Diritto abusato o abuso di diritto negato? Prime riflessioni a margine dei rigetti sul differimento della pena per motivi di salute nel caso Cospito

07 Aprile 2023

Con le due ordinanze in commento, la Magistratura di Sorveglianza ha temporaneamente chiuso ogni possibilità di accesso per Alfredo Cospito al differimento della pena per motivi di salute nelle forme della detenzione domiciliare ritenendo compatibile il suo stato di salute con la detenzione e rilevando la natura strumentale della sua iniziativa di sciopero della fame, incompatibile con un giudizio positivo per una misura extramuraria. Cospito è ormai giunto al 167° sciopero della fame, iniziato il 20.10.2022 e portato avanti ininterrottamente fino ad oggi: le sue numerose richieste di revisione del provvedimento applicativo del regime del 41-bis sono state rigettate dal Tribunale di Sorveglianza di Roma, con ord. del 1° dicembre 2022 fino alla conferma in Cassazione, con sentenza del 24 febbraio 2023 (dep. 29.03.2023) n. 13258 e dal Ministro della Giustizia, in fatto di revoca anticipata, del 9 febbraio 2023.
Premessa. Il caso di Alfredo Cospito al 41-bis

Con il caso Cospito si sono prepotentemente accesi i riflettori sul regime del

41-

bis

della legge sull'ordinamento penitenziario (d'ora in poi solo ord. penit.). Cospito è attualmente detenuto presso la sezione del 41-

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di Milano Opera, ritenuta dal Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, su segnalazione del Magistrato di Sorveglianza di Sassari, più idonea ed attrezzata rispetto all'analoga sezione della struttura detentiva di Bancali-Sassari.

Cospito è in sciopero della fame dal 20 ottobre 2022 e ad oggi si contano già 167 giorni di iniziativa protratta quasi ininterrottamente: oggetto della protesta di Cospito è di duplice tipo, uno soggettivo che riguarda la sua sottoposizione al regime più restrittivo del 41-

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rispetto alla detenzione in circuito di Alta sicurezza (A2), disposta dal Ministro della Giustizia Marta Cartabia, con decreto del 4 maggio 2022, l'altro oggettivo che guarda invece al regime nel suo complesso, giudicato illegittimo e inaccettabile.

Incompatibili alla Costituzione, in particolare, secondo Cospito, sarebbero tutte quelle prescrizioni che di fatto “

lo porterebbero a morire in carcere

” anche riprendendo ad alimentarsi, e, in particolare quei divieti di possedere libri, di studiare e di essere sottoposto ad uno stato di isolamento continuo senza contatti di socialità o di spazi adeguati per il passaggio.

Dal punto di vista giuridico, Cospito è un detenuto in posizione mista: definitivo e in esecuzione di pena di trent'anni di reclusione dal 2012 e con decorrenza finale al 2042, in relazione al cumulo della Procura Generale presso la Corte d'Appello di Torino del 2022 per una serie di condanne per reati anche con finalità di terrorismo o di eversione; in attesa di giudizio e in misura cautelare in carcere per l'ordinanza del GIP del Tribunale di Torino con riguardo ad altri delitti con finalità di terrorismo come quello di cui all'art. 270-bis, 280, commi 1 e 3, 285 c.p. (con decorrenza al 31.08.2023). Con riguardo alla seconda posizione, è da rivelarsi che è pendente anche questione di legittimità costituzionale sul divieto di bilanciamento delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata ai sensi dell'art. 69, comma 4 c.p. (con udienza fissata in Corte costituzionale per il prossimo giugno).

Sulla situazione di Cospito si è detto tanto e si è scritto di più. Ciò che preme rilevare sono due piani, da tenere ben distinti: il primo è quello che riguarda l'iter di impugnazione del decreto ministeriale di applicazione del regime del 4-bis ord. penit., che è giunto fino alla Corte di cassazione, e che, a detta della difesa, potrebbe riservare delle sorprese dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo: inoltre, alla luce della prossima udienza in Corte costituzionale circa il quantum di pena sottoponibile a bilanciamento (e che, in caso di illegittimità costituzionale dell'art. 69, comma 4 c.p. in relazione agli artt. 285, 311 c.p. eviterebbe a Cospito, in caso di condanna, la pena dell'ergastolo) potrebbero esserci degli sviluppi sul riesame dell'attualità del decreto ministeriale di applicazione del 41-bis ord. penit., tema che è già stato affrontato, peraltro, dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, nel caso Provenzano c. Italia del 25 ottobre 2018, sempre con riguardo al regime del 41-bis. Il secondo piano è quello che riguarda invece la correlazione tra diritto alla salute e stato di detenzione come conseguenza dello sciopero della fame intrapreso da Cospito nell'ottobre del 2022. Con riguardo a questo secondo filone, per ora, le risposte sono solo quelle di merito di ben due Tribunali di Sorveglianza, che, quasi incomprensibilmente, si sono pronunciati in contemporanea e nella medesima direzione del rigetto di tutte le doglianze di Cospito in materia di salute e compatibilità col carcere.

La questione del differimento della pena per motivi di salute: il rigetto di Milano e Sassari

In questa sede, rimandando le considerazioni sulla legittimità dell'applicabilità del regime del 41-bis ord. penit., si analizzerà più approfonditamente il piano della compatibilità della detenzione con lo stato di salute, in parte compromesso dalle conseguenze dello sciopero della fame portato avanti dal detenuto da oltre 167 giorni senza soluzione di continuità.

Per entrambe le ordinanze sono comuni le ragioni di diritto su cui ruotano i motivi di rigetto. Secondo, infatti, i due Tribunali di Sorveglianza non sarebbero stati provati né risulterebbero integrati i presupposti del differimento in relazione ai seguenti punti: (i) stato patologico che configuri una prognosi infausta quoad vitam ravvicinata; (ii) affezione che determini la probabilità conseguenze dannose, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti non praticabili in regime intramurario, neppure mediante ricovero in luoghi esterni di cura ai sensi dell'art. 11 ord. penit.; (iii) condizioni di salute talmente gravi da porre la espiazione della pena in contrasto con il senso di umanità o comunque da non consentire al condannato di partecipare e dell'età del condannato comparativamente con la sua pericolosità sociale.

Ai principi generali della materia del differimento, poi i due Tribunali aggiungono l'ulteriore presupposto della collaborazione del detenuto a sottoporsi a trattamenti e cure e della non auto-produzione o induzione dello stato di infermità fisica, richiamando la più recente giurisprudenza di legittimità. Secondo la Prima Sezione del 1° febbraio 2022, sentenza n. 7927, «la condizione di sofferenza autoprodotta dal condannato, realizzata cioè mediante comportamenti come la mancanza di collaborazione per lo svolgimento di terapie e di accertamenti o il rifiuto di medicamenti e del cibo, non può essere presa in considerazione ai fini del bilanciamento tra esigenze di salvaguardia dei diritti fondamentali ed obblighi di effettività della risposta punitiva, non potendosi pretendere la tutela di un diritto abusato ed esercitato in funzione di un risultato estraneo alla sua causa» (così: in tal senso: Cass. pen., sez. I, n. 26540/2016; Cass. pen., sez. I, n. 39986/2019).

Secondo tale orientamento dunque «i trattamenti sanitari nei confronti del detenuto sono incoercibili ma, se potenzialmente risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il differimento della pena, o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condizione giuridica necessaria alla positiva valutazione della relativa richiesta» (così: Cass. pen., sez. I, n. 5447/2019; Cass. pen., sez. I, n. 46730/2011).

Il Tribunale di Sorveglianza di Sassari precisa ancora che perché si possa accedere al differimento dell'esecuzione della pena per motivi di salute, la grave infermità fisica deve avere carattere involontario e dipendere, al contrario, da fattori “naturali” ed estranei alla volontà del condannato. Secondo il Tribunale di Sorveglianza di Sassari infatti non è ammissibile che «si possa dare giuridico rilievo a condotte strumentali del detenuto che rifiuti le cure o si cagioni, con l'astensione dal cibo come nel caso in esame, una condizione di grave malattia, al fine di conseguire il rinvio dell'esecuzione carceraria in spregio dei principi di indefettibilità della pena e di uguaglianza di fronte alla legge senza distinzioni di condizioni personali: solo la ricorrenza di situazioni eccezionali che esorbitano dalla volontà del detenuto/paziente può imporre o consentire il differimento dell'esecuzione della pena legittimamente irrogata».

Qualche osservazione conclusiva. Corte EDU nel caso Yakovleyev c. Ucraina

Se il primo ordine di argomenti può dirsi facilmente comprensibile, dato che il differimento presuppone una valutazione dell'attualità delle condizioni di salute e si basa su una prognosi di compatibilità con il carcere da un punto di vista oggettivo, meno si comprendono le ragioni per cui Entrambi i Collegi abbiano ritenuto, in modo

tranchant

, la condotta di Cospito strumentale. È bene precisare, infatti, che la “strumentalizzazione” di Cospito non ha come fine quello di ottenere una misura extramuraria, come quella del differimento per motivi di salute, ma piuttosto quella di vedersi allentare il regime di detenzione da 41-

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ord. penit. a quello di circuito in Alta sicurezza in cui si trovava prima dell'aggravamento e di mettere in luce le contraddizioni del regime sospensivo su alcuni diritti soggettivi come quello della lettura e dello studio. Il fine della rivendicazione di Cospito è quindi diverso da quella di ottenere la “scarcerazione” per effetto del differimento e non vi è una diretta corrispondenza.

Si ritiene poi che ragionando in tali termini anche l'uso prolungato di tabacco o l'abuso di sostanze stupefacenti o di farmaci con effetti significativi sulla salute del consumatore rappresenterebbero degli elementi volontari di peggioramento delle condizioni di salute che non possono dirsi estranei e “naturali”.

Nemmeno gli agiti autolesivi tecnicamente possono considerarsi “naturali” e “involontari”, ma non per questo non costituiscono dei campanelli di allarme su cui vige l'obbligo di attivazione dei presidi sanitari da parte dell'Amministrazione penitenziaria a tutela dell'incolumità e della salute mentale, oltre che fisica, del detenuto.

Anche se sottile e quasi evanescente, si ritiene che il confine sia individuabile e se è accettabile la motivazione dei Collegi costruita sulla mancanza di attualità di condizioni di salute tali da comportare il differimento della pena, si considerano meno convincenti le argomentazioni sulla strumentalizzazione della condotta autolesiva: si aggiunge infatti una componente soggettiva, quasi ideologica, ad una valutazione sì discrezionale, ma che dovrebbe essere pur sempre il più oggettiva possibile e basata unicamente sulla condizione di salute del detenuto.

Ancora meno si comprendono le ragioni dell'opportunità di mantenere incardinate due valutazioni di merito circa l'incompatibilità della detenzione rispetto al quadro di salute: se è vero che il primo procedimento incardinato dal Magistrato di Sorveglianza di Sassari, peraltro, d'ufficio e quale impulso che ha portato al trasferimento da parte dell'Amministrazione penitenziaria a Milano-Opera, rimane il primo e valido a tutti gli effetti processuali anche in caso di trasferimento del detenuto sotto altra competenza territoriale, è tuttavia il secondo procedimento che avrebbe dovuto valutare l'attualità delle condizioni di salute del detenuto e al quale sarebbe stato più corretto disporre la trasmissione degli atti, anche per un'eventuale riunione dei due procedimenti e per mancanza di interesse a decidere da parte del Tribunale di Sassari, tenuto conto del diverso collocamento del detenuto.

In materia di sciopero della fame di persona sottoposta a detenzione, rivendicazione delle condizioni di salute e sottoposizione a trattamenti sanitari obbligatori, tra cui l'alimentazione forza, si è pronunciata di recente anche la Corte EDU, con sentenza dell'8 dicembre 2022 (divenuta definitiva l'8 marzo 2023), nel caso Yakovleyev c. Ucraina. In tal caso, l'Ucraina è stata condannata all'unanimità per la violazione dell'art. 3 CEDU per aver praticato una tecnica di alimentazione forzata senza garanzie procedurali e con modalità sproporzionate e non necessarie andando oltre i protocolli e gli standard di trattamento sanitario obbligatorio, salva vita per il detenuto.

Riferimenti
  • GL Gatta,

    Estremismo ideologico dal carcere e 41 bis: dalla Cassazione nuovi spunti di riflessione sul caso Cospito

    , in

    Sistema Penale

    , 3 aprile 2023;

  • A. Della bella,

    Carcere e 41

    bis

    : tra poteri del Ministro della Giustizia e opportunità di affermare la riserva di giurisdizione.

    Nota a margine del caso Cospito e di una recente decisione della Cassazione

    , in

    Sistema Penale

    , 20 marzo 2023.