Riflessioni sulla tormentata storia del redditometro

24 Luglio 2024

Il contributo affronta la tormentata questione del nuovo redditometro, strumento di determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche che è stato introdotto dal d.m. 7 maggio 2024 e poi sospeso a distanza di pochi giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Premessa

L'idea suggestiva che l'evasione delle persone fisiche possa essere facilmente contrastata ponendo a raffronto i redditi dichiarati (normalmente esigui) con la disponibilità “sotto la luce del sole” di determinati beni (rivelatori di più elevata capacità contributiva) è un mantra ripetuto dal comune contribuente, ignaro della complessità delle questioni fiscali e delle insidie che affiorano a ogni tentativo di accertare il reddito su base presuntiva.

Il mito della certezza del diritto e le difficoltà degli accertamenti presuntivi

A differenza dei bilanci delle società strutturate, la cui attendibilità è presidiata, ancor prima che dai controlli dell'amministrazione finanziaria, dai vari stakeholders e da un robusto apparato di norme civili e penali, le scritture contabili dei restanti contribuenti, redatte per finalità essenzialmente fiscali, molto più spesso si rivelano inaffidabili. Da qui la scarsa proficuità degli accertamenti analitico-contabili, ossia basati sulle risultanze delle scritture tenute da piccoli e medi contribuenti. Tuttavia l'esigenza di incrementare l'efficacia dei controlli facendo uso di strumenti presuntivi, avvertita come alternativa all'illusione di contrastare su base analitico-documentale l'evasione diffusa nella vasta platea dei menzionati contribuenti, è tuttora senza risposta. Il mito della certezza del diritto si frappone puntualmente ad ogni tentativo di affrontare con realismo e buon senso, così come avviene in tutti i paesi occidentali, il tema dell'accertamento induttivo o sintetico del reddito delle persone fisiche. Basti pensare all'affossamento degli studi di settore, barattati con la definizione di strumenti di mera selezione dei controlli (ISA), oppure alle travagliate vicende del redditometro che hanno fin qui ostacolato la proficuità dell'accertamento sintetico.  

Il ripensamento del governo che con atto di indirizzo del 23 maggio 2024 ha rinviato l'entrata in vigore del redditometro approvato con il d.m. 7 maggio 2024, ripropone l'annosa ed irrisolta questione dell'evasione delle persone fisiche, cui neppure la recente riforma fiscale sembra riservare attenzioni particolari che vadano oltre l'introduzione del concordato preventivo.

La storia tormentata del redditometro

Nella originaria versione in vigore dal 1° gennaio 1974, l'accertamento sintetico veniva proposto come strumento residuale, da utilizzare solo in caso di infruttuosità dell'accertamento condotto sulle singole categorie reddituali, rispetto al quale la determinazione sintetica subentrava in ultima istanza e, comunque, come criterio complementare per l'accertamento dell'IRPEF.  In quel contesto l'ufficio poteva determinare sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione al contenuto induttivo di determinati elementi e circostanze di fatto certi da individuare e quantificare con apposito decreto ministeriale. Solo a distanza di tempo, con il d.m. 10 settembre 1992, è stato approvato il primo “redditometro”, inteso come strumento di supporto all'accertamento sintetico, con il quale si intercettava la capacità contributiva induttivamente espressa dalla “disponibilità” di pochi beni e servizi (aeromobili, imbarcazioni da diporto, autoveicoli, roulottes, residenze, colf, cavalli da corsa e assicurazioni). In breve, da un fatto certo (disponibilità dei beni) si perveniva, per inferenza logica, alla dimostrazione di un fatto incerto (possesso di reddito).

Con il proposito di superare la connotazione presuntiva della soluzione iniziale, il d.l. n. 78/2010 ha inteso affinare l'accertamento sintetico, facendone strumento di controllo massivo basato sulla ricognizione analitica di qualsiasi genere di spese sostenute nel corso del periodo d'imposta. Da qui il redditometro varato con il d.m. 24 dicembre 2012 che converte in reddito, in aggiunta alle spese desumibili dalle risultanze dell'anagrafe tributaria, una miriade di spese presunte ricavate dalle ricognizioni ISTAT, oltre agli investimenti e ai risparmi.

Nonostante le ampie aspettative di gettito, quantificate in 815 milioni di euro per il solo anno 2013, il nuovo accertamento sintetico ha avuto scarsa applicazione assicurando gettiti irrisori (appena 300 mila euro nell'anno 2022). Benché non avesse mai turbato il sonno degli evasori, il redditometro, nel frattempo riformulato con d.m. 16 settembre 2015, è stato “bloccato” dal governo pro-tempore con il d.l. 12 luglio 2018, n. 87, ammettendone tuttavia l'utilizzo limitatamente agli accertamenti relativi ai periodi d'imposta 2015 e precedenti.

Infine, il redditometro introdotto con il menzionato d.m. 7 maggio 2024, oggetto della recente sospensione, ripropone nella sostanza la medesima struttura della precedente versione.

Profili problematici del redditometro

In vista di una prossima riattivazione, occorre interrogarsi sulla effettiva idoneità del menzionato redditometro a contrastare l'evasione delle persone fisiche e, in particolare, sulle motivazioni che ne hanno accompagnato l'approvazione nel 2013 nella convinzione che il metodo analitico di ricognizione delle manifestazioni di spesa, possa sottrarsi agli inconvenienti del precedente redditometro di stampo presuntivo.

Se si guarda alle implicazioni operative del redditometro attualmente sospeso, non è dato coltivare tante illusioni. Prima di tutto perché le più significative manifestazioni di spesa solitamente si riferiscono a beni intestati a società e, conseguentemente, non possono essere imputate ai soci quali effettivi beneficiari, senza avvalersi di presunzioni che, allo stato, non sono ammesse. Allo stesso modo, le spese per beni e servizi relativi all'attività d'impresa o all'esercizio di arti e professioni, come si afferma espressamente all'art. 2 comma 2, del d.m. 7 maggio 2024, «non si considerano sostenute dalla persona fisica».

Così circoscritto l'ambito operativo del redditometro, si osserva che la conversione in reddito della minuziosa e analitica ricognizione delle residue manifestazioni di spesa non è immune da passaggi presuntivi né da difficoltà operative. Basti pensare alla valorizzazione del paniere estremamente dettagliato di spese medie rilevate dall'ISTAT e attribuibili in via presuntiva ai singoli contribuenti (consumi di generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature; fitto figurativo, acqua e condominio, spese di manutenzione ordinaria; pezzi di ricambio, carbolubrificanti e manutenzione per automezzi e natanti; spese tram, autobus e taxi; libri e tasse scolastiche; spesa per cavalli; spesa per la cura delle persone) oppure agli investimenti che esprimono redditi imputabili integralmente, sempre in via presuntiva, all'anno in cui sono realizzati. Si pensi ancora alla difficoltà del contribuente di superare le presunzioni legali relative, contemplate dal redditometro, fornendo prova documentale della provenienza da terzi dei fondi impegnati nelle spese oppure alla difficoltà dell'amministrazione di gestire l'accertamento sintetico nei confronti del contribuente integrato in una famiglia, stante la necessità di imputare ai singoli componenti le spese sostenute dal complesso dei familiari oppure di giustificare le sottostanti manifestazioni finanziare mediante redditi dichiarati da altri componenti della famiglia o da parenti e affini. Le difficoltà di gestione della massa di elementi individuati dal redditometro sospeso sono tali e tante da far rimpiangere il primo redditometro che, nel trasformare in reddito la “disponibilità” di pochi e significativi beni, aveva almeno il pregio di risultare più immediato e comprensibile.

I connotati insopprimibili dell'accertamento sintetico

È tuttavia imprescindibile e connaturale all'accertamento sintetico la necessità, da un lato, di valorizzare il contenuto induttivo di determinati elementi indicativi di capacità contributiva, dall'altro, di valutare la fondatezza delle prove contrarie offerte dai contribuenti impossibilitati a esibire idonea documentazione.

Se questi sono gli snodi incomprimibili dell'accertamento sintetico, sostanzialmente riproposti dalla versione ultima del redditometro, inseguire il mito della certezza del diritto per accreditare improbabili soluzioni che prescindano dall'impiego di presunzioni è fuorviante, non meno del proponimento di affidare all'intelligenza artificiale le sorti dell'accertamento sintetico.

Al contrario, si richiede un approccio realistico che metta l'amministrazione finanziaria al centro della dinamica dei controlli. Se dotata delle risorse necessarie, l'amministrazione è senz'altro in grado di gestire responsabilmente i controlli nei confronti delle persone fisiche, avvalendosi degli elementi anche presuntivi forniti dal sistema informativo e validati in contraddittorio con il contribuente. Senza coltivare facili entusiasmi e al riparo dagli automatismi che, esautorando il ruolo dell'amministrazione, finirebbero per assecondare i disegni degli evasori più attrezzati.

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