Accordi di ristrutturazione agevolati (CCII)

13 Febbraio 2024

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti agevolati ex art. 60 CCII rappresentano una variante, senza profili di autonomia propria, degli accordi di ristrutturazione “ordinari” disciplinati dagli artt. 57-59 CCII. Se ne valuta l’adattabilità alla fattispecie degli accordi “ad efficacia estesa” e alla disciplina della transazione fiscale/previdenziale.

Funzione e natura degli accordi di ristrutturazione dei debiti

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR) di cui all'art. 57 del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (d'ora in avanti CCII) rappresentano uno strumento di regolazione della crisi avente finalità di risanamento: con tale strumento l'imprenditore persegue lo scopo di risanare l'impresa attraverso la riduzione dell'esposizione debitoria, sul presupposto di un programmato, perseguibile riequilibrio della situazione economico-patrimoniale-finanziaria.

Coesistono, all'interno degli ADR, elementi di natura negoziale ed elementi di natura concorsuale.

Quanto al primo aspetto, rileva il fatto che alla base dello strumento vi è, quale presupposto, un accordo formatosi pattiziamente fra l'imprenditore ed i creditori che siano titolari di crediti per un importo complessivo non inferiore al quorum prefissato dalla legge.

Quanto al secondo aspetto, formatosi il consenso fra imprenditore e (parte dei propri) creditori, l'accordo di ristrutturazione è soggetto ad omologazione da parte del tribunale competente, ai sensi dell'art. 48 CCII.

Vi è stato un ampio dibattito su quale dei due elementi sopra indicati “prevalesse” sull'altro.

Da una parte, è stata data rilevante enfasi al meccanismo negoziale di conclusione dell'accordo e alla circostanza che gli ADR derogano, in sostanza, ai principi di graduazione dei crediti, ex artt. 2740 e 2741 c.c.

Dall'altra, è stato ritenuto centrale il profilo procedimentale dell'istituto, in termini non solo di ricordata omologazione dell'accordo, ma anche di effetti validi erga omnes legati alla presentazione della domanda da parte del debitore.

Sul punto, è intervenuta la Corte di cassazione, peraltro in relazione alla struttura dell'istituto come regolata dall'art. 182-bis l. fall. (si veda: Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2018, n. 9087). Il Supremo Collegio ha statuito che l'accordo di ristrutturazione dei debiti rappresenta una vera e propria procedura concorsuale, e ciò con riguardo ai seguenti principali fattori: i)pubblicità della domanda da cui derivano effetti protettivi del patrimonio del debitore; ii) effetti dell'accordo nei confronti dei creditori estranei; ii) intervento del tribunale con funzione di vigilanza e di omologazione.

Caratteristiche generali degli ADR

Sotto il profilo soggettivo, gli accordi di ristrutturazione possono essere proposti da ogni imprenditore, purché non minore, dunque anche dall'imprenditore non commerciale e/o agricolo, e ciò in alternativa agli strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento (artt. 65 e ss. CCII).

Sotto il profilo oggettivo, occorre che l'imprenditore si trovi in uno stato di crisi (inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici) o insolvenza (funzionale incapacità di adempiere regolarmente le obbligazioni).

Come per qualsiasi strumento di regolazione della crisi, l'imprenditore ed i creditori devono comportarsi – nell'ambito delle trattative e del procedimento – secondo buona fede e correttezza. Il primo, dando conto della propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente, assumendo le iniziative volte a non pregiudicare i diritti dei creditori; i secondi, collaborando con l'imprenditore e gli organi nominati dal tribunale, rispettando gli obblighi di riservatezza.

La domanda di omologazione è presentata con ricorso, ex art. 37, comma 1, ed art. 40, CCII.

Il comma 4 del citato art. 40 prevede che in caso di domanda per l'omologazione di un accordo di ristrutturazione, lo stesso sia pubblicato, contestualmente al ricorso, presso il Registro delle imprese, acquisendo efficacia dal giorno della sua pubblicazione.

L'accordo deve rappresentare in modo compiuto i dati del piano economico-finanziario.

Quest'ultimo, a mente dell'art. 56 CCII, richiamato dall'art. 57, comma 2, CCII deve indicare:

  • la situazione economico-patrimoniale-finanziaria dell'impresa
  • le cause della crisi
  • le strategie adottate ed i tempi previsti ai fini del riequilibrio della situazione finanziaria
  • i nominativi dei creditori, con l'indicazione dei crediti, in relazione ai quali sia proposta la rinegoziazione
  • i nominativi dei creditori, con i relativi crediti, estranei alla rinegoziazione
  • l'indicazione delle risorse destinate all'integrale soddisfacimento dei creditori estranei
  • gli apporti di nuova finanza
  • i tempi delle iniziative affinché possa esserne verificata la realizzazione
  • gli strumenti da adottare in caso di scostamento tra obiettivi del piano e situazione in atto
  • il piano industriale, con evidenza dei propri effetti sul piano finanziario.

L'imprenditore deposita assieme al piano i documenti elencati dall'art. 39, commi 1-3, CCII come richiamato dall'art. 57, comma 2, CCII (ferma l'applicazione dell'art. 44 in caso di presentazione di ricorso prenotativo):

  • scritture contabili e fiscali obbligatorie
  • bilanci e dichiarazioni relative ai tre esercizi precedenti, salvo minore durata
  • relazione sulla situazione aziendale e sullo stato particolareggiato-estimativo delle attività
  • idonea certificazione sui debiti fiscali-contributivi
  • elenco nominativo dei creditori, con indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione.

La veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica del piano sono attestati da un professionista indipendente.

Tutti gli ADR devono essere idonei ad assicurare il soddisfacimento integrale dei creditori estranei all'accordo, nei termini che seguono: i) entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a tale data; ii) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non scaduti a tale data.

L'attestazione del professionista deve soffermarsi sulla idoneità dell'accordo e del piano ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei termini di cui sopra.

Ove, prima dell'omologa, intervengano modifiche sostanziali del piano e/o degli accordi, l'attestazione del professionista indipendente deve essere rinnovata; allo stesso modo, in caso di modifica sostanziale del piano, l'imprenditore è tenuto a richiedere ai creditori aderenti il rinnovo del proprio consenso (art. 58, comma 1, CCII).

Se dopo l'omologazione si rendono necessarie modifiche sostanziali del piano, l'imprenditore vi apporta le modifiche idonee ad assicurare l'esecuzione degli accordi; anche in questo caso, deve esservi la rinnovazione dell'attestazione del professionista (art. 58, comma 2, CCII).

Il piano modificato, con la rinnovata attestazione, sono pubblicati al Registro imprese, con avviso da inviare a cura dell'imprenditore ai propri creditori a mezzo PEC o posta raccomandata; nei trenta giorni successivi, i creditori possono proporre opposizione al tribunale, ex art. 48 CCII.

In caso di successiva apertura della liquidazione giudiziale, ove l'accordo di ristrutturazione dei debiti sia stato omologato, si producono i seguenti effetti:

  • esenzione dalle azioni revocatorie per gli atti, i pagamenti e le garanzie su beni del debitore posti in essere in esecuzione dell'accordo (art. 166, comma 3, lett. e), CCII)
  • esenzione dai reati di bancarotta semplice e preferenziale per i pagamenti e le operazioni compiuti in esecuzione dell'accordo (art. 324 CCII)
  • prededucibilità dei crediti professionali sorti in funzione della domanda di omologazione (art. 6, comma 1, lett. b), CCII).

La prededucibilità dei crediti opera in ogni caso ove gli stessi siano riconducibili ad atti legalmente compiuti durante la procedura (art. 6, comma 1, lett. d), e comma 2, CCII).

Sono inoltre prededucibili i crediti per finanziamenti erogati in corso di procedura, se autorizzati dal tribunale (art. 99 CCII), nonché i crediti per finanziamenti erogati in esecuzione dell'accordo omologato, se previsti nel piano (art. 101 CCII).

Peculiarità degli accordi di ristrutturazione agevolati

In caso di accordo di ristrutturazione “ordinario”, ai sensi dell'art. 57 CCII, la soglia minima di adesione all'accordo da parte dei creditori è fissata al sessanta per cento rispetto all'importo complessivo dei crediti.

L'art. 60 CCII, rubricato “Accordi di ristrutturazione agevolati”, prevede che la soglia minima sopra ricordata sia ridotta al trenta per cento ove sussistano le due seguenti condizioni: i) l'imprenditore non abbia proposto alcuna moratoria con riferimento ai creditori estranei all'accordo; ii) l'imprenditore non abbia richiesto le misure protettive temporanee ovvero, ove richieste, vi rinunzi.

In relazione al primo punto, sorgono dubbi sul fatto se il sostantivo “moratoria” sia riferito alla dilazione ex art. 57, comma 3, CCII (gli accordi devono assicurare il pagamento degli estranei entro centoventi giorni), oppure se lo stesso non sia piuttosto riferibile alla moratoria disciplinata dall'art. 62 CCII.  In base a tale norma, l'imprenditore può perfezionare un accordo con i creditori volto ad ottenere:

  • la dilazione delle scadenze
  • la rinuncia agli atti
  • la sospensione delle azioni,

senza che ciò comporti rinunzia al credito, in deroga agli artt. 1372-1411 c.c., con efficacia nei confronti dei non aderenti, a condizione che:

  • la convenzione preveda il classamento dei creditori
  • i creditori appartenenti ad ogni classe siano stati informati dell'avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi, secondo un principio di buona fede
  • i crediti degli aderenti di ciascuna classe rappresentino almeno il 75% del totale dei crediti della stessa classe
  • vi siano concrete prospettive che i creditori non aderenti possano essere soddisfatti all'esito della convenzione in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale

un professionista indipendente attesti: i)  la veridicità dei dati; ii) l'idoneità della convenzione a regolare gli effetti della crisi; iii) la ricorrenza delle condizioni di cui al punto precedente.

La convenzione di moratoria non può imporre ai creditori non aderenti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento di fidi concessi, l'erogazione di nuovi finanziamenti.

I non aderenti, inoltre, possono proporre opposizione al tribunale entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione avente ad oggetto la convenzione, con facoltà di reclamo in relazione alla sentenza del tribunale che decida sulle opposizioni, ex art. 51 CCII.

Si ritiene più plausibile che, con il termine “moratoria”, il legislatore intenda riferirsi all'istitutoprevisto dal ricordato art. 62 CCII

Tale dilazione, infatti, è accordata all'imprenditore ex lege, all'interno dello schema normativo che disciplina gli ADR.

La dilazione ex art. 57, comma 3, CCII non rappresenta, nella prospettiva dell'imprenditore, alcuno strumento, né facoltà che consenta allo stesso di “imporre” ai creditori estranei, sussistendone le condizioni, una modificazione sostanziale delle rispettive posizioni creditorie.

In relazione al secondo punto (il debitore non deve avere chiesto le misure protettive ovvero, se già concesse, deve rinunziarvi), rilevano le seguenti considerazioni.

La previsione normativa mira a tutelare i creditori non aderenti alla proposta, i quali possono, infatti, agire anche in corso di procedura a tutela delle rispettive posizioni creditorie.

Allo stesso tempo, la norma rappresenta un'opportunità per l'imprenditore che si attivi in modo tempestivo o, meglio, anticipato rispetto alla manifestazione della crisi (early warning), quando  cioè  non vi sia ancora necessità di proteggere il patrimonio dalle azioni pregiudizievoli dei creditori.

In sostanza, l'imprenditore deve muoversi ai fini del ricorso al suddetto strumento – in base al piano finanziario prospettico ed ai relativi flussi di cassa – prima che le principali obbligazioni aziendali siano scadute rispetto ai termini di legge ovvero convenzionali.

In questo quadro, l'imprenditore deve dunque non aver richiesto le (ovvero, se richieste, rinunziare alle) misure protettive temporanee (art. 60, comma 1, lett. b).

Trattasi delle misure cautelari e protettive disciplinate, sotto il profilo sostanziale, dall'art. 54 CCII, e, sotto il profilo procedimentale, dall'art. 55 CCII, ove anche richieste dall'imprenditore nell'eventuale, precedente fase di composizione negoziata della crisi, ex artt. 18-19 CCII.

Pertanto, qualora il debitore abbia presentato il ricorso per l'omologazione di un ADR agevolato ex artt. 39-40, senza esser prima passato dal deposito del ricorso prenotativo, egli dovrà dare atto che non intende richiedere le misure protettive.

In caso di presentazione di ricorso prenotativo, il debitore, con la domanda ex art. 44, nel chiedere la fissazione del termine, dovrà dare atto di volere astenersi - sin dall'origine - dal richiedere le misure protettive, richiamando, così, espressamente, l'art. 60 CCII.

Qualora l'imprenditore, dopo avere presentato il ricorso prenotativo, ed avendo in tal sede dichiarato di voler rinunziare alle misure protettive, venga a trovarsi nella necessità di dovervi fare poi ricorso, egli potrà, alla scadenza del termine concesso dal tribunale ex art. 44, comma 1, CCII, richiedere l'omologazione di un ADR ordinario, sul presupposto che vi siano state adesioni per oltre il 60% dei crediti.

Ove l'imprenditore abbia richiesto l'omologazione di un ADR agevolato senza passare prima dalla fase prenotativa, lo stesso, trovandosi nella necessità di far ricorso alle misure protettive in corso di procedura, dovrebbe procedere ad una modifica del piano/accordo, innalzando la soglia minima di adesione, ex art. 58 CCII.

Come visto, tale norma, al primo comma, prevede che ove prima dell'omologa intervengano modifiche sostanziali del piano e/o dell'accordo, il debitore, previo rinnovo dell'attestazione, possa chiedere ai creditori aderenti di rinnovare il proprio consenso.

Applicazione congiunta degli accordi agevolati e degli accordi ad efficacia estesa

Gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa sono disciplinati dall'art. 61 CCII.

Tale strumento consente di estendere ai creditori non aderenti gli effetti di un accordo di ristrutturazione perfezionato fra imprenditore e (parte dei propri) creditori, ove sussistano le seguenti condizioni:

  • l'accordo preveda il classamento dei creditori;
  • i creditori appartenenti ad ogni classe siano stati informati dell'avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi, secondo un principio di buona fede;
  • l'accordo abbia carattere non liquidatorio, prevedendo la prosecuzione dell'attività d'impresa, in via diretta o indiretta;
  •  i crediti degli aderenti di a ciascuna classe rappresentino almeno il 75% di tutti i crediti appartenenti alla classe stessa;
  • i creditori non aderenti possano essere soddisfatti in base all'accordo in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale;
  • il debitore abbia notificato ai non aderenti l'accordo, la domanda di omologazione, i documenti allegati.

L'accordo non può imporre ai non aderenti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento di fidi concessi, l'erogazione di nuovi finanziamenti.

I creditori non aderenti possono proporre opposizione al tribunale competente entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione avente ad oggetto l'accordo, ex art. 48, comma 4, CCII.

Ciò premesso, l'art. 61, comma 1, CCII prevede che “Le disposizioni di cui alla presente sezione si applicano, in deroga agli artt. 1372 e 1411 c.c., al caso in cui gli effetti dell'accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto della omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici”.

La chiara formulazione della norma – nel fare espresso riferimento alle disposizioni dell'intera Sezione II – permette di ritenere che la possibilità di estendere gli effetti di un accordo di ristrutturazione anche ai creditori non aderenti, sussistendo le condizioni sopra elencate, sia applicabile tanto agli ADR ordinariex art. 57 CCII, quanto agli ADR agevolatiex art. 60 CCII. D'altra parte, gli accordi di ristrutturazione agevolati altro non sono che varianti degli accordi di ristrutturazione ordinari (con soglia di adesione più bassa ed opzione di non avvalersi delle misure protettive).

Allo stesso tempo, per quanto la rubrica dell'art. 61 faccia riferimento agli “Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa”, tale norma, a ben vedere, non disciplina alcun autonomo strumento di regolazione della crisi, limitandosi a stabilire le condizioni in presenza delle quali gli effetti giuridici prodotti da un determinato accordo di ristrutturazione – quale esso sia, ordinario ovvero agevolato – possano estendersi anche ai creditori non aderenti.

Ne consegue, con riferimento agli accordi di ristrutturazione agevolati ex art. 60 CCII, che l'imprenditore, previa collocazione dei creditori in classi, purché omogenee ai sensi di legge, raggiunta la percentuale del 30% del totale dei crediti, possa estendere gli effetti dell'accordo anche ai creditori non aderenti, a condizione che gli stessi siano parte di classi che abbiano raggiunto una percentuale di adesione non inferiore al 75% dei crediti di ciascuna classe.

Applicazione congiunta degli accordi agevolati e della transazione fiscale

L'art. 63 CCII – sempre all'interno del Titolo IV, Capo I, Sezione II – disciplina l'istituto della transazione fiscale, disponendo quanto segue.

L'imprenditore, in pendenza delle trattative che precedono la stipulazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, può proporre agli enti pubblici il pagamento parziale e/o dilazionato dei tributi erariali e/o dei contributi previdenziali-assistenziali, nonché dei relativi accessori.

In tal caso, l'attestazione del professionista indipendente deve soffermarsi anche sul profilo di convenienza del trattamento proposto all'ente erariale e/o contributi rispetto all'alternativa liquidazione giudiziale.

Una volta che il debitore abbia presentato la proposta di trattamento in conformità al secondo comma del citato art. 63, il tribunale omologa l'accordo di ristrutturazione contenete la transazione fiscale anche in mancanza di adesione da parte dell'ente erariale e/o contributivo quando:

  • l'adesione alla proposta sia determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali previste dall'art. 57, comma 1, CCII e dall'art. 60, comma 1, CCII;
  • la proposta di soddisfacimento dei crediti erariali/contributivi sia più conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria, anche sulla base alle risultanze dell'attestazione.

Il richiamato art. 63 CCII opera interagendo con l'art. 1-bis, d.l. n. 69/2023, convertito con l. n. 103/2023 (si veda Convertito in legge il d.l. n. 69/2023 che limita il cram down negli ADR, 3 agosto 2023, su questo Portale). Tale norma, al secondo comma, prevede che il tribunale omologhi gli ADR attraverso l'applicazione del cram-down, dunque in mancanza d'adesione da parte degli enti pubblici, ove ricorrano, congiuntamente, oltre alle condizioni previste dal citato art. 63 CCII, le seguenti, ulteriori condizioni:

  • gli accordi non abbiano natura liquidatoria
  • i crediti degli aderenti diversi dagli enti pubblici sia di importo non inferiore al 25% di tutti crediti
  • i crediti erariali e contributivi siano soddisfatti in misura non inferiore al 30% del loro ammontare, inclusi sanzioni e interessi.

Ove i crediti dei creditori aderenti diversi dagli enti pubblici siano inferiori al 25% dei crediti, il cram-down può trovare applicazione solo a condizione che:

  • la percentuale di soddisfacimento dei crediti erariali e contributivi non sia inferiore al 40% del loro ammontare, inclusi sanzioni e interessi
  • il proponente abbia richiesto una dilazione ai fini del soddisfacimento dei crediti pubblici non superiore ai dieci anni, fermo il pagamento degli interessi al saggio legale.

Dato questo quadro, l'istituto della transazione fiscale è senza dubbio applicabile agli accordi di ristrutturazione dei debiti agevolati disciplinati dall'art. 60 CCII.

Quanto sopra, considerato, in primis, la lettera dell'art. 63, comma 1, CCII, là dove viene espressamente richiamato il menzionato art. 60 CCII.

In secondo luogo, sempre sotto un profilo letterale, l'art. 63, comma 2-bis, CCII, in tema di cram-down, nel menzionare le percentuali rilevanti ai fini del perfezionamento dell'accordo, fa espresso riferimento anche alle maggioranze previste dall'art. 60, comma 1, CCII (trenta percento).

Per concludere, in ambito di ADR agevolati, il cram-down fiscale-contributivo trova dunque applicazione laddove, sul presupposto che l'adesione “forzosa” da parte degli enti pubblici permetta di raggiungere la percentuale del trenta percento ex art. 60 CCII:

  • il credito degli aderenti diversi dagli enti pubblici sia non inferiore al 25% di tutti i crediti
  • la percentuale di soddisfacimento dei creditori pubblici sia almeno pari al 30% dei propri crediti, inclusi sanzioni e interessi.

Ove l'importo dei crediti di titolarità degli aderenti diversi dagli enti pubblici non raggiunga la soglia del 25%, la percentuale di soddisfacimento dei crediti erariali-contributivi deve raggiungere il 40%, inclusi sanzioni e interessi, con dilazione massima di dieci anni, fermo sempre restando il pagamento degli interessi in base al tasso legale.

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