Non bastano videochiamate e messaggi per essere genitore
15 Gennaio 2024
Massima Non può essere dichiarato padre del minore quell'uomo che non ha partecipato alla fecondazione assistita della sua compagna non acquisendo pertanto la qualità di genitore di intenzione e che non ha nemmeno, successivamente alla nascita del bambino, instaurato con lui un rapporto stabile e saldo tale da meritare di essere tutelato. Il caso Protagonista della storia è un bimbo nato in seguito a un percorso di procreazione medicalmente assistita, c.d. PMA, praticata in Spagna con embrioni crioconservati provenienti da donatori anonimi. I fatti che hanno portato alla sua nascita sono peraltro oggetto di discussione tra le parti in causa. La vicenda è stata in particolare portata all'attenzione dell'autorità giudiziaria da un uomo che chiedeva al tribunale di essere dichiarato padre del bambino, ex art. 250 comma 4 c.c., o in difetto di essere autorizzato al riconoscimento, stante l'opposizione della madre. La donna invece sosteneva che, nonostante avesse avuto una relazione con il ricorrente, aveva portato avanti da sola il progetto di genitorialità che era sfociato nella nascita del bambino. A suo dire era stata una scelta personale finalizzata a costruire una famiglia monogenitoriale in totale autonomia. Esponeva inoltre che l'uomo aveva avuto solo poche occasioni di incontro con il minore e per tale motivo la stessa si opponeva al riconoscimento. L'uomo dal canto suo, a sostegno della domanda, asseriva di aver instaurato una relazione sentimentale con la madre del bimbo, e che la coppia aveva deciso di intraprendere un percorso di PMA posta l'impossibilità della donna di concepire naturalmente. Aggiungeva che la loro relazione era proseguita a distanza, senza convivenza e soprattutto che egli aveva assunto un ruolo affettivo di riferimento sempre più importante per il minore, fino a quando, venuta meno anche la relazione sentimentale con la madre del piccolo, la donna gli avrebbe impedito di frequentarlo. La questione La questione riguarda la possibilità di attribuire lo stato di genitore a un uomo che ha accompagnato la compagna all’estero per sottoporsi a pratiche di fecondazione assistita senza peraltro parteciparvi né da un punto di vista biologico, né aderendo formalmente alle pratiche stesse. Le soluzioni giuridiche I giudici meneghini sottolineano innanzitutto che la domanda finalizzata ad ottenere il consenso al riconoscimento del bambino è presentata non dal padre biologico, ma da colui che si afferma genitore intenzionale. Non è stata peraltro raggiunta la prova, precisa il tribunale, che il ricorrente possa essere effettivamente considerato genitore d'intenzione del bambino. Ciò si ricava in primis da tutta la documentazione della struttura sanitaria relativa alle pratiche di fecondazione che sono intestate solamente alla donna, la quale viene oltretutto definita come “donna single”. Rilevante, ai fini probatori è anche il fatto che, continuano i giudici, i due non hanno nemmeno provato a seguire un percorso di PMA in Italia, come regolata dalla l. 40/2004, che consente detta tecnica procreativa alle coppie eterosessuali conviventi anche non sposate. In tal modo il nato avrebbe acquisito automaticamente, al momento della nascita, lo stato giuridico di figlio riconosciuto. Il genitore d'intenzione, si legge nel provvedimento in esame, è quel partner che decide di costruire un progetto familiare con la propria compagna e che intende assumere la responsabilità di scegliere le tecniche di procreazione medicalmente assistita per consentire la nascita di un bambino che diventa figlio della coppia, a prescindere dal legame genetico. Tali aspetti peraltro non sono stati provati nel corso del giudizio. Il tribunale ritiene infatti pacifico che l'uomo, che pur ha, in parte, sostenuto la compagna nel suo progetto di maternità, accompagnandola all'estero e incoraggiandola, ne sia rimasto del tutto estraneo. Manca la prova che vi sia stato un “progetto di formazione di una famiglia caratterizzato dalla presenza di figli” e pertanto il ricorrente non può essere considerato genitore d'intenzione. Peraltro, prosegue il tribunale l'eventuale volontà dell'uomo, successiva alla nascita, di esercitare un ruolo genitoriale nei confronti del bambino, pur incompatibile con l'azione di cui all'art. 250 c.c., potrebbe portare al riconoscimento di un ruolo di genitore sociale, ossia quel genitore che, anche se non è biologicamente legato al minore, stringe una forte relazione con lo stesso, relazione che la giurisprudenza tutela (C. cost. 225/2016). Si afferma infatti che l'interruzione ingiustificata di detto rapporto da parte del genitore biologico al momento della cessazione della relazione sentimentale e della convivenza, sarebbe riconducibile alla condotta del genitore “comunque pregiudizievole al figlio”, in relazione alla quale l'art. 333 c.c. consente al giudice di adottare i “provvedimenti convenienti”, quali ad esempio la previsione di tempi di frequentazione del minore con l'ex compagno della madre. Anche sotto questo profilo, precisano i giudici milanesi, non è stata raggiunta la prova della sussistenza di un rapporto forte e consolidato tra ricorrente e bambino tale da essere tutelato in giudizio. Non è stata infatti provata l'assunzione di responsabilità genitoriale da parte dell'uomo verso il minore, nel senso, si legge nel provvedimento in esame, di quel fascio di diritti/doveri che gravano sul genitore finalizzati alla crescita del figlio ed allo sviluppo della sua personalità nel rispetto delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni e di una frequentazione qualificata nell'ambito della quale il minore abbia potuto identificare nell'uomo la figura paterna e godere delle cure, dell'assistenza morale e materiale, dell'istruzione e dell'educazione da parte del predetto. Il rapporto tra il genitore ed il figlio, che ha anche una sua rilevanza pubblica, ha varie e importanti caratteristiche. Vi è l'assunzione di responsabilità, la condivisione con l'altro genitore di decisioni nel rispetto della bigenitorialità e delle spese necessarie per la sua crescita, la convivenza o comunque la vicinanza fisica con il minore, il sostegno fornito al figlio in tutti i campi, nonché l'esercizio della responsabilità nei rapporti con i terzi (ad es. la scuola). Tali aspetti non sono emersi nel corso dell'istruttoria. I rapporti tra il bambino e il ricorrente, costituiti unicamente da pochi incontri e qualche videochiamata, non vengono considerati dal tribunale tali da costituire una relazione genitoriale da tutelare. Non è pertanto ritenuta giustificata l'adozione dei provvedimenti di cui all' art. 333 c.c. fondati esclusivamente sull'interesse del minore. Nella specie, si sottolinea infatti, non risulta che l'interruzione del rapporto con il ricorrente causerebbe un pregiudizio per il piccolo. Su tali basi il ricorso viene respinto. Osservazioni Quest'interessante provvedimento ci conduce a riflettere su nuove figure genitoriali che la prassi ha portato all'attenzione della giurisprudenza. Si consideri innanzitutto il genitore d'intenzione cioè colui che porta avanti con un compagno un progetto di genitorialità condivisa realizzato attraverso pratiche di fecondazione assistita nelle quali però manca un diretto legame biologico con il nato. Quando tali pratiche sono realizzate all'estero tramite maternità surrogata o comunque da coppie omosessuali la legge italiana non attribuisce rilevanza giuridica al genitore d'intenzione. Vi sono stati peraltro dei casi in cui in nome dell'interesse del minore la giurisprudenza ha accettato la trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero, non essendo contrario all'ordine pubblico internazionale il riconoscimento di un rapporto di filiazione in assenza di un legame biologico, quando il genitore intenzionale abbia comunque prestato il consenso all'impiego da parte del “partner” di tecniche di procreazione medicalmente assistita, anche se tali tecniche non sono consentite nel nostro ordinamento (Cass. 23319/2021). Va rilevato altresì che la Corte Costituzionale ha auspicato una disciplina della materia che, in maniera organica, individui le modalità più congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, nato da PMA praticata da coppie dello stesso sesso, nei confronti anche del genitore intenzionale (Corte cost. 32/2021 e Corte cost. 33/2021). Figura ben più diffusa è il genitore sociale, ossia il coniuge o il partner del genitore biologico di un minore, colui che, pur non avendo legami biologici, intrattiene una vita di relazione o una vita familiare con i figli della nuova compagna o del nuovo compagno. Tale figura viene spesso messa da parte nel caso di fine del rapporto affettivo e il sistema legislativo non detta alcuna disciplina con riferimento ai diritti che l'ex convivente (etero o omosessuale che sia) del genitore biologico di figli minori potrebbe vantare nei confronti di questi ultimi. La giurisprudenza ha peraltro riconosciuto la figura del genitore sociale non tanto a tutela di quest'ultimo, ma del minore il quale può avere costituito un legame affettivo solido con il nuovo compagno della madre o del padre. Ne consegue che, nel nome del superiore interesse del minore, tale legame va tutelato al pari di quello creato con un genitore o un ascendente biologico. L'interesse del minore alla conservazione del rapporto affettivo instaurato con l'ex compagno del proprio genitore biologico, si sostiene, trova tutela nell'ordinamento attraverso le norme che consentono al giudice di adottare i provvedimenti convenienti quando la condotta del genitore biologico, volta a impedire la conservazione di quel rapporto, sia pregiudizievole per il figlio. L'interruzione ingiustificata, da parte di uno o di entrambi i genitori, di un rapporto significativo, instaurato dal minore e intrattenuto con soggetti che non siano parenti, è infatti riconducibile alla ipotesi di condotta del genitore “comunque pregiudizievole al figlio”, in relazione alla quale l'art. 333 c.c. consente al giudice di adottare “i provvedimenti convenienti” nel caso concreto (Corte cost. 225/2016). |