Festività

Roberta Cristaldi
07 Marzo 2024

Il lavoratore ha diritto di astenersi dalla prestazione di lavoro durante i giorni festivi individuati dalla legge e dai contratti collettivi, mentre in relazione alle giornate originariamente qualificate dalla legge come festive e successivamente abolite (c.d. ex festività), la contrattazione collettiva ha generalmente previsto una forma di compensazione a favore dei lavoratori mediante il riconoscimento di riposi compensativi pari a n. 32 ore annue. In materia di festività, se è pacifico che il datore di lavoro non possa unilateralmente e arbitrariamente imporre la prestazione di lavoro al dipendente durante i giorni festivi, è, invece, oggetto di discussione se la contrattazione collettiva possa introdurre specifiche eccezioni al diritto del lavoratore di astenersi dalla prestazione lavorativa nei giorni festivi, qualora ricorrano esigenze di servizio. In ogni caso, la legge prevede una specifica e puntuale disciplina del trattamento economico dei giorni festivi, distinguendo il trattamento economico previsto per i lavoratori retribuiti in maniera fissa da quello stabilito per i dipendenti retribuiti a ore.

Inquadramento

Il lavoratore ha diritto di astenersi dalla prestazione di lavoro durante i giorni festivi individuati dalla legge e dai contratti collettivi, mentre in relazione alle giornate originariamente qualificate dalla legge come festive e successivamente abolite (c.d. ex festività), la contrattazione collettiva ha generalmente previsto una forma di compensazione a favore dei lavoratori mediante il riconoscimento di riposi compensativi pari a n. 32 ore annue.

In materia di festività, se è pacifico che il datore di lavoro non possa unilateralmente e arbitrariamente imporre la prestazione di lavoro al dipendente durante i giorni festivi, è, invece, oggetto di discussione se la contrattazione collettiva possa introdurre specifiche eccezioni al diritto del lavoratore di astenersi dalla prestazione lavorativa nei giorni festivi, qualora ricorrano esigenze di servizio.

In ogni caso, la legge prevede una specifica e puntuale disciplina del trattamento economico dei giorni festivi, distinguendo il trattamento economico previsto per i lavoratori retribuiti in maniera fissa da quello stabilito per i dipendenti retribuiti a ore.

Disciplina legislativa e natura giuridica

Sono festività civili e religiose, ai sensi dell'articolo 2, L. 27 maggio 1949, n. 260, come modificato e integrato dalla L. 5 marzo 1977, n. 54 e dal DPR 28 dicembre 1985, n. 792, nonché ai sensi dell'art. 1, L. 20 novembre 2000, n. 336:

  • tutte le domeniche;
  • il 1° gennaio;
  • il 6 gennaio (giorno dell'Epifania);
  • il 25 aprile (giorno della Liberazione);
  • il lunedì dopo Pasqua (Lunedì dell'Angelo);
  • il 1° maggio (festa dei lavoratori);
  • il 2 giugno (festa della Repubblica);
  • il 15 agosto (Assunzione della Beata Vergine Maria);
  • il 1° novembre (festa di Ognissanti);
  • l'8 dicembre (festa dell'Immacolata Concezione);
  • il 25 dicembre (Natale);
  • il 26 dicembre (Santo Stefano).

I contratti collettivi possono integrare ed ampliare il precedente elenco delle festività civili e religiose. A questo proposito, nell'elencazione dei giorni festivi è – generalmente – ricompreso il giorno di calendario dedicato alla festività del Santo Patrono del luogo ove si trova la sede di lavoro o lo stabilimento.

In altri casi, i contratti collettivi prevedono che siano considerati festivi, in alternativa alle domeniche, i giorni di riposo compensativo di cui godono i lavoratori qualora il contratto collettivo preveda la possibilità da parte del datore di lavoro di richiedere la prestazione lavorativa anche nella giornata di domenica.

Ai sensi dell'art. 9, D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, infatti, il lavoratore ha diritto ad un riposo settimanale di almeno 24 ore, di regola in coincidenza con la domenica. La stessa disposizione normativa prevede, tuttavia, la possibilità di far fruire il riposo settimanale in altro giorno della settimana diverso dalla domenica. Sulla base di tale disposizione normativa, dunque, si giustificano le previsioni di diversi contratti collettivi che inseriscono nel novero dei giorni festivi anche i giorni della settimana previsti come riposo compensativo in sostituzione della domenica.

 

In evidenza: previsioni dei CCNL (esempi)

CCNL Festività diverse da quelle previste ex lege
Chimica Industria

Art. 11 Riposo settimanale – Giorni festivi

" […] Sono considerati giorni festivi:

a)tutte le domeniche ed i prestabiliti giorni di riposo settimanale di cui ai commi precedenti

c)le seguenti festività:

[…] 8) Il giorno del S. Patrono del luogo ove ha sede lo stabilimento"

Metalmeccanici

Sezione IV – Titolo III - Art. 9 "Festività"

“Agli effetti della Legge 22 febbraio 1934, n. 370, sono considerati giorni festivi le domeniche o i giorni di riposo settimanale compensativo di cui al precedente articolo 8” [n.d.r. i lavoratori che lavorano la domenica godranno del riposo settimanale in altro giorno della settimana].

Agli effetti della Legge 27 maggio 1949, n. 260, della L. 5 marzo 1977, n. 54, del DPR 28 dicembre 1985, n. 792 e della Legge 20 novembre 2000, n. 336, sono considerati giorni festivi:

[…]

c)il giorno del S. Patrono del luogo ove è ubicata la sede di lavoro o un'altra festività da concordarsi all'inizio di ogni anno tra le Organizzazioni locali competenti in sostituzione di quella del S. Patrono, fatto salvo il punto 4 della lett. b)" [n.d.r. è festivo il giorno di Ss. Pietro e Paolo, per il Comune di Roma].

Gomma e Plastica Aziende Industriali

Art. 15 – Giorni festivi e riposo settimanale

"Sono considerati festivi:

a) le domeniche ed i giorni destinati al riposo settimanale ai sensi del par. B) del presente articolo e delle disposizioni legislative vigenti;

b) le ricorrenze del 25 aprile, del 1° maggio e le altre che eventualmente, in sostituzione o in aggiunta, venissero stabilite;

c) le seguenti dieci festività: […]

10) giorno del Patrono della località dove ha sede lo stabilimento e le altre che eventualmente, in sostituzione o in aggiunta, venissero stabilite […]”.

Nei giorni festivi il lavoratore ha diritto di astenersi dalla prestazione lavorativa. La qualificazione come “diritto” della possibilità del lavoratore di astenersi dalla prestazione lavorativa durante i giorni festivi è ricavabile, a parere della consolidata giurisprudenza di legittimità, dal tenore letterale dell'articolo 2, l. n. 260/1949 e, in particolare, dall'espressione “Sono considerati giorni festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo […]”.

Osserva la giurisprudenza di legittimità, a questo proposito, che l'utilizzo da parte del legislatore della citata espressione non può che dimostrare la volontà di attribuire al lavoratore uno specifico diritto, ossia, giustappunto, quello di astenersi dal lavoro nelle giornate stabilite dalla legge.

In evidenza: giurisprudenza di legittimità

Il senso proprio delle parole “giorni festivi” e la frase “agli effetti della osservanza del completo orario festivo”, adoperate dall'articolo 2, legge n. 260/1949, non poteva che essere quello di attribuire al lavoratore il diritto di astenersi dal lavoro nei giorni indicati dalla stessa legge (Cass. sez. lav., 8 agosto 2005, n. 16634).

Il diritto del lavoratore di astenersi dall'attività lavorativa in caso di festività è pieno ed ha carattere generale e quindi non rilevano le ragioni che hanno determinato l'assenza di prestazione, peraltro stabilita per legge (Cass. sez. lav., 19 ottobre 2016, n. 21209).

Secondo la giurisprudenza di legittimità, il diritto del dipendente di astenersi dalla prestazione lavorativa nelle giornate festive, in quanto pieno e a carattere generale, può trovare un'eccezione esclusivamente in caso di accordo tra datore di lavoro e lavoratore e non può, invece, venire meno per effetto di una unilaterale ed esclusiva determinazione né del datore di lavoro, né del lavoratore (Cass. sez. lav., 8 agosto 2005, n. 16634; Cass. sez. lav., 23 settembre 1986, n. 5712).

Del resto, a tale conclusione è pervenuto anche il Ministero del Lavoro che, con Interpello 10 luglio 2009, n. 60, in merito alla possibilità di richiedere lo svolgimento dell'attività lavorativa nei giorni previsti come festività, ha precisato che “deve escludersi che il suddetto diritto [n.d.r. il diritto di astensione dalla prestazione lavorativa nei giorni previsti come festività] possa essere posto nel nulla unilateralmente dal datore di lavoro, essendo la relativa rinunciabilità rimessa esclusivamente all'accordo tra il datore di lavoro e lavoratore”.

Aggiunge il Ministero che l'accordo avente ad oggetto la rinuncia all'astensione dalla prestazione lavorativa nei giorni festivi potrebbe essere raggiunto anche in sede di contrattazione collettiva.

Negli stessi termini si è espressa anche una parte della giurisprudenza della Cassazione, la quale ha affermato che il contratto collettivo può introdurre eccezioni al diritto del dipendente di astenersi dalla prestazione lavorativa nei giorni festivi. In particolare, il diritto all'astensione dal lavoro per festività soccombe, se ciò sia previsto dalla disciplina contrattuale collettiva, in ipotesi di sussistenza di comprovate esigenze tecnico-produttive dell'impresa, in presenza delle quali si espande nuovamente l'obbligo del prestatore di lavoro di svolgere l'attività lavorativa.

In evidenza: giurisprudenza di legittimità

Premesso che, di regola, al lavoratore è riconosciuto il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, allorquando la contrattazione collettiva applicabile preveda, come eccezione alla regola legale, che l'attività lavorativa possa essere svolta anche nei giorni festivi, subordinando la fruizione della festività alle esigenze aziendali, la sussistenza di tali esigenze costituisce il presupposto per l'applicazione del regime di eccezione (contrattuale) in luogo della regola (legale), sicché il datore di lavoro, che invochi l'applicazione della norma contrattuale, deve provare la sussistenza del presupposto di fatto, e cioè delle esigenze aziendali (Cass., sez. lav., 4 marzo 2004, n. 4435).

Quest'ultima conclusione non trova l'avallo di altra parte della giurisprudenza di legittimità, la quale osserva che la clausola del contratto collettivo che impone al lavoratore di prestare la propria attività lavorativa durante i giorni festivi infrasettimanali è nulla, in quanto incide su un diritto non disponibile per le organizzazioni sindacali.

Le conclusioni di segno contrario si affidano alla convinzione di poter applicare analogicamente all'istituto delle festività la disciplina della derogabilità del riposo settimanale nella giornata di domenica di cui all'art. 9, D.lgs. 8 aprile 2003, n. 66. Il riferimento alla citata disciplina legislativa non appare, tuttavia, convincente, in quanto bisogna tenere distinta l'ipotesi della prestazione di lavoro domenicale dalladiversa ipotesi della prestazione lavorativa resa in un giorno festivo non coincidente con la domenica.

Solo nel primo caso, infatti, il legislatore, attraverso la disciplina dell'art. 9, D.lgs. 8 aprile 2003, n. 66, ha introdotto la possibilità per i contratti collettivi di derogare al riposo settimanale normalmente coincidente con la domenica e di prevedere la possibilità del riposo compensativo in altro giorno della settimana.

Nel caso della disciplina delle festività infrasettimanali, invece, non esiste analoga previsione normativa, né è possibile applicare la medesima disciplina facendo ricorso all'analogia, atteso che non sussistono i requisiti del vuoto normativo e della identità di fattispecie che legittimerebbero il ricorso all'istituto de quo. Ne consegue che la contrattazione collettiva non pare poter introdurre una deroga al diritto di astenersi dalla prestazione lavorativa nei giorni festivi infrasettimanali, facendo riaffiorare l'obbligo in capo al dipendente di rendere la prestazione lavorativa.

In evidenza: Giurisprudenza di legittimità

Appare evidente, sotto qualsivoglia profilo, che non sussiste un obbligo “generale” a carico dei lavoratori di effettuare la prestazione nei giorni destinati ex lege per la celebrazione di ricorrenza civili o religiose e sono nulle le clausole della contrattazione collettiva che prevedono tale obbligo, in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori di astenersi dal lavoro (cui è consentito derogare per il solo lavoro domenicale); in nessun caso una norma di un contratto collettivo può comportare il venir meno di un diritto già acquisito dal singolo lavoratore (come il diritto ad astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali), non trattandosi di un diritto disponibile per le organizzazioni sindacali (Cass., sez. lav., 7 agosto 2015, n. 16592).

Se, dunque, il prestatore di lavoro ha diritto di astenersi dalla prestazione lavorativa nei giorni festivi (in particolari, quelli infrasettimanali) e se, di conseguenza, il datore di lavoro non può imporre unilateralmente l'obbligo di lavorare nei citati giorni, neppure in forza di una previsione del contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro, va da sé che l'eventuale rifiuto del lavoratore di svolgere attività lavorativa in occasione delle festività infrasettimanali è legittimo e l'eventuale e conseguente provvedimento disciplinare adottato dal datore di lavoro deve essere annullato (Trib. Rovereto, sez. lav., 8 marzo 2016).

L'unica eccezione normativa al diritto di astensione dalla prestazione lavorativa nei giorni festivi è prevista nel caso dei dipendenti delle istituzioni sanitarie pubbliche e private, i quali sono obbligati a prestare attività lavorativa anche in caso di festività, qualora ciò sia richiesto da ragioni di servizio. Sul punto, è chiara la disposizione legislativa di cui all'articolo unico della L. 23 aprile 1952, n. 520, ai sensi della quale “Il personale che per ragioni inerenti all'esercizio deve tuttavia prestare la propria opera nelle suddette giornate, ha diritto ad un corrispondente riposo da godere, compatibilmente con le esigenze di servizio, entro trenta giorni dalla data della festa infrasettimanale non fruita. Nel caso che l'esigenza del servizio non permetta tale riposo, le Amministrazioni sono tenute al pagamento doppio della giornata festiva”.

Ex-festività

Talune delle festività originariamente previste dall'articolo 2, L. n. 260/1949 sono state successivamente soppresse e, dunque, in occasione di tali giornate, il lavoratore non vanta alcun diritto all'astensione dalla prestazione lavorativa.

Le festività abolite sono:

  • 19 marzo (S. Giuseppe)
  • 5 maggio (Ascensione)
  • 26 maggio (Corpus Domini)
  • 29 giugno (SS. Pietro e Paolo)

Il giorno 29 giugno, ricorrenza di SS. Pietro e Paolo, sebbene escluso dal novero delle festività civili e religiose nazionali, continua ad essere considerato festivo, per effetto delle previsioni contrattuali collettive, per il Comune di Roma, in quanto giornata di celebrazione della ricorrenza del Santo Patrono.

Le giornate di festività abolite continuano ad avere una loro rilevanza per i prestatori di lavoro, atteso che i contratti collettivi prevedono, generalmente, che ai lavoratori venga riconosciuta una forma di compensazione a fronte della mancata fruizione della festività. I contratti collettivi prevedono, in particolare, che le quattro festività abolite vengano compensate attraverso il riconoscimento di permessi individuali di lavoro pari ad un totale di 32 ore annue.

In materia di permessi per ex festività, il Ministero del Lavoro ha affermato, con Nota 3 giugno 2011, n. 9044, che questi hanno natura contrattuale al pari dei permessi per riduzione di orario (R.O.L.) e che, pertanto, i requisiti e le modalità di fruizione possono essere liberamente determinati dai contratti collettivi aziendali o da accordi individuali tra datore di lavoro e lavoratore, anche in deroga alle previsioni dei contratti collettivi nazionali.

L'individuazione del termine entro il quale fruire dei permessi retribuiti per le festività abolite è di particolare importanza, atteso che, in caso di mancata fruizione dei permessi, questi dovranno essere monetizzati e, dunque, dalla scadenza di tale termine sorgerà anche la relativa obbligazione contributiva.

In evidenza: Ministero del Lavoro

Si ribadisce che i c.d. ROL costituiscono un istituto di natura contrattuale [n.d.r. le medesime considerazioni valgono per i permessi per ex festività, stante la identica natura di diritto disponibile al pari dei ROL, come affermato dal Ministero del Lavoro con Interpello 8 marzo 2011, n. 16], la cui regolamentazione – requisiti e modalità di fruizione – risulta ascrivibile alla disponibilità delle parti nell'ambito della loro autonomia negoziale. […]

Ne consegue che il termine ultimo di godimento dei permessi in questione, cui collegare l'insorgenza della relativa obbligazione contributiva (entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui si colloca il termine ultimo di godimento del permesso), può essere fissato sia dalla fonte contrattuale collettiva, sia di livello nazionale che aziendale, che da quella individuale (Ministero del Lavoro, Nota 3 giugno 2011, n. 9044).

Diversa è l'ipotesi della ricorrenza della festa dell'Unità nazionale del 4 novembre, atteso che la citata festività, pur non essendo stata abolita, non rientra neppure nell'attuale elenco delle festività civili e religiose in conseguenza delle quali sorge il diritto del dipendente all'astensione dalla prestazione lavorativa.

Per disposizione legislativa (art. 1, L. 5 marzo 1977, n. 54) la celebrazione della festa dell'unità nazionale ha luogo la prima domenica di novembre, mentre i contratti collettivi indicano il trattamento economico da riconoscere per il mancato godimento della festività. Taluni contratti collettivi – tra i quali, ad esempio, i CCNL Metalmeccanici e Commercio – prevedono che al dipendente, per il mancato godimento della festività del 4 novembre, debba essere corrisposto il trattamento economico previsto per le festività coincidenti con la domenica.

Trattamento economico

L'art. 5, L. 27 maggio 1949, n. 260 e gli articoli 2 e 3, L. 31 marzo 1954, n. 90 stabiliscono quale sia il trattamento economico da riconoscere ai dipendente durante i giorni festivi.

L'art. 2, L. 31 marzo 1954, n. 90 stabilisce, inoltre, che il trattamento economico per le festività infrasettimanali spetti al lavoratore anche se quest'ultimo risulti assente per:

  1. infortunio, malattia, gravidanza, puerperio e periodi di assenza facoltativa seguente al puerperio, congedo matrimoniale, ferie, permessi e assenza per giustificati motivi;
  2. riduzione dell'orario normale giornaliero o settimanale di lavoro;
  3. sospensione dal lavoro, a qualunque causa dovuta, indipendentemente dalla volontà del lavoratore;
  4. sospensione dal lavoro dovuta a riposo compensativo di lavoro domenicale;
  5. sospensione dal lavoro dovuta a coincidenza della festività con la domenica od altro giorno festivo considerato tale dai contratti collettivi, compresa la celebrazione del Santo Patrono della località ove si svolge il lavoro.

Il legislatore prevede un diverso trattamento economico dei giorni festivi per i lavoratori retribuiti a ore e per quelli retribuiti in misura fissa:

  • per i lavoratori retribuiti a ore bisogna distinguere: (i) se la prestazione di lavoro non viene resa, i lavoratori avranno diritto alla normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, ragguagliata ad 1/6 dell'orario settimanale contrattuale o, in mancanza, legale (il trattamento economico, tuttavia, non è dovuto nel caso in cui la festività cada in un periodo di sospensione del lavoro per un arco temporale superiore a due settimane); (ii) se la prestazione di lavoro viene resa, è dovuta, oltre alla normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate, con la maggiorazione prevista per il lavoro festivo;
  • i lavoratori retribuiti in misura fissa che prestino la loro attività durante un giorno festivo hanno diritto, oltre alla normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, alla retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate, con la maggiorazione per il lavoro festivo. Se la festività coincide con la domenica, i lavoratori avranno diritto al pagamento di un'ulteriore retribuzione corrispondente ad un'aliquota giornaliera, oltre alla retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio. La ratio di quest'ultima previsione normativa è da individuarsi nella circostanza per cui, se le festività non coincidessero con la domenica, il dipendente fruirebbe di un giorno in più di riposo.

In evidenza: Giurisprudenza di legittimità

In tema di compenso per le festività infrasettimanali, ai sensi dell'art. 5, comma 3, ultima parte, Legge n. 260/1949, come modificato dalla Legge n. 90/1954, il compenso aggiuntivo ivi previsto per il caso in cui le festività nazionali coincidano con la domenica, spetta al lavoratore retribuito in misura fissa che, in tali giorni, riposi; tale compenso trova giustificazione nel fatto che, ove le suddette festività non coincidessero con la domenica, il dipendente fruirebbe di un giorno in più di riposo (Cass., sez. lav., 31 marzo 2015, n. 6541).

Ciò che il lavoratore percepisce a titolo di compenso per festività coincidente con la domenica ha pacificamente natura retributiva e, pertanto, tali crediti sono soggetti alla prescrizione quinquennale dei crediti di lavoro (Cass. sez. lav., 22 luglio 2009, n. 17114; Tribunale di Milano 6 maggio 2015).

Salvo diversa previsione contrattuale collettiva, non può considerarsi festivo il sabato. Pertanto, nell'ipotesi in cui l'orario di lavoro sia distribuito su cinque giorni alla settimana, la festività che cade nel giorno di sabato non lavorativo non comporta il diritto del prestatore di lavoro al trattamento economico previsto dalla legge in caso di festività coincidente con la domenica.

Tale conclusione è avallata dal Ministero del Lavoro, il quale ha evidenziato che, se l'orario di lavoro è distribuito normalmente su 5 giorni alla settimana, il sabato è semplicemente un giorno non lavorativo e non festivo.

In evidenza: Ministero del Lavoro

Salvo diversa ed espressa previsione contrattuale, il diritto alla quota di retribuzione aggiuntiva riconosciuto ai lavoratori retribuiti in misura fissa in caso di coincidenza di una festività con la domenica, non spetta in caso di coincidenza della stessa con il sabato non lavorativo. Ciò in quanto, allorché il normale orario di lavoro sia concentrato nell'arco di cinque giorni settimanali, il sesto giorno deve qualificarsi semplicemente, agli effetti di tutti gli istituti contrattuali, come non lavorativo, feriale a zero ore, e non anche festivo (Ministero del Lavoro, Interpello 20 febbraio 2006, n. 25).

L'art. 1, comma 224, L. 23 dicembre 2005, n. 266 stabilisce che la disposizione normativa in materia di retribuzione delle festività civili nazionali ricadenti di domenica (ossia, art. 5, comma 3, L. 260/1949) non trova applicazione ai rapporti di lavoro del pubblico impiego privatizzato dopo la stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994/1997, con la sola eccezione dei giudicati già formatisi alla data di entrata in vigore della norma medesima.

Sul punto, è stata sollevata questione di legittimità costituzionale con specifico riferimento alla portata retroattiva della norma per violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 6 della Convezione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).

La Corte Costituzionale ha evidenziato che la norma de qua si pone in linea con la ratio del legislatore, il quale, con la riforma della privatizzazione del pubblico impiego, ha inteso rimettere alla contrattazione collettiva l'intera definizione del trattamento economico, eliminando progressivamente tutte le voci extra ordinem.

In questo senso, l'art. 1, comma 224, L. n. 266/2005, laddove chiarisce che il trattamento retributivo per le festività civili coincidenti con la domenica non spetta ai dipendenti della Pubblica Amministrazione a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994/1997, è norma di interpretazione autentica.

In quest'ottica, conclude il Giudice delle Leggi, non è irragionevole la retroattività della disposizione normativa, risultando la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 224, L. n. 226/2005 infondata nei termini in cui è stata posta.

In evidenza: la pronuncia della Corte Costituzionale

L'art. 1, comma 224, Legge n. 266/2005, nell'annoverare tra le disposizioni riconosciute inapplicabili dall'art. 69, comma 1, secondo periodo, D.Lgs. n. 165/2001, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994/1997, l'art. 5, terzo comma, Legge n. 260/1949, in base al quale è riconosciuto il diritto ad una ulteriore retribuzione del caso in cui le festività ricorrano di domenica, si pone in armonia con l'obiettivo di riconoscere alla sola fonte contrattuale il compito di definire il trattamento retributivo, eliminando tutte le voci extra ordinem.

Risulta, pertanto, evidente che la norma censurata si limita ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario, cosicché la portata retroattiva della medesima non si rivela irragionevole, né si pone in contrasto con altri interessi costituzionalmente protetti (Corte Costituzionale, 26 maggio 2015, n. 150).

Riferimenti

Normativi

  • Art. 1, comma 224, L. 23 dicembre 2005, n. 266
  • Art. 9, D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66
  • Art. 1, L. 20 novembre 2000, n. 336
  • Art. 1, DPR 28 dicembre 1985, n. 792
  • Art. 1, L. 5 marzo 1977, n. 54
  • L. 31 marzo 1954, n. 90
  • Articolo unico, L. 23 aprile 1952, n. 520
  • Legge 27 maggio 1949, n. 260

Prassi

  • Ministero del Lavoro, Nota 3 giugno 2011, n. 9044
  • Ministero del Lavoro, Interpello 10 luglio 2009, n. 60
  • Ministero del Lavoro, Interpello 20 febbraio 2006, n. 25

Giurisprudenza

Per i recenti orientamenti sul tema, v. Trib. Salerno, 7 marzo 2024, n. 472

  • Corte Costituzionale, 26 maggio 2015, n. 150
  • Cass. sez. lav., 19 ottobre 2016, n. 21209
  • Cass., sez. lav., 7 agosto 2015, n. 16592
  • Cass., sez. lav., 31 marzo 2015, n. 6541
  • Cass. sez. lav., 8 agosto 2005, n. 16634
  • Cass., sez. lav., 4 marzo 2004, n. 4435
  • Cass. sez. lav., 23 settembre 1986, n. 5712
  • Trib. Rovereto, sez. lav., 8 marzo 2016, n. 10