Il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva il diritto di contrarre matrimonio
04 Ottobre 2023
Questo il principio di diritto affermato con la sentenza in oggetto dalla I sezione civile della Cassazione. La vicenda. Il provvedimento oggetto di impugnazione riguarda il divieto di contrarre matrimonio imposto dal giudice tutelare a un beneficiario di amministrazione di sostegno. La compagna dell'amministrato, noto attore da poco deceduto, aveva effettuato le pubblicazioni relative al loro matrimonio sulla base di una procura speciale rilasciatale dall'uomo. L'amministratore di sostegno, tuttavia, a ciò autorizzato dal giudice tutelare, si era opposto alla celebrazione di detto matrimonio e nel relativo procedimento erano intervenuti volontariamente i figli dell'attore, associandosi alla richiesta di sospensione, mentre la compagna si era costituita sostenendo la correttezza dell'iter intrapreso con le pubblicazioni ed evidenziando l'effettiva volontà di contrarre matrimonio da parte dell'uomo. Il giudice tutelare, quindi, ad integrazione del provvedimento di apertura dell'istituto, aveva disposto il divieto per l'amministrato di contrarre matrimonio, in quanto quest'ultimo, a suo dire, non era in grado di determinarsi liberamente, né tantomeno di comprendere gli effetti giuridici ed economici derivanti dalla sottoscrizione di un vincolo matrimoniale. Pertanto, avverso tale decisione, la compagna, quale parte interessata alla celebrazione del matrimonio con il beneficiario, aveva promosso reclamo di fronte alla Corte di appello, ma l'impugnazione era stata dichiarata inammissibile a fronte del rilevato difetto di legittimazione attiva della reclamante. Da qui, il ricorso per cassazione promosso dalla donna. Lo status del beneficiario di ADS. La Suprema Corte, nell'affrontare il caso in questione, ha ricordato che il beneficiario dell'amministrazione di sostegno non acquista lo status di incapace, e dunque, non possono essergli applicate tout court le norme limitative previste per l'interdetto (si pensi, specificamente, al divieto di contrarre matrimonio sancito dall'art. 85, comma 1, c.c.) o l'inabilitato. Pertanto, tutto ciò che il giudice tutelare, nel provvedimento di nomina o in uno successivo, non affida all'amministratore di sostegno, in vista della cura complessiva della persona del beneficiario, resta nella completa disponibilità di quest'ultimo. La ratio dell'istituto in esame, infatti, non è solo quella di valorizzare le capacità residue e di sostenere, più che limitare, ma anche quella di mantenere volontariamente sfumati i contorni tra capacità ed incapacità di agire, dal momento che l'assolutezza di tale dicotomia non appare più adeguata a spiegare le innumerevoli situazioni che conducono all'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno. Ne consegue, quindi, che al beneficiario di amministrazione di sostegno non possano essere applicate in via interpretativa e, quindi, a prescindere da una valutazione giudiziale, le limitazioni previste dalla legge per gli incapaci, così come quelle che si riferiscono ad interdetti ed inabilitati. Il divieto di contrarre matrimonio.In ragione delle significative differenze che intercorrono tra l'amministrazione di sostegno e l'interdizione, il divieto di contrarre matrimonio, previsto dall'art. 85 c.c. per l'interdetto, non trova generale applicazione nei confronti del beneficiario dell'amministrazione di sostegno, ma può essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di eccezionale gravità, quando sia conforme all'interesse dell'amministrato. In tali casi, il matrimonio contratto da quest'ultimo può essere impugnato da lui stesso ex art. 120 c.c. o dall'amministratore di sostegno ex art. 412, comma 2, c.c., non anche dai terzi ex art. 119 c.c., non potendosi richiamare la disciplina dell'interdizione. |