Presupposti per la revocazione delle sentenze: differenze tra errore di fatto revocatorio e assenza di motivazione

27 Marzo 2024

Il presente contributo tratta della questione processuale dell'inammissibilità della revocazione per errore di fatto, proposta ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., per censurare vizi di motivazione, sia sotto il profilo dell'omissione, sia sotto il profilo della sua insufficienza rispetto ad una o più specifiche argomentazioni difensive.

MASSIMA

L'errore di fatto revocatorio consiste in un “errore percettivo” e va tenuto distinto dall'assenza di motivazione che costituisce un errore di giudizio e determina la nullità della sentenza.

IL CASO 

L'omesso esame dei motivi di ricorso e il difetto di motivazione.

L'ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione dichiara l'inammissibilità del ricorso per revocazione, proposto ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., avverso la sentenza di rigetto pronunciata dalle stesse Sezioni Unite sull'impugnazione di una sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

Con il ricorso per revocazione era stato contestato l'omesso esame di alcuni motivi del ricorso originariamente proposto avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, nonché l'assenza di motivazione.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto infondate le censure con le quali i ricorrenti hanno dedotto “l'omessa pronuncia” e dichiarato inammissibili tutte le censure con le quali hanno dedotto, invece, “la mancanza di motivazione”.

Sotto quest'ultimo profilo, hanno riportato il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui l'impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nelle ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, non anche nelle ipotesi di assenza di motivazione specifica sui motivi di ricorso, quando la pronuncia sugli stessi sia effettivamente intervenuta.

Applicando tali principi al caso in esame, l'ordinanza in commento ha ritenuto che sui motivi di ricorso il giudice di legittimità si era effettivamente pronunciato e che, quindi, la denunciata mancanza di motivazione sugli stessi non poteva essere oggetto di ricorso per revocazione, in quanto causa di nullità della sentenza.

LE QUESTIONI

I presupposti per la revocazione per “errore di fatto”.

L'ordinanza in commento affronta una questione processuale di rilievo generale, ovverossia quella relativa alla corretta individuazione dei presupposti per la revocazione delle sentenze per errore di fatto ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c.

La questione processuale è, invero, comune per il diritto processuale civile e il diritto processuale amministrativo, in quanto è noto che la revocazione è un mezzo di impugnazione disciplinato dagli articoli 395 e 396 del codice del processo civile, ma è stato mutuato nel giudizio amministrativo, con l'introduzione dell'articolo 106 del codice del processo amministrativo che si limita a richiamare i “casi” e “modi” della revocazione previsti dalle norme del codice di rito civile.

Ne discende che i presupposti per la revocazione delle sentenze del giudice civile e del giudice amministrativo sono i medesimi e sono tipizzati e tassativamente indicati dall'art. 395 c.p.c. e, pertanto, si tratta in entrambi i casi di un mezzo di impugnazione eccezionale e a critica vincolata.

La definizione puntuale dei casi nei quali è ammessa la revocazione rappresenta, quindi, una questione fondamentale per la valutazione della proponibilità in astratto di questo particolare mezzo di impugnazione.

Nell'ordinanza in esame, il caso valutato attiene all'errore di fatto c.d. revocatorio che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, coincide con l'errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (o esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (o escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale.

Il problema principale è sempre stato rappresentato dalla definizione del rapporto tra tale tipo di errore e l'errore di diritto, sostanziale o processuale, e l'errore di giudizio o di valutazione.

L'errore di diritto e l'errore di giudizio sono, infatti, tendenzialmente censurabili solo con i mezzi ordinari di impugnazione, ma possono essere, a loro volta, causati da un errore di fatto c.d. revocatorio.

Nella definizione delle relazioni tra le varie tipologie di errori nei quali può incorrere il giudice, la Corte di Cassazione ha dovuto affrontare, nella pronuncia in esame, anche la questione relativa alla corretta qualificazione del vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra propriamente un errore di diritto per violazione di norma processuale (art. 112 c.p.c.), e del vizio di motivazione, quale ulteriore ipotesi di errore di giudizio.

LA SOLUZIONE GIURIDICA

L'omessa pronuncia non costituisce sempre errore revocatorio.

L'ordinanza in commento risolve la questione della qualificazione del vizio di omessa pronuncia o di assoluta mancanza di motivazione della sentenza, escludendo la natura di errore di fatto c.d. revocatorio e riconoscendo, piuttosto, la sua natura di vizio di nullità della sentenza, censurabile solo con gli ordinari mezzi di impugnazione.

La Corte di Cassazione esclude l'ammissibilità della revocazione ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., anche quando la pronunzia su uno o più motivi di ricorso sia effettivamente intervenuta, ma non siano state prese in considerazione una o più argomentazioni difensive dei ricorrenti, trattandosi di un'errata considerazione e interpretazione dell'oggetto di ricorso e, quindi, di un errore di giudizio.

La soluzione proposta è conforme ai precedenti della Corte di Cassazione, seguiti anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha chiarito che l'errore c.d. revocatorio è solo quello che presuppone l'esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l'altra dagli atti e documenti di causa e può sussistere anche quando non sia stato deciso uno o più motivi di ricorso, proprio per effetto di una svista o di un errore di lettura.

Tale conclusione delimita l'ammissibilità della revocazione per errore di fatto c.d. revocatorio alle sole ipotesi di errore generato da un “abbaglio dei sensi” che deve emergere espressamente dalla motivazione della sentenza e che, pertanto, è incompatibile con l'omissione di motivazione. Proprio la motivazione è, infatti, lo strumento principale mediante il quale può emergere l'errore di fatto nel quale sia incorso il giudice per non aver pronunciato su di uno o più motivi che erano stati proposti nel ricorso.

OSSERVAZIONI

Il difetto di motivazione tra vizio di nullità ed errore di diritto: inammissibilità del rimedio della revocazione ordinaria.

La Corte di Cassazione, nell'ordinanza in commento, ribadisce i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, nonché dalla giurisprudenza del giudice amministrativo, sull'errore c.d. revocatorio, quale errore “di percezione” compiuto dal giudice nella lettura degli atti nel loro contenuto materiale che abbia i seguenti requisiti: - che sia immediatamente ricavabile dal testo della sentenza; - che attenga ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; - che sia decisivo, ossia di tale rilevanza da trovarsi in un rapporto di stretta consequenzialità con la decisione adottata dal giudice.

Tali rigorosi requisiti derivano dalla natura straordinaria del rimedio e dall'esigenza di stabilità del giudicato, in ossequio al "principio di ragionevole durata del processo" e al connesso divieto di protrazione all'infinito dei giudizi (Cass. n. 4678 del 2022).

L'ordinanza in commento, però, seppur per inciso, ammette la sussistenza dei presupposti per la revocazione, ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c. anche nel caso di omessa pronuncia su uno o più motivi di ricorso, distinguendo tale ipotesi da quella dell'omessa motivazione della sentenza considerata nella sua totalità.

Si tratta di orientamento condiviso dalla giurisprudenza, sia della Corte di Cassazione, sia del Consiglio di Stato, nel senso di ritenere ammissibile il rimedio impugnatorio della revocazione per errore di fatto, qualora risulti la “svista” del giudice che abbia causato l'omissione di pronuncia su uno o più motivi di ricorso, mentre l'omessa motivazione della sentenza nella sua totalità è, invece, causa di nullità che, come tutte le nullità, si traduce in motivi di impugnazione, come previsto in linea generale dall'art. 161, primo comma, c.p.c.

Tuttavia, tale distinzione, che in astratto segna il confine tra i mezzi di impugnazione ordinari e quello straordinario della revocazione, non risulta affatto agevole in concreto, in quanto presuppone la distinzione tra la vera e propria omessa pronuncia e i diversi vizi di motivazione, sub specie del difetto di motivazione, quali l'omessa motivazione e la motivazione insufficiente.

In disparte i casi, invero di scuola, nei quali la motivazione risulta radicalmente assente, perché graficamente mancante (carenza formale), particolarmente difficile è la qualificazione delle ipotesi di c.d. carenza sostanziale, nelle quali la motivazione risulta palesemente incongrua rispetto alla domanda proposta, ovvero perché solo apparente, ad esempio perché tautologica, assertiva, espressa mediante formule di mero stile o perché genericamente richiama un orientamento giurisprudenziale senza esaminarne in alcun modo il contenuto.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr., ex multis, Cassazione civile, sez. III, 05 settembre 2023, n. 25871) e dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (ad es. sentenza del 22 gennaio 1997, n. 3 e sentenza n. 10 del 2018), nell'ipotesi di c.d. carenza sostanziale della motivazione ha ritenuto che la sentenza andrebbe definita «abnorme ancor prima che nulla», una sentenza cioè che si configura come «un atto d'imperio immotivato» ovvero «congetturale», che è, per definizione, una “non-decisione” giurisdizionale, giungendo a tracciare una definizione della motivazione apparente con riferimento a tutti i casi nei quali «sussistono anomalie argomentative di gravità tale da porre la motivazione al di sotto del “minimo costituzionale” che si ricava dall'art. 111, comma 5, Cost.».

Tali principi operano, però, solo con riguardo alla sentenza considerata nella sua totalità, ma non anche nel caso in cui deve essere valutato l'omesso parziale esame di singoli motivi di ricorso o di argomentazioni difensive, quale presupposto per la revocabilità della sentenza.

Ed invero, l'omesso esame di uno o più motivi di ricorso si traduce sostanzialmente nella violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, previsto dagli articoli 34, comma 1, c.p.a. e 112 c.p.c., ovverossia in un errore di diritto per violazione di una norma processuale, così come il mancato esame di argomentazioni difensive può tradursi, al più, in un errore di giudizio.

In entrambi i casi, la presenza grafica di una motivazione rispetto ad un motivo o domanda è dato sufficiente per ritenere che una valutazione e, quindi, una pronuncia sugli stessi, sia stata fatta dal giudice, escludendo la genesi sensopercettiva dell'errore, e, in definitiva, la sua natura “revocatoria”.

La Corte di Cassazione, infatti, nell'ordinanza in esame, ritiene adeguata la sola pronuncia di “infondatezza” dei motivi di ricorso, senza far alcun riferimento alla motivazione sottesa agli stessi, per escludere l'errore revocatorio. Anche il Consiglio di Stato limita l'ammissibilità della revocazione per errore di fatto c.d. revocatorio alle ipotesi di una totale mancanza di esame e, quindi di valutazione, di uno o più motivi di ricorso, escludendola nei casi di mero difetto di motivazione degli stessi (Cons. Stato, sez. V, 11 settembre 2023, n. 8265).

GUIDA ALL'APPROFONDIMENTO

A titolo esemplificativo:

Asprella, Revocazione delle sentenze della Corte per errore di fatto, in IUS Processo Civile, fasc., 16 giugno 2017.

Buscema, L'errore di fatto revocatorio deve consistere in un errore di percezione, in Dir. e Giust., fasc.138, 2017, pag. 8.

Calvetti, L'errore di diritto, sostanziale o processuale, e l'errore di giudizio o di valutazione non sono errori revocatori, in Dir. e Giust., fasc. 205, 2019, pag. 2.

Chiariello, L'errore di fatto revocatorio e il ruolo della giurisprudenza amministrativa tra costanza ed elasticità, in Dir. proc. amm., fasc. 3, 2021, pag. 624.

Paoletti, Revocazione ex art. 395, n. 4 c.p.c. per omessa pronuncia e specificità dei motivi di ricorso, in Dir. proc. amm., fasc.2, 2017, pag. 618.

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