La normativa su immissioni e rumori si applica anche nei rapporti tra privati

05 Marzo 2024

Con la pronuncia in commento il S.C., intervenendo in tema di immissioni di rumori, sancisce che la violazione dei limiti stabiliti dalle leggi e dai regolamenti locali comporta, in automatico, l’illiceità di tali condotte, anche sul piano civilistico e del risarcimento del danno.

In materia di immissioni, il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive è illecito, in quanto, se le emissioni acustiche superano la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione esse, ove si risolvano in immissioni nell'ambito della proprietà di vicinato -  ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, ai loro effetti dannosi – devono, per ciò solo, considerarsi intollerabiliex art. 844 c.c. e, pertanto, illecite anche sotto il profilo civilistico.

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La sentenza in parola ha origine dall'azione giudiziaria promossa dagli acquirenti di un immobile nei confronti dell'appaltatrice, per denunciare dei gravi vizi e difetti e chiederne la rimozione. In particolare, oggetto del giudizio era il mancato rispetto, nella costruzione dell'immobile, di alcune norme regolamentari relative al superamento delle soglie di inquinamento acustico nei rapporti tra privati, tanto da costringere gli attori al trasferimento in altra abitazione.

La domanda veniva accolta in primo grado con conseguente condanna della appaltatrice e, in manleva, del direttore di lavori, al risarcimento dei danni subiti dagli attori. La sentenza veniva confermata in sede di gravame, anche se con una rimodulazione dell'importo risarcitorio riconosciuto agli attori.

Avverso la pronuncia della Corte territoriale ha promosso ricorso per Cassazione la società appaltatrice, sul rilievo, in estrema sintesi, della inapplicabilità della normativa invocata nel caso di specie.

Immissione e violazioni di legge e regolamenti

La decisione presa dalla Cassazione con la sentenza in esame poggia su una preliminare valutazione, dalla quale discendono una serie di conseguenze. Secondo il S.C, in particolare, in materia di immissioni, è senz'altro illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità. Tale normativa, peraltro, risulta applicabile ed immediatamente efficace anche nei rapporti tra privati.

                                                                                                                                                                                                                                       ****

Al tempo stesso, però, i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente (dirette alla protezione di esigenze della collettività, di rilevanza pubblicistica) costituiscono criteri minimali inderogabili che, al fine di stabilire l'intollerabilità delle emissioni che li superino, non sono sempre vincolanti per il giudice civile. Nei rapporti fra privati, infatti, il giudice può pervenire al giudizio di intollerabilità ex art. 844 c.c. delle dette emissioni anche qualora siano contenute nei summenzionati parametri, sulla scorta di un prudente apprezzamento che tenga conto della particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica. In altri termini, l'eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all'art. 844 c.c., tenendo presente, fra l'altro, la vicinanza dei luoghi ed i possibili effetti dannosi per la salute delle immissioni. 

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Secondo quanto poc'anzi riferito, la legge affida al giudice il compito di individuare nel caso concreto il significato da attribuire alla locuzione di cui all'art. 844 c.c. e alla normale tollerabilità, dal momento che la soglia di normale tollerabilità dell'immissione rumorosa non ha carattere assoluto, ma dipende dalla situazione ambientale, dalle caratteristiche della zona e dalle abitudini degli abitanti, tutelando il diritto al riposo, alla serenità e all'equilibrio della mente, nonché alla vivibilità dell'abitazione che il rumore e il frastuono mette a repentaglio.

A tal fine, con particolare riguardo alle immissioni sonore, occorre far riferimento in particolare alla c.d. rumorosità di fondo della zona, e cioè a quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici di essa, sui quali si innestano di volta in volta rumori più intensi. Tale giudizio non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (cd. criterio comparativo), sicché la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata. Detti elementi devono essere valutati in modo obiettivo, in relazione alla reattività dell'uomo medio, prescindendo, pertanto, da considerazioni attinenti alle singole persone interessate alle immissioni.

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La pronuncia in esame, peraltro, si muove su un altro e rilevante profilo e sembra porsi in contrasto con la precedenza giurisprudenza in tema.

In una situazione analoga, infatti, si era affermato che, in tema di immissioni sonore o da vibrazioni o scuotimenti atte a turbare il bene della tranquillità nel godimento degli immobili adibiti ad abitazione, non è applicabile la L. 26 ottobre 1995, n. 447 sull'inquinamento acustico. Tale normativa, infatti, come quella contenuta nei regolamenti locali, persegue interessi pubblici, disciplinando, in via generale ed assoluta, e nei rapporti c.d. verticali fra privati e la p.a., i livelli di accettabilità delle immissioni sonore al fine di assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete. La disciplina delle immissioni moleste nei rapporti fra privati andrebbe rinvenuta, dunque, nell'art. 844 c.c., alla stregua delle cui disposizioni, quand'anche dette immissioni non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale, il giudizio in ordine alla loro tollerabilità va compiuto secondo il prudente apprezzamento del giudice che tenga conto delle particolarità della situazione concreta.

Al contrario, il S.C. ritiene direttamente applicabile, anche nei rapporti tra privati, la normativa in questione, con conseguente valutazione in termini di illecito civile di ogni condotta contraria a tale regolamentazione.

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In tale contesto, peraltro, anche il S.C., pur riconoscendo l'illiceità della violazione della normativa regolamentare in tema di requisiti acustici passivi e di quelli delle sorgenti sonore degli edifici, richiede l'assolvimento dell'onere della prova ai fini del riconoscimento del risarcimento del danno.

In particolare, nel solco della pregressa giurisprudenza, si precisa che i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità non debbono essere necessariamente di natura tecnica.  Pertanto, è ammissibile la prova testimoniale quando la stessa, avendo ad oggetto fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti, non può ritenersi espressione di giudizi valutativi (come tali vietati ai testi).

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Diversa l'ipotesi relativa al danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite. Tale ipotesi è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita personale e familiare all'interno di un'abitazione e comunque del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, quando sia acquisita la dimostrazione della lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane.

 

(Fonte Diritto&Giustizia)

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