La transazione fiscale: le ultime novità
26 Ottobre 2023
Premessa L'evoluzione normativa della transazione fiscale (rectius del "trattamento" dei crediti tributari e previdenziali cui ha fatto seguito la prassi ministeriale: circ. Agenzia Entrate 29 dicembre 2020) ne conferma la natura di modello di accordo dispositivo consensuale attraverso una profonda rivisitazione del cd. dogma dell'indisponibilità dell'obbligazione tributaria. L'amministrazione finanziaria, pertanto, dispone di una discrezionalità vincolata al maggior soddisfacimento e alla convenienza tra i due termini di comparazione, ispirata al principio di buon andamento della pubblica amministrazione - anche sotto il profilo dell'equilibrio dei bilanci predicato dall'art. 97 Cost. - da cui deriva, a seconda del contenuto della proposta di transazione e dello stato del contribuente che la formula, non una libertà di scelta, ma l'obbligo dell'Amministrazione finanziaria di respingere tale proposta, quando essa non è conveniente, e di accettarla quando invece lo è (così Cass. Civ., SU, 25 marzo 2021, n. 8504). Nell'istituto della composizione negoziata della crisi continua, invece, a difettare la facoltà per l'impresa debitrice di formulare proprio una proposta di transazione fiscale e contributiva, al pari di quanto avviene nell'ambito di altri strumenti di regolazione della crisi. Manca, dunque, la possibilità di ricorrere ad un istituto che consenta la riduzione o la dilazione di pagamento dei debiti fiscali e previdenziali al fine di attuare il risanamento dell'impresa debitrice, attribuendo, al contempo, all'Amministrazione finanziaria e agli Enti previdenziali la possibilità di recuperare nel modo più efficace i loro crediti. Ciò nonostante il fatto che la crisi di impresa trovi - nella stragrande maggioranza dei casi - la sua genesi nella sussistenza di una rilevante posizione debitoria nei confronti dell'Amministrazione finanziaria e degli Enti previdenziali per inadempimento di debiti fiscali e contributivi, more solito di ingente entità. Adr e transazione fiscale L'art. 63, comma 2-bis, CCI prevede che “Il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui agli articoli 57, comma 1, e 60, comma 1, e, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”. In sede di omologa, pertanto, a prescindere dall'adesione o meno da parte degli enti previdenziali e tributari, quando l'adesione risulta determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali, è possibile avvalersi del cram down fiscale ed imporre così l'adesione coattiva dell'Erario, sempre che venga attestato che il trattamento proposto “è conveniente o non deteriore” rispetto all'alternativa liquidatoria. E ciò secondo la prevalente giurisprudenza edita, sia in caso di mancata risposta che in caso di espresso diniego dell'adesione da parte dell'amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie. Il meccanismo è volto a sterilizzare la mancata adesione da parte dei creditori istituzionali (Agenzie fiscali e INPS) nel caso in cui la mancata approvazione dell'accordo non sia ritenuta conveniente da tali creditori rispetto all'alternativa liquidatoria. Al riguardo, i presupposti del cram down fiscale previsti dal comma 2-bis dell'art. 63 CCI sono due: 1) la convenienza per l'Erario del trattamento proposto rispetto all'alternativa liquidatoria; 2) il carattere determinante della mancanza di adesione da parte dell'Agenzia delle entrate ai fini del raggiungimento delle soglie del 60 o del 30% dell'intera esposizione debitoria, richiesto dagli artt. 57 e 60 del Codice ai fini dell'efficacia dell'accordo di ristrutturazione. Alcuni Tribunali hanno omologato, anche mediante cram down, accordi di ristrutturazione dei debiti costituiti esclusivamente da transazioni fiscali e/o previdenziali, aventi a oggetto crediti corrispondenti a percentuali molto elevate dell'intera esposizione debitoria, di cui è stato inoltre previsto in qualche caso un soddisfacimento assai contenuto, ancorché conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. Ciò perché, quanto all'entità del soddisfacimento, l'art. 63 CCI stabilisce che la transazione può essere approvata dal Tribunale quando è, per l'Erario, più conveniente della liquidazione giudiziale, senza prevedere un soddisfacimento minimo dei crediti tributari. Nella prassi si è così assistito a forme di ‘abuso' dello strumento dell'omologazione forzosa, basato unicamente su una valutazione di convenienza della soluzione proposta rispetto all'alternativa liquidatoria. La l. 10 agosto 2023, n. 103, in sede di conversione del d.l. 13 giugno 2023, n. 69, ha introdotto l'art. 1-bis, con decorrenza dall'entrata in vigore del decreto legge (e, quindi, retroattivamente in relazione a gli accordi di ristrutturazione depositati dal 14 giugno 2023), ha limitato l'omologazione forzosa ai soli casi in cui la proposta di accordo, finalizzata unicamente alla prosecuzione dell'attività di impresa, preveda che l'importo complessivo degli altri creditori aderenti sia pari ad almeno ¼ dell'importo complessivo dei crediti e che i creditori istituzionali siano soddisfatti per almeno il 30% del credito, compresi accessori e sanzioni (art. 1-bis comma 2). L'emendamento e la relazione tecnica giustificano la scelta al fine di apportare modifiche in coerenza degli obiettivi del PNRR e in linea con la c.d. Direttiva insolvency per limitare il ricorso all'omologa degli accordi in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie. Se la prima soglia riguarda il rapporto tra i creditori aderenti all'accordo diversi dai creditori istituzionali (crediti negoziali scaduti e non pagati) e ammontare complessivo dell'esposizione debitoria, che non può essere inferiore al 25% del totale complessivo di debito, la seconda (e più stringente soglia) riguarda, invece, il livello di soddisfacimento che deve essere assicurato alle Agenzie al fine di ritenere ingiustificato il rifiuto all'adesione dell'accordo ai fini dell'omologazione forzosa, che è pari al 30% dell'ammontare complessivo dei crediti, soglia che sale al 40% nel caso in cui la soglia del 25% dei creditori aderenti negoziali non sia rispettata (comma 3). Questa seconda soglia, sebbene tesa a impedire una eccessiva disparità di trattamento tra il soddisfacimento dei crediti erariali e gli altri creditori aderenti, con la previsione di un così elevato livello di soddisfacimento del credito fiscale e contributivo, non appare molto giustificabile perché - ingessando notevolmente la ristrutturazione finanziaria dell'impresa – di fatto finisce per ridurre di molto la possibilità di ristrutturazione delle imprese. Non può escludersi, infatti, che gli Uffici finanziari possano “appiattirsi” sulla norma di legge che prevede soglie di soddisfacimento molto elevate (quali quella del 30%), così negando il proprio assenso a proposte anche peggiorative del 30%. Se, difatti, il legislatore ha previsto che il tribunale possa sostituirsi alle Agenzie fiscali in caso di dissenso a proposte superiori al 30% del debito, è facile credere che i creditori possano prestare l'assenso a proposte di soddisfacimento inferiori a tali soglie e, quindi, peggiorative. In ogni caso, nessuna limitazione può essere imposta in caso di proposte concordatarie, le quali ricadono al di fuori dell'applicazione dell'art. 63 CCI. Ricapitolando, le transazioni fiscali ex art. 63 CCI possono essere omologate dal tribunale solo se: 1) gli accordi di ristrutturazione non abbiano carattere liquidatorio; 2) l'adesione da parte dell'amministrazione finanziaria e degli enti di previdenza o assistenze obbligatorie siano determinanti per raggiungere le percentuali del 60% dei creditori (art. 57 CCI) o del 30% dei creditori se si tratta di accordo di ristrutturazione agevolato (art. 60 CCI); 3) gli altri creditori aderenti vantino almeno il 25% del totale complessivo dei crediti; 4) la proposta di soddisfacimento dell'amministrazione finanziaria o dei predetti enti, tenuto conto delle risultanze della relazione del professionista indipendente, sia conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria e tale circostanza deve essere oggetto di una specifica valutazione da parte del tribunale in sede di omologa; 5) la proposta agli enti titolari del credito tributario, previdenziale o assistenziale preveda il pagamento di almeno il 30% dell'ammontare dei rispettivi crediti, inclusi sanzioni e interessi. Qualora l'ammontare dei creditori aderenti all'accordo di ristrutturazione diversi da fisco e enti previdenziali e assistenziali sia inferiore al 25% del totale complessivo dei crediti da ristrutturare, il pagamento agli enti pubblici deve essere maggiorato del 10%, passando dal 30% al 40% dell'importo dovuto per imposta, contributi, sanzioni e interessi e in questo caso i tempi di pagamento non dovranno eccedere i dieci anni, con obbligo di pagamento degli interessi al tasso legale per la dilazione. Va, da ultimo, menzionata una ulteriore novità introdotta dall'art. 1-bisl. n. 103/2023, che al comma 5 prevede che l'adesione da parte dei creditori istituzionali alla proposta di accordo del debitore intervenga nel termine di 90 giorni dal “deposito” della “proposta di transazione”. Questa norma ha funzione agevolatrice per i contribuenti, in quanto consente il deposito di una proposta di accordo e della relativa domanda di omologa anche se non ancora approvata dalle agenzie fiscali (o dall'INPS) e, quindi, quando le trattative siano in corso con questi creditori. La norma ha risolto un contrasto invalso in giurisprudenza tra la tesi che riteneva inammissibile questa soluzione e quella che lo consentiva, benché previa valutazione in concreto della natura non abusiva del deposito della domanda di omologa. Il legislatore sembra, inoltre, aver avallato la tesi secondo cui la norma di cui all'art. 63, comma 2, CCI è una norma processuale e non solo endoprocedimentale. La natura processuale e non solo endoprocedimentale della norma onera, pertanto, il tribunale - in caso di deposito della proposta ancora in fase di trattative e senza adesione da parte dei creditori istituzionali - di tenere conto nella fissazione dell'udienza di omologa del termine di 90 giorni nel quale può verificarsi “l'eventuale adesione” all'accordo da parte di questi ultimi. Il disegno di legge in materia fiscale Il CCI non ha introdotto alcuna disposizione in merito al trattamento dei tributi locali nell'ambito del concordato preventivo e dell'accordo di ristrutturazione dei debiti. La transazione fiscale, dunque, può avere ad oggetto solo i tributi erariali, in quanto amministrati dall'Agenzia delle entrate o dall'Agenzia delle dogane, e i tributi diversi da quelli erariali che, pur essendo di spettanza di altri enti (come Comuni e Regioni), sono amministrati da tali agenzie fiscali ex lege oppure sulla base di una convenzione stipulata con il soggetto attivo del tributo ai sensi dell'art. 57 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (ma normalmente i tributi locali non sono infatti amministrati dall'Agenzia delle entrate né dall'Agenzia delle dogane). Sul punto, il disegno di legge recante “Delega al Governo per la riforma fiscale”, attualmente all'esame della Camera dei Deputati, introduce all'art. 9, comma 1, lett. a), n. 5), la possibilità di pervenire ad un accordo sul pagamento parziale o dilazionato dei tributi anche locali, nell'ambito della composizione negoziata con l'intervento del Tribunale, in coordinamento con la disciplina in tema di transazione fiscale già prevista per gli accordi di ristrutturazione dei debiti e per il concordato preventivo. Il disegno di legge di delega apporta, pertanto, una duplice innovazione, in quanto, non solo è prevista l'estensione della transazione fiscale alla composizione negoziata della crisi, ma è, altresì, ampliato l'ambito oggettivo della stessa transazione fiscale fino ad includervi i crediti afferenti i tributi locali non amministrati dalle agenzie fiscali, rispetto ai quali viene anche prevista la possibilità di omologazione forzosa. |