Il diritto reale di abitazione riservato al coniuge superstite non comprende l’immobile utilizzato come casa vacanze
26 Aprile 2023
Massima
Il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c., ha ad oggetto la sola "casa adibita a residenza familiare", e cioè l'immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale; ne consegue che tale diritto non può comprendere due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea, postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l'individuazione di un solo alloggio costituente, se non l'unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia. Il caso
Tizio, coniuge superstite di Caia, aveva convenuto in giudizio i figli Mevio e Sempronio, domandando l'accertamento del proprio diritto di abitazione, ex art. 540, comma 2, c.c., sulla villa di campagna (casa vacanze), ovvero in alternativa sull' altro appartamento in altra città, immobili entrambi di proprietà di Caia, con condanna dei convenuti al pagamento della somma anticipata per lavori di manutenzione della villa. I giudici di merito accertarono il diritto di abitazione di Tizio sulla villa. In particolare, secondo la Corte territoriale, i coniugi Tizio e Caio avevano vissuto ripartendo la propria vita su due abitazioni, quella dell'appartamento e quella della villa di campagna, nella quale ultima dimoravano anche oltre il periodo delle vacanze estive, ovvero almeno tre mesi l'anno. Di tal che, ad avviso della Corte d'appello, la villa sino al 2006 (epoca del decesso di Caia) si era connotata come dimora abituale della famiglia, al pari dell'appartamento, rimanendo così soggetto al diritto di abitazione del coniuge superstite Tizio. Allo stesso tempo, la sentenza impugnata aveva respinto la domanda subordinata dei figli volta ad accedere e frequentare liberamente la villa, non potendo limitarsi il diritto di abitazione del coniuge ex art. 1021 e 1022 c.c. per le esigenze di godimento dei nudi proprietari. Avverso il provvedimento in esame, Mevio e Sempronio (figli) proponevano ricorso in Cassazione eccependo che Tizio, dopo aver "rinunziato implicitamente" al diritto di abitazione sulla casa coniugale acconsentendo alla vendita della stessa, e a due anni dall'apertura della successione, aveva richiesto l'assegnazione ex art. 540, comma 2, c.c. della casa-vacanze. La questione
La questione in esame è la seguente: il diritto reale di abitazione riservato al coniuge superstite comprende anche l'immobile utilizzato come casa vacanze? Le soluzioni giuridiche
Secondo la S.C., la sentenza della Corte territoriale non aveva tenuto conto dell'orientamento giurisprudenziale secondo il quale il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c. ha ad oggetto la sola "casa adibita a residenza familiare", ossia l'immobile che in concreto è in grado di soddisfare l'esigenza abitativa di quello, conservando il luogo principale di esercizio della vita matrimoniale. Difatti, l'oggetto del diritto di abitazione mortis causa coincide con il solo immobile in cui i coniugi - secondo la loro determinazione convenzionale, assunta in base alle esigenze di entrambi - dimoravano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare, e non può estendersi ad un ulteriore e diverso appartamento. Pertanto, conformemente all'art. 337-sexies c.c., ritengono i giudici di legittimità che è da escludere che l'àmbito del diritto di abitazione che spetta al coniuge superstite si estenda fino a comprendere due (o più) residenze alternative (come nella specie ritenuti la villa/ casa vacanza e l'appartamento), ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea o saltuaria (ad esempio per soggiorni, più o meno brevi, a scopo di vacanza), postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l'individuazione di un solo alloggio costituente, se non l'unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia durante la convivenza. Alla luce delle considerazioni innanzi esposte, la S.C. ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ha cassato il provvedimento con rinvio ad altra Corte territoriale, la quale dovrà uniformarsi ai princìpi innanzi esposti. Osservazioni
La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito alla riserva in favore del coniuge in presenza di seconde case. In argomento, giova ricordare che il Codice civile (art. 540 c.c.) riserva una particolare e incisiva tutela per alcuni membri della famiglia del de cuius. L'intento del Legislatore è stato quello di garantire una rilevante tutela per coloro che hanno legami di parentela particolarmente stretti. Proprio su questo presupposto si fonda la ratio della disciplina della successione necessaria: il Codice ha inteso riservare una specifica tutela al coniuge superstite. A quest'ultimo, infatti, l'art. 540 c.c. riserva i seguenti diritti: il diritto alla metà del patrimonio dell'altro coniuge; quello di abitazione sulla residenza familiare; il diritto di uso dei mobili che corredano la residenza familiare. Ad avviso della Cassazione, diritti di abitazione e uso sulla casa coniugale vanno dunque stralciati dalla massa ereditaria prima della sua suddivisione tra gli eredi e attribuiti al coniuge in aggiunta alla quota che verrà poi devoluta secondo le norme sulla successione legittima. Invero, secondo questa prospettazione, di conseguenza, nell'àmbito della successione legittima, il patrimonio del de cuius deve prima essere stralciato del valore attribuibile al diritto di abitazione sulla casa coniugale e solo dopo questo stralcio lo stesso patrimonio può essere devoluto agli eredi secondo le quote stabilite dalle norme sulla successione legittima (Cass. civ., sez. un., 27 febbraio 2013, n. 4847). Il diritto di abitazione, in tal caso, è un legato ex lege che attribuisce al coniuge il diritto di risiedere nell'immobile adibito a casa familiare, un diritto che sorge automaticamente all'apertura della successione, laddove ricorrano alcuni presupposti. Invero, ai sensi dell'art. 540, comma 2, c.c., viene attribuito il diritto di abitazione al coniuge superstite, anche in presenza di altri chiamati all'eredità; in tal caso, il diritto di abitazione del coniuge superstite è riservato alla casa utilizzata come residenza familiare. Dopo questa premessa, occorre analizzare il problema della c.d. “seconda casa” in relazione all'assegnazione della familiare e al diritto di abitazione.
a) Le condizioni dell'assegnazione della casa familiare In tema, secondo l'orientamento giurisprudenziale, l'assegnazione della casa familiare, rispondendo all'esigenza di conservare l'"habitat" domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell'immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità e che comunque usassero in via temporanea o saltuaria. In tal contesto, secondo i giudici, la casa utilizzata dai coniugi durante i periodi di vacanza non può essere considerata la residenza familiare e, pertanto, non può essere assegnata a uno dei due in sede di separazione. Al fine dell'assegnazione a uno dei coniugi separati o divorziati della casa familiare, occorre che si tratti della stessa abitazione in cui si svolgeva la vita della famiglia allorché era unita (Cass. civ., sez. I, 16 luglio 1992, n. 8667; Cass. civ., sez. I, 4 luglio 2011, n. 14553: nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato la domanda di assegnazione della "casa familiare", relativa ad immobile acquistato allo stato di rustico, oggetto di lavori di completamento ed occasionalmente utilizzato dalla famiglia, durante il matrimonio, nel solo periodo estivo).
b) Il diritto reale di abitazione riservato al coniuge superstite Il diritto di abitazione che la legge riserva al coniuge superstite (art. 540, comma 2, c.c.), può avere ad oggetto soltanto l'immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare. Il suddetto diritto, pertanto, non può mai estendersi ad un ulteriore e diverso appartamento, autonomo rispetto alla sede della vita domestica, ancorché ricompreso nello stesso fabbricato, ma non utilizzato per le esigenze abitative della comunità familiare. Difatti, il diritto del coniuge superstite ad abitare la casa familiare è commisurato alla situazione esistente al momento della morte dell'altro coniuge. E consentire ai figli di abitare parte del fabbricato - che nella sua totalità era stato sempre destinato a residenza coniugale - è situazione di fatto che non incide in alcun modo sul diritto sostanziale del coniuge che ha ereditato pro quota parte del diritto di proprietà sul bene, oltre a quella già ricadente nella comunione tra coniugi. Pertanto, il diritto abitativo della casa coniugale del coniuge del defunto non è modificato da situazioni di fatto, come l'aver concesso ai figli di adibire alcune parti dell'immobile a loro stessa residenza familiare. In sintesi, il diritto di abitazione del coniuge superstite riguarda solo la casa familiare fissata prima della morte del de cuius con limitazione ai bisogni individuali. Il diritto non può estendersi a una parte autonoma e diversa della casa abitativa, ancorché ricompresa nello stesso fabbricato, ma non utilizzato per le esigenze dell'abitante (Cass. civ., sez. VI, 22 giugno 2020, n. 12042; Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2012, n. 4088). In definitiva, il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c. (il cui valore va, peraltro, detratto dall'asse prima di procedere alla divisione tra tutti i coeredi), ha ad oggetto la sola “casa adibita a residenza familiare”, ossia l'immobile che in concreto è in grado di soddisfare l'esigenza abitativa di quello, conservando il luogo principale di esercizio della vita matrimoniale (Cass. civ., sez. VI, 18 gennaio 2023, n. 1444). c) Considerazioni conclusive Da quanto appreso dall'orientamento in esame, l'oggetto del diritto di abitazione mortis causa coincide, quindi, con il solo immobile in cui i coniugi - secondo la loro determinazione convenzionale, assunta in base alle esigenze di entrambi - dimoravano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare, e non può estendersi ad un ulteriore e diverso appartamento. Per meglio dire, i diritti di cui all'art. 540 c.c. non possono sorgere su qualunque immobile di proprietà del defunto o in comproprietà con il coniuge superstite, ma solo su quello specifico immobile adibito a residenza coniugale, identificabile in base all'uso duraturo e prevalente alla convivenza del nucleo familiare. Sono escluse, perciò, le seconde case, le residenze secondarie familiari e le case per villeggiatura. Riferimenti
De Rosa, Diritti di uso e abitazione, in IUS Famiglie; Cupido, Coniuge superstite ha diritto di abitare nella casa familiare di proprietà di terzi? in altalex.com, 21 giugno 2017; King, Diritto di abitazione del coniuge superstite in Ventiquattrore Avvocato, 1° maggio 2015, n. 5, p. 7.
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