I rapporti con le banche nella composizione negoziata: un commento alle proposte di modifica del c.c.i.i.

19 Luglio 2024

A seguito della divulgazione dell’ultima versione dello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al c.c.i.i. si svolgono, in relazione al percorso della composizione negoziata, talune considerazioni a commento dagli artt. 16 comma 5, 18 comma 5 e comma 5-bis – siccome integrati dalle diverse versioni dello schema di decreto correttivo avvicendatesi negli ultimi mesi.

Le proposte di modifica all'art. 16 comma 5

Preliminarmente va posto in rilievo come la normativa in vigore abbia fatto sorgere rilevanti problematiche in dottrina e diversi orientamenti in giurisprudenza riguardanti la sorte delle linee di credito esistenti al momento dell'accesso alla composizione negoziata della crisi (CNC).

A parere di chi scrive, l'obiettivo che si è posto il legislatore di risolvere di tali problematiche non appare in alcun modo raggiungibile alla luce del nuovo articolato dell'art. 16 comma 5 c.c.i.i., poiché il tentativo di ingerirsi nell'attività di classificazione del credito imposta alle banche dal corpus normativo della vigilanza prudenziale appare prima facie privo di impatto sostanziale con riguardo alle necessarie conseguenze che il sistema bancario è obbligato ad attuare.

Si considerino infatti i seguenti punti:

  1. Affermare che l'accesso alla composizione negoziata non costituisce ragione di una diversa classificazione del creditodimostra come sia equivocata l'ordinaria attività del c.d. monitoraggio (da ultimo disciplinato dalle linee guida EBA / LOM del 2020) svolto dalle banche, che impone a queste ultime la costante valutazione prognostica del rischio di credito, e quindi la classificazione secondo l'applicazione del principio IFRS9, in presenza di eventi, già percepiti dalla banca, e comunque confessati dalla impresa, comportanti un aumento del rischio.

Pertanto, l'affermare che l'accesso alla CNC non costituisce ragione di “diversa classificazione del credito, presuppone evidentemente che il legislatore ritenga (erroneamente) che le banche, al momento dell'istanza di nomina dell'esperto, prevedano sempre una classificazione del credito in bonis (stage 1), mentre è ben più frequente il caso in cui l'accesso alla CNC segua a indizi di criticità circa le linee di credito concesse già determinato

Appare, pertanto, di tutta evidenza che in tale ultima ipotesi il prevedere di non dover procedere a classificazione “diversa”, non porterà ad alcuna positiva conseguenza in relazione all'auspicato mantenimento delle linee di credito esistenti, che resteranno classificate a deteriorato oppure lo diverranno, come di seguito si dirà e come correttamente prevede la bozza di correttivo nel secondo periodo del comma 5.

  1. Il prevedere, nel terzo periodo del comma 5, che la classificazione debba essere “determinata tenuto conto di quanto previsto dal progetto di piano rappresentato ai creditori” sembra introdurre un criterio che il sistema bancario già di per sé è tenuto a utilizzare; ma evidentemente, trattandosi di piano di risanamento, e quindi trovandosi l'impresa già, quantomeno, in stato di squilibrio patrimoniale o economico/finanziario, se non in crisi ovvero ancora in insolvenza reversibile, non v'è chi non veda come la classificazione non possa essere mantenuta in bonis, pena la palese violazione della normativa di vigilanza cogente, e ciò a fortiori in ipotesi di assenza di autorizzazione ex art. 22 c.c.i.i..
  2. Né potrebbe sostenersi che il legislatore abbia inteso, in qualche modo, introdurre una deroga alla disciplina di vigilanza. Infatti, immediatamente dopo il predetto virgolettato, il legislatore autorizza ed esplicitamente prevede che la classificazione (e non poteva che essere così) “è determinata tenuto conto della disciplina di vigilanza prudenziale . D'altra parte, ben potrebbe dubitarsi della sussistenza del potere del legislatore nazionale di introdurre deroghe alla disciplina di vigilanza prudenziale, che deriva da norme dell'Unione Europea direttamente applicabili emesse in un ambito riservato alla loro competenza.
  3. Nessuna obiezione può sollevarsi relativamente al quarto periodo del comma 5 circa l'obbligatorietà per le banche di procedere alla sospensione o revoca delle linee di credito, giusta applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale, dando conto delle ragioni specifiche della decisione assunta, a

garanzia del corretto operato della banca nei confronti dell'impresa (peraltro disciplina già prevista nel testo vigente).

  1. La previsione dell'ultimo periodo del comma 5 relativa all'esenzione di responsabilità della banca a seguito della prosecuzione del rapporto va a risolvere esplicitamente i dubbi sorti in dottrina circa le possibili conseguenze del c.d. effetto impositivo o coercitivo (derivante dalla normativa di cui al successivo art. 18 commi 5 e 5-bis c.c.i.i.) nella ipotesi in cui l'Impresa incorra in liquidazione giudiziale e, a seguito del mantenimento delle linee di credito, la banca sia chiamata a rispondere di concessione abusiva del credito (!). L'integrazione, pertanto, non può che essere letta con favore dal sistema bancario, pur anticipando sin d'ora che l'effetto impositivo/coercitivo previsto dal successivo art. 18 commi 5 e 5-bis, di cui si dirà in prosieguo, appare difficilmente accettabile dal sistema bancario, poiché determina il rischio evidente e inconfutabile di un aumento dell'NPE ratio conseguente al mantenimento delle linee post-classificazione a deteriorato, e non prevede a carico di chi sia imputabile la responsabilità di eventuali successivi inadempimenti o insoluti verificatesi a seguito della conferma delle misure protettive.

L'art. 18 commi 5 e 5-bis

Come noto, rispetto alla prima versione dello schema di decreto correttivo diffusa ad inizio del mese di maggio, quella approvata dal CdM il 10 giugno 2024, che – dopo la “bollinatura” della Ragioneria di Stato si trova in attesa di ricevere il parere delle commissioni parlamentari – presenta diversi aggiustamenti e modifiche. Tali interventi hanno riguardato, in particolare, per quanto qui interessa, l'art. 18 commi 5 e 5-bis.

Si è ritenuto, pertanto, di rendere conto di tale evoluzione esponendo e commentando, dapprima, le modifiche apportate dalla prima versione del correttivo, per poi analizzare l'attuale versione (auspicabilmente) definitiva.

La prima versione dello schema di decreto legislativo (maggio 2024)

Va preliminarmente posto in rilievo come il sostegno finanziario alle imprese in crisi sia finalizzato all'auspicato risanamento delle stesse e quindi al superamento della crisi, e possa pertanto essere ottenuto da:

  1. Finanziamento in progress: mantenimento delle linee di credito deliberate anteriormente all'apertura della composizione negoziata della crisi e/o ad altro strumento di regolamento della crisi;
  2. Finanziamento ex nunc : concessione di nuove linee di credito/affidamenti dopo l'accesso alla CNC o ad uno strumento di regolazione della crisi

Ebbene, in applicazione della complessa e articolata disciplina della vigilanza prudenziale, all'istituto di credito non è consentito distinguere il finanziamento in progress dal finanziamento ex nunc; infatti devono entrambi essere classificati come “credito deteriorato” – con ogni conseguenza sia in termini economici, sia in termini di NPE ratio – dandosi luogo in entrambe le ipotesi a nuovi utilizzi da parte dell'impresa di raccolta di risparmio, come tale assoggettati a quella rigorosa tutela prevista sia dalla Costituzione (art. 47), sia dal TUB, sia dalle numerose EBA/GDL di immediata applicazione in tutto il territorio unionale.

Tale equivalenza è stata, del resto, riconosciuta anche dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, laddove – in tema di concessione abusiva del credito – viene espressamente prevista la responsabilità della banca allorquando mantenga i contratti in corso/pendenti, ovvero eroghi nuovi finanziamenti nella consapevolezza dello stato di crisi dell'impresa (Cass. civ., sez. I, 30 giugno 2021, n. 18610).

E allora, individuato l'obiettivo del legislatore, evidentemente costituito dal tentativo di garantire all'impresa che acceda alla CNC o a strumenti di regolazione della crisi il necessario sostegno finanziario attraverso il divieto di rifiutare l'adempimento o procedere alla risoluzione dei contratti pendenti per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori, la prima bozza di correttivo diffusa all'inizio di maggio prevedeva nel primo periodo dell'art. 18 comma 5 che fra i creditori coinvolti nelle misure protettive fossero comprese anche le banche (tale disposizione è rimasta invariata nella nuova versione), e successivamente, nel terzo periodo, che “resta ferma la disciplina di vigilanza prudenziale per la sospensione o revoca degli affidamenti che eccedono l'ammontare delle linee di credito utilizzate al momento dell'accesso alla composizione negoziata”. Con ciò introducendo (o confermando) quell'effetto impositivo/coercitivo che numerose contestazioni ha causato sia in dottrina che in giurisprudenza.

Infatti, consentire alla banca di sospendere o revocare gli affidamenti che eccedono l'ammontare delle linee di credito utilizzate al momento dell'accesso alla CNC equivale, senza tema di smentita, ad introdurre l'obbligo del mantenimento del finanziamento nei limiti dell'utilizzato, contrario ad ogni principio di ragionevolezza, incompatibile con la natura anche pubblicistica da attribuirsi all'esercizio di attività creditizia (art. 47 Cost.) e contrario ai principi di vigilanza prudenziale che impongono, per contro, che in un contesto di crisi ogni utilizzo di raccolta di risparmio (anche pertanto di finanziamento in progress) debba sempre implicare una valutazione di sussistenza del merito di credito, e non possa essere frutto di coercizione.

E ancora, la facoltà prevista dalla norma in commento di procedere alla sospensione o revoca degli affidamenti unicamente per la parte che “eccede” l'ammontare delle linee utilizzate al momento dell'accesso, avrebbe reso palesemente verosimile, in forza del principio id quod plerumque accidit, la tendenza delle imprese, prima di accedere alla CNC, a saturare completamente le linee (così accrescendo la complessiva esposizione), in guisa da far coincidere l'utilizzato con l'accordato: circostanza questa che avrebbe reso concretamente e ineluttabilmente disapplicata la normativa di cui al precedente art. 16 comma 5 c.c.i.i., ove l'istanza per la concessione delle misure protettive fosse stata depositata contestualmente all'istanza di nomina dell'esperto.

Al medesimo risultato sembrava giungere la previsione di cui al successivo comma 5-bis dell'art. 18 che prevedeva: “fermo quanto previsto dal comma 5, le banche (…), nei cui confronti operano le misure protettive, non possono, dal momento della conferma delle stesse, mantenere la sospensione delle linee di credito accordate e non utilizzate al momento dell'accesso alla CNC, determinata dalla applicazione della vigilanza prudenziale ai sensi dell'art 16 comma 5”.

Il legislatore, evidentemente preoccupato della possibilità che l'impressa subisca anche tale parziale sospensione/revoca degli affidamenti, prevedeva che essa non potesse durare oltre “il momento della conferma delle misure protettive”, con ciò ristabilendo anche per l'ammontare non ancora utilizzato delle linee già accordate quell'effetto impositivo/coercitivo relativo alle linee di credito/affidamento eventualmente esistenti al momento dell'accesso alla CNC.

Tale proposta di integrazione dei predetti articoli avrebbe avuto unicamente un effetto boomerang rispetto agli obiettivi inequivocabilmente appostati dal legislatore, ed invero:

  1. il sistema bancario sarebbe stato ancora più rigoroso nell'ambito del monitoraggio e propenso a revocare o sospendere le linee di credito alla percezione dei primi indizi di criticità e, comunque, con maggiore precocità rispetto alle prassi fino ad oggi seguite, onde evitare di ritrovarsi, all'apertura della CNC, nella denegata condizione di non poter decidere liberamente e responsabilmente circa l'impiego della propria raccolta;
  2. la previsione di questa integrazione in seno all'art. 18 comma 5, e cioè in ipotesi in cui risulti necessario per l'impresa ottenere misure a protezione del proprio patrimonio minacciato di aggressione da parte dei creditori, dimostra – se ancora ci fosse bisogno – come la prima versione del correttivo cozzasse irrimediabilmente con le esigenze tipiche di scenari che, lungi dal mero squilibrio economico-finanziario temporaneo, ovvero dalla c.d. “pre-crisi”, riguardano per contro la crisi conclamata ovvero l'insolvenza, scenari, cioè, che incontestabilmente determinano per il sistema bancario la assoluta necessità di mantenere una libera discrezionalità circa l'assunzione di gravi rischi cui viene evidentemente sottoposta l'erogazione della finanza in progress, ovvero il mantenimento di linee di credito o affidamenti deliberati anteriormente all'accesso alla CNC; la sottrazione alla banca di tale discrezionalità proprio nel momento in cui la valutazione si fa più critica, evoca lampanti profili di incostituzionalità in relazione agli artt. 41 (libertà dell'iniziativa economica) e 47 (tutela del risparmio);
  3. il pregiudizio cui il sistema bancario sarebbe stato sottoposto è costituito vieppiù – in ipotesi in cui fosse ordinato il mantenimento della finanza in progress – dall'ineluttabile aumento dell'NPE ratio, ovvero dell'aggravarsi del rapporto tra il credito deteriorato e impieghi, indicatore che lo stesso “considerando n. 3 della direttiva 1023/19” espressamente esige che non si verifichi;
  4. la previsione nell'ultimo periodo del comma 5 dell'art. 18, laddove stabilisce che “la prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca” (mantenuta nell'attuale versione), mentre da un lato – come sopra si è già avuto modo di precisare – esclude il rischio per gli istituti di credito di incorrere nella responsabilità per concessione abusiva di credito in ipotesi di successiva liquidazione giudiziale, dall'altro non individua i soggetti nei confronti dei quali far valere la responsabilità per il pregiudizio in cui incorrano le banche e gli altri creditori, in ipotesi di successivi inadempimenti da parte dell'impresa, o comunque in ipotesi di aggravamento del passivo che sia stato reso possibile dal prosieguo di una continuità aziendale in perdita, a seguito del mantenimento degli affidamenti frutto dell'effetto impositivo/coercitivo sancito dalle norme in commento. In altri termini, una volta chiarito che la banca, obbligata a consentire ulteriori utilizzi nonostante la manifestata volontà di revocarli, non è responsabile di tale pregiudizio, è inevitabile l'indagine su quali siano allora i soggetti (organo amministrativo dell'impresa, advisors, esperto…) che si assumono tale responsabilità verso banche e altri creditori, per avere imposto il finanziamento della continuità aziendale nonostante il diverso avviso dei finanziatori.

Alla luce delle considerazioni che precedono, a parere di chi scrive, nel disegno tracciato dalla prima bozza di correttivo, l'unica condizione affinché l'impresa potesse verosimilmente ottenere i finanziamenti necessari al superamento della crisi sarebbe stato costituito dalla possibilità di richiedere l'autorizzazione ex art. 22 comma 1, lett. a). c.c.i.i.che consentisse al sistema bancario di decidere, sia per quel che riguarda la finanza in progress, sia per quanto riguarda la finanza ex nunc, secondo il prudente apprezzamento del merito creditizio in capo all'impresa che acceda alla CNC e, pertanto, sulla scorta del rigoroso vaglio da parte del tribunale circa la sussistenza di presupposti ivi previsti e costituiti dalla possibilità per il debitore di richiedere l'autorizzazione giudiziale a contrarre finanziamenti (ovvero a mantenere quelli già deliberati e non totalmente utilizzati) a condizione che gli stessi siano:

  1. funzionali alla continuità aziendale (proficua);
  2. finalizzati al miglior soddisfacimento del ceto creditorio.

Ed invero, l'integrazione prevista dal legislatore al predetto art. 22, lett. a), c.c.i.i. oltre a precisare che l'autorizzazione giudiziale è principalmente finalizzata al riconoscimento della prededuzione a favore del sistema bancario (non prevista invece nella ipotesi in cui si propenda per l'effetto impositivo o coercitivo di cui all'art 18 commi 5 e 5-bis), espressamente attribuisce al tribunale il potere di “autorizzare l'accordo con la banca alla riattivazione di linee di credito sospese per l'effetto degli artt. 16 comma 5, 18 comma 5 o prima dell'accesso alla composizione negoziata”, con ciò confermando circostanze assolutamente significative:

  1. che “la riattivazione di linee di credito sospese”, aventi cioè ad oggetto finanza in progress, equivale all'ipotesi di “autorizzazione a contrarre finanziamenti” e cioè finanza ex nunc;
  2. che lo strumento per ottenere il sostegno finanziario (attraverso la riattivazione) alle imprese meritevoli non possa essere ottenuto in forza delle previsioni di cui all'art 18 comma 5 (il comma 5-bis non è stato neppure richiamato), ma unicamente attraverso la richiesta di autorizzazione correttamente prevista dall'art. 22 lettera a);
  3. l'insanabile contrasto/incompatibilità tra la disciplina dell'art. 18 commi 5 e 5-bis (previsione di effetti impositivi) e quella di cui all'art. 22 comma 1 lett. a), laddove quest'ultima presuppone che la sospensione ex artt. 16 comma 5 e 18 comma 5 permanga ben oltre la conferma delle misure protettive, tanto da rendere opportuni sia l'accordo banca/impresa volto alla riattivazione delle linee di credito sospese, sia la richiesta autorizzazione giudiziale!

A ciò si aggiunga che la prevista integrazione all'art. 22 – che a parere di chi scrive merita accoglimento – consentirà altresì all'impresa meritevole di riattivare anche quelle linee che dovessero essere state sospese o revocate ante accesso alla CNC, e che l'art. 18 commi 5 e 5-bis non disciplina!

L'ultima versione dello schema di decreto correttivo

A seguito delle modifiche al correttivo contenute della nuova bozza approvata, in data 10 giugno 2024, da parte del CdM – da chi scrive accolte con favore, con particolare riferimento alla disposizione di cui all'art. 18 commi 5 e 5-bis –, si rendono necessarie talune sintetiche osservazioni ed integrazioni a quanto affermato nelle precedenti pagine.

Il legislatore ha invero emendato in guisa corretta e puntuale, a parere di chi scrive, il penultimo periodo del comma 5 dell'art. 18, che ora recita: “restano ferme in ogni caso la sospensione e la revoca delle linee di credito disposte per effetto dell'applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale”.

Ed infatti ciò che resta “fermo” sono la sospensione e la revoca delle linee di credito e non la disciplina di vigilanza prudenziale, come previsto nella prima bozza di correttivo.

Ed ancora: il legislatore ha eliminato il riferimento agli “affidamenti che eccedono l'ammontare delle linee di credito utilizzate al momento dell'accesso alla composizione negoziata”: tale intervento consente pertanto di mantenere l'efficacia della sospensione o della revoca delle linee di credito indipendentemente dall'eventuale utilizzo minore o maggiore rispetto all'accordato.

In altre parole, non sussiste più – in ipotesi di sospensione o revoca delle linee giusta applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale – quell'effetto impositivo/coercitivo contestato dal sistema bancario, in quanto finalizzato a forzare il mantenimento dell'utilizzo della raccolta di risparmio in una situazione ritenuta dalle banche ad alto rischio di deterioramento.

Allo stesso modo il comma 5-bis della nuova bozza di correttivo ha confermato per le Banche la possibilità di mantenere la sospensione relativa alle linee di credito accordate al momento dell'accesso alla CNC se “dimostrano che la sospensione è determinata dall'applicazione della disciplina della vigilanza prudenziale”.

Il non aver menzionato nel comma 5-bis la revoca delle linee di credito appare una semplice dimenticanza.

Alla luce delle considerazioni che precedono deve dunque rilevarsi come:

  1. In ipotesi di richiesta delle misure protettive da parte dell'imprenditore, non sussiste più il rischio di un effetto impositivo/coercitivo che riguardi la banca con riferimento al mantenimento delle linee di credito già utilizzate o accordate al momento dell'accesso alla CNC, laddove la banca abbia già disposto la sospensione o la revoca delle stesse in applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale.
  2. Dal tenore letterale del penultimo periodo del comma 5 dell'art. 18 può ritenersi – a parere di chi scrive – affermata la specialità della disciplina di cui all'art. 16 comma 5, rispetto a quella dell'art. 18, come auspicato nelle pagine che precedono la seguente integrazione. Invero, la sospensione o revoca anteriore, contestuale o successiva all'apertura della CNC ricevono il medesimo trattamento, con prevalenza della disciplina di vigilanza prudenziale, come confermato altresì dalla eliminazione, all'art. 22 comma 1, lett. a), della rilevanza data al momento in cui è intervenuta la sospensione.

A questo punto anche la modifica dell'art. 22 comma 1, lett. a) appare effettuata in linea con l'integrazione all'art 18 commi 5 e 5-bis, delineando efficacemente quale sia il percorso che l'impresa deve seguire qualora ritenga necessario contrarre finanziamenti, ovvero mantenere le linee di credito accordate ante-accesso alla CNC e sospese per gli effetti di cui agli artt. 16 comma 5, e 18 commi 5 e 5-bis, c.c.i.i..

 A tale proposito va opportunamente posto in rilievo come il legislatore abbia aggiunto all'art. 22 il comma 1-bis e 1-ter c.c.i.i. proprio per confermare che l'attuazione del provvedimento autorizzato possa avvenire sia prima, sia dopo la chiusura della CNC, se previsto dal tribunale o indicato dall'esperto, e che la prededucibilità che assiste la concessione di nuovi finanziamenti o la riattivazione delle linee sospese operi qualunque sia “l'esito della CNC in caso di apertura di concorso permanendo anche in ipotesi di procedure che si susseguono”. L'obiettivo del Legislatore appare pertanto quello di stimolare l'impresa a richiedere l'autorizzazione del tribunale volta a consentire il sostegno dell'intermediario finanziario. A parere di chi scrive, in ipotesi in cui il correttivo non subisca modifiche agli artt. 16 comma 5, e 18 comma 5 e 5-bis, è opportuno e non più procrastinabile incentivare il sistema bancario ad intervenire nel percorso di risanamento delle imprese meritevoli mediante il necessario sostegno finanziario che venga autorizzato ex art. 22.

E così, allorquando sussista:

  1. un progetto industriale di risanamento sostenibile;
  2. la funzionalità dei finanziamenti o delle linee di credito precedentemente accordate alla continuità aziendale proficua;
  3. il miglior soddisfacimento dei creditori,

l'art. 22 dovrebbe esplicitamente consentire che la finanza erogata dalle banche possa ritenersi non deteriorata e conseguentemente classificata a stage 1, in puntale e corretta applicazione del principio contabile IFRS 9, fino all'eventuale manifestarsi di successivi sintomi di deterioramento.

È invero appena il caso di sottolineare che la predetta classificazione dei crediti derivanti da finanziamenti autorizzati risulti oramai “sdoganata” dal Legislatore, in quanto già prevista dal correttivo all'art. 16 comma 5, laddove viene sancita la possibilità di mantenere una classificazione “non deteriorata”, nonostante la confessione da parte dell'impresa di una situazione di squilibrio economico finanziario, ovvero di crisi, ovvero di insolvenza risanabile! L'auspicio di chi scrive prevede, per contro, che la classificazione a deteriorato per i crediti anteriori non condizioni in guisa vincolante la classificazione della finanza autorizzata (o riattivata), proprio attesa la ritenuta sussistenza dei presupposti di cui alle precedenti lettere a), b) e c), nonché della prededuzione e delle eventuali garanzie.

Il medesimo ragionamento può essere evidentemente applicato anche ai finanziamenti richiesti o alle linee di credito mantenute ex art. 99 c.c.i.i., laddove da un lato si preservi la discrezionalità delle banche nella concessione di nuova finanza (anche in relazione al mantenimento delle linee in essere) e d'altro lato si stimoli e valorizzi l'autorizzazione giudiziale alla volontaria concessione di tale finanza alle imprese meritevoli, prevedendo altresì che gli utilizzi autorizzati dal tribunale, ed oggetto di accordo con gli istituti di credito ex art. 22, comma 1, lett. a), c.c.i.i. non debbano comportare i gravosi accantonamenti a conto economico, proprio sul ritenuto presupposto del merito di credito (e quindi del venir meno del rischio di credito) in relazione agli utilizzi medesimi.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario