Tempi di frequentazione paritetici e scelta del genitore collocatario nel regime di affidamento condiviso
30 Ottobre 2023
Massima In ambito di affidamento condiviso, la frequentazione paritaria tra genitore e figlio che si accompagna a tale regime, ha natura tendenziale, ben potendo il giudice di merito individuare, nell’interesse del minore, senza che possa predicarsi alcuna lesione del diritto alla bigenitorialità, un assetto che se ne discosti, al fine di assicurare al minore stesso la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena. Il caso A seguito di ricorso congiunto dei genitori, il Tribunale di Reggio Emilia disponeva l’affidamento condiviso del figlio minorenne, con residenza prevalente presso la madre e quasi paritetico diritto di frequentazione paterna. Successivamente, la madre chiedeva una riduzione dei tempi di permanenza del figlio presso il padre, rappresentando una sopravvenuta non conformità della regolamentazione all’interesse del minore. Nello specifico, la madre deduceva l’eccessiva distanza tra la casa paterna e l’abitazione materna (e scuola del figlio), la mancanza di stabilità abitativa del minore, il nuovo impegno lavorativo del padre e la mancanza in capo a quest’ultimo di un adeguato ambiente domestico ove ospitare il figlio. Il padre si costituiva eccependo l’inammissibilità del ricorso per mancanza di fatti sopravvenuti e chiedeva in via riconvenzionale la collocazione paritaria del figlio, con revoca del contributo al mantenimento del figlio posto a suo carico. Il Tribunale respingeva l’eccezione di inammissibilità, ravvisando una variazione dei presupposti fattuali necessari per la richiesta di revisione nella mutata condizione lavorativa del padre, il quale non godeva più congedo straordinario ex legge n. 104/1992 sussistente al momento della sottoscrizione dell’accordo. In ragione del nuovo impegno lavorativo mattutino del padre e della distanza della casa di quest’ultimo dall’abitazione materna e dalla scuola del figlio, che rendeva il calendario di frequentazione destabilizzante ed eccessivamente oneroso per il minore, il giudice di primo grado confermava il collocamento del minore presso la madre e riduceva leggermente i giorni di frequentazione paterna. Il padre presentava reclamo, respinto con decreto della Corte di appello di Bologna. Avverso tale pronuncia il padre proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, uno dei quali rappresentato dalla violazione e falsa applicazione dell’art. 337-ter c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., interpretato in conformità al cogente principio di parità genitoriale, avendo la corte territoriale escluso l’applicabilità del “collocamento paritario” in ragione della necessaria individuazione di un habitat preferenziale e poi individuato detto habitat in base al genere del genitore. Secondo il ricorrente, il giudice avrebbe automaticamente escluso il collocamento paritario e, al pari automaticamente, avrebbe individuato in quella materna la residenza prevalente del figlio. La Suprema Corte riteneva tale motivo infondato, inammissibili e/o infondate le altre doglianze e, pertanto, rigettava il ricorso. Più nello specifico, gli Ermellini hanno escluso che la scelta di disporre il collocamento prevalente del minore presso un genitore, nonché quella di individuare quest’ultimo nella madre, fossero state automatiche. Difatti, il provvedimento impugnato aveva motivato tali scelte, da un lato garantendo il diritto alla bigenitorialità del genitore non collocatario (mediante ampi e quasi paritari tempi di frequentazione), dall’altro evitando di sottoporre il minore ad un estenuante pendolarismo, tanto più nell’ottica del maggiore impegno richiesto a quest’ultimo con l’inizio della scuola primaria. La Corte territoriale aveva considerato che i genitori abitavano a circa 30 km di distanza e che un collocamento paritario sarebbe stato più funzionale alle esigenze del padre piuttosto che a quelle del figlio. Quanto alla scelta della madre quale genitore collocatario, la Corte di appello aveva rilevato che quest’ultima continuava ad abitare nella casa familiare in cui il figlio aveva vissuto fin dalla nascita e che il minore era sempre stato collocato presso costei sin dalla separazione di fatto delle parti. Solo da ultimo, la Corte di appello aveva fatto riferimento al fatto che, in generale, la scelta della madre quale genitore collocatario rappresenta il criterio di scelta ordinariamente seguito, in assenza di specifiche ragioni di deroga, per i figli in età scolare, anche quando il padre dimostri eccellenti capacità genitoriali. Il collocamento preferenziale presso la madre in quanto madre è stato, pertanto, solo uno degli elementi di valutazione, peraltro considerato per ultimo, in aggiunta agli altri tutti diversi e concorrenti nel giustificare il collocamento presso un genitoriale individuato nella persona della madre. La questione Il regime di affidamento condiviso comporta automaticamente la previsione di una frequentazione paritetica del figlio minore con ciascun genitore? E ancora, in caso di scelta del genitore presso cui collocare in via prevalente il figlio, la madre resta il genitore preferenziale? Le soluzioni giuridiche La Corte Suprema torna a trattare il tema del rapporto tra affidamento condiviso, collocazione paritaria del figlio e scelta del genitore collocatario. Preliminarmente, l'ordinanza in commento conferma la ricorribilità per cassazione delle statuizioni che attengono ai tempi e modi di frequentazione e visita dei figli, aspetto relativamente al quale nella Corte di legittimità si erano prospettate posizioni contrastanti. Quanto al controverso rapporto tra affidamento condiviso e tempi di frequentazione del figlio con ciascun genitore, la legge nulla prevede, limitandosi a statuire che il figlio ha diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e che per realizzare tale finalità il giudice determina, nell'esclusivo interesse morale e materiale dei figli, i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore (art. 337-ter c.c.). La questione, non risolta dal legislatore, è se detto principio comporti automaticamente l'adozione di tempi paritetici di frequentazione, salvo ovviamente la sussistenza di ragioni per derogarvi. Aderendo a precedenti arresti, nella sentenza in commento, la Corte di legittimità ribadisce il principio secondo il quale la frequentazione, del tutto paritaria, tra genitore e figlio che si accompagna al regime di affido condiviso, nella tutela dell'interesse morale e materiale del secondo, ha natura tendenziale ben potendo il giudice del merito individuare, nell'interesse del minore, un assetto che se ne discosti, al fine di assicurare al minore stesso la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena (Cass. 4790/2022; Cass. 16231/2023; Cass. 19323/2020; Cass. 3652/2020). In altre parole, anche se il collocamento paritario dovrebbe essere in linea di massima il naturale sbocco attuativo dell'affidamento condiviso, il giudice può adottare un diverso regime di frequentazione, se più confacente alla crescita e al benessere psico-fisico del minore. Nel caso di specie, la Corte ha ravvisato una valida ragione per disporre il collocamento prevalente presso un genitore nell'opportunità di evitare al minore, in procinto di iniziare la scuola primaria, continui e lunghi spostamenti, considerata la distanza tra l'abitazione materna e quella paterna (30 km circa). In merito alla scelta del genitore collocatario, per lungo tempo, il criterio quasi esclusivo e incontrastato è stato quello della c.d. “maternal preference ”, e ciò anche se nessuna norma di legge attribuisca rilevanza giuridica a tale principio. Tale impostazione trovava il proprio fondamento in una visione tradizionalistica della famiglia, implicante una netta distinzione tra i ruoli endofamiliari di madre e padre. Al giorno d'oggi, con la radicale trasformazione della famiglia (o più correttamente, delle famiglie), deve ritenersi che tale presunzione non abbia più ragion d'essere e che il giudice debba individuare il genitore collocatario nell'esclusivo perseguimento del supremo interesse del minore, secondo un criterio di neutralità del genitore collocatario, potendo dunque questo essere sia la made che il padre, senza preferenze (o discriminazioni) di genere. In questa direzione, la giurisprudenza di merito ha registrato due significative pronunce (Trib. Milano sez. IX, 19 ottobre 2016; Trib. Bari sez. I, 23 gennaio 2020). La giurisprudenza di legittimità appare, invece, più restia a prendere le distanze dal criterio della maternal preference (Cass. 26268/2022; Cass. 18087/2016; Cass. 9633/2015). Osservazioni La pronuncia in commento tocca due questioni che sempre più spesso investono le controversie tra genitori non conviventi, ossia i tempi di frequentazione paritetici e la scelta del genitore collocatario. Al giorno d'oggi, infatti, numerosi sono i padri che richiedono una paritaria divisione dei tempi di frequentazione e/o la collocazione prevalente dei figli presso di sé. Se il legislatore nazionale, su tali questioni, non fornisce criteri specifici se non quello dell'esclusivo interesse del minore e del diritto di quest'ultimo di mantenere un rapporto equilibrato e significativo con ciascun genitore, in ambito sovranazionale, il diritto alla bigenitorialità assume un rilievo determinante (si veda la Convenzione sui diritti dell'Infanzia del 1989 resa esecutiva in Italia con la legge n. 176/1991) e pare implicare la c.d. “shared residence” (si veda le risoluzione 2079 del 2015 del Consiglio d'Europa, firmata anche in Italia, che ha invitato gli stati membri a promuovere la shared residence definita come “quella forma di affidamento in cui i figli dopo la separazione della coppia genitoriale trascorrano tempi più o meno uguali presso il padre o la madre”). L'ordinanza de qua ha, invece, confermato il principio secondo cui la collocazione paritaria ha natura meramente tendenziale, potendo il giudice discostarsene qualora ravvisi un regime più rispettoso dell'interesse del minore. Nel caso di specie, nonostante la riduzione ai giorni di frequentazione disposta dal tribunale e confermata dalla corte distrettuale, al padre continuavano ad essere riconosciuti ampi tempi di visita, che, anche secondo la Suprema corte, hanno garantito il diritto alla bigenitorialità del figlio. Quanto al criterio della maternal preference nella scelta del genitore collocatario, per molto tempo, i giudici sia di merito e che di legittimità hanno fatto coincidere il superiore interesse del minore con il collocamento prevalente presso la madre, presumendo che quest'ultima fosse, in quanto tale, il genitore più idoneo nella cura e gestione quotidiana dei minori. Tale impostazione poteva avere un proprio fondamento nell'ambito di una famiglia tradizionale e patriarcale, in cui i ruoli e le funzioni della madre e del padre all'interno del ménage familiare erano nettamente distinti. Ad oggi, le famiglie sono mutate e non vi è più quella netta distinzione dei ruoli che poteva giustificare tale presunzione. Proprio in considerazione di ciò dovrebbe abbandonarsi del tutto il criterio della maternal preference, qualora sia indiscusso che entrambi i genitori hanno piena ed equivalente capacità genitoriale. Sul punto, l'ordinanza de qua sembra riconoscere il superamento di tale criterio quale esclusivo criterio nella scelta del genitore collocatario, ma avrebbe forse potuto esprimere tale concetto in modo più esplicito. |