Separazione consensuale

Caterina Costabile
20 Febbraio 2023

La separazione consensuale è il risultato di un accordo che i coniugi pongono in essere in esplicazione della loro capacità di agire e dell'autonomia privata di cui dispongono (art. 1322 c.c.)
Inquadramento

* aggiornamento della Bussola a cura di Caterina Costabile

La separazione consensuale è il risultato di un accordo che i coniugi pongono in essere in esplicazione della loro capacità di agire e dell'autonomia privata di cui dispongono (art. 1322 c.c.). Il rapporto su cui incide è caratterizzato da diritti indisponibili e regolato da norme inderogabili, e diviene efficace solo dopo verifica giudiziaria che l'intesa fra i coniugi non contrasti con dette norme. A questi fini è prescritta l'omologazione, diretta a conferire efficacia all'accordo tra i coniugi coniugi (v. Cass. civ., sez. I, 15 dicembre 2020, n. 28649).

L'accordo dei coniugi, omologato dal giudice (art. 158 c.c.; art. 711 c.p.c.) si distingue dalla separazione giudiziale perché l'intero procedimento si svolge nelle forme della volontaria giurisdizione, in virtù del presupposto dell'assenza di conflitto di interessi.

Il nuovo art. 473-bis.51 c.p.c. – applicabile ai procedimenti iscritti successivamente al 28.2.2023 – ha introdotto un nuovo rito unitario per i procedimenti in materia di famiglia su domanda congiunta, applicabile, dunque, anche alla separazione consensuale.

Il ricorso

Il procedimento consensuale è promosso con ricorso al tribunale in composizione collegiale (art. 473-bis.51 c.p.c.).

Per quanto attiene i requisiti del ricorso, che dovrà essere personalmente sottoscritto anche dalle parti, viene richiamato il disposto dell'art. 473-bis.12 c.p.c.: dovranno, dunque, essere indicati i dati delle parti nonché dei figli comuni se minorenni, maggiorenni economicamente non autosufficienti o portatori di handicap grave. Non dovrà, invece, essere allegata la documentazione economica prevista per il procedimento contenzioso, che viene sostituita dalle indicazioni delle parti circa le rispettive disponibilità reddituali e patrimoniali degli ultimi tre anni e degli oneri a loro carico (art. 473-bis.51, comma 2, c.p.c.): trattasi di indicazione indispensabile sia per permettere al giudice di effettuare le doverose verifiche, sia per valutare l'eventuale fondatezza di successive richieste di modifica delle condizioni in precedenza concordate.

In ossequio a quanto previsto dalla giurisprudenza dominante (Cass. civ., sez. I, 11 agosto 2022, n. 24687; Cass. civ., sez. un., 29 luglio 2021, n. 21761), viene ribadito che le parti con il ricorso congiunto possono regolamentare in tutto in parte i loro rapporti patrimoniali, nel rispetto dell'autonomia negoziale.

L'indicazione delle condizioni in ricorso non è vincolante per i coniugi che possono sempre modificarle sino al giorno della udienza nel cui verbale deve essere contenuta la versione definitiva delle condizioni concordate che le parti intendono sottoporre al Tribunale per l'omologa.

Capacità e legittimazione

La legittimazione ad agire spetta esclusivamente ai coniugi, separatamente o congiuntamente (art. 150 comma 3 c.c.).

Il minore può presentare il ricorso senza l'assistenza del curatore, perché è di diritto emancipato con il matrimonio (art. 390 c.c.), tanto più che la separazione consensuale non ha nemmeno natura contenziosa. La presenza del curatore speciale del coniuge minore è, però, necessaria per la partecipazione all'accordo sulle disposizioni di carattere patrimoniale che eccedono l'ordinaria amministrazione, perché il curatore del coniuge minore è l'altro coniuge (art. 392 c.c.), che è in posizione di conflitto di interessi (art. 394 c.c. e art. 320 c.c.).

L'interdetto è rappresentato dal tutore anche nei giudizi di separazione, sia per la legittimazione passiva che attiva, giacché il rappresentante legale si identifica nel soggetto incapace anche ai fini e per gli effetti previsti dall'art. 150 c.c..

All'uopo la S.C. ha ritenuto che sussiste la legittimazione attiva dell'interdetto infermo di mente, tramite il proprio rappresentante legale, a promuovere il giudizio di separazione personale, in applicazione analogica di quanto stabilito dal legislatore - con riferimento al divorzio - dall'art. 4, comma 5, d.lgs. 898/1970, che espressamente disciplina la sola ipotesi in cui l'incapace abbia il ruolo di convenuto. Trattasi di opzione ermeneutica costituzionalmente orientata, volta ad evitare che l'interdetto sia privato in fatto di un diritto personalissimo di particolare rilievo, che la legge attribuisce ad entrambi i coniugi senza disparità di trattamento, nei casi previsti, ed il cui esercizio può rendersi necessario per assicurare l'adeguata protezione del soggetto incapace (v. Cass. civ., sez. I, 06 giugno 2018, n. 14669).

I giudici di legittimità hanno, altresì, evidenziato che la designazione di un curatore speciale è necessaria solo nel caso di conflitto di interessi tra il tutore ed il rappresentato, ovvero nella ipotesi in cui il tutore sia il coniuge dell'interdetto, non evincendosi dal sistema una generale e tassativa preclusione al compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte del rappresentante legale dell'incapace (v. Cass. civ., sez. I, 06 giugno 2018, n. 14669).

L'interdizione legale (art. 32 c.p.) lascia intatta la legittimazione del condannato a chiedere la separazione.

I riferimenti normativi per la nomina del curatore speciale sono stati ritenuti applicabili per analogia anche al beneficiario di amministrazione di sostegno (v. Trib. Pinerolo 13 dicembre 2005, in www.personaedanno.it), il quale può anche essere in grado di orientarsi lucidamente nel decidere di presentare istanza di separazione personale (v. Trib. Roma 13 aprile 2007 in www.personaedanno.it; Trib. Milano 7 maggio 2014 in Foro it. 2014, 9, 2429; Trib. Bari 7 ottobre 2015, Redazione Giuffrè 2015), considerato che per quanto riguarda i diritti personalissimi la nomina non è necessaria (Trib. Cagliari 15 giugno 2010, Redazione Giuffrè 2010). Può essere nominato curatore speciale lo stesso amministratore di sostegno (v. Trib. Modena 12 febbraio 2007, www.giurisprudenzamodenese.it). In presenza di prole occorre che il conferimento di poteri all'amministratore di sostegno da parte del giudice tutelare preveda espressamente un regime di contribuzione e di frequentazione compatibili con le condizioni, personali ed economiche, del beneficiario, anche se mediante ricorso a formule generali, per il necessario margine di trattativa sulle condizioni del ricorso congiunto. Si è ritenuta sufficiente la specificazione, nel decreto, che la frequentazione avvenga «regolarmente e non in modo episodico» (v. Trib. Modena 29 marzo 2007, www.giurisprudenzamodenese.it.).

Non è prevista necessità di autorizzazione per resistere in giudizio come convenuto, ma solo per promuovere il giudizio. L'autorizzazione a resistere non occorre anche se il giudizio richiede il compimento di atti di straordinaria amministrazione che, fuori dal processo, il tutore non potrebbe compiere senza l'autorizzazione del giudice tutelare.

Competenza

Prima della riforma, in assenza di disposizioni espresse, si riteneva che la competenza territoriale per la separazione consensuale spettasse al Tribunale dell'ultima residenza comune dei coniugi.

Il legislatore della riforma ha, invece, individuato il Tribunale territorialmente compete in quello della residenza o di domicilio dell'una o dell'altra parte (v. art. 473-bis.51 c.p.c., art. 3 Regolamento CE 25 giugno 2019 n. 1111), ponendosi in consonanza anche con il criterio generale dell'art. 473-bis.11 c.p.c. (che prevede la competenza del tribunale del luogo in cui il minore ha la residenza abituale) in ragione del fatto che i figli minori della coppia risiederanno o avranno domicilio presso l'una o l'altra parte (comma 1).

Invero, in presenza di minori collocati fuori dalla famiglia di origine il procedimento congiunto non potrà riguardare i provvedimenti a tutela dei figli, che dovranno essere richiesti al tribunale ordinario o al tribunale per i minorenni con altro e diverso procedimento.

Il procedimento

A seguito del deposito del ricorso, il presidente fissa l'udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice relatore e dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero, il quale esprime il proprio parere entro tre giorni prima della data dell'udienza.

Se uno dei coniugi non compare alla udienza, l'istanza si reputa abbandonata, salvo che prima dell'udienza di comparizione sia stato chiesto al giudice delegato di fissarne una nuova per impedimento temporaneo delle parti a comparire.

Il ricorso abbandonato si estingue immediatamente.

Se compaiono entrambi i coniugi, il giudice procede al tentativo di conciliazione, con le modalità previste per la separazione giudiziale: se la conciliazione riesce, il procedimento si estingue.

Nella separazione consensuale il procedimento si riduce, dunque, al solo tentativo di conciliazione fra i coniugi: all'udienza il giudice relatore, sentite le parti e preso atto della loro volontà di non riconciliarsi, rimette la causa in decisione.

Il giudice può sempre chiedere i chiarimenti necessari e invitare le parti a depositare la documentazione di cui all'art. 473-bis.12, terzo comma, c.p.c. (le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; la documentazione attestante la titolarità di diritti reali su beni immobili e beni mobili registrati, nonché di quote sociali; gli estratti conto dei rapporti bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni).

Il collegio provvede con sentenza con la quale omologa gli accordi intervenuti tra le parti.

Rispetto al modello processuale attuale di cui al previgente art. 711 c.p.c. (che si concludeva con il decreto di omologa) il legislatore della novella ha preferito optare, per ragioni di coerenza sistematica, per l'adozione della forma della sentenza.

Il quarto commadell'art. 473-bis.51 c.p.c. prevede che il tribunale, ove ritenga gli accordi dei genitori in contrasto con l'interesse dei figli, può convocare le parti indicando le modificazioni da adottare e, in caso di inidonea soluzione, provvederà a rigettare la domanda che potrà essere successivamente ripropostarigetta allo stato la domanda»).

In questa fase la funzione del giudice relatore non si limita a una mera presa d'atto delle volontà dei coniugi, dovendo invece operare per favorire l'accordo dei coniugi ed indirizzarli, anche con suggerimenti specifici, nella stesura di clausole che, oltre a trovare il consenso dei coniugi, facilitino la formulazione di condizioni che rendano prevedibile l'omologazione da parte del collegio; senza tuttavia sostituirsi ai coniugi nel determinare direttamente il contenuto degli accordi e il tenore delle condizioni.

La fonte della separazione resta il consenso dei coniugi; l'omologazione svolge funzione di controllo della volontà delle parti, costituendone condizione legale d'efficacia (v. Cass. civ., sez. I, 9 aprile 2008 n. 9174; Cass. civ., sez. II, 23 settembre 2013, n. 21736; Cass. civ., sez. I, 20 agosto 2014, n. 18066; Cass. civ., sez. I, 15 dicembre 2020, n. 28649).

I trasferimenti immobiliari

Le S.U., risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno ritenuto che le clausole dell'accordo di separazione consensuale (o di divorzio a domanda congiunta) che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni - mobili o immobili - o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c.e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione (o la sentenza di divorzio), valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., purché risulti l'attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all'art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, come introdotto dall'art. 19, comma 14, del d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. dalla l. n. 122/2010, restando invece irrilevante l'ulteriore verifica circa gli intestatari catastali dei beni e la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari (Cass. civ., S.U., 29 luglio 2021, n. 21761).

La successiva giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, chiarito che gli effetti traslativi immobiliari, oggetto di accordo tra i coniugi in sede di separazione o divorzio, non derivano dalla sentenza che, per tale parte, ha effetti dichiarativi e non costitutivi. Gli accordi patrimoniali costituiscono manifestazione di autonomia contrattuale privata, frutto della libera determinazione delle parti anche dopo la sentenza e come tali vivono nel mondo del diritto in ragione e nei limiti di tale loro natura: pertanto, rimangono soggetti anche agli ordinari rimedi impugnatori negoziali a tutela delle parti stesse del contratto e dei terzi (Cass. civ., sez. III, 12 maggio 2022, n. 15169).

La revoca del consenso

In dottrina si ritiene che fino all'udienza il consenso manifestato nel ricorso sia liberamente revocabile dal coniuge, sia in parte che per intero. In giurisprudenza è, invece discusso, se il coniuge che pure abbia sottoscritto il ricorso per separazione consensuale possa revocare il proprio consenso.

Secondo la maggior parte della giurisprudenza ciò è possibile sino all'udienza.

È invece controverso se la revoca possa essere validamente compiuta anche dopo la comparizione dinanzi al giudice relatore (in precedenza dinanzi al Presidente).

Secondo un primo orientamento, successivamente al momento in cui si dà atto nel verbale, a seguito del fallimento del tentativo di conciliazione, delle condizioni della separazione in conformità agli accordi delle parti, non è più possibile che una di esse revochi il consenso prestato. Per altri, invece, l'accordo alla separazione consensuale potrebbe essere unilateralmente revocato prima del provvedimento di omologazione, in quanto soltanto a seguito di una tale pronuncia lo stesso acquista validità ed efficacia giuridica.

Orientamenti a confronto

Revocabilità del consenso alla separazione

Revoca del consenso possibile fino a che non sia stata pronunciata l'omologazione prima della quale l'accordo raggiunto dai coniugi non ha ancora efficacia giuridica, essendo solo il presupposto del provvedimento di omologazione

App. Roma 26 settembre 1988, Temi romana 1988,

392; Trib. Napoli 2 febbraio 2001, Giur. napoletana 2001, 147; Trib. S. Maria Capua Vetere 3 ottobre 1995, Famiglia e diritto 1996, 336; App. Bari 30 agosto 1993, Foro it. 1994, I, 589; Trib. Milano 11 luglio 1991, Dir. famiglia 1991; Trib. Napoli 13 marzo 1989, Dir. famiglia 1990, 135, 500

Natura non tipicamente contrattuale dell'accordo dei coniugi, in quanto regolamenta sia diritti sottratti alla libera disponibilità delle parti, sia diritti disponibili ma afferenti questioni connesse al regime della separazione, con conseguente revocabilità unilaterale prima del provvedimento di omologazione; la volontà dei coniugi costituisce solo il presupposto del provvedimento di omologazione che ha natura costitutiva provvedimento di omologazione che ha natura costitutiva

App. Brescia 18 maggio 2000, Arch. civ. 2002, 204; App. Napoli 29 gennaio 1996, Gius. 1996, 1026; Trib. Milano 11 luglio 1991, Dir. famiglia 1991, 1056; App. Reggio Calabria 2 marzo 2006, Giur. merito 2007, I, 80

Revoca unilaterale del consenso esclusa: omologazione come mera condizione di efficacia dell'accordo, di per sé già integrante un negozio giuridico perfetto ed autonomo

Trib. Milano, sez. IX, 27 marzo 2013, Giur. merito

2013, 7-8, 1557; Trib. Napoli 16 dicembre 1999, Giur.

napoletana 2000, 69

Se si ritiene che gli accordi raggiunti dai coniugi non siano revocabili unilateralmente, la domanda congiunta va omologata anche quando uno dei ricorrenti abbia revocato il consenso prestato nel ricorso (v. Trib. Bari 3 marzo 1993; Foro it. 1993, I, 1274; Trib. Bari 22 gennaio 1994, Foro it. 1994, I, 2913); se non si ritiene possibile la revoca unilaterale, l'omologazione è illegittima (v. App. Bari 30 agosto 1993, Foro it. 1994, I, 589).

In base all'art. 191 c.c. (v. l. n. 55/2015, sul c.d. divorzio breve) la sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al giudice delegato provoca l'immediato scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi, purché sia intervenuta l'omologa.

La sostituzione dell'udienza con lo scambio di note scritte

L'art. 473-bis.51, comma 2, c.p.c. prevede che se le parti intendono avvalersi della facoltà di sostituire l'udienza con il deposito di note scritte (art. 127-ter c.p.c.), devono farne richiesta nel ricorso, dichiarando di non volersi riconciliare e depositando i documenti di cui all'articolo 473-bis.13, terzo comma (eventuali provvedimenti relativi al minore emessi dall'autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità).

Non pare possa escludersi che, anche in assenza di richiesta delle parti, la sostituzione della udienza con il deposito di note scritte possa essere disposta dal giudice con invito alle parti di depositare una dichiarazione scritta di non volersi riconciliare unitamente alle note di udienza, fermo restando in tal caso la loro facoltà di opporsi nei cinque giorni chiedendo la fissazione della udienza in presenza.

L'omologa

La separazione consensuale “acquista efficacia” con l'omologazione del tribunale in composizione collegiale che con il nuovo rito unitario avviene mediante sentenza. Rispetto al modello processuale attuale di cui all'art. 711 c.p.c., che prevedeva il decreto di omologa, il legislatore della novella ha infatti preferito optare, per ragioni di coerenza sistematica, per l'adozione della forma della sentenza.

Il giudizio di omologa ha ad oggetto esclusivamente la verifica della compatibilità dell'assetto prospettato dai coniugi con gli interessi dell'intero nucleo familiare, e in particolare della prole minorenne; non, invece, del singolo coniuge. Il collegio svolge un controllo di legittimità e, in parte, di merito sull'accordo dei coniugi e sulle condizioni, privo di contenuto decisorio, perché incide, ma non decide, su diritti soggettivi perfetti (v. Cass. civ., sez. I, 24 agosto 1990 n. 8712, Giust. civ., 1990, I, 2826; Cass. civ., sez. I, 8 marzo 2001, n. 3390

; Cass. civ., sez. I, 30 aprile 2008, n. 10932), volto ad accertare la libertà e la regolarità nella formazione del consenso, la compatibilità delle singole pattuizioni con le norme inderogabili in materia di famiglia ed anche il regolare svolgimento della fase presidenziale.

Al collegio è anche affidato un controllo parziale di merito sulle condizioni: quando l'accordo dei coniugi su affidamento e mantenimento dei figli è in contrasto con il loro interesse, il tribunale prevede che il tribunale, ove ritenga gli accordi dei genitori in contrasto con l'interesse dei figli, può convocare le parti indicando le modificazioni da adottare (art. 473-bis.51, comma 4, c.p.c.) e, in caso di inidonea soluzione, provvederà a rigettare la domanda che potrà essere successivamente ripropostarigetta allo stato la domanda»).

Nell'articolazione delle condizioni concordate, l'unico limite invalicabile è quello dei diritti indisponibili (v. Cass. civ., sez. I, 20 agosto 2014, n. 18066).

Le clausole della separazione consensuale omologata in tema di mantenimento hanno natura di titolo giudiziale ai fini dell'iscrizione dell'ipoteca a norma dell'art. 473-bis.36 c.p.c. ed ai fini del sequestro dei beni dell'obbligato (art. 473-bis.36 c.p.c.) e del pagamento diretto del terzo (art. 473-bis.37 c.p.c.), anche a seguito di rideterminazione per effetto della procedura di modifica delle condizioni di separazione.

La sentenza di omologa va annotata nell'atto di matrimonio (art. 69 d.P.R. n. 396/2000).

L'efficacia degli accordi si limita alla fase di separazione personale, e non si estende a quella del divorzio: in particolare le intese patrimoniali contenute negli accordi stabiliti in sede di separazione non vincolano i coniugi per il successivo divorzio, il cui regime è indipendente dalle statuizioni operanti in vigenza di separazione (v. Cass. civ., sez. I, 28 gennaio 2008, n. 1758; Cass. civ., sez. I, 21 febbraio 2008, n. 4424; Cass. civ., sez. I, 11 novembre 2009, n. 23908; App. Roma, 22 giugno 2011, n. 2784, Guida al diritto 2011, 36, 76; Cass. civ., sez. I, 10 febbraio 2014, n. 2948).

L'accordo di separazione che preveda l'impegno a divorziare a determinate condizioni con definizione irretrattabile (cosiddetta “tombale”) dei diritti delle parti incorre in nullità per illiceità della causa (v. Cass. civ., sez. VI, 28 giugno 2022, n. 20745; Cass. civ., sez. I, 30 gennaio 2017, n. 2224; Cass. civ., sez. I, 11 novembre 2009, n. 23908; Cass. civ., sez. I, 10 marzo 2006, n. 5302).

Impugnazioni

Avendo il legislatore della riforma optato per la forma della sentenza, avverso l'omologa del Tribunale dovrà proporsi appello secondo le norme del nuovo rito persone, minorenni e famiglie.

In particolare, con il d.lgs. n. 149/2022 è stato delineato un modello processuale che, seppur strutturato secondo regole di tipo contenzioso con richiami espressi alle norme dell'appello ordinario, mantenendo la collegialità della trattazione e della decisione, ha tuttavia mutuato, per un verso, dall'esperienza del rito camerale la snellezza ed elasticità e, per altro verso, dal processo di primo grado i poteri officiosi del giudice in tutti i casi in cui si debbano tutelare gli interessi dei minori.

L'articolo 473-bis.30 c.p.c. contiene, attraverso il richiamo all'articolo 342 c.p.c., la scelta di modulare gli oneri di forma del ricorso ai requisiti di ammissibilità prescritti per l'appello ordinario, nella formulazione risultante all'esito della novella.

La scelta della forma del ricorso comporta che la proposizione dell'appello si perfeziona con il deposito del ricorso in cancelleria, nel termine perentorio di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., costituendo, per converso, la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza un momento meramente esterno e successivo alla fattispecie processuale introduttiva del giudizio di impugnazione, funzionale soltanto all'instaurazione del contraddittorio.

Secondo la previgente disciplina, il decreto di omologazione del tribunale, sia di accoglimento che di rigetto, era suscettibile di reclamo (art. 739 c.p.c.) davanti alla corte d'appello (v. Cass. civ., sez. I, 8 marzo 2001, n. 3390; Cass. civ., sez. I, 30 aprile 2008, n. 10932; Cass. civ., sez. I, 22 novembre 2013, n. 26202). Non occorrendo la notifica del provvedimento ai sensi dell'art. 739 comma 2 c.p.c., il reclamo doveva essere proposto nei 10 giorni dalla comunicazione del provvedimento o dalla eventuale notificazione eseguita ad istanza di parte (v. Cass. civ., sez. I, 30 luglio 1997, n. 7118).

Vizi del consenso e simulazione

Sia in dottrina (Montesano L., Arieta G., Diritto processuale civile, Torino 2000, IV, 389; Danovi F., R. dir. Proc. Civ. 2001, 293) che in giurisprudenza si ammette la configurabilità della simulazione degli accordi di omologa, in quanto negozio di diritto familiare, soggetto alla disciplina generale del negozio giuridico; in giurisprudenza, oltre alla revoca, si ammette la deducibilità dei vizi del consenso (v. Cass. civ., sez. I, 22 novembre 2013, n. 26202).

In particolare, per quanto attiene alla simulazione, la S.C. ha ritenuto che gli accordi patrimoniali conclusi tra coniugi in occasione della separazione consensuale, con i quali si costituiscano, modifichino o estinguano rapporti non direttamente collegati al matrimonio, per quanto trasfusi nel verbale di separazione omologato, sono impugnabili per simulazione (v. Cass. civ., sez. III, 30 agosto 2019, n. 21839).

Di contro, l'accordo di separazione dei coniugi omologato non è impugnabile per simulazione poiché l'iniziativa processuale diretta ad acquisire l'omologazione, e quindi la condizione formale di coniugi separati, è volta ad assicurare efficacia alla separazione, così da superare il precedente accordo simulatorio, rispetto al quale si pone in antitesi dato che è logicamente insostenibile che i coniugi possano "disvolere" con detto accordo la condizione di separati ed al tempo stesso "volere" l'emissione di un provvedimento giudiziale destinato ad attribuire determinati effetti giuridici a tale condizione (v. Cass. civ., sez. I, 12 settembre 2014, n. 19319).

Anche recentemente i giudici di legittimità hanno rimarcato che la separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale, relativo allo status di separato, ed un contenuto eventuale, costituito da accordi patrimoniali del tutto autonomi che i coniugi concludono in relazione all'instaurazione di un regime di vita separata e che possono prevedere anche l'assegnazione di immobili: mentre, dunque, il contenuto essenziale dell'accordo di separazione non può essere oggetto di azione di simulazione assoluta, il negozio patrimoniale di attribuzione immobiliare, contenuto nelle condizioni di separazione consensuale omologate, stante la sua autonomia, può essere aggredito dai terzi creditori del simulato alienante con l'azione di simulazione assoluta (Cass. civ., sez. I, 11 agosto 2022, n. 24687).

Sul piano processuale, vizi della volontà e simulazione possono essere fatti valere esclusivamente mediante giudizio ordinario, e resta esclusa la possibilità di dedurli nel giudizio di modifica delle condizioni (v. Cass. civ., sez. I, 17/06/2009, n. 14093; Cass. civ., sez. I, 20 marzo 2008, n. 7450), in quanto in questo caso manca un presupposto essenziale del procedimento di modifica, non essendovi alcuna sopravvenienza di fatti nuovi (v. Cass. civ., sez. I, 22 novembre 2007, n. 24321, Giust. civ. 2008, 5, 1198; Cass. civ., sez. I, 20 marzo 2008, n. 7450).

È possibile la modifica della separazione consensuale omologata (si veda Bussola: modifica delle condizioni della separazione e del divorzio),

Gli accordi di separazione, ove lesivi, in concreto, dell'interesse dei creditori all'integrità della garanzia patrimoniale del coniuge disponente, sono suscettibili di azione revocatoria (v. Cass. civ. sez. I, 12 aprile 2006, n. 8516).

In particolare, l'atto con il quale un coniuge, in esecuzione degli accordi intervenuti in sede di separazione consensuale, trasferisca all'altro il diritto di proprietà (ovvero costituisca diritti reali minori) su un immobile è suscettibile di azione revocatoria ordinaria (Cass. Civ., sez. III, 15 aprile 2019, n. 10443) e fallimentare (Cass. civ., sez. I, 21 maggio 2021, n. 14049), non trovando tale azione ostacolo né nell'avvenuta omologazione dell'accordo suddetto - cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione -, né nella circostanza che l'atto sia stato posto in essere in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di contribuzione al mantenimento dei figli, venendo nella specie in contestazione non già la sussistenza dell'obbligo in sé, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti.

Accordi non compresi nell'omologa

I coniugi possono, inoltre, stipulare altri accordi, precedenti o coevi, che non vengono tradotti nel decreto di omologazione ma ne rimangono esterni; anch'essi sono validi ed efficaci (Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2006, n. 8516), trovando legittimo fondamento nel disposto dell'art. 1322 c.c. come contratti atipici, a condizione che non superino il limite di derogabilità consentito dall'art. 160 c.c. e solo se assicurino una maggiore vantaggiosità all'interesse protetto dalla norma.

In giurisprudenza si sono consolidati il criterio della non interferenza con il dettato dell'art. 160 c.c. ed il principio dell'ammissibilità delle modifiche pattizie che non interferiscano con l'accordo omologato ma ne specifichino il contenuto, con disposizioni maggiormente rispondenti agli interessi ivi tutelati. Cioè, in sostanza, deve trattarsi di accordi inerenti esclusivamente le statuizioni patrimoniali, e di contenuto migliorativo delle altre statuizioni (v. Cass. civ., sez. I, 20 ottobre 2005, n. 20290; Cass. civ., sez. I, 8 novembre 2006, n. 23801; Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2007, n. 22329; Cass. civ., sez. II, 23 settembre 2013, n. 21736).

È ragionevole ritenere che gli stessi criteri valgano anche per la valutazione da parte del pubblico ministero sugli accordi di negoziazione assistita.

Diverso è il caso delle intese raggiunte durante un giudizio contenzioso di separazione, rassegnando le stesse conclusioni o trasformandolo in consensuale, le quali esauriscono il contenuto degli accordi, sono espressione dell'autonomia negoziale delle parti, e sono valide ed efficaci al pari degli accordi da sottoporre ad omologa (v. Cass. civ., sez. I, 20 agosto 2014, n. 18066).

Negoziazione assistita e separazione davanti all'ufficiale di stato civile

La separazione consensuale è possibile anche nelle forme della negoziazione assistita (art. 6, comma 1, d.l. n. 132/2014), con l'intervento di almeno un avvocato per parte, (si veda Bussola: negoziazione assistita), e anche con accordo di separazione innanzi al sindaco, quale ufficiale di stato civile, del Comune di residenza di uno dei richiedenti o del Comune nel quale è iscritto o trascritto l'atto di matrimonio (art. 12, comma 1, d.l. n. 132/2014). In questo caso l'assistenza di un avvocato è facoltativa e l'accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale, disposizione che va riferita ai trasferimenti di diritti reali, ma non preclude la previsione di obblighi di pagamento, come l'assegno periodico di mantenimento (v. Circ. Ministero dell'Interno 24 aprile 2015, n. 6) e a tutti i patti che non producono effetti traslativi. Il procedimento prevede che i coniugi si presentino davanti al Sindaco (o ad un suo delegato) per rendere la dichiarazione che vogliono separarsi secondo condizioni tra di essi concordate. Una dichiarazione che, per consentire il c.d. ripensamento, deve essere confermata in una seconda comparizione davanti all'ufficiale di stato civile dopo un tempo non inferiore a 30 giorni, questa volta anche non contestualmente la mancata comparizione equivale a mancata conferma dell'accordo. Per figli si intendono i figli comuni dei richiedenti (v. Circ. Ministero dell'Interno 24 aprile 2015 n. 6).

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