Il trattamento fiscale del Trust: il punto dell'Agenzia delle Entrate
19 Giugno 2023
Trust opaco e Trust trasparente
L'istituto del Trust si caratterizza per essere basato su un rapporto giuridico fiduciario, tramite cui un primo soggetto, definito "disponente" o settlor – del trust, con negozio unilaterale, trasferisce i beni ad un secondo soggetto, identificato come trustee, il cui compito è quello di gestire ed amministrare gli stessi, in favore di un terzo/i, beneficiari dello stesso.
Proprio su questo ultimo si instaura la prima importante differenziazione, necessaria ai fini dell'inquadramento del trattamento fiscale applicabile. L'art. 73, comma 2, del d.P.R. n. 917/1986 – modificato con la Finanziaria 2007 - individuando i soggetti passivi dell'imposta sulle società, permette la qualificazione delle tipologie di trust:
Definiti i due poli di applicazione, sussistono contemporaneamente delle “zone grigie”, in cui si assiste ad una deroga. Il trattamento fiscale applicato
Stante quanto appena scritto in merito alle tipologie di trust previste, occorre ora spostare l'attenzione sul regime fiscale applicabile.
Nell'ipotesi in cui il trust rientri tra i soggetti passivi IRES esso sarà tassato secondo le regole di cui all'art. 73 e seguenti del d.P.R. n. 917/1986, per i redditi ovunque prodotti.
In presenza di trust “trasparenti”, le regole di tassazione si andranno ad applicare direttamente nei confronti del beneficiario individuato. In particolare, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. g-sexies, sono redditi di capitale le attribuzioni al beneficiario di trust “trasparente”, tassate in base al criterio di imputazione. Ulteriormente, ai sensi della stessa norma, le attribuzioni di trust “opachi”, stabiliti in Stati o territori a fiscalità “privilegiata”, sono assoggettate ad imposizione in capo allo stesso beneficiario come reddito di capitale, rispettando, al contrario dell'ipotesi precedente, il criterio di cassa – “redditi corrisposti”. Viene dunque confermata e mantenuta l'impostazione datasi con la circolare n. 34/E del 2022. La localizzazione del Trust
Come scritto in precedenza, sussiste un trattamento derogatorio rispetto al trattamento generalmente applicato ai trust “opachi” nel momento in cui risultino stabiliti in uno Stato a c.d. fiscalità privilegiata. Ciò comporta un doppio interrogativo: il primo è in base a quali elementi un trust possa risultare stabilito in uno Stato a fiscalità privilegiata. Con riferimento alla localizzazione del reddito, come precisato anche nella circolare 34/E cit, i criteri di collegamento al territorio dello Stato sono la sede dell'amministrazione (ove il negozio si avvalga di un'apposita struttura organizzativa, altrimenti, in mancanza, coinciderà con il domicilio fiscale del truste), e l'oggetto principale.
Risulta quanto mai utile tale chiarimento al fine di comprendere il secondo interrogativo, ossia quando uno Stato possa essere considerato a fiscalità privilegiato. Il combinato disposto dell'art. 44, comma 1, lett. g-sexies cit., e dell'art. 47-bis del d.P.R. n. 917/1986, prevede che ai fini di suddetta qualificazione, occorre andare a verificare quale sia il livello di tassazione nominale applicato in suddetto Stato. Occorrerà confrontare, ai fini dell'applicazione della lettera g-sexies) il trattamento fiscale, limitatamente ai redditi prodotti dal trust; si applicherà la disciplina derogatoria ove suddetto livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia. Si tratta di una modalità di individuazione dei regimi fiscali applicati ai trust esteri nei paesi di stabilimento, ove questi prefigurino un regime fiscale privilegiato.
Le regole ora delineate si applicano anche con riferimento ai trust non commerciali che producono esclusivamente redditi di natura finanziaria. Nel caso si farà riferimento al livello nominale di tassazione applicabile ai redditi della stessa natura, soggetti ad imposta sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, confrontandolo con quella che è l'attuale imposizione in Italia. Peculiare, in tal senso, il fatto che la risposta ad interpello n. 309 non faccia riferimento ai medesimi criteri proposti in una precedente circolare, la n. 35/E/2016. Sembra superata dunque suddetta impostazione, riferita a diversi criteri connotanti il regime fiscale privilegiato, rimettendosi al contribuente la decisione circa le modalità tramite cui determinare il livello di tassazione nominale.
Come spiegato dall'Agenzia, ai fini della determinazione dei redditi di capitale di cui all'art. 44 cit. è disposta un'apposita presunzione nel momento in cui non sia possibile operare una chiara distinzione tra elementi reddituali e patrimoniali percepiti dai beneficiari.
Contenuta nell'art. 45, co. 4-quater, del d.P.R. n. 600/1973: “qualora, in relazione alle attribuzioni di trust esteri, nonché di istituti aventi analogo contenuto, a beneficiari residenti in italia, non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l'intero ammontare percepito costituisce reddito. Si tratta di una misura che opera al fine di assicurare l'imposizione in capo al beneficiario del trust, nell'ipotesi in cui il trustee non fornisca solidi e validi elementi che permettano di operare una chiara distinzione della parte imponibile (tra reddito prodotto e patrimonio). Si applica la presunzione solo nell'ipotesi in cui non sia riscontrabile, da apposita documentazione contabile, o anche extracontabile, del trustee, una corretta distinzione tra le componenti afferenti il reddito e il patrimonio.
Da qui il suggerimento, o per meglio dire il monito, dell'Agenzia, rivolto al contribuente per superare la presunzione relativa de qua. Il trustee deve mantenere una corretta contabilità analitica, che permetta di distinguere la quota di attribuzione riferibile al valore dei beni in trust al momento del conferimento iniziale (quota patrimonio), rispetto alla quota riferibile ai redditi realizzati (quota reddito).
Relativamente al caso di specie oggetto di interpello, il quesito che ha investito l'Agenzia riguarda Trust costituito in uno Stato a fiscalità privilegiata (le isole Bahamas), e che, dal 2019, è sottoposto alla legge dello stato di New York negli Stati Uniti.
Il Trust in questione svolge attività di gestione finanziaria per conto dei beneficiari, questi però non sono perfettamente individuati, risultando invece suddivisi all'interno di precise “Classi Discrezionali”, e non esprimendo una capacità contributiva effettiva. Contemporaneamente, il trustee gode di una elevata discrezionalità, potendo distribuire una parte del reddito imputando il resto a riserva di capitale, oppure decidere liberamente di non effettuare alcuna attribuzione. La legge dello Stato qualifica quello dell'Istante, a tutti gli effetti, come un complex trust.
Premesso ciò, in merito alla tassazione, il complex trust subisce una effettiva tassazione autonoma, in quanto il reddito prodotto è assoggettato ad una tassazione nominale del 29% circa. L'Istante chiede dunque se, stante tali caratteristiche, il complex trust americano sia da considerarsi come “opaco” o “trasparente” e, conseguentemente quale debba essere il trattamento fiscale da applicare.
L'istituto in questione, a parere dell'Agenzia, è da annoverarsi tra le ipotesi di trust “opaco”, e, in virtù della tassazione effettiva che lo stesso subisce in territorio ExtraUE, non rientrerebbe nell'ipotesi presuntiva di cui all'art. 44, comma 1, lett. g-sexies.
La stessa Amministrazione ha inoltre sottolineato che per le future, eventuali, distribuzioni sarà compito del contribuente determinare il livello di tassazione nominale, al momento della produzione del reddito.
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