Atto introduttivo e comparsa di costituzione e risposta (PCT)

Gaetano Labianca
15 Gennaio 2016

Con la consueta tecnica di “interpolazione normativa”, il Legislatore è intervenuto nuovamente, a distanza di poco più di un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del d.l. n. 90/2014, incidendo significativamente sul regime degli atti depositabili telematicamente.
Inquadramento

***DOCUMENTO IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE***

Con la consueta tecnica di “interpolazione normativa”, il Legislatore è intervenuto nuovamente, a distanza di poco più di un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del d.l. n. 90/2014, incidendo significativamente sul regime degli atti depositabili telematicamente.

Ed invero, con il d.l. 27 giugno 2015, n. 83 (in G.U., 27 giugno 2015, n. 147), convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2015, n. 132 – intitolata «Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria» - sono state introdotte, all'art. 19, comma 1, nuove disposizioni in materia di processo civile telematico.

In particolare, all'art. 16-bis d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, è stato aggiunto il nuovo comma 1-bis (come modificato, in sede di conversione, dalla l. n. 132/2015), che prevede testualmente: «Nell'ambito dei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai Tribunali e, a decorrere dal 30 giugno 2015, innanzi alle Corti d'Appello è sempre ammesso il deposito telematico dell'atto introduttivo o del primo atto difensivo e dei documenti che si offrono in comunicazione, da parte del difensore o del dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, nel rispetto delle modalità previste dalla normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. In tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità….».

La novella legislativa è stata salutata da tutti gli operatori ed interpreti del PCT come del tutto opportuna, in un contesto precedentemente caratterizzato da vero e proprio vuoto normativo sugli atti diversi da quelli endoprocedimentali (ovvero gli atti introduttivi, ma - come si vedrà in seguito – anche gli atti, diversi da quelli introduttivi e di costituzione in senso stretto, ma di non immediata classificazione).

Sino alla modifica legislativa, entrata in vigore dal 28 giugno 2015, le varie soluzioni adottate dai Tribunali di merito sulla possibilità di depositare telematicamente un atto introduttivo o di costituzione in giudizio si sono rivelate non solo del tutto difformi, ma anche non del tutto appaganti, in particolare in ordine alle conseguenze da attribuire nell'ipotesi di difformità dell'atto dallo schema legale di riferimento, oscillando dalla tesi della inesistenza a quella della inammissibilità e/o improcedibilità; dall'ipotesi della mera irregolarità o nullità sanabile a quella della nullità insanabile, con regole protocollari e prassi difformi da Tribunale a Tribunale, con grave disorientamento tra gli operatori; da più parti era stata, pertanto, avvertita la necessità di un forte presidio di coordinamento normativo ed organizzativo da parte del Ministero della Giustizia, oltre che di linee guida da utilizzare in modo conforme alla legge dell'intero sistema, in modo da non lasciare agli uffici la possibilità di ricorrere a diverse soluzioni interpretative, al fine di superare le incertezze della normativa vigente.

Vale la pena, allora, ripercorrere l'annoso dibattito giurisprudenziale e le varie opinioni fornite dagli interpreti della materia, prima di analizzare il regime dei depositi telematici alla stregua della normativa vigente.

La disposizione di cui all'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 ante riforma. L'inciso “precedentemente costituite”

Com'è noto, in data 24 dicembre 2012, è stata definitivamente approvata dal Parlamento la l. n. 228/2012 (c.d. legge di stabilità 2013). In particolare, sono state apportate - tramite il comma 19 dell'art. 1 - alcune importanti modifiche al d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (a sua volta, intitolato «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», in Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2012, poi convertito, con modificazioni, nella l. 17 dicembre 2012, n. 221): è stato, invero, inserito un nuovo articolo (art. 16-bis), che ha sancito l'obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali, a far data dal 30 giugno 2014, nei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione dinanzi al tribunale (per le Corti di Appello, il deposito è stato rinviato al 30 giugno 2015).

In dettaglio, prevede testualmente la norma, al comma 1, che «Salvo quanto previsto dal comma quinto, a decorrere dal 30 giugno 2014, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo tesso modo si procede per il deposito degli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria. Le parti provvedono, con le modalità di cui al presente comma, a depositare gli atti e i documenti provenienti da soggetti da esse nominati».

Ora,non poche perplessità ha generato l'inciso “precedentemente costituite” utilizzato dal Legislatore; nel riferirsi alle “parti precedentemente costituite” nei procedimenti di contenzioso ordinario e di volontaria giurisdizione iscritti a far data dal 30 giugno 2014, il Legislatore non si è infatti espresso sugli atti introduttivi.

E pertanto, non essendo stato regolato normativamente il deposito telematico degli atti introduttivi (ma non essendo, lo stesso, neppure stato vietato espressamente), ci si è posto il problema della sua eventuale ammissibilità; in altri termini, ci si è domandato se l'eventuale deposito telematico di un atto introduttivo dovesse ritenersi vietato ovvero ammissibile, alla stregua dell'architettura normativa e regolamentare del PCT, nonché, soprattutto, degli istituti generali presenti nel nostro ordinamento processuale, tra cui, in particolare, il principio della libertà delle forme processuali (art. 121 c.p.c.) e quello della nullità sanabile, per il principio del raggiungimento dello scopo (art. 156 comma 3 c.p.c.).

Inizialmente, il problema è stato impostato verificando di volta in volta la richiesta (ed il conseguente rilascio), per l'Ufficio adito, di apposita autorizzazione ministeriale in relazione ad atti diversi da quelli previsti come obbligatori.

Ai sensi, invero, del decreto ex art. 35 d.m. n. 44/2011 (concernente le «Regole Tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione»), l'attivazione della trasmissione dei documenti informatici dev'essere preceduta da un decreto dirigenziale, che accerti l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio, tramite apposito atto autorizzativo adottato dalla

DGSIA

.

In altri termini, il Direttore, all'esito del positivo esercizio della sperimentazione avviata presso ciascun Ufficio giudiziario, una volta verificata la funzionalità della dotazione hardware e software di ciascun Tribunale, decreta che l'Ufficio giudiziario sia autorizzato a ricevere gli atti (e solo quelli indicati nell'apposito atto autorizzativo) depositati telematicamente, con il c.d. “valore legale”.

Tali decreti dirigenziali emessi dalla

DGSIA

(l'Ufficio del Responsabile per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia, costituito nel 1996 allo scopo di coordinare tutte le attività riguardanti l'innovazione tecnologica nell'Amministrazione giudiziaria), hanno pertanto provveduto, in capo ai singoli uffici, all'individuazione delle categorie di atti (tramite specifica elencazione) e procedure compatibili con il deposito telematico.

Ne derivava che, per quegli Uffici per i quali era stata richiesta l'autorizzazione ministeriale al deposito telematico (sempre all'esito della sperimentazione), di taluni atti, tra cui, ad esempio, la comparsa di risposta, la comparsa di intervento, la comparsa contenente domanda di chiamata in causa del terzo, una volta decretata l'autorizzazione ministeriale al deposito (facoltativo) di tali atti, appariva conseguentemente illogico escludere la possibilità, per i difensori, di depositare telematicamente quegli atti per i quali era stato richiesto ed impresso il valore legale dalla DGSIA (la c.d. “abilitazione al valore legale”), all'indomani dell'entrata in vigore dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012, che nulla aveva statuito con riferimento alla normativa secondaria ed, in particolare, al suddetto art. 35 d.m. n. 44/2011.

Non pareva infatti dubitabile che gli atti (tra cui, eventualmente, anche quelli introduttivi o di costituzione in senso stretto) appositamente individuati dai decreti dirigenziali ottenuti da ciascun Ufficio giudiziario potessero essere depositati in forma telematica, posto che il deposito avveniva tramite uno strumento di comunicazione avente valore legale, con conseguente declaratoria di ammissibilità, per essere - questi specifici atti processuali - ricompresi nel decreto di cui all'art. 35 cit..

Tale interpretazione era stata pure recepita nella Circolare DAG, Direzione Generale Giustizia Civile, del 27 giugno 2014, nella parte in cui « (…) ritiene che l'entrata in vigore delle norme di cui all'art. 16-bis d.l. cit. non innovi in alcun modo la disciplina previgente in ordine alla necessità di un provvedimento ministeriale per l'abilitazione alla ricezione degli atti introduttivi e di costituzione in giudizio. Dunque, nei tribunali già abilitati a ricevere tali atti processuali ai sensi dell'art. 35 d.m. n. 44/2011, continuerà a costituire facoltà (e non obbligo) delle parti, quella di inviare anche gli atti introduttivi o di costituzione in giudizio mediante deposito telematico. Laddove, invece, tale abilitazione non sussista, essa dovrà essere richiesta».

Il problema, invece, si è posto laddove il singolo Ufficio non avesse richiesto ed ottenuto l'apposito decreto dirigenziale di attivazione di un determinato atto introduttivo; quid iuris, invero, laddove il difensore avesse depositato telematicamente un atto introduttivo (o di costituzione) non ricompreso nell'elenco di quegli atti per i quali il Tribunale adito avesse ottenuto specifica autorizzazione ministeriale?

Segue: ammissibilità o inammissibilità degli atti introduttivi depositati telematicamente

Alcuni Tribunali, in specie inizialmente, hanno dichiarato l'inammissibilità degli atti introduttivi depositati telematicamente (v. Trib. Foggia 10 aprile 2014, e Trib. Torino 20 ottobre 2014), alla stregua della considerazione che il singolo Ufficio non fosse stato abilitato dalla

DGSIA

alla ricezione di quel determinato atto introduttivo.

Tale interpretazione si fonda sul fatto che l'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 aveva espressamente individuato i soli atti endo-processualied i documenti dei difensori delle parti “precedentemente costituite”, tra cui per certo non rientravano, ad esempio, l'atto di citazione ovvero il ricorso introduttivo del giudizio; ne derivava che, non essendovi alcuna norma dell'ordinamento processuale che consentisse il deposito in forma telematica dell'atto introduttivo o di costituzione del giudizio, il relativo deposito doveva essere dichiarato inammissibile (v. Trib. Pavia 22 luglio 2014).

La soluzione dell'inammissibilità era parsa tuttavia eccessivamente penalizzante per i Difensori e assolutamente non convincente alla stregua della categorie processuali presenti nell'ordinamento, sebbene avesse trovato - come detto - un primo riconoscimento nelle varie pronunce giurisprudenziali.

È stato invero osservato che sancire l'obbligo dell'invio telematico di alcuni atti non significava vietare di utilizzare quel medesimo strumento formale anche per altri atti, posto che significava solo statuire che alcuni atti, nei procedimenti iniziati dopo il 30 giugno 2014, dovevano essere inviati secondo particolari modalità tecniche, che prima non esistevano (cfr. Trib. Bologna 16 luglio 2014).

Ed invero, poiché nel nostro sistema processuale vige il principio della c.d. “libertà delle forme”, previsto normativamente nell'art. 121 c.p.c., l'obbligo di utilizzare un certo strumento di trasmissione non poteva equivalere, nel silenzio della legge, a statuire il divieto di utilizzo di quel medesimo strumento per gli atti introduttivi, laddove per gli atti endoprocedimentali, a far data dal 30 giugno 2014 (per i soli procedimenti di nuova iscrizione, mentre per quelli già pendenti l'obbligo è divenuto operativo dal 31 dicembre 2014), era addirittura obbligatorio.

In altri termini, se l'invio telematico era obbligatorio per gli atti endo-procedimentali, ciò comportava che quella tipologia di strumento di deposito fosse stato reputato idoneo dal legislatore a raggiungere lo scopo perseguito dalla norma, ovvero di consentire alla parte di depositare l'atto processuale nel rispetto del principio del contraddittorio(v. cit. Tribunale).

Dunque, sancire l'obbligo dell'invio telematico per taluni atti del giudizio, non significava, ex se, escludere tale possibilità anche per gli altri, sussistendo il principio della c.d. “libertà delle forme”.

Accanto a questi argomenti, si è altresì fatto riferimento a taluni richiami, specie di carattere normativo, relativi alla possibilità di costituzione in via telematica.

Ad esempio, l'art. 83 comma 3 c.p.c., tramite il quale è prevista la possibilità peril difensore di costituirsi attraverso strumenti telematici, mediante la trasmissione di copia informatica autenticata con firma digitale.

Se, cioè, è stata normativamente prevista la possibilità di rilasciare procura su documento informatico al Difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici, appariva consequenziale ritenere che la possibilità di costituzione telematica fosse ammessa, e tanto a prescindere dal fatto che la

DGSIA

avesse abilitato l'Ufficio a ricevere quel determinato atto con valore legale.

Oltre a tali argomentazioni, taluni Tribunali si sono interrogati sulla possibilità di far discendere la validità del deposito di un atto da una determinata normativa di carattere secondario e regolamentare, contenuta nelle regole tecniche del PCT: secondo il Tribunale di Milano (Trib. Milano, ord., 7 ottobre 2014), non può, invero, farsi discendere la validità di un determinato atto processuale da un provvedimento amministrativo, avente oltretutto, il solo potere di accertare l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione, dei documenti informatici nel singolo ufficio.

Si è pure sostenuto che nessuna norma, né di carattere legislativo né regolamentare, sanziona di nullità un atto introduttivo depositato telematicamente: non potendo essere pronunciata la nullità (per inosservanza di forme) di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge (c.d. principio di “tassatività” delle nullità), allora deve ritenersi che, ove non vietato, sia possibile il deposito telematico di un atto introduttivo; né potrebbe argomentarsi sul fatto che l'atto manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo (cfr. sempre cit. Trib. Milano 7 ottobre 2014): ed invero, il Difensore che si costituisce telematicamente (v. cit. ord.):

a) sottoscrive la comparsa con firma digitale;

b) effettua il deposito utilizzando le regole tecniche e le specifiche previste dalla normativa regolamentare del PCT;

c) supera le barriere dei controlli della cancelleria (la quale certifica il deposito della comparsa di risposta e dei documenti allegati e mette a disposizione del Giudice e delle altre parti processuali l'atto depositato telematicamente e i relativi allegati).

Se, in altri termini, l'atto ha superato i controlli automatici della cancelleria, è stato messo a disposizione delle parti, ha realizzato il contatto tra la parte depositante ed il Giudice, pare evidente che esso abbia raggiunto il suo scopo, in specie per il fatto che la normativa di cui all'art. 16-bis d.l. n. 179/2012, pur facendo riferimento ai soli atti endo-processuali, «non introduce un divieto tassativo di deposito telematico per gli altri atti» (v. cit. Trib. Bologna 16 luglio 2014).

Accanto, dunque, al principio della libertà delle forme, anche l'assenza di una sanzione espressa - non prevista dal legislatore nell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 - comportava la necessità di valutare - in ossequio alle categorie generali presenti nel nostro ordinamento processuale - se l'atto avesse raggiunto il suo scopo.

A tal fine, i fautori di tale orientamento hanno utilizzato la giurisprudenza della Suprema Corte (v. Cass. n. 5160/2009), in materia di deposito (c.d. “irrituale”) di un atto processuale spedito a mezzo posta (cfr., anche, negli stessi termini, Cass. n. 21667/2012; Cass. n. 3209/2012; Cass. n. 30240/2011; Cass. n. 23239/2011; Cass. n. 12663/2010), secondo cui, poiché lo scopo essenziale del deposito di un atto giudiziario, è la “presa di contatto” fra la parte e l'Ufficio Giudiziario dinanzi al quale pende la trattazione della controversia, laddove il deposito telematico di un atto introduttivo o di costituzione in giudizio abbia superato i controlli della cancelleria, è stato comunque dato corso al procedimento, con conseguente sanatoria della eventuale irregolarità, ai sensi dell'art. 156 comma 3 c.p.c., da valutarsi ex nunc, ossia dal momento in cui l'atto è stato depositato ed accettato dalla cancelleria, e non ex tunc.

Ed il fatto che non fosse prevista normativamente una nullità in correlazione a tale tipo di vizio, appariva palese, vieppiù, anche dalla lettura della Circolare del Ministero del 27 giugno 2014, che, tra l'altro, aveva espressamente previsto che «non spetta al cancelliere la possibilità di rifiutare il deposito degli atti introduttivi e/o di costituzione in giudizio inviate dalle parti, anche presso quello sedi che non abbiano avuto l'abilitazione ex art. 35 d.m. n. 44/2011»; con tale espressione, la circolare ministeriale chiariva espressamente che, trattandosi di questione interpretativa riservata al Giudice, le cancellerie avevano l'obbligo comunque di accettare gli atti introduttivi del giudizio, senza possibilità di rifiuto anche presso le sedi prive di apposita autorizzazione, rimettendo ogni decisione al Giudice adito (al contrario degli atti endoprocessuali, per i quali è addirittura previsto, nella circolare, l'obbligo per le cancellerie di non accettare il deposito in forma cartacea); tale indicazione risente di un evidente favor verso la modalità telematica, anche se, su un piano astratto, lo schema di riferimento è sempre lo stesso, ossia la difformità del deposito dalla modalità consentita dalla norma.

Un ritorno alla tradizionale tesi della inammissibilità si deve all'interpretazione di coloro che hanno criticato la possibilità di utilizzare gli argomenti della Corte di legittimità con riferimento alla costituzione del ricorrente effettuata a mezzo posta.

Ed invero (v.Trib. Padova, ord., 1 settembre 2014), secondo quest'altra impostazione, l'affermazione delle Sezioni Unite (v. Cass., S.U., n. 5160/2009), secondo cui la comparsa di costituzione può essere inviata a mezzo di raccomandata del servizio postale, al di fuori delle speciali ipotesi intese a rendere il più possibile agevole l'accesso alla tutela giurisdizionale, ossia la materia del procedimento di opposizione all'ordinanza-ingiunzione di pagamento, ed il processo tributario, non può ritenersi consentita per quanto riguarda il giudizio ordinario, in cui la costituzione va effettuata recandosi personalmente in cancelleria e presentando gli atti al cancelliere.

Stando a quest'altro orientamento, le disposizioni di cui all'art. 165 c.p.c., collegate strettamente agli artt. 72, 73, 74 disp. att. c.p.c., configurano una procedura che necessariamente non può escludere la consegna "brevi manu" dei documenti, in quanto finalizzata al controllo da parte della cancelleria dell'esistenza dei documenti prodotti ed a consentire alla parte convenuta di riscontrare la loro esistenza ed eventualmente, con la comparsa di costituzione e di risposta, contestarne la genuinità e la attinenza alla questione da trattare e, quindi, a soddisfare esigenze di certezza e di correttezza riguardo alla instaurazione del rapporto processuale.

Ne deriverebbe che la costituzione del convenuto, ove avvenuta a mezzo del deposito telematico ed in assenza di decreto autorizzativo ex art. 35 d.m. n. 44/2011, debba ritenersi irrituale, alla stessa stregua di una costituzione effettuata a mezzo posta nel giudizio ordinario (v. Trib. Padova 10 febbraio 2015).

Si è però osservato come il richiamo all'art. 73 disp. att. c.p.c., (in base al quale il cancelliere deve rifiutare il deposito del fascicolo di parte solo quando questo non contenga le copie degli atti per la controparte) è evidentemente incompatibile con il modello del deposito telematico, in cui la busta telematica nella quale è contenuto l'atto introduttivo rileva nella sua unitarietà e visibilità pure a vantaggio della controparte.

In senso contrario, in netto contrasto con la giurisprudenza citata, è stata da ultimo richiamata la recente decisione Cass. n. 12509/2015 sul tema del deposito a mezzo posta, in cui la Suprema Corte ha rilevato che l'invio a mezzo posta dell'atto processuale destinato alla cancelleria (nella specie, memoria di costituzione in giudizio comprensiva di domanda riconvenzionale) - al di fuori delle ipotesi speciali relative al giudizio di cassazione, al giudizio tributario ed a quello di opposizione ad ordinanza ingiunzione - realizza un deposito dell'atto irrituale, in quanto non previsto dalla legge, ma che, riguardando un'attività materiale «priva di requisito volitivo autonomo» e che non deve necessariamente essere compiuta dal difensore, potendo essere realizzata anche da un nuncius, può essere idoneo a raggiungere lo scopo, con conseguente sanatoria del vizio ex art. 156 comma 3 c.p.c.: in tal caso, la sanatoria si produce con decorrenza dalla data di ricezione dell'atto da parte del cancelliere ai fini processuali, ed in nessun caso da quella di spedizione.

Alla stregua di tale ultimo orientamento della Suprema Corte, è caduto anche l'ultimo argomento valorizzato per escludere la possibilità di depositare telematicamente un atto introduttivo, in assenza di apposita autorizzazione ministeriale.

Argomenti a favore della facoltatività del deposito telematico degli atti introduttivi

Dal principio di libertà delle forme (art. 121 c.p.c.) deriva che tutte le forme degli atti del processo sono previste non per la realizzazione di un fine proprio ed autonomo, ma allo scopo del raggiungimento di un certo risultato, con la conseguenza che l'eventuale inosservanza della prescrizione formale sarebbe irrilevante se l'atto viziato raggiunge ugualmente lo scopo cui era destinato

Né l'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 né le regole tecniche e le c.d. specifiche tecniche della normativa regolamentare del PCT prevedono una specifica sanzione di nullità; la categoria della inammissibilità, quale vizio ostativo all'esame della domanda, è prevista espressamente dal legislatore essenzialmente in materia di impugnazioni (ex multis, artt. 325, 327, 331, 334 c.p.c.) ovvero, nei soli casi di cui agli artt. 408 e 398 c.p.c., per gli atti introduttivi del giudizio; nessuna norma dettata in materia di PCT, neppure regolamentare, prevede infatti la sanzione della inammissibilità per il deposito non autorizzato dell'atto introduttivo

L'atto introduttivo depositato telematicamente rispetta i requisiti di forma previsti dal legislatore nelle regole tecniche: trattasi invero di atto sottoscritto con firma digitale o qualificata avanzata, depositato nel rispetto delle regole tecniche (e delle specifiche tecniche previste dalla normativa regolamentare del PCT), che ha superato i controlli della cancelleria; a sua volta, la cancelleria, nel certificare il deposito della comparsa e dei documenti allegati, realizza la presa di contatto tra il depositante e l'ufficio giudiziario

Giunto alla cancelleria attraverso l'invio della c.d. “busta” telematica, il deposito viene accettato dal sistema dominio giustizia, che controlla la regolarità del deposito attraverso il rilascio delle c.d. tre ricevute (ricevuta di accettazione, ricevuta di avvenuta consegna e ricevuta esito controlli automatici cancelleria); superati i controlli automatici, l'atto non può più essere rifiutato, spettando esclusivamente al giudice la valutazione, in quanto attinente a profili strettamente processuali, della legittimità dei depositi degli atti introduttivi, in base alla cit. Circolare DAG del 27 giugno 2014

Al più, il deposito telematico di un atto non rientrante tra quelli obbligatoriamente previsti dalla normativa dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 dovrebbe considerarsi irrituale, alla stregua del ricorso al mezzo postale, il che non pregiudicherebbe le esigenze di controllo e semmai risponderebbe a ragioni di maggiore certezza

A norma dell'art. 4 l. n. 422/1999 di ratifica ed esecuzione della convenzione relativa alla notifica degli atti negli stati membri dell'Unione Europea la «trasmissione degli atti può essere effettuata con qualsiasi mezzo»

Poiché il deposito degli atti sarebbe privo di qualsiasi contenuto volitivo, in mancanza di specifiche esigenze dovrebbe essere irrilevante il quomodo del deposito, dovendosi poi dare rilievo all'intervenuto raggiungimento dello scopo, avendo il cancelliere ricevuto il fascicolo e avendo valutato regolare il suo contenuto e il suo deposito

Alla stregua di tale ricostruzione del quadro normativo, la restrittiva soluzione, costruita sulla c.d. “abilitazione al valore legale” dei decreti

DGSIA

, per quanto espressiva della volontà legislativa di graduare il passaggio al processo telematico, non aveva adeguatamente considerato la possibile compatibilità del dettato dell'art. 16-bis con un regime di doppio binario di accesso, laddove il deposito fosse avvenuto nel rispetto della normativa, di carattere regolamentare, concernente il PCT.

A fronte, poi, delle numerose oscillazioni giurisprudenziali, che avevano dato luogo ad altrettante incertezze interpretative, si era altresì mossa la Fondazione Italiana per l'Innovazione Forense (FIIF), che aveva proposto di estendere, ed in maniera espressa, la facoltatività del deposito telematico a tutte le tipologie di atti processuali, anche al fine di consentire alle sedi virtuose di perseguire l'obiettivo di rendere interamente informatico il processo ed evitare pronunce di inammissibilità generate dall'incertezza interpretativa della attuale formulazione normativa, sicchè appariva opportuno risolvere il problema tramite una norma di coordinamento, che indicasse esplicitamente la facoltatività del deposito telematico di tutti gli atti (anche di quelli pendenti alla data di entrata in vigore del comma da aggiungere).

Tale proposta è stata finalmente recepita dal Legislatore.

Il nuovo comma 1-bis dell'art. 16-bis, come novellato dal d.l. n. 83/2015

Come detto in apertura, con il citato d.l. n. 83/2015, convertito nella l. n. 132/2015, è stato inserito un nuovo comma (1-bis) all'art. 16-bis d.l. n. 179/2012, che prevede, testualmente.

La norma ha reso facoltativo il deposito telematico del primo atto difensivo e dei documenti che si offrono in comunicazione da parte del difensore, estendendo tale facoltà anche ai dipendenti autorizzati a stare in giudizio dalle pubbliche amministrazioni.

Il deposito si perfeziona esclusivamente con modalità telematiche.

È poi esclusa la necessità che all'invio telematico debba far seguito anche l'invio cartaceo dell'atto o dei documenti.

Ora, la soluzione accolta dal Legislatore consente di ritenere definitivamente estesa la facoltatività del deposito telematico pure a quegli atti, diversi da quelli introduttivi, per i quali esistevano - come detto - margini di opinabilità od incertezze interpretative; si pensi, ad esempio, al reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. (interpretabile come giudizio diverso dalla fase cautelare di prima istanza), oppure all'opposizione avverso l'ordinanza che chiude il c.d. rito sommario “Fornero” ai sensi della l. n. 92/2012, nonché all'opposizione avverso il decreto emesso ai sensi dell'art. 28 l. n. 300/1970, oppure ai ricorsi al giudice dell'esecuzione in opposizione successivi all'inizio dell'esecuzione, ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c., alle istanze di conversione nel pignoramento, agli incidenti nell'esecuzione per rilascio, ai ricorsi per concordato preventivo “pieno” o “prenotativo”; ai reclami ex art. 26 e 36 l. fall., e così continuando.

Alcuni altri atti facoltativamente depositabili telematicamente

Atto di citazione

Ricorso

Reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.

(interpretabile come giudizio diverso dalla fase cautelare di prima istanza)

Opposizione avverso l'ordinanza che chiude il c.d. rito sommario “Fornero”

ex l. n. 92/2012

Opposizione avverso il decreto emesso ai sensi dell'art. 28 l. n. 300/1970

Ricorsi al giudice dell'esecuzione in opposizione successivi all'inizio dell'esecuzione

ex artt. 615 e 617 c.p.c.

Istanze di conversione nel pignoramento, agli incidenti nell'esecuzione per rilascio

Istanze di conversione nel pignoramento

Incidenti nell'esecuzione per rilascio

Ricorsi per concordato preventivo “pieno” o “prenotativo”

Reclami ex art. 26 e 36 l. fall.

In tal modo, decidendo di depositare telematicamente un atto per il quale esiste il rischio di incertezza interpretativa circa la natura dell'atto da depositare (da qualificare come introduttivo ovvero endoprocessuale), il difensore si porrebbe al riparo da qualsiasi eccezione o rilievo di inammissibilità, scongiurando il rischio di una possibile declaratoria in rito da parte del Giudice adito.

Si tratta, dunque, di un importante passo in avanti per la completa digitalizzazione del processo civile, attuata tramite la semplificazione della normativa, che ha privilegiato, nei casi di incertezza sul carattere dell'atto quale interno od esterno al processo (in particolare accentuata nelle fattispecie a composizione bifasica, si pensi al ricorso ex art. 669-duodecies c.p.c., al reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., ma anche all'atto di riassunzione, all'istanza di correzione ex art. 187 c.p.c., e così continuando), il deposito eseguito telematicamente rispetto a quello eseguito con modalità tradizionale.

Occorre però rammentare che, almeno inizialmente, la formulazione dell'art. 1-bis introdotto dal d.l. n. 83/2015 condizionava la possibilità di depositare telematicamente «…ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1 e dei documenti che si offrono in comunicazione…al rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici».

Il che riproponeva fortemente la questione dell'operatività dell'art. 35 d.m. n. 44/2011, ovverosia la necessità di permanente copertura ministeriale da parte dell'Ufficio del Responsabile per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia, con individuazione degli atti e delle procedure compatibili con il deposito telematico per ogni singolo ufficio giudiziario.

Per come formulata, la disposizione in parola non avrebbe avuto alcuna pratica utilità o vantaggio; anzi, come è stato autorevolmente osservato, da un lato avrebbe corroborato l'opinione di coloro che ritenevano inammissibile, prima della novella legislativa, il deposito telematico di un atto introduttivo (con la conseguenza che, prima dell'entrata in vigore della novella legislativa, ossia prima del 27 giugno 2015, tutti gli atti introduttivi o di costituzione depositati telematicamente in assenza di autorizzazione ministeriale avrebbero dovuto essere dichiarati inammissibili); dall'altro, avrebbe confermato la possibilità di depositare telematicamente un atto introduttivo solo in presenza di apposito decreto dirigenziale attivato per quel tipo di atto o categoria di procedimenti.

Per fortuna, in sede di conversione è scomparso il riferimento al rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici ed è stato aggiunto l'inciso «nel rispetto delle modalità» previste dalla disciplina regolamentare, evitando ogni sviamento o distorsione interpretativa legata alla necessità dell'attivazione del decreto dirigenziale.

Altra novità importante è l'estensione della facoltatività del deposito anche al dipendente della pubblica amministrazione di cui la stessa si avvale per stare in giudizio personalmente.

Qualche perplessità ha ingenerato l'art. 16-bis, che precisa, in seguito alle modifiche apportate dal d.l. n. 90/2014, che «per difensori non si intendono i dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente»; si è invero osservato come «(…) Il dipendente della pubblica amministrazione non sarebbe dunque soggetto all'obbligo di deposito telematico degli atti endoprocessuali, ma avrebbe la facoltà di procedere con tali modalità solo per gli atti introduttivi, come affermato esplicitamente nel comma 1-bis, rimanendo vincolato all'uso della carta per tutti gli atti successivi» (A. Mazza, Processo telematico: nel d.l. 83/2015 le nuove norme per cause civili tutte telematiche, in www.processociviletelematico.it) posto che i dipendenti sarebbero ancora vincolati, per gli atti in corso di causa, all'esistenza del decreto dirigenziale previsto dall'art. 35 d.m. n. 44/2011: anche sul punto, in sede di conversione (v. art. 16-bis comma 1, d.l. n. 179/2012) è stato opportunamente aggiunto, al comma 1, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso, i medesimi dipendenti possono depositare, con le modalità previste dal presente comma, gli atti e i documenti di cui al medesimo comma»».

Ne deriva che il deposito telematico dei dipendenti della PA è dunque sempre facoltativo, sia per gli atti introduttivi che per quelli endoprocessuali.

In conclusione, con la novella legislativa il Legislatore ha superato la complessa distinzione tra atti endoprocedimentali ed atti introduttivi del giudizio, rendendo facoltativo il deposito di ogni tipo di atto.

Sono state così rimosse le permanenti incertezze interpretative legate alla natura dell'atto, il fiorire di regole protocollari e prassi difformi che hanno creato disorientamenti tra gli operatori, il sovrapporsi di problemi processuali e la difficile esegesi delle relazioni, tra gerarchia e specialità, di norme aventi rango diverso; è stato, d'altra parte, incentivato e privilegiato il deposito telematico in tutti i casi dubbi da parte dei Difensori, così eliminando, di fatto, il rischio di incorrere in penalizzanti sanzioni processuali, a scapito del principio di conservazione degli atti e della corretta aspirazione a pervenire ad una decisione nel merito.

Orientamenti a confronto

Tesi dell'inammissibilità

L'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 si riferisce ai soli atti endoprocessuali; in assenza di decreto autorizzativo ex art. 35 d.m. 44/2011 il deposito di un atto introduttivo deve considerarsi inammissibile

Trib. Foggia 10 aprile 2014; Trib. Torino 20 ottobre 2014

Inammissibile la comparsa di risposta depositata telematicamente in assenza di previsione normativa

Trib. Pavia 22 luglio 2014

Gli unici appigli per valutare la legittimità della costituzione appaiono essere le ordinarie regole disciplinate dagli artt. 166 e 167 c.p.c. che escludono la legittimità di una costituzione diversa da quella in cancelleria

Trib. Padova 3 settembre 2014; Trib. Padova 10 febbraio 2015

Inammissibile l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo in via telematica

Trib. Bergamo 25 marzo 2015

Inammissibile l'atto ex art. 442 c.p.c. depositato in via telematica

Trib. Lodi 5 novembre 2014

Tesi dell'ammissibilità

Occorre verificare se l'atto depositato telematicamente sia idoneo allo scopo a cui è destinato e se esiste nel nostro ordinamento una sanzione di carattere processuale per il deposito degli atti introduttivi e di costituzione nel giudizio.

Le sanzioni processuali debbono essere previste specificamente dal legislatore; in particolare, la sanzione dell'inammissibilità è prevista in maniera tassativa e nessuna norma sanziona con tale istituto il deposito di atti introduttivi in via telematica

Trib. Milano 7 ottobre 2014

È ammissibile il deposito telematico di atti e provvedimenti non espressamente contemplati dal decreto autorizzatorio: secondo il principio generale contenuto nell'art. 121 c.p.c. gli atti del processo, per cui la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo

Trib. Bologna, sez. lav., 16 luglio 2014

Per i procedimenti instaurati tanto prima che dopo il 30 giugno 2014, è ammissibile il deposito telematico degli atti introduttivi del giudizio, esclusi dal novero degli atti indicati dai primi quattro commi dell'art. 16-bis l. n. 221/2012, posto che ciò che non è previsto non può ritenersi per ciò solo vietato, stante il principio di libertà di forme (art. 121 c.p.c.), e avendosi riguardo al divieto di pronunciare la nullità di un atto del processo se la nullità non è comminata dalla legge, e comunque mai ove risulti accertato che l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato (art. 156 c.p.c.)

Il ché avviene nel caso di specie dato che l'atto introduttivo telematico è accettato dal cancelliere ed è inserito nel fascicolo di parte e quindi raggiunge il proprio scopo di permettere la presa di contatto tra la parte e l'ufficio giudiziario, di esprimere la difesa della parte e di realizzare il rapporto processuale con la controparte

Trib. Brescia 7 ottobre 2014

Sommario