Procedimento: competenza

20 Ottobre 2023

L’ordinamento processuale in ambito familiare e minorile ha conosciuto, nel corso degli anni, notevoli frammentazioni, che hanno talvolta costretto gli operatori del diritto a complesse “giravolte” interpretative, attesa l’assenza di una regola generale, valida per tutti i procedimenti che riguardavano la famiglia e i minorenni, per l’individuazione della competenza per materia e per territorio.

Inquadramento

Secondo la nota definizione del Satta, la competenza è inquadrata come la quantità di giurisdizione spettante a ciascuno dei giudici ordinari.

L’esercizio della potestà giurisdizionale, nell’ambito del processo civile, è ripartito tra i vari organi giudiziari in base a diversi criteri, tra i quali il codice di rito individua appunto la competenza per materia, per territorio e per valore.

A quelle tre tradizionali categorie si affianca la competenza funzionale, che si determina in base alla funzione esercitata dai vari giudici nelle fasi di uno stesso processo, ovvero sulla base della particolare relazione che si instaura tra la funzione di quel determinato giudice con il luogo in cui essa si esercita.

Fatta questa doverosa premessa di carattere generale, è bene ricordare come l’ordinamento processuale in ambito familiare e minorile abbia conosciuto, nel corso degli anni, notevoli frammentazioni, che hanno talvolta costretto gli operatori del diritto a complesse “giravolte” interpretative, attesa l’assenza di una regola generale, valida per tutti i procedimenti che riguardavano la famiglia e i minorenni, per l’individuazione della competenza per materia e per territorio.

Le problematiche relative alla competenza per territorio nei procedimenti di famiglia e minori ante Riforma Cartabia

Quanto alla competenza per territorio, ad esempio, il procedimento di separazione e quello di divorzio conoscevano due diversi fori: nel primo caso, fino alla recente Riforma Cartabia, il giudice competente a decidere di un ricorso per separazione giudiziale era quello del luogo di residenza comune dei coniugi (v. il precedente art. 706 c.p.c.) ovvero, in mancanza, quello di residenza e/o domicilio del convenuto. La stessa regola generale veniva applicata anche al divorzio, in base al richiamo dell'art. 4, comma 1, della legge n. 898/1970, come modificato dall'art. 2, comma 3-bis, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, almeno fino all'intervento da parte della Corte Costituzionale, che dichiarò l'illegittimità della norma de qua per manifesta irragionevolezza: se con la separazione, che costituisce il presupposto per addivenire allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, viene a cessare il dovere di coabitazione tra coniugi, è stato giudicato irragionevole ogni richiamo nella legge sul divorzio alla “residenza comune” dei coniugi, nell'ambito di un nucleo familiare già da tempo disgregato (cfr. Corte Costituzionale 23 maggio 2008, n. 169).

A seguito del pronunciamento da parte della Consulta, almeno fino alla recente riforma Cartabia, per il divorzio, con figli o senza figli, è stata ritenuta valida la regola generale del foro del convenuto ex art. 18 c.p.c. per l'individuazione del Giudice territorialmente competente.

Meno problematica, di contro, è sempre stata, anche prima della riforma, l'individuazione della competenza territoriale afferente alle controversie che riguardavano figli minorenni nati al di fuori del matrimonio: in ordine alle domande, volte alla regolamentazione del loro affidamento e del mantenimento, a partire dalla riforma sulla filiazione del 2012, è territorialmente competente il giudice del foro della residenza abituale del minore, per la prevalenza del criterio della prossimità dell'organo giudicante al luogo in cui si espleta la quotidianità del minore stesso;  in tali procedimenti, il trasferimento unilaterale di residenza del minore da parte di uno dei genitori non valeva a sovvertire tale criterio di collegamento, fermo il rilievo anche d'ufficio dell'incompetenza, trattandosi di competenza funzionale per materia, e senza alcun termine decadenziale implicante preclusione temporale al rilievo, in ragione della forma del procedimento.

Le problematiche relative alla competenza per materia nei procedimenti di famiglia e minori ante Riforma

Maggiormente discusso è tradizionalmente il criterio di ripartizione della competenza per materia tra giudice ordinario e giudice minorile, quando l'autorità giurisdizionale è investita di una domanda relativa all'emissione di provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale.

A ben vedere, l'attuale formulazione dell'art. 38 disp. att. c.c, prevede che per i procedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.c. sia esclusa la competenza del Tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, ovvero venga anche successivamente proposto, tra le stesse parti, un giudizio di separazione o divorzio o un procedimento ai sensi dell'art. 316 c.c. (affidamento e mantenimento di figli minorenni nati fuori dal matrimonio), ma pure, adesso, anche un procedimento di modifica delle condizioni dettate da precedenti provvedimenti a tutela del minore; per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo è dunque attribuita al giudice ordinario.

In base al citato art. 38 disp. att. c.c., il Tribunale per i minorenni resta competente a decidere di tali controversie, in tutti i casi in cui non pende davanti al Giudice ordinario un procedimento attinente un conflitto genitoriale (separazione, divorzio, modifica delle condizioni, affidamento e collocamento dei figli minorenni nati fuori dal matrimonio). Il Giudice minore resta competente a decidere dei provvedimenti di cui agli artt. 251 c.c. (riconoscimento figli “incestuosi”) e art. 317-bis c.c. (diritti degli ascendenti nei confronti dei minori).

A lungo è rimasta peraltro controversa l'individuazione del giudice competente a decidere delle domande di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c., in pendenza di un giudizio attinente la disgregazione della coppia genitoriale davanti al giudice ordinario.

Un primo orientamento aveva ritenuto derogabile la competenza del giudice specializzato minorile, soltanto quando il procedimento incardinato dinanzi al giudice ordinario avesse a pendere tra le stesse parti, che avevano dato origine al procedimento dinanzi al Tribunale per i minorenni: sicché rimanevano escluse da tali ipotesi tutti quei casi, peraltro assai frequenti, di ricorso al giudice minorile da parte del Pubblico Ministero Minorile. Una seconda lettura interpretativa, invece, aveva criticato tale approccio, ritenendo auspicabile una concentrazione delle tutele dinanzi allo stesso giudice (quello ordinario) del conflitto familiare.

In tutti i casi in cui invece fosse domandata contestualmente una misura ablativa (art. 330 c.c.) e limitativa (art. 333 c.c.) della responsabilità genitoriale, in ossequio al principio di cui sopra, secondo quest'ultimo orientamento avrebbe dovuto imporsi il simultaneus processus innanzi al giudice del conflitto genitoriale, ritenuto pertanto prevalente.

Il legislatore del 2012 (Legge 219 sulla filiazione) aveva modificato l'art. 38 disp. att. sostanzialmente aderendo all'orientamento espresso sopra. In particolare, con la modifica del 2012 si era previsto in via generale la competenza del Tribunale per i minorenni per i procedimenti di cui all'art. 333 c.c., per le fattispecie di cui al primo comma e al secondo comma, ad eccezione delle ipotesi di richiesta decadenza della responsabilità genitoriale (330 c.c.), nel caso di contemporanea e/o successiva pendenza, tra le stesse parti, di giudizio di separazione/divorzio ovvero di affidamento di figli non matrimoniali, anche quando il giudizio fosse stato incardinato su ricorso del Pubblico ministero minorile.

L'intervento del Legislatore non ha arrestato tuttavia il dibattito giurisprudenziale in sede di legittimità: ad un'iniziale apertura verso il principio della concentrazione delle tutele dinanzi al Giudice ordinario (v. Cass. civ. 20352/2011), seguito dal legislatore del 2012, si è giunti ad aderire all'interpretazione più rigorosa e risalente, con la riaffermazione del principio della prevenzione, in tema di riparto delle competenze tra Tribunale Ordinario e Tribunale per i Minorenni. È stato stabilito, in particolare che, nelle ipotesi di sovrapponibilità tra i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli minori, quando gli stessi abbiano ad incidere sulla titolarità e l'esercizio della responsabilità genitoriale e quelli previsti dagli artt. 330 e 333 c.c., fosse da ritenersi competente il giudice minorile prevalentemente adito, nel rispetto del principio della “perpetuatio jurisdictionis” di cui all'art. 5 c.p.c., nonché in coerenza con ragioni di economia processuale e di tutela dell'interesse superiore del minore, (Cass. civ., sez. VI, 23 gennaio 2019, n.1866; Cass. civ., ord., 30 gennaio 2020, n. 2073, Cass. civ., ord. 8 febbraio 2023, n. 3780).

ART. 38 disp. att. c.c.

ANTE RIFORMA CARTABIA

POST RIFORMA CARTABIA

Principio della prevenzione

è competente il Tribunale per i Minorenni ad assumere decisioni ai sensi dell'art. 330-333 c.c. quale giudice preventivamente adito su ricorso del PM (cfr. anche di recente Cass. civ., ord. 8 febbraio 2023, n. 3780)

Principio della concentrazione delle tutele

L'attuale art. 38 disp. att. c.c. impone un netto favor nei confronti del Tribunale ordinario, che è competente a decidere delle domande de potestate (330, 333 c.c.) anche quando sia stato adito dopo quello minorile.

Il riparto delle competenze per materia tra Tribunale ordinario e Giudice Minorile dopo la riforma Cartabia

Come già riferito, con la riforma Cartabia e l'attuale formulazione dell'art. 38 disp. att. c.c. è tornato ad affermarsi il principio di concentrazione delle tutele dinanzi al Tribunale ordinario. Tale distinzione tra competenze attribuite al giudice minorile e al giudice ordinario verrà evidentemente superata dalla definitiva istituzione del nuovo Tribunale unico per le persone, per i minorenni e per le famiglie, a cui è attribuita, in linea generale, la competenza a decidere di pressoché tutte le controversie in materia di diritto di famiglia e dei minori, giungendo al definitivo superamento della tradizionale ripartizione delle competenze tra il Tribunale ordinario e il Tribunale per i Minorenni, che trova ancora oggi fondamento nell'art. 38 cit. e che ha generato, a livello operativo, come si è visto, non pochi problemi pratici.

Dunque, l'art. 38 disp. att. c.c., quanto al riparto di competenza, continuerà a rimanere in vigore fino allo scadere del biennio di transizione stabilito dal legislatore della Riforma (la data fissata per l'istituzione del nuovo Tribunale Unico andrà auspicabilmente a coincidere con il 17 ottobre 2024), pur essendo già evidente, con l'attuale formulazione della norma, un “favor” rispetto al Tribunale ordinario.

Le nuove disposizioni in materia di procedimento delle persone, dei minori e delle famiglie si applicano a tutti i procedimenti, a carattere contenzioso, relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie, attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni, secondo quanto dispone l'art. 473-bis c.p.c..: separazione, divorzio, scioglimento dell'unione civile, regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, rapporti patrimoniali tra coniugi (scioglimento della comunione legale), ordini di protezione contro le violenze intrafamiliari e gli abusi, violenza domestica e di genere. Ma anche, amministrazione di sostegno, interdizione, inabilitazione, dichiarazione di assenza e/o di morte presunta, azioni di stato (cfr. da art. 473-bis.40473-bis.71).

La legge delega 206/2021 ha poi richiesto al legislatore di attribuire al Tribunale unico la competenza a decidere delle controversie aventi ad oggetto il risarcimento del danno endofamiliare. 

L'ambito generale di applicabilità del nuovo rito unificato conosce, peraltro, tre eccezioni:

i) il nuovo procedimento non è applicabile se “la legge dispone diversamente”;

ii) il nuovo procedimento non è applicabile ai casi di esclusione previsti dall'art. 473-bis, primo comma, c.p.c.: è il caso dei procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità; i procedimenti di adozione di minori di età; i procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'UE;

iii) il nuovo rito unificato a cognizione non riguarda i procedimenti di giurisdizione volontaria, che continueranno ad essere camerali e radicati presso il Tribunale in composizione collegiale, salvo che sia altrimenti disposto (art. 50-bis c.p.c.).

Fintanto che il nuovo Tribunale unico non sarà operativo, potrebbero continuare a porsi problematiche operative in relazione al riparto delle competenze per materia tra Tribunale Ordinario, Giudice Tutelare e Tribunale per i minorenni.

La competenza per territorio dopo la riforma Cartabia

Il Legislatore della Riforma ha posto alla base della novella legislativa in materia di diritto di famiglia e dei minori un'esigenza di uniformità e chiarezza anche per quanto attiene l'individuazione della competenza per territorio.

Il nuovo art. 473-bis.11. c.p.c. stabilisce che, in tutti i procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che riguardano un minore, è competente a decidere il tribunale del luogo in cui il minore ha la sua residenza abituale.

La nozione di residenza abituale del minore, come noto, trova storicamente fondamento nelle norme sovranazionali a tutela dei minori e non coincide con il concetto di residenza anagrafica del bambino. In dottrina si è osservato come, ai fini dell'individuazione del foro competente per i procedimenti nei quali devono essere addottati i provvedimenti che riguardano un minore, il dato fattuale deve sempre essere prevalente su quello anagrafico.

Dunque, la nozione fa piuttosto riferimento al luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale del bambino, intendendosi per esso lo spazio dove “il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, ha consolidato la sua rete di affetti e relazioni”, con la conseguenza che il giudice di merito, per affermare la propria competenza, è tenuto ad un accertamento di mero fatto, incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato, nel quale non potrebbero assumere rilievo la mera residenza anagrafica od eventuali trasferimenti contingenti o temporanei (Cass. civ., sez. I, 24 luglio 2023, n. 22022; Cass. civ., sez. un., 04 ottobre 2018, n. 24231).

Al riguardo la Suprema Corte ha recentemente ribadito come, per l'individuazione della residenza abituale del minore, non possa farsi riferimento ad un dato meramente quantitativo, rappresentato dalla prossimità temporale del trasferimento di residenza e dalla maggiore durata del soggiorno in altra città, essendo, invece, necessaria una prognosi sulla probabilità che la nuova dimora diventi l'effettivo e stabile centro d'interessi del minore (cfr. Cass. civ., sez. VI, 26 maggio 2022, n. 17089).

Anzi, nell'intento di conformarsi alle norme sovranazionali in materia come, ad esempio, l'art. 9 del Regolamento UE 1111/2019 (in materia di trasferimento illecito del minore), il nuovo art. 473bis.11. c.p.c. prosegue precisando che se vi è stato trasferimento del minore non autorizzato da uno dei genitori e non è decorso un anno da esso, la competenza permane in capo al tribunale del luogo dell'ultima residenza abituale del bambino prima del suo trasferimento.

Il secondo comma dell'art. 473-bis.11. c.p.c. stabilisce che, in tutti gli altri casi e, dunque, in tutti quelli in cui in una controversia regolata dal titolo IV bis del codice di rito, attinente le norme per il procedimento di persone, minorenni e famiglie, non sono presenti minori, sono applicabili le regole generali di cui agli artt. 18 e ss. del codice di procedura civile. Dunque, in mancanza di figli minori, è competente il giudice del luogo di residenza del convenuto, mentre in caso di irreperibilità o residenza all'estero dello stesso, è competente il tribunale del luogo di residenza dell'attore o, nel caso in cui l'attore sia residente all'estero, qualsiasi tribunale della Repubblica. I criteri residuali rimangono pertanto quelli in precedenza previsti dalle norme in materia di separazione e di divorzio, applicabili anche ai procedimenti di scioglimento dell'unione civile.

Si è dunque giunti ad uniformare i criteri di individuazione della competenza nella separazione e nel divorzio, oggi coincidenti con quelli previsti per il procedimento in cui sono coinvolti minorenni, nati al di fuori del matrimonio, attribuendo centralità e rilievo a quella parte sostanziale del procedimento di famiglia, il minore, il cui ottimale interesse è ritenuto preminente su quello delle altre parti del procedimento.

Dalla lettura della norma si può ricavare, in primo luogo, che il criterio della competenza per territorio, individuata nel luogo di residenza di abituale del minore, non è applicabile alle controversie tra i genitori e i figli maggiorenni, non economicamente indipendenti che, dunque, verranno risolte dal giudice del luogo, individuato secondo i criteri generali, in assenza di un espresso richiamo normativo. Nel senso di escludere l'opportunità di un'applicazione analogica del criterio della residenza abituale del minore per l'individuazione della competenza per territorio alle ipotesi di figli maggiorenni non economicamente autosufficienti si è espressa autorevole dottrina.

Ma che dire, invece, dei figli maggiorenni portatori di handicap grave, a cui il codice civile, per effetto del richiamo del secondo comma dell'art. 337-octies, accorda le medesime tutele previste per i figli minorenni? La formulazione del nuovo art. 473-bis.9. stabilisce che ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano le disposizioni in favore dei figli minori previste nel nuovo titolo IV bis, in quanto compatibili e, dunque, non chiarisce del tutto se le norme sulla competenza per territorio possano essere applicate analogicamente ai casi di figli portatori di handicap gravi, anche se i primi commentatori si sono espressi in senso favorevole. Si segnala, infatti, come il nuovo art. 473-bis.47 c.p.c., nel prevedere la competenza residuale del tribunale del luogo di residenza del convenuto, per tutte le domande di separazione personale dei coniugi, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, scioglimento dell'unione civile e regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, nonché per quelle di modifica delle relative condizioni, in assenza di figli minorenni, nulla dica al riguardo dei figli maggiorenni portatori di handicap grave. 

Un'altra problematica riguarda i casi in cui un tribunale, pur incompetente a decidere di un minore, sia chiamato a pronunciarsi con urgenza a tutela di lui, in situazioni di potenziale pregiudizio per il suo benessere, sicchè i tempi necessari per la prosecuzione del procedimento davanti al giudice individuato come competente potrebbero pregiudicare l'interesse del minore stesso. La questione non sembra essere risolta, se si eccettua per alcuni casi all'esame della più recente giurisprudenza di merito, che sono stati definiti in senso positivo, affermando l'opportunità che il giudice incompetente abbia facoltà di emettere provvedimenti indifferibili a tutela del minore, che poi potranno essere confermati o modificati dal tribunale ritenuto competente. Ciò, anche in base a quanto finora accaduto nella prassi, quando si è trattato di dirimere questioni attinenti il riparto di competenze tra il Tribunale ordinario e il Tribunale minorile, nei casi di cui all'art. 38 disp. att. e il giudice incompetente a decidere, abbia comunque ritenuto di poter pronunciare provvedimenti provvisori e urgenti a tutela del bambino.

La definitiva soppressione del Tribunale per i Minorenni dopo l'istituzione del Nuovo Tribunale Unico delle famiglie, delle persone e dei minori

Con l'istituzione del nuovo Tribunale Unico, che dovrebbe divenire operativo a partire dall'autunno del 2024 ci si è domandati quali saranno le competenze residuali attribuite al giudice minorile, ovvero se il Tribunale per i minorenni sia destinato a scomparire, per far posto al giudice unico specializzato.

Dunque, si tratta di una vera e propria soppressione, o residuerà, nella materia, una minima competenza in capo al giudice minorile? A ben vedere, sembrerebbe che il Tribunale per i minorenni, con la sua peculiarità di giudice specializzato, a composizione mista (compresenza nel Collegio di due magistrati togati e due giudici onorari), sia effettivamente destinato a scomparire.

Il contenuto della Legge Delega, al comma 24 dell'art. 1, stabilisce molto chiaramente l'obbiettivo di attribuire alle sezioni circondariali del tribunale unico le competenze assegnate al TM dall'art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n.318, dall'art. 403 del codice civile e dai titoli I e I bis della legge 4 maggio 1983, n. 184.

I giudici onorari addetti al tribunale minorile saranno assegnati di diritto al tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie cui sono trasferite le relative funzioni. Da ciò avrebbe potuto dedursi, a una prima lettura, non tanto una soppressione, ma piuttosto un assorbimento delle funzioni riservate al giudice minorile da parte della sezione distrettuale del nuovo tribunale unico. Sennonché la legge delega prevede che il Collegio misto, tipico del tribunale minorile, composto da due magistrati onorari e due togati, sarà competente a decidere soltanto nelle materie relative ai procedimenti di adozione, mentre per gli altri procedimenti assegnati alla sezione distrettuale del tribunale unico, il collegio sarà composto da giudici togati. I giudici onorari vengono assegnati all'Ufficio del Processo e avranno qualche residua funzione di ausilio al giudice togato, su delega del medesimo, in relazione ad esempio all'ascolto del minore, senza peraltro prendere parte alla decisione, riservata essenzialmente alla magistratura ordinaria.

Per quanto riguarda i procedimenti, civili, penali e amministrativi, pendenti davanti al TM alla data del 31 dicembre 2024, gli stessi proseguiranno davanti alla sezione distrettuale del tribunale unico. Le udienze fissate davanti al giudice minorile per una data successiva al 31.12.2024 si intenderanno fissate davanti al tribunale unico.

Riferimenti

Arcuri M. A., Favor minoris e giurisdizione “specializzata” nel futuro Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, dicembre 2022, in Penale Diritto e Procedura;

Cecchella C., La riforma del processo e del giudice per le persone, per i minorenni e per le famiglie, 2023, Torino;

Costabile C., La residenza abituale del minore,  in Ius Famiglie 2023;

Costantino D., L’attuazione della riforma del processo delle famiglie, dei minorenni e delle persone a cura di Rosanna Marzocca, 2023, Piacenza.

Giordano R.- Simeone A. (a cura di) La riforma del diritto di famiglia: il nuovo processo, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano 2023.

Liberti L. jr. e Zecca Maria Grazia, L’attuazione della riforma del processo delle famiglie, dei minorenni e delle persone a cura di Rosanna Marzocca, 2023, Piacenza.

Salzano A., Considerazioni sulla competenza giurisdizionale a disporre l’affidamento della prole ad adottare misure provvisorie ed urgenti di protezione dei minorenni, in Dir. fam., 2011, n. 1, 226

Simeone A., Il riparto di competenze tra T.o. e T.m sulle domande economiche: una questione irrisolta in Ius Famiglie, 2020

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