Unità immobiliari ancora invendute: la società alienante è esonerata dalle spese condominiali?

La Redazione
23 Aprile 2024

Oggetto della pronuncia in esame è l'opposizione al decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali intimato da un Condominio, sul presupposto della nullità della delibera assembleare, che avrebbe ripartito a maggioranza le spese anche a carico delle unità immobiliari ancora invendute, in violazione della clausola sottoscritta da tutti i condomini nei loro rogiti di acquisto.

Il Tribunale di Parma era stato chiamato a verificare «se la clausola di esonero della società alienante dalla partecipazione alle spese condominiali per le unità immobiliari di sua proprietà ancora invendute, inserita nei titoli di acquisto dei condomini che sono parti di questo giudizio, tutti stipulati tra l'aprile 2004 e l'aprile 2005, riguardasse contratti di vendita immobiliare conclusi tra un venditore professionista e un consumatore acquirente, e potesse considerarsi vessatoria, ove determinante a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, e dunque incidente sulla prestazione traslativa del bene, che si estende alle parti comuni, dovuta dall'alienante, o sull'obbligo di pagamento del prezzo gravante sull'acquirente (…)».

Accogliendo il ricorso in oggetto, il Collegio ricorda che la sentenza n. 9839/2021 ha ulteriormente chiarito che «il giudice può sindacare l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione soltanto a condizione che quest'ultima sia dedotta in via d'azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l'inammissibilità, rilevabile d'ufficio, dell'eccezione con la quale l'opponente deduca solo l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento».

Inoltre, secondo la Cass. n. 20007/2022 «la clausola relativa al pagamento delle spese condominiali inserita nel regolamento di condominio predisposto dal costruttore o originario unico proprietario dell'edificio e richiamato nel contratto di vendita della unità immobiliare concluso tra il venditore professionista e il consumatore acquirente, può considerarsi vessatoria, ai sensi dell'art. 33, comma 1, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, ove sia fatta valere dal consumatore o rilevata d'ufficio dal giudice nell'ambito di un giudizio di cui siano parti i soggetti contraenti del rapporto di consumo e sempre che determini a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, e dunque se incida sulla prestazione traslativa del bene, che si estende alle parti comuni, dovuta dall'alienante, o sull'obbligo di pagamento del prezzo gravante sull'acquirente, restando di regola estraneo al programma negoziale sinallagmatico della compravendita del singolo appartamento l'obbligo del venditore di contribuire alle spese per le parti comuni in proporzione al valore delle restanti unità immobiliari che tuttora gli appartengano».

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

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