Separ-orzio: arriva il sì della Cassazione (e una timida apertura ai patti prematrimoniali)

17 Ottobre 2023

Investita della questione, ai sensi del rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. disposto dal Tribunale di Treviso, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 28727/23, confermando l'orientamento dei tribunali di Milano, Genova, Vercelli, Lamezia Terme, Terni, ha ritenuto ammissibile, anche nei procedimenti su domanda congiunta, il cumulo tra separazione personale e divorzio.

Una delle novità più interessanti – e utili- del d.lgs. 149/2022 è senza dubbio rappresentata dalla possibilità per le parti di proposizione contestuale, negli atti introduttivi del giudizio contenzioso, della domanda di separazione personale e di quella di divorzio (art. 473-bis. 47 c.p.c.) fermo restando che la seconda diventa procedibile solo a seguito del decorso del termine di legge (semestrale nel caso di separazione consensuale, annuale nel caso di separazione giudiziale).

Sin dall'entrata in vigore della norma (28 febbraio 2023) la giurisprudenza e la dottrina si sono interrogate sull'ammissibilità del cumulo anche nell'ipotesi di procedimenti su domanda congiunta.

La tesi dell'ammissibilità. La stragrande maggioranza dei tribunali (Trib. Milano, sez. IX, 5 maggio 2023, n. 3542; Trib. Lamezia Terme, ord. 13 maggio 2023; Trib. Vercelli, 17 maggio 2023, n. 230; Trib. Modena, 27 febbraio 2023; Trib. Rovigo, 31 marzo 2023; Trib. Bolzano, 21 aprile 2023; Trib. Genova, sezione Famiglia, verbale riunione ex art. 47-quater ord. giud. E Trib. Vercelli, nota del Presidente del 15 marzo 2023; Trib. Terni, 22 giugno 2023) e la dottrina dominante (Danovi, Rimini, Paladini, Conti) si erano espresse per l'ammissibilità, sostenendo, in breve, che:

a) dal punto di vista letterale il riferimento contenuto nell'art. 473-bis.51 c.p.c. ai “procedimenti” e non “al procedimento” di cui all'art. 473-bis.47 c.p.c. disvela l'intenzione del legislatore di permettere il cumulo anche nei casi di domanda congiunta;

b) il cumulo ha la sua ratio nel permettere un evidente risparmio di “energie processuali” come confermato anche dalla deroga ai criteri di competenza territoriale e dal richiamo all'istituto della riunione, previsto dall'art. 473-bis. 49 c.p.c.;

c) il cumulo non si pone in contrasto con il divieto di “patti prematrimoniali”, confermato dalla Suprema Corte in ragione della possibile violazione dell'art. 160 c.c.

La tesi dell'inammissibilità. Una tesi minoritaria della giurisprudenza (Trib. Firenze, 15 maggio 2023; Trib. Ferrara, 31 maggio 2023, n. 406; Trib. Bari, nota del Presidente della Prima Sezione civile del 6 aprile 2023 e Trib. Padova, nota del Presidente del Tribunale del 7 aprile 2023) e della dottrina (R. Donzelli, C. Cecchella) assumeva invece l'inammissibilità del cumulo, sostenendo:

a) in ragione del brocardo ubi lex voluti dixit, ubi noluit tacuit, il mancato rinvio all'art. 473-bis. 49 c.p.c. limita la possibilità del cumulo solo alle ipotesi contenziose espressamente previste;

b) dal punto di vista sistematico, il cumulo di domande, da lato, è incompatibile con la natura di volontaria giurisdizione della separazione consensuale e, dall'altro non realizzerebbe alcuna riduzione dei tempi, restando il medesimo procedimento pendente per il tempo necessario al maturare dei presupposti per il divorzio;

c) dal punto di vista sostanziale, il cumulo si porrebbe in contrasto con il divieto di patti prematrimoniali, giacchè le parti, con un unico ricorso disporrebbero di entrambi gli status.

Il rinvio pregiudiziale. A fronte del contrasto giurisprudenziale, il Tribunale di Treviso (Trib. Treviso, 31 maggio 2023) ha rimesso la questione alla Corte di Cassazione, sfruttando una delle altre novità della Riforma Cartabia: il rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c.

La decisione della Suprema Corte. Con l'ordinanza in commento (Cass. civ. 16 ottobre 2023, n. 28727) la Corte di Cassazione ha, in primo luogo, ritenuto ammissibile il rinvio pregiudiziale, sussistendo, nel caso di specie, tutti i presupposti richiesti dalla norma di nuovo conio: a) necessità della risoluzione della questione ai fini della definizione del giudizio nell'ambito del quale è sollevata; b) difficoltà interpretative (rappresentate proprio dal contrasto sopra rilevato); c) suscettibilità della questione di porsi in numerosi giudizi (c.d. serialità)

Ammesso il rinvio, la Corte si è pronunciata a favore dell'ammissibilità, confermando l'orientamento giurisprudenziale e dottrinale prevalente e sottoponendo a critica gli argomenti dei fautori della tesi opposta ed esprimendo il seguente principio di diritto:

“In tema di crisi familiare, nell'ambito del procedimento di cui all'art. 473-bis.51 c.p.c. è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”.

Le motivazioni. Per i supremi giudici il cumulo tra domanda di separazione personale e domanda di divorzio è ammissibile giacché:

a) dal punto vista di vista letterale l'argomento “u bi lex voluti dixit, ubi noluit tacuit” è “ troppo debole tanto da essere confutato, con argomenti contrari, parimenti plausibili (quali l'uso del plurale nel disposto dell'art. 473-bis.51 c.p.c.)”;

b) dal punto di vista sistematico “non si rinvengono, con riferimento ai principi generali, ostacoli alla ammissibilità del cumulo.... la trattazione della domanda congiunta sarà condizionata all'omologazione....della separazione consensuale, oltre che al decorso del termine minimo di separazione”;

c) sempre dal punto di vista sistematico la proposizione cumulativa delle domande realizza, come nel giudizio contenzioso, “quel risparmio di energie processuali nel quale consisterebbe una delle rationes della previsione dell'art 473- bis. 49 c.p.c.” giacchè “trovare per le parti, a fronte dell'irreversibilità della crisi matrimoniale, in un'unica sede, un accordo complessivo... realizza indubbiamente un risparmio di energie processuali che può indurre le stesse a far ricorso al predetto cumulo di domande congiunte”;

d) non coglie nel segno l'obiezione secondo la quale, in ragione della natura di volontaria giurisdizione della separazione consensuale, il cumulo di domande rallenterebbe la definizione del giudizio, che rimarrebbe pendente sino allo scadere del termine per rendere procedibile la domanda di divorzio, in stridente contrasto con le esigenze di concentrazione sottese alla riforma.

Infatti, in presenza di cumulo, il giudice prima definirà, ai sensi dell'art. 279 c.p.c., comma 2, n. 5 c.p.c., la separazione personale per poi, con successiva sentenza, definire la questione del divorzio.

Secondo la Cassazione, poi, la contemporanea presentazione di domanda di separazione e domanda di divorzio integra un'ipotesi di cumulo condizionato di domande, con la precisazione che detto cumulo non è voluto (solo) dalle parti ma è condizionato direttamente dal legislatore, nel momento in cui l'art. 3 l. div., definisce come procedibile la domanda “condizionata e cumulata” di divorzio al decorso del termine semestrale. D'altra parte, non v'è alcun dubbio che la trattazione all'interno del medesimo procedimento delle due domande, comporterà un notevole risparmio di tempo e una riduzione degli incombenti da parte degli avvocati, dei giudici e della cancelleria;

e) dal punto di vista sostanziale, il cumulo di domande non si pone in contrasto con il divieto di patti prematrimoniali giacchè “deve osservarsi che si tratta unicamente di domande proposte in funzione di una pronuncia di divorzio per la quale non è ancora decorso il termine di legge e il cumulo non incide sul c.d. carattere indisponibile dei patti futuri, trattandosi di un accordo unitario dei coniugi sull'intero assetto delle condizioni”.

Indizio di una possibile apertura a favore dei patti prematrimoniali è il successivo obiter dictum contenuto nell'ordinanza “L'orientamento richiamato da questo giudice di legittimità (divieto dei patti prematrimoniali, nda) dovrà presto confrontarsi con l'assetto attuale della Riforma, in cui la domanda di divorzio è espressamente proponibile all'interno del procedimento contenzioso per separazione personale, cosicché può accadere che le parti all'interno di uno stesso processo trovino, dopo una fase più o meno lunga di conflitto, un accordo tanto sulla separazione quanto sul divorzio”;

f) la mancata previsione di norme chiare sulla gestione delle c.d. sopravvenienze (quid novi sorto durante i sei mesi tra separazione e divorzio) “non vale ad impedire” il cumulo “ma potrà semmai determinare l'applicazione, con il dovuto adattamento, di orientamenti giurisprudenziali da questo giudice di legittimità già affermati”; il riferimento della Suprema Corte è alla tesi consolidata dell'irrilevanza della revoca del consenso al divorzio successiva al deposito del ricorso.

Conclusioni. La decisione della Corte è da salutare con estremo favore, perché all'insegna di quella modernizzazione e semplificazione del diritto delle relazioni familiari, da sempre sentita come esigenza primaria da parte degli operatori del diritto.

Al netto della singola questione di specie, l'ordinanza in commento sembra porre le basi  (o forse anche “stimolare”) ulteriori rinvii pregiudiziali ex art. 363-bis c.p.c. su due punti assai controversi: a) la possibilità di far convivere i patti prematrimoniali con l'art. 160 c.c.; b) la gestione delle sopravvenienze nell'ambito del nuovo procedimento unitario.

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