Deposito telematico (PCT)

Ileana Fedele
06 Maggio 2020

Con la locuzione “deposito telematico” si intende esprimere, nel presente contesto, la trasmissione informatica di atti e documenti nel processo civile da parte di soggetti abilitati interni ed esterni, nel rispetto della normativa anche regolamentare in materia.

Inquadramento

***DOCUMENTO IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE***

Con la locuzione “deposito telematico” si intende esprimere, nel presente contesto, la trasmissione informatica di atti e documenti nel processo civile da parte di soggetti abilitati interni ed esterni, nel rispetto della normativa anche regolamentare in materia.

La disciplina fondamentale si rinviene nel d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, codice dell'amministrazione digitale, che, nel prevedere la trasmissione telematica di atti e documenti alle pubbliche amministrazioni nel rispetto della vigente normativa (art. 4, comma 2), ne sancisce la validità giuridica (soddisfa il requisito della forma scritta esonerando il mittente dal deposito del documento originale) se effettuata con mezzi che consentano di accertarne la fonte di provenienza (art. 45, comma 1).

Per i casi che richiedono una ricevuta di invio ed una ricevuta di consegna, la trasmissione telematica avviene mediante posta elettronica certificata (PEC) ai sensi del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, equivalente, salvo diversa disposizione, alla notificazione per mezzo della posta, opponibile anche a terzi (art. 48).

Sulla disciplina generale si innesta la normativa speciale prevista per il processo civile.

Le fonti normative sul deposito telematico nel processo civile

La fonte normativa primaria è costituita dall'art. 4 d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella l. 22 febbraio 2010, n. 24, che ha delegato ad uno o più decreti del Ministro della giustizia l'individuazione delle regole tecniche per l'adozione nel processo civile delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal d.lgs. n. 82/2005.

È stato così emanato il regolamento di cui al d.m. 21 febbraio 2011 n. 44, il cui capo III disciplina la trasmissione di atti e documenti informatici nel processo, a sua volta delegando ad un decreto di livello dirigenziale l'emanazione delle specifiche tecniche (art. 34).

Il decreto dirigenziale delegato attualmente in vigore è stato emanato il 16 aprile 2014 (pubblicato in G.U. 30 aprile 2014, n. 99), nel testo da ultimo modificato con provvedimento del 28 dicembre 2015 (pubblicato in G.U. 7 gennaio 2016); le disposizioni di riferimento sulla trasmissione degli atti e documenti sono contenute nel capo III.

La normativa speciale è stata poi integrata con fonte primaria dall'art. 16-bis d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito nella l. 17 dicembre 2012, n. 221, e successive modificazioni, in tema di obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali.

Sulla materia sono poi intervenute specifiche circolari ministeriali: in particolare, si richiamano la circolare del Dipartimento Affari di Giustizia (DAG), Direzione Generale Giustizia Civile, nel testo consolidato e aggiornato al 23 ottobre 2015, e la circolare della Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati dell'8 luglio 2014.

Ambito di applicazione

Attualmente l'applicabilità del deposito telematico è limitata ai procedimenti civili innanzi ai Tribunali ed alle Corti di appello, mentre l'estensione agli altri uffici giudiziari richiede l'emanazione di specifici decreti ministeriali, da adottare sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell'ordine degli avvocati interessati (art. 16-bis, comma 6, d.l. n. 179/2012).

A decorrere dal 27 giugno 2015 presso i Tribunali e dal 30 giugno 2015 presso le Corti di appello nei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione è sempre ammesso il deposito telematico degli atti e dei documenti da parte del difensore o del dipendente di cui si avvalga la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente (art. 16-bis, comma 1-bis, d.l. n. 179/2012, introdotto dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito nella l. 6 agosto 2015, n. 132). Quindi, è stata ormai generalizzata la facoltatività del deposito telematico, che è però obbligatorio per gli atti successivi alla costituzione (art. 16-bis, comma 1, d.l. n. 179/2012), per il procedimento monitorio (art. 16-bis, comma 4, d.l. n. 179/2012), per gli atti successivi al deposito dell'atto con cui inizia l'esecuzione e, dal 31 marzo 2015, per la nota di iscrizione a ruolo nei procedimenti di espropriazione forzata (art. 16-bis, comma 2, d.l. n. 179/2012), per gli atti e documenti del curatore, del commissario giudiziale, del liquidatore, del commissario liquidatore e del commissario straordinario nelle procedure concorsuali (art. 16-bis, comma 3, d.l. n. 179/2012).

Il deposito telematico dei provvedimenti del giudice non necessita di alcuna autorizzazione (infatti, già ai sensi dell'art. 35, comma 1, d.m. n. 44/2011, come modificato dal d.m. 15 ottobre 2012 n. 209, la necessità di apposita autorizzazione era ristretta ai soggetti abilitati esterni), ed è obbligatorio esclusivamente per gli atti emessi nel procedimento per ingiunzione (ivi comprendendo anche il rilascio dell'esecutorietà).

Per approfondimenti si rinvia alla specifica “bussola” Obbligatorietà del deposito telematico.

Soggetti abilitati al deposito telematico

Ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. m, d.m. n. 44/2011, sono abilitati alla trasmissione di documenti informatici relativi al processo:

1) i soggetti abilitati interni, per tali intendendosi i magistrati, il personale degli uffici giudiziari e degli UNEP;

2) i soggetti abilitati esterni, suddivisi in soggetti abilitati esterni privati (i difensori delle parti private, gli avvocati iscritti negli elenchi speciali, gli esperti e gli ausiliari del giudice) e soggetti abilitati esterni pubblici (gli avvocati, i procuratori dello Stato e gli altri dipendenti di amministrazioni statali, regionali, metropolitane, provinciali e comunali).

Si tratta, dunque, degli operatori fondamentali del processo: magistrati, personale di cancelleria e degli UNEP, difensori delle parti ed ausiliari del giudice.

Ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. n), e dell'art. 15 del citato d.m. n. 44/2011, è però prevista anche l'abilitazione di “utenti privati”, vale a dire persone fisiche o giuridiche, quando operano al di fuori dei casi previsti dalla predetta lettera m).

La distinzione è rilevante in quanto la disciplina distingue l'ipotesi del deposito effettuato da soggetti abilitati esterni ed utenti privati (art. 13 d.m. n. 44/2011) da quello eseguito da soggetti abilitati interni (art. 15 d.m. n. 44/2011). Anzi, il regolamento utilizza addirittura termini differenti, in quanto parla di “trasmissione” dei documenti da parte dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati e di “deposito” dell'atto del processo da parte dei soggetti abilitati interni. La distinzione non è stata, però, mantenuta nel d.l. n. 179/2012, il cui art. 16-bis è per l'appunto rubricato «Obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali», legittimando l'uso, invalso nella pratica, di tale terminologia come riferibile indifferenziatamente a tutti gli attori del processo.

La disciplina del deposito telematico degli atti di parte

La trasmissione telematica degli atti e documenti da parte dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati è disciplinata dall'art. 13 d.m. n. 44/2011, a norma del quale i mittenti sono tenuti ad utilizzare esclusivamente l'indirizzo di PEC indicato nel registro generale degli indirizzi elettronici (RegInde: art. 7 d.m. n. 44/2011), rinviando per il dettaglio tecnico alle apposite specifiche emanate ai sensi dell'art. 34 (d.d. 16 aprile 2014, cit.), che prescrivono l'adozione di determinati formati per la redazione dell'atto (art. 12) e dei documenti allegati (art. 13) e regolano le modalità operative della trasmissione telematica (art. 14).

In sintesi:

a) art. 12: l'atto deve necessariamente essere in formato PDF, privo di elementi attivi, ed ottenuto da una trasformazione di un documento testuale senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti (non è ammessa la scansione di immagini), deve essere sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna secondo le specifiche descritte nella norma, ed è corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo (rispettando gli XSD riportati in allegato);

b) art. 13: i documenti informatici allegati devono essere privi di elementi attivi, sono consentiti nei soli formati specificamente indicati dalla norma, possono essere sottoscritti con firma digitale o firma elettronica qualificata;

c) art. 14: l'atto e gli allegati sono contenuti nella cosiddetta “busta telematica”, che riporta tutti i dati necessari per l'elaborazione ed acquisizione da parte del sistema ricevente ed è trasmessa all'ufficio giudiziario destinatario in allegato ad un messaggio di posta elettronica certificata che rispetta le specifiche prescritte circa il mittente, il destinatario, l'oggetto, il corpo e gli allegati.

Per approfondimenti si rinvia alle specifiche “bussole” PDF e formati ammessi nel pct e Tipologia di file depositabili.

L'art. 13, comma 8, d.m. n. 44/2011 e l'art. 14, comma 3, d.d. 16 aprile 2014 prevedono un limite alla dimensione massima consentita per la busta telematica, pari a 30 megabyte; tuttavia, l'ammissibilità del deposito di buste telematiche di dimensioni superiori è ormai sancita dall'art. 51 d.l. 24 giugno 2014, n. 90, (convertito, con modificazioni, nella l. 11 agosto 2014, n. 114), che ha aggiunto un periodo al comma 7, dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012, prevedendo una pluralità di invii, che, ai fini giuridici, si considerano come un unico deposito; ulteriori indicazioni operative sono contenute nella circolare DAG del 23 ottobre 2015, cit. e nella circolare D.G.S.I.A. dell'8 luglio 2014. Sul punto si rinvia per approfondimenti alla specifica “bussola” busta oltre i 30 mega.

Orientamenti a confronto

Atti non conformi alle regole e specifiche tecniche (scansione atto, elementi attivi, etc.

Inesistenza, con conseguente inammissibilità dell'atto, per violazione della normativa regolamentare in materia

arg. ex Cass., sez. L, 12 ottobre 2007, n. 21447 e Cass, sez. III, 21 maggio 2013, n. 12391, in tema di deposito a mezzo posta

Irritualità sanabile per raggiungimento dello scopo (art. 156 comma 3 c.p.c.) a decorrere dalla data di ricezione dell'atto

arg. ex Cass., S.U., 4 marzo 2009, n. 5160, Cass., sez. I, 17 giugno 2015, n. 12509, Cass., sez. VI, 3 dicembre 2015, n. 24669, in tema di deposito a mezzo posta

La tempestività del deposito telematico degli atti di parte

La disciplina è dettata a livello di fonte primaria dall'art. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179/2012 come modificato dall'art. 51, comma 2, lett. a) e b), d.l.n. 90/2014 nei seguenti termini: «Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all'art. 155 comma 4 e 5 c.p.c.. Quando il messaggio di posta elettronica certificata eccede la dimensione massima stabilita nelle specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del ministero della giustizia, il deposito […] è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza». Pertanto, la norma primaria, come modificata dal d.l. n. 90/2014, ha superato la questione che si era posta in giurisprudenza circa la legittimità del limite temporale previsto dall'art. 13, comma 2, d.m. n. 44/2011 («Quando la ricevuta è rilasciata dopo le ore 14 il deposito si considera effettuato il giorno feriale immediatamente successivo»), stabilendo espressamente che il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza. La medesima disposizione ha previsto la regola per stimare la tempestività del deposito nell'ipotesi di atti e documenti superiori ai 30 mega ed ha richiamato espressamente le disposizioni di cui all'art. 155 comma 4 e 5, c.p.c. in tema di proroga dei termini processuali scadenti di sabato o domenica.

Per approfondimenti si rinvia alla specifica “bussola” Termini e perfezionamento del deposito telematico di un atto.

Le regole tecniche (art. 13 d.m. n. 44/2011) e le specifiche tecniche (art. 14 d.d. 16 aprile 2014) disciplinano nel dettaglio il flusso di deposito degli atti da parte dei soggetti abilitati esterni (secondo i paradigmi della PEC), articolato nelle quattro ricevute:

1) la Ricevuta di Accettazione (RdA), resa disponibile nella casella PEC del depositante;

2) la Ricevuta di Avvenuta Consegna (RdAC), che determina il perfezionamento del deposito;

3) la comunicazione dell'esito dei controlli automatici (che possono anche evidenziare una serie di errori, dettagliati nelle specifiche tecniche);

4) la comunicazione dell'accettazione da parte dell'ufficio, che determina l'inserimento dell'atto e dei documenti nei registri informatizzati e la conseguente visibilità degli stessi al giudice ed alle controparti.

Nel rinviare per approfondimenti alla specifica “bussola” Ricevute successive al deposito telematico, in questa sede ci si limita ad enunciare alcune questioni problematiche: quella relativa al regime dell'atto che appaia formalmente depositato (secondo quanto risulta dalla RdAC) ma che sia affetto da errori rilevati dai successivi controlli automatici, ovvero quella delle possibili conseguenze della tardiva accettazione dell'atto da parte della cancelleria, con pregiudizio per la tempestiva visibilità dello stesso alle controparti.

La disciplina del deposito telematico degli atti del giudice

Ai sensi dell'art. 15 d.m. n. 44/2011, «l'atto del processo, redatto in formato elettronico da un soggetto abilitato interno e sottoscritto con firma digitale, è depositato telematicamente nel fascicolo informatico», e, nel caso di atto formato da organo collegiale, «l'originale del provvedimento è sottoscritto con firma digitale anche dal presidente». Inoltre ai sensi dell'art. 16 d.d. 16 aprile 2014, «i soggetti abilitati interni utilizzano appositi strumenti per la redazione degli atti del processo in forma di documento informatico e per la loro trasmissione alla cancelleria o alla segreteria dell'ufficio giudiziario», con sistemi di autenticazione definiti dall'art. 10 delle specifiche tecniche; l'atto è inserito nella busta telematica e viene trasmesso su canale sicuro al gestore dei servizi telematici. Anche in questo caso l'accettazione dell'atto da parte dell'ufficio è richiesta per l'inserimento nei registri informatizzati e la conseguente visibilità alle parti.

In evidenza

Sull'ammissibilità della sottoscrizione della sentenza, a norma dell'art. 132, comma 2, n. 5, c.p.c., con firma digitale, quale modalità idonea ad attestarne la provenienza dal giudice che l'ha deliberata e a garantire l'integrità e l'immodificabilità del documento, v. Cass., sez. III, 10 novembre 2015, n. 22871

Il codice di procedura civile e la normativa speciale sul deposito telematico

Occorre ormai “rileggere” il codice di procedura civile alla luce della normativa speciale sul processo telematico, per verificare la ritualità degli adempimenti rimessi alle parti.

Ad esempio, l'art. 165 c.p.c. prescrive per la costituzione dell'attore l'onere di depositare in cancelleria, entro termini stabiliti, la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione; tuttavia, nel caso in cui il difensore si avvalga della facoltà di trasmissione telematica, occorre interpretare la normativa codicistica in combinato disposto con la disciplina speciale sul deposito “virtuale”, attestato non più (e non tanto) dal cancelliere quanto dal sistema informatico, che certifica data e ora dell'avvenuta consegna. Analogamente, per quel che attiene alla costituzione del convenuto, prescritta dall'art. 166 c.p.c..

Quanto, invece, al deposito degli atti successivi (cosiddetti endoprocedimentali), per i quali la modalità telematica è obbligatoria, la norma codicistica deve essere interpretata nel senso che il riferimento al deposito in cancelleria potrà essere solo quello informatico, secondo le disposizioni speciali. In tal modo, pertanto, occorrerà valutare il regime del deposito delle memorie di cui all'art. 183 c.p.c., delle comparse conclusionali e delle memorie di replica di cui all'art. 190 c.p.c. e, più in generale, di tutte le memorie autorizzate dal giudice, di cui all'art. 170, u.c., c.p.c.. Peraltro, in ordine a tale ultima disposizione, è possibile apprezzare come la disciplina del processo telematico, benché concepita allo stato come un corpus a sé stante, incida direttamente sulle norme del c.p.c. e sia destinata ad immutare profondamente il diritto processuale civile: infatti, nell'attuale sistema la visibilità/disponibilità alle controparti degli atti depositati in via telematica consegue automaticamente alla registrazione (accettazione) dell'atto da parte della cancelleria, così da rendere superfluo il deposito della copia uso scambio, imposta dall'art. 111 disp. att. c.p.c.; tale interpretazione, anticipata nella circolare DAG del 27 giugno 2014 (ora aggiornata al 23 ottobre 2015), è stata poi sancita con normativa primaria (art. 45, comma 1-bis, d.l. n. 90/2014, inserito in sede di conversione con legge n. 114/2014), che ha, modificato, in parte qua, gli artt. 111, comma secondo, e 137, comma 1, disp. att. c.p.c., escludendo espressamente la necessità della copia uso scambio nell'ipotesi di deposito telematico dell'atto.

Rimane dubbio, in assenza di precise disposizioni, il regime del deposito dei documenti in udienza, ex art. 87 disp. att. c.p.c.: qualora la parte sia onerata di replicare entro la prima udienza successiva alle difese della controparte, anche attraverso la richiesta di produzione di documenti, non può che ipotizzarsi un deposito degli stessi in udienza in formato cartaceo, in quanto non può imporsi alla parte un'anticipazione rispetto alla scadenza processuale prevista per l'udienza; il giudice potrebbe comunque assegnare un termine successivo alle parti per effettuare il deposito, che, in tal caso, potrà essere eseguito in via telematica (soluzione che, tuttavia, a seconda del rito e della necessità di provvedere direttamente in udienza, non potrà essere sempre seguita).

Possono, comunque, residuare casi in cui permanga la necessità del deposito dell'originale cartaceo (la circolare DAG aggiornata al 23 ottobre 2015 cita l'esempio del documento la cui sottoscrizione autografa sia stata oggetto di disconoscimento).

Anche la disciplina del procedimento monitorio, di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c., deve essere interpretata secondo la normativa speciale sul P.C.T.: trattasi, invero, dell'unico procedimento interamente telematico, quale modalità obbligatoriamente sancita anche per i provvedimenti del giudice (in particolare: art. 638 u.c. c.p.c., deposito del ricorso; art. 640 c.p.c., provvedimenti interlocutorio e di rigetto, art. 641 c.p.c., provvedimento di accoglimento; art. 643 comma 1 c.p.c., deposito in cancelleria dell'originale del ricorso e del decreto e notifica per copia autentica; art. 647 c.p.c. esecutorietà per mancata opposizione; art. 654 c.p.c. dichiarazione di esecutorietà). Viceversa, poiché il giudizio di opposizione è escluso dal regime di obbligatorietà del telematico (salvo, ovviamente, quello prescritto in via generale per gli atti “endoprocedimentali”), potrà darsi il caso di opposizioni proposte ancora con modalità tradizionali ovvero avvalendosi dell'ormai generalizzata facoltatività del deposito informatico (potendosi anche facilmente immaginare che alla costituzione telematica dell'opponente possa seguire la costituzione in formato cartaceo dell'opposto ovvero che ad un'opposizione con mezzi tradizionali si possa resistere con atto depositato in via telematica). Un problema emerso nella pratica è se l'opposto, nel costituirsi in giudizio, debba o meno nuovamente depositare i documenti già trasmessi in via telematica a corredo del ricorso monitorio; la questione, già sollevata prima dell'avvento del PCT, è diventata di maggiore attualità, soprattutto prima che venisse sancita la generalizzata facoltatività del deposito telematico anche per gli atti introduttivi, in quanto il difensore dell'opposto - che già aveva provveduto all'invio telematico dei documenti nel procedimento monitorio - si trovava esposto alla necessità di depositarli nuovamente, stavolta in formato cartaceo. Sul punto, la Corte di legittimità si era espressa (Cass., sez. I, 18 luglio 2013, n. 17603) nel senso che rimane «a carico della parte opposta l'onere di costituirsi in giudizio depositando il fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione. Ne consegue che, in difetto di tale produzione, questi ultimi non entrano a fare parte del fascicolo d'ufficio e il giudice non può tenerne conto». Tuttavia, la Corte di cassazione a sezioni unite (Cass., S.U., 10 luglio 2015, n. 14475), nel valutare la questione in riferimento ai gradi successivi, è intervenuta affermando che i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo e rimasti a disposizione della controparte (ex art. 638 comma 3 c.p.c.), ancorché non riprodotti nella fase di opposizione, rimangono nella sfera di cognizione del giudice di tale fase, in forza del principio «di non dispersione della prova» ormai acquisito al processo, e non possono perciò essere considerati nuovi, ai sensi dell'art. 345 comma 3 c.p.c.. Pertanto, sebbene il principio di diritto riguardi direttamente il grado di appello, in motivazione si trovano indicazioni piuttosto chiare nel senso della disponibilità di tutto il materiale probatorio (di quello prodotto con la richiesta di decreto ingiuntivo, nonché di quello che opponente ed opposto abbiano in seguito eventualmente aggiunto), con ciò presupponendo la necessità - pur normativamente inespressa - della trasmissione del fascicolo d'ufficio, con accluso il fascicolo di parte della fase monitoria contenente i documenti, al giudice dell'opposizione.

La questione, mutatis mutandis, rischia di porsi in termini addirittura più problematici rispetto alla trasmissione telematica del fascicolo di ufficio in appello (e, in prospettiva, in cassazione): in effetti, con tale modalità si rendono visibili e disponibili tutti gli atti e i documenti offerti in comunicazione dalle parti in primo grado, sicché ci si potrebbe interrogare sull'utilizzabilità degli stessi benché non nuovamente prodotti al momento della costituzione in giudizio (sul tema della mancata produzione in appello dei documenti già prodotti in primo grado, v. Cass., S.U, 8 febbraio 2013, n. 3033).

In futuro, ove del caso, la realtà imposta dall'avvento del PCT potrà suggerire nuove soluzioni normative, eventualmente prevedendo l'onere per la parte di indicare nell'atto di costituzione gli atti ed i documenti dei quali intenda continuare ad avvalersi.

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