Le conseguenze dell’accertamento di condotte di violenza domestica nei rapporti tra coniugi e tra genitori e figli

31 Ottobre 2023

Quali conseguenze spiega l’accertamento di condotte di violenza domestica nel giudizio di separazione personale dei coniugi?

Massima

Le condotte violente poste in essere da un coniuge nei confronti dell’altro, accertate nell’ambito del giudizio di separazione personale, giustificano non solo l’addebito della separazione al coniuge che le ha poste in essere, ma anche la pronuncia di decadenza del genitore violento dalla responsabilità genitoriale ove dagli accertamenti processuali sia emerso che tali condotte hanno provocato danni al benessere della prole minore di età e che il genitore non ha intrapreso alcun percorso volto a superare le proprie disfunzionalità genitoriali, come peraltro indicato dall’art. 31 della Convenzione di Istanbul del 2011.

Il caso

Tizia adiva il Tribunale affinché pronunciasse la separazione personale da Caio, dalla cui unione sono nati due figli, di cui uno minorenne all’epoca del deposito del ricorso, con addebito della separazione al marito a causa delle condotte violente poste in essere nei confronti della moglie alla presenza dei figli, condotte che avrebbero costretto la moglie a lasciare la casa coniugale e a rifugiarsi con i figli in residenza ignota al marito. Caio nel costituirsi in giudizio contestava le deduzioni di Tizia e chiedeva che la separazione fosse addebitata alla moglie, che avrebbe dapprima instaurato una relazione extra coniugale e, quindi, abbandonato la casa coniugale con i figli senza comunicare il nuovo domicilio al marito. All’esito dell’udienza presidenziale venivano disposti l’affidamento esclusivo del figlio alla madre e incontri in spazio neutro con il padre; in corso di causa veniva sentito il figlio maggiorenne della coppia, disposta CTU sul nucleo familiare e trasmessa ex art. 64-bis disp. att. c.p.p. la sentenza penale di condanna di Caio per il delitto di maltrattamenti in famiglia. All’esito, il Tribunale addebitava la separazione a Caio, disponeva la decadenza di Caio dalla genitorialità e la sospensione delle visite con il figlio minore.

La questione

Quali conseguenze spiega l’accertamento di condotte di violenza domestica nel giudizio di separazione personale dei coniugi?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Terni ha ritenuto provate le condotte aggressive tenute da Caio nei confronti di Tizia sulla base delle dichiarazioni rese dal figlio maggiorenne della coppia, spettatore delle condotte violente poste in essere dal padre in danno della madre, e degli accertamenti contenuti nella sentenza penale di condanna di Caio per il delitto di maltrattamenti in famiglia, passata in giudicato. Dalle risultanze processuali è emerso il clima di “vessazioni ed aggressività che il padre poneva in essere nella casa familiare durante il matrimonio anche alla presenza dei figli minori”, mai sfociato in violenza fisica. Il Tribunale ha quindi ricordato come la violenza domestica non è solo quella fisica, ma anche quella morale, come statuito dall’art. 3 c. 1 lett. b) della Convenzione di Istanbul del 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.

All’accertamento della violenza domestica il Tribunale ha dato rilievo a un duplice fine. In primo luogo, ai fini della pronuncia di addebito della separazione al marito. In secondo luogo, per pronunciare la decadenza dalla responsabilità genitoriale di Caio. A tal fine il Tribunale ha ribadito come ai sensi dell’art. 38 disp. att. c.c. il Tribunale Ordinario è competente a decidere domande formulate ex artt. 330 c.c. e come in tali casi occorre nominare un curatore speciale per il minore sulla scorta delle indicazioni giurisprudenziali recepite anche dal legislatore della riforma Cartabia. Il Tribunale ha rilevato come tanto dalle dichiarazioni rese dal fratello quanto dall’accertamento contenuto nella sentenza penale di condanna era emerso che le condotte violente del padre avevano ingenerato nel figlio minore un grave stato di sofferenza morale e fisica (balbuzie, incontinenza e, più in generale, reazioni psicosomatiche) e che tale malessere era cessato con la cessazione della convivenza. Le ricadute delle condotte paterne sull’equilibrio del figlio minore erano emerse anche nel corso della CTU disposta sul nucleo familiare, al cui esito erano stati disposti percorsi volti al recupero delle disfunzionalità genitoriali paterne che, tuttavia, il padre non aveva mai intrapreso, così dimostrando la mancanza di qualsiasi consapevolezza circa le proprie carenze genitoriali. Dagli esami disposti presso il SERD, inoltre, era emerso il consumo di alcol ricorrente da parte del padre. Nemmeno gli incontri in spazio neutro avevano condotto ad alcuna positiva evoluzione del rapporto padre/figlio, essendo limitati a scambi ludici. La valutazione comparata di tali condotte ha portato il Tribunale a statuire la decadenza di Caio dalla genitorialità e a sospendere le visite con il figlio, argomentando la non contrarietà di tale decisione all’art. 8 della CEDU, sebbene il curatore speciale del minore avesse chiesto la mera sospensione della genitorialità. La sospensione della genitorialità presupporrebbe infatti la consapevolezza del padre delle proprie carenze genitoriali.

Osservazioni

La pronuncia in commento offre l'occasione per esaminare le conseguenze civilistiche della violenza domestica, sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (firmata a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 77/2013), recepite da ultimo dal legislatore della riforma Cartabia agli artt. 473-bis.40 ss. c.p.c.

La prima questione che viene in rilievo in caso di allegazione di violenze domestiche, specialmente ove morali – come tali non certificate p.e. da un referto di Pronto Soccorso –, è l'accertamento della violenza. Di regola, infatti, i soli spettatori della violenza sono proprio le vittime della stessa. A tal fine assumono un rilievo determinante le prove atipiche che da tempo la giurisprudenza ammette ai fini della prova dei fatti principali e secondari (ex plurimis Cass. 1315/2017). In primo luogo, le dichiarazioni rese dalla persona offesa la cui attendibilità, non potendo la parte essere sentita come testimone nel giudizio civile, dovranno essere supportate da ulteriori riscontri estrinseci ed essere adeguatamente valutate nel loro contenuto intrinseco. In secondo luogo, le dichiarazioni di familiari che hanno assistito agli episodi violenti, eventualmente da raffrontare con le dichiarazioni rese in sede penale nel procedimento a carico dell'autore della violenza al fine di corroborarne l'attendibilità. In terzo luogo, ove sia stata pronunciata sentenza di condanna nei confronti dell'autore della violenza, l'accertamento ivi contenuto (cfr.Cass. 25067/2018 e 13229/2015; Trib. Milano 19 gennaio 2022, n.311).

La seconda questione concerne le conseguenze civilistiche dell'accertamento della violenza. La prima conseguenza, sulla scorta dei principi più volte declinati dalla giurisprudenza di legittimità e seguiti dalla pronuncia in commento, è l'addebito della separazione all'autore della violenza, che esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che in ragione della estrema gravità sono comparabili solo con comportamento omogenei (cfr.Cass. 31351/2022).

Più discusse sono le conseguenze nei rapporti tra genitori e figli: l'art. 31 della Convenzione di Istanbul prevede che gli Stati aderenti adottino tutte le misure necessarie per garantire che al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione e che l'esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini.

Il Tribunale di Terni ha dato rilievo alla violenza nel giudizio prognostico circa le competenze genitoriali paterne. Nel farlo, ha valorizzato le ricadute negative degli episodi di violenza assistita sul figlio minore e la mancata collaborazione del padre nell'intraprendere i percorsi volti al recupero di una genitorialità effettiva, come indicati nella CTU disposta sul nucleo familiare. L'assenza di un rapporto padre/figlio al di fuori della dimensione meramente ludica e il mancato avvio dei percorsi di recupero è stata poi posta dal Tribunale alla base della decisione di sospendere gli incontri padre/figlio.

La soluzione adottata dal giudice di merito è condivisibile: l'accertamento della violenza non può di per sé condurre a una pronuncia di decadenza o di limitazione della genitorialità a meno che non sia accertato, anche in chiave prognostica, il grave pregiudizio che ne sia derivato in capo al figlio. Il discrimine tra la decadenza e la sospensione dalla genitorialità va poi ricercato nella consapevolezza o meno da parte del genitore delle proprie carenze e nell'avvio di percorsi volti a colmarle. Il giudice di merito nel pronunciarsi in ordine alla decadenza è infatti chiamato non solo a valutare l'inidoneità genitoriale nell'attualità ma anche ad esprimere una prognosi sull'effettiva e attuale possibilità di recupero - attraverso un percorso di crescita e sviluppo - delle capacità e competenze genitoriali, verificando se i genitori siano in grado di elaborare un progetto, anche futuro, di assunzione diretta della responsabilità genitoriale, intesa come cura, accudimento e coabitazione con il minore, ancorché con l'aiuto di parenti o di terzi o dell'intervento dei servizi territoriali (Cass. 9763/2019).

Tali orientamenti sono in linea con quanto statuito dalla Corte EDU circa la tutela della vita familiare del minore ai sensi dell'art. 8 CEDU: la decadenza non costituisce una misura sanzionatoria del genitore quanto piuttosto una misura a tutela del superiore interesse del minore ad avere rapporti significativi con i genitori, interesse che non sussiste ove il genitore non abbia competenze genitoriali adeguate e la relazione con questi generi nel minore reazioni contrarie alla tutela del suo equilibrio pico fisico.

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