Rinuncia all’azione di riduzione e donazione indiretta

11 Ottobre 2023

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte concerne, principalmente, la configurabilità di una donazione indiretta nell’atto di rinuncia all’azione di riduzione, posto in essere dal legittimario pretermesso con animo liberale al fine di vedere arricchito il patrimonio dell’erede istituito.

Massima

La rinuncia del coniuge all'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima può comportare un arricchimento nel patrimonio della figlia beneficiata, nominata erede universale, tale da integrare gli estremi di una donazione indiretta, se corra un nesso di causalità diretta tra donazione e arricchimento.

Il caso

Il figlio naturale del de cuius conveniva innanzi il Tribunale di Modica la figlia legittima dello stesso, proponendo azione di riduzione dell'atto di donazione stipulato dal padre in favore della figlia, ai fini della reintegrazione della propria quota di legittima.

Il Tribunale dichiarava aperta la successione del de cuius e l’imputazione alla massa ereditaria dei beni oggetto dell'atto di donazione; dichiarava, inoltre, lesa la quota di riserva del figlio naturale per effetto della donazione sopraindicata, che riduceva per integrare la quota di riserva lesa.

Avverso tale sentenza il figlio naturale proponeva appello, chiedendo di comprendere nell'asse ereditario del defunto padre beni ulteriori rispetto a quelli già considerati dal giudice di primo grado; nella specie, l’appellante censurava la sentenza di primo grado per non avere il giudice ritenuto che potesse configurare donazione indiretta la rinuncia fatta dal de cuius all’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie della propria moglie in favore dell’appellata, nominata erede universale della propria madre con testamento che aveva totalmente pretermesso il marito.

La Corte di appello di Catania dichiarava infondato tale motivo, per difetto dell'estremo del depauperamento in capo all'asserito donante.

Avverso tale sentenza di secondo grado, il figlio naturale proponeva ricorso in Cassazione, affidato ad un unico motivo, consistente nel richiesto riconoscimento del valore di donazione indiretta della rinuncia all’azione di riduzione da parte del legittimario pretermesso.

La questione

Con l'unico motivo di ricorso il figlio naturale denunziava, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione degli artt. 769 e 809 c.c. da parte della Corte di appello nel disconoscere il valore di donazione indiretta, soggetta alla riduzione per integrare la quota del legittimario, alla espressa rinuncia del de cuius, legittimario pretermesso, all'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie della propria moglie in favore della figlia nominata erede universale.

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte concerne, principalmente, la configurabilità di una donazione indiretta nell'atto di rinuncia all'azione di riduzione, posto in essere dal legittimario pretermesso con animo liberale al fine di vedere arricchito il patrimonio dell'erede istituito.

Le soluzioni giuridiche

Il contratto tipico di donazione, definito dall'art. 769 c.c., è l'atto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione.

L'intento liberale può essere raggiunto sia in modo diretto, attraverso la donazione diretta di un bene dal donante al donatario, sia in maniera indiretta, ad esempio attraverso l'acquisto dell'immobile da parte del donatario e pagamento del corrispettivo da parte del donante a titolo di adempimento del terzo (art. 1180 c.c.) ovvero con un contratto in favore del terzo, in cui stipulante è il donante e beneficiario il donatario (art. 1411 c.c.).

Le donazioni indirette o liberalità atipiche sono contemplate dall'art. 809 c.c. come liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione stessa, le quali hanno in comune con l'archetipo l'arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito liberale da un soggetto a favore dell'altro, ma se ne distinguono perchè l'arricchimento del beneficiario non si realizza con l'attribuzione di un diritto o con l'assunzione di un obbligo da parte del disponente, ma in modo diverso.

L'interesse a procedere ad una corretta qualificazione giuridica della fattispecie non costituisce un mero esercizio formale, poiché dalla natura giuridica del negozio discendono importanti conseguenze di ordine pratico. In primis, in sede di collazione (art. 724 c.c.); in secondo luogo, in ordine all'applicazione della normativa dettata in sede di azione di riduzione e restituzione dell'immobile donato (artt. 553 e ss. c.c.).

Sul piano strutturale la donazione indiretta si caratterizza per un difetto di coincidenza oggettiva, in quanto, diversamente dalla donazione diretta, il bene che entra nel patrimonio del donatario non coincide con il bene uscente dal patrimonio del donante.

Per tale ragione, secondo parte della dottrina e della giurisprudenza antecedente l'anno 1992, nelle fattispecie di adempimento del terzo ovvero di contratto in favore del terzo, oggetto della donazione da parte dell'adempiente ovvero dello stipulante, sarebbe il denaro effettivamente uscito dal suo patrimonio. La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9282/1992, ha posto fine alla diatriba, qualificando la fattispecie come donazione indiretta dell'immobile, e non del denaro, in quanto l'intento liberale del donante sarebbe proprio quello di arricchire il beneficiario dell'immobile e non del denaro.

Al di fuori di tali fattispecie, più problematica appare l'ipotesi in cui il donante faccia transitare nel patrimonio del donatario la somma di denaro necessaria all'acquisto dell'immobile. Anche in tal caso, tra donante e donatario non vi è alcun trasferimento immobiliare, entrando nel patrimonio del beneficiario solo la provvista di denaro necessaria all'acquisito dell'immobile. Secondo la medesima giurisprudenza di legittimità, ove sussista una reale strumentalità tra il denaro trasferito e l'acquisto immobiliare, si tratterà pur sempre di donazione indiretta dell'immobile e non di donazione diretta del denaro (Cassazione sentenza n. 9282/1992). Di contro, ove il nesso di strumentalità difetti, poiché il denaro viene trasferito senza alcun vincolo di scopo o condizione di efficacia all'acquisto dell'immobile, si tratterà di donazione diretta del denaro e non dell'immobile.

La giurisprudenza di legittimità ha, poi, ricondotto all'ambito delle donazioni indirette anche la rinuncia ad un diritto (Cass. n. 18725/2017), ove essa sia diretta causalmente ad avvantaggiare il terzo beneficiario. In caso di rinuncia abdicativa in favore di un terzo sussisterebbe, difatti, quella strumentalità tra rinuncia e arricchimento del beneficiario che, per la giurisprudenza, appare idonea a configurare una liberalità indiretta.

Discusso è il caso della rinuncia all'eredità, disposta con animo liberale. La tesi negativa (Torrente) appare coerente con il principio enunciato dall'art. 521 c.c., secondo cui chi rinuncia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato, non acquisendo diritti successori passibili di trasmissione in favore del beneficiario dell'atto rinunciativo.

Quanto, nello specifico, alla rinuncia all'azione di riduzione, occorre ricordare come autorevole dottrina ritenga che il legittimario pretermesso acquisti la qualità di erede solo a seguito del vittorioso esperimento dell'azione di riduzione, rimanendo, sino a tale data, escluso dall'asse ereditario e, in quanto tale, titolare di alcun diritto ereditario a cui rinunciare. Dottrina e giurisprudenza sono, poi, concordi nell'attribuire al diritto all'azione di riduzione spettante al legittimario la natura di diritto potestativo, esercitabile esclusivamente in sede giudiziale. La natura processuale del diritto, condizionata, per il legittimario leso, alla preventiva accettazione di eredità con beneficio di inventario (art. 564 c.c.), rende oltremodo ardua l'individuazione concreta dell'oggetto di una rinuncia, atta a configurare una liberalità indiretta nei confronti dell'effettivo beneficiario. In tal caso, infatti, la rinuncia all'azione di riduzione non riguarda il bene, ma la possibilità di agire avverso la disposizione lesiva, sia essa testamentaria o liberale, rendendola inefficace nei confronti del legittimario pretermesso e riattivando la delazione legale in loro favore, con la chiara difficoltà di configurare la nascita di un effetto sostanziale, consistente nell'arricchimento del donatario, da una mera preclusione processuale.

Inoltre, l'equiparazione tra rinuncia all'eredità e rinuncia all'azione di riduzione da parte del legittimario pretermesso - derivante dalla circostanza che, in tal ultimo caso, il legittimario acquista la qualità di erede solo a conclusione del positivo esperimento dell'azione di riduzione, di guisa che, la rinuncia all'azione comporta, di fatto, anche la rinuncia alla qualità di erede - dovrebbe condurre a propendere, come per la rinuncia all'eredità, anche per la rinuncia all'azione di riduzione,  per la tesi preclusiva della liberalità indiretta.

In tal senso, ove pure si ravvisi nella rinuncia la sussistenza dell'hanimus donandi, dell'arricchimento del donatario e della strumentalità tra l'atto di rinuncia al diritto e l'arricchimento del donatario, la problematica si sposta sull'individuazione dell'ulteriore requisito dell'impoverimento del donante, in quanto, come ritenuto dalla Corte territoriale, non sembra che la rinuncia all'azione di riduzione, quale preclusione all'esercizio di un diritto potestativo di natura processuale, possa tecnicamente comportare l'impoverimento del patrimonio del donante in favore del donatario, non acquisendo mai il rinunciante la qualità di erede o diritti ereditari suscettibili di trasmissione.

Di contrario avviso appare la giurisprudenza di legittimità, secondo cui la donazione indiretta non si identifica totalmente con la donazione, cioè con il contratto rivolto a realizzare la specifica funzione dell'arricchimento diretto di un soggetto a carico di un altro soggetto, il donante, che nulla ottiene in cambio, in quanto agisce per spirito di liberalità, ma si realizza con atti diversi dal contratto tipico di donazione, come, ad esempio: negozi unilaterali di adempimento del terzo o rinunce abdicative; contratti, non tra donante e donatario, rispetto ai quali il beneficiario è terzo, come nel contratto in favore del terzo;  contratti caratterizzati dalla presenza di un nesso di corrispettività tra attribuzioni patrimoniali; la combinazione di più negozi, come nel caso dell'intestazione di beni a nome altrui.

Nelle ipotesi di donazioni indiretta sopra citate non vi è coincidenza oggettiva tra quanto entra nel patrimonio del beneficiario e quanto esce da quello del donante, potendo il depauperamento del donante consistere, non solo in un trasferimento materiale di ricchezza, ma anche nel mancato e consapevole esercizio di un diritto idoneo a comportare l'arricchimento del suo patrimonio, al fine di arricchire il patrimonio di colui che dall'eventuale esercizio del diritto sarebbe risultato impoverito.

Le liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione hanno in comune con la donazione tipica l'arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito di liberalità da un soggetto in favore dell'altro, ma se ne distinguono perchè l'arricchimento del beneficiario non si realizza con l'attribuzione di un diritto o con l'assunzione di un obbligo da parte del disponente, ma in modo diverso.

In tal senso la Corte di Cassazione ha più volte osservato che la rinuncia ad un diritto, se fatta per avvantaggiare un terzo, può assurgere a donazione indiretta, purchè sussista fra rinuncia e arricchimento un nesso di causalità diretta, ossia se l'arricchimento del donatario rientri nella normale sequenza causale originata dalla rinuncia.

Non può dubitarsi che, nel caso di specie, la rinuncia all'azione di riduzione da parte del legittimario pretermesso comporti, quale normale sequenza causale, l'arricchimento dell'unico erede testamentario, il quale non sarà tenuto a subire l'inefficacia relativa e sopravvenuta delle disposizioni testamentarie in suo favore.

Osservazioni

Nella fattispecie al vaglio alla Suprema Corte, quest’ultima, conformemente a quell’orientamento giurisprudenziale teso a rinvenire anche negli atti di rinuncia causalmente orientati ipotesi di donazione indiretta, ha ritenuto che la rinuncia, da parte del legittimario pretermesso, all'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della sua quota di legittima possa integrare gli estremi di una donazione indiretta se corra un nesso di causalità diretta tra rinuncia e arricchimento del beneficiario.

Nell’ipotesi di rinuncia all’azione di riduzione, pertanto, non essendovi coincidenza oggettiva tra il diritto uscente dal patrimonio del donante, consistente nel diritto potestativo processuale di ottenere la riattivazione della delazione ereditaria in suo favore, e quello incrementante il patrimonio del beneficiario, che non vede alterata la propria qualifica di erede istituito, l’attenzione si sposta sul nesso di strumentalità intercorrente tra rinuncia e arricchimento del donatario.

La Corte di Cassazione ritiene, nella sentenza in commento, che tale strumentalità vada rivenuta nel depauperamento del donante, consistente nel mancato e consapevole esercizio di un diritto idoneo a comportare l’arricchimento del suo patrimonio, al precipuo fine di arricchire il patrimonio di colui che dall’eventuale esercizio del diritto del rinunciante sarebbe risultato impoverito, non potendosi dubitare che rientri nella normale sequenza causale dell’atto di rinuncia all’azione di riduzione l’arricchimento dell’unico erede testamentario istituito, il quale non sarà tenuto a subire l’inefficacia relativa e sopravvenuta delle disposizioni testamentarie in suo favore.

Riferimenti

Torrasi, Successioni e contenzioso ereditario, Milano, 2022;

Capozzi, Successioni e donazioni, Terza ed. a cura di A. Ferrucci e C. Ferrentino, Milano, 2009;

Torrente – Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 2009;

Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, XLIII, tomo 2, Milano, 2000;

Carnevali, Sull’azione di riduzione delle donazioni indirette che hanno leso la quota di legittima, in Studi in onore di L. Mengoni, I, Milano, 1995.

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