La NASPI può essere riconosciuta anche al lavoratore che si dimette a seguito di un trasferimento legittimo?

Teresa Zappia
06 Marzo 2024

Ai fini della Naspi, ove il lavoratore si sia dimesso successivamente al trasferimento disposto dal datore, non è necessario che l'esercizio dello jus variandi sia illegittimo.

Le dimissioni del lavoratore, le quali sono state determinante da un trasferimento per lui particolarmente disagevole, possono integrare un'ipotesi di disoccupazione involontaria, con diritto alla Naspi, anche se l'esercizio dello jus variandi datoriale non è stato contestato in punto di legittimità?

Nel caso in cui il lavoratore, al quale sia stato comunicato il trasferimento presso una diversa sede, decida di dimettersi in quanto il mutamento del luogo di lavoro risulta per lo stesso particolarmente disagevole, la giurisprudenza ha ritenuto che le dimissioni, tenuto conto del caso specifico, possono non risultare essere il frutto di una libera scelta, per quanto effettivamente non risulti che esse siano state determinate da un fatto contra jus datoriale, non venendo in contestazione la legittimità del trasferimento. Si rammenta, infatti, che ai fini del riconoscimento della NASPI l'illegittimità dell'atto di esercizio dello jus variandi non è necessariamente decisiva, in quanto l'art. 3 d.lgs. n. 22/2015 garantisce tale prestazione ai lavoratori «che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione».

Atteso il tenore testuale della norma, deve quindi ritenersi che il diritto alla prestazione è collegato alla risoluzione del rapporto di lavoro determinata non da una libera determinazione del lavoratore, ma da un fatto altrui (normalmente del datore) che non consente la prosecuzione del rapporto. La legge non richiede l'ingiustizia della determinazione del datore o l'estraneità del lavoratore rispetto alla fattispecie risolutiva. La prestazione, infatti, è dovuta anche in caso di licenziamento legittimamente intimato per giusta causa.

Ciò detto, non può poi dubitarsi che l'esercizio anche legittimo dei poteri datoriali possa determinare modifiche essenziali dei contenuti del rapporto tali da rendere sostanzialmente impossibile per il lavoratore, nella concreta situazione di fatto, proseguirne l'esecuzione, come può avvenire in caso di mutamento della sede di lavoro. In tali casi la risoluzione del rapporto è causalmente riferibile al potere organizzativo datoriale e, quindi, la disoccupazione è involontaria, senza che rilevi, ai fini previdenziali, la legittimità̀ o meno dell'atto di esercizio dello jus variandi.

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