Il Giudice decide sull’ora di religione del figlio in caso di disaccordo tra i genitori

Michol Fiorendi
27 Aprile 2023

Il giudice può sostituirsi al genitore per stabilire se un'educazione religiosa sia sana ed equilibrata per il minore?
Massima

In caso di conflitto genitoriale, il perseguimento dell'interesse del minore può comportare anche l'adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori relativi all'educazione religiosa del figlio.

Il caso

La Corte d'appello territoriale riforma il decreto del Tribunale secondo cui la decisione relativa all'iscrizione all'ora di religione nella scuola elementare frequentata dalla minore, nata dall'unione coniugale tra Tizio e Caia, e collocata presso Tizia a seguito della separazione dei genitori, debba essere assunta dal padre, con conseguente iscrizione immediata della minore.

I giudici di appello hanno, invece, ritenuto, tenendo conto del contesto familiare e del percorso seguito già dalla figlia primogenita, di dover lasciare la scelta alla madre sulla decisione rispondente al miglior interesse per la figlia.

Contro questa pronuncia il padre presenta ricorso in Cassazione.

La questione

Può il giudice sostituirsi ai genitori nello stabilire se un'educazione religiosa sia in grado di garantire una crescita sana ed equilibrata del minore, essendo le scelte in materia di religione di natura insindacabile?

Le soluzioni giuridiche

Venendo al tema centrale della scelta in ordine alla frequentazione o meno dell'ora di religione da parte della minore, nel caso specifico, il Tribunale ha applicato l'art. 316 c.c. in punto di responsabilità genitoriale.

La Corte d'Appello territoriale ritiene, invece, che «non spetta a un giudice sostituirsi ai genitori nello stabilire se un'educazione religiosa possa garantire, come ritiene il padre secondo le sue convinzioni, una crescita sana ed equilibrata, scelta già compiuta dai genitori e di cui uno negasse ingiustificatamente l'esistenza”, essendo le scelte in materia di religione “insindacabili».

L'art. 316 c.c., sulla responsabilità genitoriale, con testo applicabile ai procedimento pendenti al 30 giugno 2023 afferma che Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di commune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore. In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei. Il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto dodici anni, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiari. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio”.

Nelle ipotesi di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio, opera invece l'art. 337-ter c.c. (provvedimenti riguardo ai figli, testo applicabile ai procedimenti pendenti al 30 giugno 2023) che dispone: La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggior interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo, tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice”.

Il giudice, quindi, in qualità di soggetto super partes, è chiamato espressamente, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia, adottando i provvedimenti relativi alla prole, in luogo dei genitori che non siano stati in grado di comporre i propri dissidi ideologici e le correlate convinzioni e di stabilire, di commune accordo, le linee educative. La decisione non resta arbitraria ma deve essere assunta secondo un criterio stabilito dalla legge, quello dell'esclusivo riferimento al superiore interesse, morale e materiale, del minore coinvolto nel caso concreto in esame.

La Suprema Corte, con sentenza n. 21553/2021, ha affermato che «il contrasto insorto tra genitori legalmente separati, entrambi esercenti la responsabilità genitoriale, sulla scuola “religiosa” o “laica” presso cui iscrivere i figli, deve essere risolto in considerazione dell'esigenza di tutelare il preminente interesse dei minori a una crescita sana ed equilibrate, e importa una valutazione di fatto, non sindacabile nel giudizio di legittimità, che può ben essere fondata sull'esigenza, in una fase esistenziale già caratterizzata dalle difficoltà conseguenti alla separazione dei genitori, di non introdurre fratture e discontinuità ulteriori, come facilmente conseguenti alla frequentazione di una nuova scuola, assicurando ai figli minori la continuità ambientale nel campo in cui si svolge propriamente la loro sfera sociale ed educative».

In precedenza, con la pronuncia n. 21916/2019, la Corte di Cassazione aveva già chiarito che “in presenza di una situazione di conflitto fra i due genitori che intendano entrambi trasmettere la propria educazione religiosa e non siano in grado di rendere compatibile il diverso apporto educativo derivante dall'adesione a un diverso credo, la possibilità da parte del giudice di adottare provvedimenti contenitivi o restrittivi dei genitori è strettamente connessa e può dipendere esclusivamente dall'accertamento in concreto di conseguenze pregiudizievoli per il figlio, che ne compromettano la salute psico-fisica e lo sviluppo, e tale accertamento non può che basarsi sull'osservazione e sull'ascolto del minore, in quanto solo attraverso di esse tale accertamento può essere compiuto(cfr., altresì, sempre in tema di educazione reliogiosa, Cass. n. 24683/2013).

In sostanza, la giurisprudenza della Suprema Corte ritiene che, in materia di scelte riguardo ai figli, criterio guida, informante delle decisioni sia necessariamente quello del preminente interesse del minore a una crescita sana ed equilibrata (cfr. Cass., 11 novembre 2020, n. 25310).

E, dando corso e attuazione a tale principio, nel caso che ci occupa la Suprema Corte ha stabilito che, in caso di conflitto genitoriale, il perseguimento dell'interesse del minore può comportare anche l'adozione di provvedimenti, relativi all'educazione religiosa dei genitori, contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori, operando come limite alla libertà religiosa dei genitori.

Nella pronuncia n. 21553 del 2021, si è evidenziato come dipendesse dall'acuito bisogno del minore di avere – nel frangente – una continuità ambientale nel campo in cui si svolge propriamente la loro sfera sociale ed educativae che comunque costituiva apprezzamento di fatto, non sindacabile nel giudizio di legittimità, quello relativo alla valutazione della negatività dell'impatto, che avrebbe potenzialmente avuto sui minori, un repentino mutamento di scuola all'interno di un contesto temporale già contrassegnato da una vicenda di forte importanza per il loro equilibrato sviluppo, qual è quello della sopravvenuta rottura del nucleo familiare.

Osservazioni

La Corte europea dei diritti dell'uomo, sez. I, con sentenza 19 maggio 2022, n. 54032, intervenendo su una nuova questione relativa alle scelte dei genitori circa l'educazione religiosa dei figli, con riguardo alla composizione di divergenze tra i due genitori, in relazione a un caso che aveva portato anche all'intervento dei giudici nazionali, ha precisato che va assicurato l'interesse superiore del minore e che talune limitazioni su alcune modalità di coinvolgimento del minore in un credo scelto da un genitore non costituiscono una discriminazione se funzionali a garantire e a preservare la libertà di scelta del minore, di conseguenza la decisione dei giudici nazionali di precludere al padre di una bambina la presenza della minore a manifestazioni pubbliche collegate al credo seguito dal padre non è in contrasto con la CEDU se la decisione è adottata al fine di consentire la libertà di scelta della bambina e assicurare l'interesse superiore del minore; nella specie, le autorità nazionali, nell'adottare un provvedimento limitativo, avevano assicurato il rapporto continuativo padre-figlia e, quindi, non era stato leso il diritto al rispetto della vita familiare del padre. La Corte CEDU ha, in passato, sottolineato che le modalità pratiche per l'esercizio della potestà genitoriale sui minori definite dai tribunali nazionali possono, in quanto tali, violare la libertà di un ricorrente di manifestare la propria religione (Deschomets c. Francia (dec.), 16 maggio 2006, n. 31956/02) e che l'obiettivo prioritario di tener conto dell'interesse superiore dei minori consiste nel conciliare le scelte educative di ciascun genitore e nel cercare di trovare un equilibrio soddisfacente tra le concezioni individuali dei genitori, precludendo qualsiasi giudizio di valore e, ove necessario, stabilendo norme minime sulle pratiche religiose personali (F.L. c. Francia (dec.), 3 novembre 2005, n. 61162/00).

Nello specifico caso, la scelta del giudice di seconde cure doveva essere indirizzata non da personali convinzioni ma esclusivamente dal criterio-guida dell'interesse della minore, con necessità di verificare quale fosse l'impegno richiesto dall'iscrizione all'ora di religione in rapporto alla programmazione scolastica specifica della scuola primaria, pubblica, frequentata e quali fossero i bisogni della minore, non sulla base di pregresse scelte riguardanti la sorella maggiore, ma in rapporto all'interesse della piccola ad avere una continuità socio-ambientale nel campo scolastico, in cui si svolge, per la gran parte del tempo quotidiano, la sua sfera sociale ed educativa.

E, al riguardo, sul tema dell'ascolto della minore, la Corte d'Appello ha osservato che la stessa, per la giovane età (sei anni all'epoca, essendo nata nel 2015) non era ancora in grado di esprimere una posizione autonoma e quindi non disponeva della necessaria capacità di discernimento, e che comunque l'ascolto diretto l'avrebbe inutilmente coinvolta nella lite tra i genitori, con conseguente turbamento.

Ora, la capacità di discernimento non è una nozione fissa ed è tendenzialmente ricollegata all'acquisizione di competenze intellettuali e concettuali che aiutino il minore a riconoscere e valutare razionalmente i dati provenienti al di fuori della propria dimensione personale. La stessa è dunque considerata sussistente in tutte le ipotesi in cui il minore sia in grado di cogliere dati, informazioni e stimoli provenienti dall'esterno, riguardanti la propria sfera esistenziale ed elaborarli secondo il proprio personale sentire, formandosi un proprio convincimento riguardo ad essi, le sue esigenze e i suoi bisogni.

Il limite individuato dalla legge di dodici anni è soltanto indicativo, come dato che rispecchia l'id quod plerumque accidit in base alle conoscenze acquisite dalle scienze pedagociche e dell'evoluzione, ma che ben può essere oggetto di differente valutazione anche per minori di età differente.

L'audizione è necessaria in tutte le ipotesi in cui il confronto con il minore può offrire al giudice idonei elementi per meglio comprendere quali siano i provvedimenti più opportuni nel suo interesse.

La disciplina vigente richiede che, in punto di mancato ascolto del minore infradodicenne, il giudice provveda con specifica motivazione.

Nel caso specifico, la Corte d'appello territoriale ha ritenuto non capace di discernimento la figlia di sei anni, in rapporto alla questione discussa, la scelta di frequentare o meno nella scuola elementare l'ora di religione, rilevando la possibile e verosimile ragione di turbamento della stessa derivante dall'audizione su problematica educativa che divideva i genitori. Inoltre, la Corte d'appello ha considerato che il padre, non affermando che la bimba pregasse o fosse solita frequentare la Messa o associazioni religiose, si limitava a sostenere che la figlia di sei anni desidera ardentemente coltivare l'insegnamento della religione, senza spiegare su quali basi poggiasse tale personale convinzione.

Ma, nella specie, era proprio necessario procedere ad un'osservazione della minore, al fine di meglio individuare l'inclinazione naturale e le aspirazioni dei figli, in cui si richiama l'art. 337-ter c.c., eventualmente attraverso anche l'intervento di consulente psicologico, al fine di meglio comprendere quali fossero le effettive esigenze della bambina: ad esempio, se le mancava la frequentazione dell'ora di religione insieme alla classe (che aveva inizialmente avviato, sulla base della decisione del giudice di primo grado) e cosa ella facesse e come vivesse il tempo in cui non era impegnata in questa attività scolastica.

La Corte d'appello ha ritenuto che l'accoglimento della richiesta della madre fosse più rispondente all'interesse concreto della minore, avuto essenzialmente riguardo al suo passato, non provenendo la stessa da una famiglia effettivamente praticante la religione cattolica, e anche alle scelte già assunte nei riguardi della sorella maggiore, aggiungendo che la valutazione attuale non risultava idonea a condizionare scelte future che al momento dell'adolescenza sarà in grado di maturare autonomamente, eventualmente grazie anche agli insegnamenti paterni”.

Tale decisone, tuttavia, non tiene pienamente conto della storia della minore (battezzata alla nascita), avendo la piccola frequentato tre anni della scuola di infanzia che comprendeva anche l'insegnamento della religione cattolica.

Inoltre, la Corte territoriale mostra di ignorare quello che è lo statuto pedagogico della c.d. “ora di religione”, sempre più orientato non già all'adesione a un certo credo religioso specifico ma al confronto con il momento spirituale della religiosità, al punto che qualcuno, al riguardo, parla dell'“ora delle religioni”.

Del resto, la crescita del multiculturalismo nelle scuole spinge proprio in direzione di un esame complessivo del fenomeno religioso, senza particolari gerarchie, alla comune ricerca di premesse per una dimensione spirituale da coltivare nei modi che matureranno singolarmente.

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