potere direttivo nei confronti del lavoratore.

Il distacco è altresì diverso dalla somministrazione di lavoro (artt. 30 e segg., D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81), questa volta sotto un profilo più sfumato. Anche nella somministrazione, infatti, il datore mette a disposizione di un terzo soggetto le prestazioni di un proprio dipendente. Ma nel caso della somministrazione, l'interesse datoriale è condensato nel corrispettivo pecuniario che egli ricava dalla somministrazione. Mentre, come si è detto, nel distacco l'interesse datoriale non può coincidere con il semplice corrispettivo ricevuto.

Esecuzione e gestione del rapporto da parte datoriale

Esercizio dei poteri datoriali

I poteri datoriali nei confronti del lavoratore (tra cui il potere direttivo e disciplinare, ex artt. 2094, 2103, 2104, 2106 c.c.) permangono in capo al datore di lavoro distaccante (Cass. sez. lav., 3 luglio 2015, n. 13673).

Questi potrà tuttavia delegarne l'esercizio, in tutto o in parte, al distaccatario (Cass. sez. lav., 21 maggio 1998, n. 5102; Cass. sez. lav., 21 febbraio 2007, n. 4003).

Responsabilità del datore di lavoro distaccante

Simmetricamente, tutti gli oneri scaturenti dal rapporto di lavoro rimangono in capo al distaccante: questi resterà pertanto responsabile del pagamento della retribuzione e del trattamento normativo nei confronti del lavoratore, per l'intera durata del distacco (art. 30, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003).

Il datore distaccante mantiene altresì inalterate le proprie responsabilità, ad esempio, in tema di tutela della salute del lavoratore (art. 2087 c.c.) e della sua professionalità (art. 2103 c.c.).

Egli rimane responsabile dell'effettuazione e del versamento delle ritenute, del pagamento degli oneri (INPS, Circolare 1° febbraio 2005, n. 18; INPS, Circolare 24 dicembre 1997, n. 263; Ministero dell'Economia e delle Finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n. 326; Ministero del Lavoro, Circolare 21 aprile 1994, n. 58) e degli adempimenti amministrativi concernenti il rapporto (elaborazione dei prospetti paga, comunicazioni obbligatorie, ecc.).

A titolo esemplificativo, restano in capo al distaccante, gli oneri in materia di assegno per il nucleo familiare; le prestazioni di malattia e maternità (Ministero del Lavoro, Circolare 15 gennaio 2004, n. 3; INPS, Circolare 13 marzo 2006, n. 41).

In caso di infortunio o malattia professionale, dunque, il lavoratore dovrà darne notizia al distaccante (INAIL, Circolare 2 agosto 2005, n. 39). Anche l'obbligo di versamento dei premi assicurativi presso l'INAIL restano in capo al distaccante. Se il profilo di rischio presso il distaccatario è diverso da quello del distaccante, tuttavia, quest'ultimo dovrà provvedere a denunziare la variazione e adeguare la tariffa, eventualmente ripartita in misura proporzionale in caso di distacco part-time (INAIL, Nota 10 giugno 2005, n. 2923; INAIL, Circolare 2 agosto 2005, n. 39; INAIL, Circolare 10 gennaio 2008, n. 2).

Il lavoratore distaccato concorre al computo della forza lavoro del distaccante ai fini del requisito numerico previsto per il versamento del TFR al fondo di tesoreria dell'INPS (INPS, Circolare 3 aprile 2007, n. 70).

Rimane parimenti in capo al distaccante la responsabilità del datore per fatti illeciti commessi dal lavoratore distaccato (art. 2049 c.c.; Cass. sez. lav., 11 gennaio 2010, n. 215).

Gli obblighi del datore distaccante restano inalterati anche nel caso in cui il distacco sia stato disposto nell'ambito di accordi sindacali per la gestione di crisi di impresa (art. 8, comma 3, D.L. 20 maggio 1993, n. 148, conv. in L. 19 luglio 1993, n. 236; INPS, 9 marzo 1994, n. 81).

Correlativamente, il distaccante mantiene un dovere di vigilanza circa l'esecuzione che, del rapporto, viene data da parte del distaccatario (Cass. sez. lav., 10 agosto 1999, n. 8567).

Non sembra invece configurabile, in assenza di espresse previsioni di legge, una responsabilità solidale tra distaccante e distaccatario per le richiamate obbligazioni.

La legittimazione passiva per azioni volte a tutelare il rispetto delle obbligazioni scaturenti dal rapporto di lavoro, infatti, permane in capo al datore distaccante (Cass. sez. lav., 8 febbraio 1988, n. 1325).

Ulteriore corollario di quanto esposto è che il lavoratore distaccato rimane altresì estraneo ad eventuali sospensioni dal lavoro con integrazione salariale disposte dal distaccatario, poiché egli rimane a tutti gli effetti dipendente del datore di origine (INPS, Circolare 13 marzo 2006, n. 41).

Responsabilità del distaccatario

Il distaccatario dovrà annotare il lavoratore distaccato nel libro unico del lavoro (artt. 39 e 40, D.L. 25 giugno 2008, n. 112; Ministero del Lavoro, Circolare 21 agosto 2008, n. 20; Ministero del Lavoro, Vademecum 5 dicembre 2008).

Il distaccatario dovrà aver cura di fornire al distaccante tutte le informazioni necessarie (presenze, lavoro straordinario, fruizione di permessi, malattie, ecc.). Nel caso in cui il distaccatario corrisponda al lavoratore somme o utilità di natura retributiva, dovrà darne tempestiva comunicazione al distaccante affinché questi provveda all'assolvimento degli adempimenti che ne derivano (registrazioni contabili e nei prospetti paga, assolvimento degli obblighi contribuitivi, ecc.)(cfr. INPS, Circolare 24 dicembre 1997, n. 263; Ministero dell'Economia e delle Finanze, Circolare 23 dicembre 1997, n. 326).

Infine, gli obblighi di prevenzione e protezione nei confronti del lavoratore distaccato sono posti a carico del distaccatario, fatto salvo l'obbligo (che rimane a carico del distaccante) di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato (art. 3, comma 6, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81; Ministero del Lavoro, 12 maggio 2016, interpello n. 8, prot. n. 9738). È stato tuttavia ritenuto che la responsabilità incomba anche sul distaccante (Cass. pen., sez.IV, 30 settembre 2008, n. 37079).

La responsabilità per un infortunio durante il distacco e il relativo risarcimento del danno ricadono sull'azienda distaccataria (Cass. 23 gennaio 2018, n. 1574).

Rimborso delle spese di distacco

Si ritiene che, fermi restando i requisiti del distacco, il distaccante possa richiedere al distaccatario il rimborso delle spese inerenti il lavoratore distaccato.

Il rimborso può avere ad oggetto tutte le voci che concorrono a determinare il costo del rapporto di lavoro (retribuzione ordinaria, ratei di mensilità supplementari, quote di TFR, permessi maturati, ecc.). Nel costo rimborsabile può essere considerata anche l'incidenza degli oneri posti a carico del datore di lavoro, quali i contributi previdenziali e assistenziali; i premi assicurativi; ecc.).

Naturalmente tale rimborso non può eccedere il costo aziendale del lavoratore poiché in tal modo il distaccante riceverebbe dal distacco una remunerazione pecuniaria, consentita solo nella somministrazione di lavoro (cfr. Ministero del Lavoro, Circolare 24 giugno 2005, n. 28).

Sul piano civilistico, non sembrano ravvisabili peraltro ostacoli ad un rimborso parziale, tenuto conto del fatto che il distacco deve soddisfare un interesse del distaccante, ma potrebbe soddisfare anche un interesse congiunto del distaccatario (Cass. S.U., 13 aprile 1989, n. 1751).

Sul piano fiscale, tuttavia, un rimborso eccedente (o inferiore) rispetto al costo sarebbe considerata corrispettivo soggetto ad IVA. Il rimborso, infatti, deve essere esattamente pari al costo sopportato dal distaccante perché, diversamente, ne conseguirebbe un guadagno per il distaccante (se il rimborso supera il costo) o per il distaccatario (se il rimborso è inferiore al costo) così escludendo la neutralità dell'operazione (cfr. art. 8, L. 11 marzo 1988, n. 67; Cass. S.U., 7 novembre 2011, n. 23021; Cass. civ., sez. trib., 3 agosto 2012, n. 14053; Cass. civ., sez. trib., 7 settembre 2010, n. 19129).

Ai fini IRAP, è prevista l'esclusione dalla base imponibile del distaccante degli importi ricevuti a titolo di rimborso dei costi di distacco; i medesimi importi sono considerati indeducibili sul fronte del distaccatario (MEF, Circolare 12 novembre 1998, n. 263).

Un rimborso determinato in misura forfettaria, quindi, senza riferimento esatto al costo sostenuto dal distaccante, potrebbe risultare in contrasto con i principi fin qui richiamati.

Tale principio sembra essere oggi revocato in dubbio, nel senso che il rimborso per il distacco risulterebbe in ogni caso rilevante ai fini IVA, indipendentemente dall'essere superiore, pari o inferiore al costo sostenuto; ciò in ragione del fatto che l'IVA è dovuta per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso – qualificabile come tale qualsiasi rapporto giuridico che preveda lo scambio tra la prestazione resa e il corrispettivo corrisposto (Cass. 21 marzo 2029, n. 7947) – e, pertanto, anche per l'istituto in esame, qualora gli importi pagati dal distaccatario al distaccante costituiscono il corrispettivo del distacco (CGUE 11 marzo 2020, n. C-94/19).

Distacco parziale

Si deve ritenere ammissibile anche il distacco parziale, ossia la prestazione delle attività in distacco coesistente con l'ordinaria prestazione presso il datore di lavoro formale, in modo contestuale (per parte dell'orario normale di lavoro) o alternata (per periodi svolti esclusivamente presso il distaccante, alternati a periodi svolti esclusivamente presso il distaccatario) (Cass. sez. lav., 21 maggio 1998, n. 5102; Cass. sez. lav., 23 agosto 1996, n. 7762; Ministero del Lavoro, Circolare 15 gennaio 2004, n. 3; Ministero del Lavoro, Nota 11 aprile 2001, n. 5).

Sostituzione del lavoratore distaccato

Si ritiene che il distaccante possa validamente sostituire il lavoratore distaccato, ad esempio mediante ricorso ad un contratto di lavoro a tempo determinato (cfr. Ministero del Lavoro, Circolare 25 giugno 2001). Naturalmente, a patto che ciò non risulti in contrasto con l'interesse al distacco.

Licenziamento del lavoratore distaccato

Poiché, come si è detto, il rapporto di lavoro prosegue alle dipendenze del distaccante, l'eventuale licenziamento dovrà essere disposto dallo stesso, salva specifica delega al distaccatario (Cass. sez. lav., 22 marzo 2007, n. 7049).

Nel caso del licenziamento per ragioni soggettive o per giusta causa, potranno venire in rilievo condotte tenute dal lavoratore distaccato nell'ambito della prestazione lavorativa presso il distaccatario (che potrebbe anche essere l'unica prestazione resa dal lavoratore in corso di distacco) o anche condotte tenute al di fuori dell'orario di lavoro, secondo gli ordinari arresti giurisprudenziali (ex multis, cfr. Cass. sez. lav., 9 marzo 2016, n. 4633; Cass. 9 ottobre 2015, n. 12688).

Per quanto concerne, invece, il licenziamento determinato da ragioni oggettive, occorrerà far riferimento alla situazione aziendale del distaccante (Cass. sez. lav., 5 marzo 2010, n. 5403).

Non è invece di per sé sufficiente a giustificare il licenziamento il venir meno dell'interesse al distacco (Cass. sez. lav., 5 marzo 2010, n. 5403; Cass. sez. lav., 25 ottobre 1997, n. 10516); né la soppressione del posto di lavoro presso il terzo distaccatario (Cass. 5 marzo 2010, n. 5403; Cass. 11 dicembre 2013, n. 27651; Corte d'Appello Milano, Sez. Lav., 17 luglio 2019, n. 1481, in dejure.giuffre.it).

È stato dichiarato illegittimo il licenziamento, comminato contestualmente al ripristino del precedente rapporto di lavoro, del lavoratore che era stato distaccato con sospensione dell'originario contratto e patto di reinserimento in azienda (Corte d'Appello Milano, Sez. Lav., 23 marzo 2016).

Cessazione del distacco

Il distacco può essere revocato dal datore distaccante nel rispetto degli eventuali impegni assunti nei confronti del distaccatario o del lavoratore, nell'interesse di costoro.

Tuttavia, il venir meno dei requisiti che sorreggono la validità del distacco, primo fra tutti l'interesse del distaccante, giustifica certamente la revoca nei confronti del lavoratore poiché la sua prosecuzione costituirebbe un illecito (cfr. Cass. sez. lav., 21 maggio 1998, n. 5102).

Profili fiscali e previdenziali internazionali (cenni)

Si riporta un caso concernente il regime fiscale degli impatriati: un cittadino italiano assunto in Italia con la qualifica di impiegato veniva distaccato in Francia per due anni (2017-2019). In coincidenza con il termine del distacco, il lavoratore aderiva all'offerta di lavoro di un'altra società italiana, per la quale iniziava a lavorare come quadro. L'Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il regime agevolato per impatriati non opera in caso di distacco, a meno che il rientro in Italia rappresenti una discontinuità con la precedente posizione lavorativa in Italia, ossia che «il dipendente [...] al rientro assum[a] un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all'estero». In quest'ultimo caso, il lavoratore può essere ammesso al regime agevolato per impatriati (Agenzia delle Entrate, risposta 25 novembre 2019, n. 492).

Sul piano previdenziale, la Corte di Giustizia ha stabilito che un lavoratore subordinato «assunto nella prospettiva del suo distacco in un altro Stato membro si deve ritenere come essere stato, «immediatamente prima dell'inizio del rapporto di lavoro in questione, [...] già soggett[o] alla legislazione dello Stato membro in cui il suo datore di lavoro è stabilito», quand'anche detto lavoratore residente nello Stato membro di assunzione, non vi avesse ancora la qualità di assicurato (Corte Giustizia, 25 ottobre 2018, n. 451).

Profili amministrativi (cenni)

Sul piano della gestione amministrativa il distacco reca la necessità di alcuni adempimenti.

In particolare:

• il datore di lavoro distaccante deve darne comunicazione obbligatoria UniLav entro cinque giorni dal suo inizio ;

• il distaccatario deve farne annotazione sul LUL – Libro unico del lavoro solo per la parte «anagrafica», anche solo all'inizio e alla fine del distacco ;

• compare negli elenchi riepilogativi mensili .

Garanzie per il lavoratore

Disciplina del rapporto

Come si è visto, nel distacco, il rapporto di lavoro non subisce alcuna modificazione giuridica, alcuna novazione.

Ne consegue, pertanto, che il rapporto rimarrà regolato dal contratto collettivo applicato dal distaccante e non da quello del distaccatario. Così, ad esempio, la durata delle ferie, dei permessi, dell'orario normale di lavoro, ecc. rimarrà inalterata nel corso del distacco, al pari della retribuzione.

È stato ritenuto che il patto di prova sia nullo se previsto per l'assunzione di un lavoratore già impiegato dal datore nell'ambito di un lungo distacco (Cass. sez. lav., 2 dicembre 2004, n. 22637; Cass. sez. lav., 7 dicembre 1998, n. 12379).

Mansioni e sede di lavoro

Qualora il distacco comporti un mutamento nelle mansioni del lavoratore, sarà necessario il suo consenso (art. 30, comma 3, D.Lgs. n. 276/2003).

La limitazione posta dalla norma va intesa come aggiuntiva e non sostitutiva rispetto agli ordinari vincoli imposti allo jus variandi dall'art. 2103 c.c. In altri termini, se determinata in occasione del distacco, anche una variazione delle mansioni che, ordinariamente, il datore di lavoro potrebbe disporre unilateralmente, deve essere accettata dal lavoratore. Sicché il suo eventuale rifiuto (non del distacco ma della variazione) non potrebbe essere oggetto di sanzione disciplinare.

Va detto che, in assenza della prescrizione di una specifica formalità, il consenso del lavoratore può essere espresso anche per fatti concludenti, accettando il distacco ed assumendo le nuove mansioni.

È stato ritenuto che, ricevuta la comunicazione del distacco con mutamento di mansioni, il lavoratore che intenda opporsi ha il solo onere di esprimere il proprio rifiuto ma non anche di rendere note le ragioni che lo sorreggono (Cass. 13 dicembre 2018, n. 32330; Tribunale Treviso, Sez. Lav., 3 giugno 2019, n. 298, in dejure.giuffre.it).

Nel caso in cui comporti il trasferimento del lavoratore ad un'unità produttiva sita a più di 50 km da quella cui è abitualmente adibito, il distacco potrà avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive (art. 30, comma 3, D.Lgs. n. 276/2003). Certamente, in concreto, tali ragioni potranno trovare un addentellato, se non una piena coincidenza, nell'interesse stesso del datore al distacco.

Al pari del trasferimento, tali ragioni non devono essere comunicate al lavoratore ma, se contestate, il datore di lavoro deve essere in grado di specificarle e provarle (Cass. sez. lav., 15 maggio 2004, n. 9290).

È stato infine precisato che, ferma restando la disciplina ora richiamata, lo svolgimento della prestazione presso una specifica sede, che sia quella del distaccatario o altra, è di per sé irrilevante (cfr. Ministero del Lavoro, Interpello 2 febbraio 2011, n. 1).

Distacco a seguito di un ordine giudiziale di reintegrazione

Merita un cenno anche il caso del distacco disposto dal datore di lavoro in seguito ad un ordine di reintegrazione del lavoratore ad opera dell'autorità giudiziaria.

In questo caso, la verifica dei requisiti di validità del distacco deve essere condotta, secondo un orientamento, anche alla luce del contesto specifico (Cass. sez. lav., 9 agosto 2002, n. 12126).

A rigore, ciò non dovrebbe poter significare altro che un richiamo alla verifica dell'eventuale natura simulatoria o fraudolenta del distacco (artt. 1324, 1343, 1344, 1414 e segg. c.c.).

Tuttavia, la citata giurisprudenza richiama l'attenzione, in questi casi, da un lato, sull'esigenza di effettività dell'ordine impartito dall'Autorità giudiziaria; e, dall'altro, sulla necessaria verifica circa la possibile natura elusiva del distacco rispetto a tale ordine che, a norma dell'art. 18 Statuto, richiede che il datore di lavoro ripristini in concreto tutte le condizioni del rapporto di lavoro preesistenti al licenziamento licenziato (Cass. 29 maggio 1995, n. 5993).

Pertanto, in caso di distacco disposto a valle di un ordine di reintegrazione, la sua validità può essere confermata solo se risulti impossibile – per cause non imputabili allo stesso datore di lavoro – il ripristino del rapporto nelle sue esatte condizioni precedenti il licenziamento (Cass. sez. lav., 9 agosto 2002, n. 12126).

L'orientamento in esame, peraltro, si premura di precisare che la modifica del rapporto (data da un distacco o da un trasferimento, ecc.) può ben essere attuata in concreto contestualmente alla reintegra, seppure con qualche oscillazione (Cass. sez. lav., 30 dicembre 2009, n. 27844; Cass. sez. lav., 14 ottobre 2000, n. 13727).

Rimedi e sanzioni

Quando il distacco avvenga in violazione dei requisiti fissati dalla legge, il lavoratore può chiedere al Tribunale del Lavoro, chiamando in causa anche il solo utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo (art. 30, comma 4-bis, D.Lgs. n. 276/2003).

Se la domanda viene accolta, tutti i pagamenti effettuati dal datore di lavoro originario, a titolo retributivo o contributivo, hanno l'effetto di liberare l'utilizzatore dalle relative obbligazioni (art. 30, comma 4-bis, D.Lgs. n. 276/2003).

La giurisprudenza ha recentemente chiarito che la possibilità di chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell'impresa distaccataria sussiste solo ove manchino i requisiti strutturali del distacco, ossia l'interesse del distaccante e/o la temporaneità. Tale tutela non trova applicazione, invece, nell'ipotesi in cui vengano violate le norme concernenti le modalità operative del distacco; in tal caso, infatti, non configurandosi un contrasto con i fondamenti giuridico dell'istituto, è applicabile la sola tutela civilistica di tipo risarcitorio (Cass. sez. lav., 11 settembre 2020, n. 18959; Cass. sez. lav., 17 settembre 2020, n. 19413).

Sono, inoltre, previste delle sanzioni che colpiscono sia il distaccante sia il distaccatario irregolari. Tale sanzione, originariamente di natura penale, è stata oggetto di un recente intervento legislativo che l'ha derubricata in sanzione amministrativa, irrogabile dall'Ispettorato Territoriale del Lavoro […] (Cass. Pen. 7 luglio 2016, n. 43926), modificandone altresì i parametri edittali (art. 1, comma 1, D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8).

La misura della sanzione in esame è pertanto oggi determinata nel modo originario (ossia, applicazione ad entrambi i soggetti datoriali di una sanzione amministrativa di euro 50,00 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro) ma nei limiti di un minimo, pari ad euro 5.000,00, ed un massimo, pari ad euro 50.000,00 (art. 18, comma 5-bis, D.Lgs. n. 276/2003; art. 1, comma 1 e 6, D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8).

È importante tenere distinte le sanzioni amministrative appena descritte (artt. 18 e 30, D.Lgs. n. 276/2003) poste a tutela della corretta applicazione dell'istituto del distacco e dei lavoratori, da quelle di natura penale, applicabili nell'ipotesi di truffa ai danni dello Stato. Lo ha chiarito di recente la Suprema Corte, spiegando che la società distaccante è passibile di responsabilità penale per il reato di truffa (di cui all'art. 640, comma 2, n. 1 Cod. pen.) quando il fine del distacco fittizio consiste nel procurarsi un ingiusto profitto – attraverso l'elusione contributiva – in danno dell'ente previdenziale (Cass., Sez. Pen., 15 luglio 2020, n. 23921).

Se vi è sfruttamento dei minori, la sanzione (tuttora di natura penale) è dell'arresto fino a diciotto mesi e l'ammenda è aumentata fino al sestuplo (art. 18, comma 5-bis, D.Lgs. n. 276/2003).

La recente modifica rappresenta una depenalizzazione (non estesa all'ipotesi aggravata concernente i minori) applicabile anche ai reati commessi prima dell'entrata in vigore della riforma (Cass. pen, sez. III, 10 febbraio 2016, n. 10484).

Secondo le regole ormai generali, il lavoratore che intenda far valere l'illegittimità del distacco e chiedere la costituzione di un rapporto alle dipendenze dell'utilizzatore deve, a pena di decadenza, impugnare stragiudizialmente il distacco entro 60 giorni e, in caso di mancata ottemperanza da parte del datore di lavoro, depositare il ricorso presso il Tribunale del Lavoro entro i successivi 180 giorni (art. 6, L. 15 luglio 1966, n. 604; art. 32, comma 4, lett. d), L. 4 novembre 2010, n. 183, cd. “Collegato Lavoro”).

Deve ritenersi che i termini suddetti decorrano dalla comunicazione (o, in sua assenza, dall'avvio di fatto) del distacco.

La nullità del distacco può essere genetica o funzionale, ossia essere intrinseca al distacco stesso (ad esempio, perché espressamente indicato come definitivo) oppure essersi verificata, dopo un iniziale avvio regolare, in corso di esecuzione (ad esempio perché proseguito pur essendo venuto meno l'interesse del distaccante).

Il rapporto alle dipendenze dell'utilizzatore, pertanto, potrà essere costituito a decorrere dal verificarsi della causa di nullità.

È stata esclusa la possibilità di applicare le sanzioni previste per il lavoro nero, anche nelle ipotesi in cui manchi l'iniziativa giudiziale del lavoratore. Si tratta, infatti, di fattispecie autonome del tutto distinte e peculiari: nel distacco illecito sussiste una “tracciabilità” dell'esistenza del rapporto di lavoro e dei connessi adempimenti retributivi e contributivi, così da ritenerlo meno lesivo rispetto all'ipotesi di lavoro nero, totalmente privo di tali elementi (Ministero del Lavoro, interpello 7 novembre 2014, n. 27).

Riferimenti

Normativi

  • Art. 30, D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (cd. "Riforma Biagi")
  • Art. 8, comma 3, D.L. 20 maggio 1993, n. 148, conv. in L. 19 luglio 1993, n. 236
  • Art. 3, comma 6, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81
  • art 3, comma 4-sexies, D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, introdotto dall'art. 43 bis, comma 1, D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla L. 17 luglio 2020, n. 77 e successivamente modificato dall'art. 12, comma 1, D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito dalla L. 26 febbraio 2021, n. 21;

Giurisprudenziali

Per i recenti orientamenti sul tema, v.  Cass., sez. lav., 24 gennaio 2022, n.2014, Tribunale Lavoro di Brescia del 21 marzo 2023

  • Cass., Sez. Lav., 17 settembre 2020, n. 19413;
  • Cass. 15 luglio 2019, n. 18888;
  • Cass. sez. lav., 11 settembre 2020, n. 18959;
  • Cass. pen. sez. II, 15 luglio 2020, n. 23921;
  • CGUE, 11 marzo 2020, n. C-94/19;
  • Cass. sez. trib., 21 marzo 2029, n. 7947;
  • Cass. 15 luglio 2019, n. 18888;
  • Cass. 23 gennaio 2018, n. 1574;
  • Cass. Pen. 7 luglio 2016, n. 43926;
  • Cass. 21 aprile 2016, n. 8068;
  • Corte d'Appello Milano, Sez. Lav., 23 marzo 2016;
  • Cass. 3 luglio 2015, n. 13673;
  • Cass. 7 aprile 2015, n. 6944;
  • Cass. 11 dicembre 2013, n. 27651;
  • Cass. 6 giugno 2013, n. 14314;
  • Cass. 3 agosto 2012, n. 14053;
  • Cass. 15 maggio 2012, n. 7517;
  • Cass., SS.UU., 7 novembre 2011, n. 23021;
  • Cass. 5 marzo 2010, n. 5403;
  • Cass. 25 novembre 2010, n. 23933;
  • Cass. 7 settembre 2010, n. 19129;
  • Cass. 11 gennaio 2010, n. 215;
  • Cass. 2 ottobre 2009, n. 21115;
  • Cass. 23 aprile 2009, n. 9694;
  • Cass. 4 marzo 2009, n. 5219;
  • Cass. 4a Sez. Pen., 30 settembre 2008, n. 37079;
  • Cass. 22 marzo 2007, n. 7049;
  • Cass. 21 febbraio 2007, n. 4003;
  • Cass., SS.UU., 26 ottobre 2006, n. 22910;
  • Cass. 26 aprile 2006, n. 9557;
  • Cass. 8 settembre 2005, n. 17842;
  • Cass. 20 gennaio 2005, n. 1124;
  • Cass. 2 dicembre 2004, n. 22637;
  • Cass. 2 settembre 2004, n. 17748
  • Cass. 18 agosto 2004, n. 16165;
  • Cass. 15 maggio 2004, n. 9290;
  • Cass. 9 agosto 2002, n. 12126;
  • Cass. 3 novembre 2000, n. 14383;
  • Cass. 3 giugno 2000, n. 7450;
  • Cass. 16 febbraio 2000, n. 1733;
  • Cass. 17 gennaio 2000, n. 594;
  • Cass. 17 marzo 1998, n. 2880;

Prassi

Per i recenti orientamenti sul tema, v. INL, Nota 20 dicembre 2023, n. 2401

  • Ministero del Lavoro, nota 17 gennaio 2019, n. 1118;
  • Ministero del Lavoro, risposta interpello 12 maggio 2016, n. 8, prot. n. 9738).
  • Ministero del Lavoro, Interpello 20 gennaio 2016, n. 1
  • Ministero del Lavoro, interpello 7 novembre 2014, n. 27
  • Ministero del Lavoro, Interpello 2 febbraio 2011, n. 1
  • Ministero del Lavoro, Circolare 21 agosto 2008, n. 20
  • Ministero del Lavoro, Circolare 24 giugno 2005, n. 28
  • Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota 12 gennaio 2018, n. 290

Bibliografia

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Toffoletto - Pucci, Diritto del lavoro,Milano, 2015, 81

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Goffredo - Meleca, La mobilità geografica e professionale del lavoratore, Giuffrè, 2012;

M.T. Carinci, Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro: somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d'azienda e di ramo,Torino, 2010;

Toffoletto, Dieci temi di diritto del lavoro,Firenze, 1996, 231

Vallebona, Istituzioni di diritto del lavoro,Milano, 2008, II, 661 e segg