Tardivo od omesso versamento IVA: la Corte di cassazione recepisce le novità del d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87

24 Settembre 2024

Il contributo fornisce un'analisi del d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, recante la revisione del sistema sanzionatorio tributario, e delle modalità con cui la Corte di cassazione, nella sentenza 25 luglio 2024, n. 30532, lo ha recepito in caso di ritardato o omesso versamento IVA. 

Premessa

A seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale è entrato formalmente in vigore il d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87 di «Revisione del sistema sanzionatorio tributario», in attuazione dell'art. 20 l. 9 agosto 2023, n. 111 che – tra le altre – ha modificato i reati tributari previsti dal d.lgs. n. 10 marzo 2000, n. 74 tra cui il delitto di tardiva o omesso versamento iva previsto dall'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000; tale innovazione normativa è già stata recepita, almeno in via generale, da una recente pronuncia della Corte di cassazione (Cass. pen., sez. III, 25 luglio 2024, n. 30532).

Recenti modifiche in tema di tardivo o omesso versamento Iva

Pare opportuno, al fine di circoscrivere il perimetro applicativo, evidenziare le sopravvenute modifiche normative.

Il d.lgs. n. 87/2024 ha riscritto alcuni dei reati tributari prevedendo delle sostanziali modifiche anche con riferimento alle sanzioni amministrative.

La sanzione amministrativa per il ritardato o omesso versamento IVA è stata infatti ridotta, passando dal 30% al 25%, mentre resta invariata la previsione normativa che prevede una riduzione al 50% se il ritardo nel versamento non eccede 90 giorni e l'ulteriore riduzione a 1/15 per ciascun giorno di ritardo per i versamenti effettuati con un ritardo entro i 15 giorni.

La sostanziale modifica attiene al testo dell'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 che ora prevede: «È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla medesima dichiarazione, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d'imposta, se il debito tributario non è in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell'articolo 3-bis del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462. In caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell'articolo 15-ter del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, il colpevole è punito se l'ammontare del debito residuo è superiore a settantacinquemilaeuro».

In primo luogo, è stato modificato il termine ultimo oltre il quale si configura il reato che passa dalla scadenza del versamento dell'acconto IVA dell'anno successivo al 31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale IVA.

Oggetto di modifica è stato anche l'importo del versamento e la condizione del soggetto passivo quale la mancata adesione a un piano di rateazione se l'ammontare non versato, nei termini temporali sopra definiti, è superiore a 250.000 euro o l'adesione ad un piano di rateazione dal quale il contribuite decade; in tal caso il reato si configura se l'ammontare del debito residuo è superiore a 75.000 euro.

Se invece vi è stata adesione a un piano di rateazione e vi è regolarità con i pagamenti non sussiste alcun reato.

Inoltre, la norma prevede che, ai fini dell'applicazione del reato di omesso versamento, gli esiti del controllo automatizzato siano comunicati al contribuente entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello di presentazione della relativa dichiarazione.

Nelle more del ricevimento di tale comunicazione, il contribuente può provvedere spontaneamente al pagamento rateale dell'IVA nella misura di almeno un ventesimo per ciascun trimestre solare, versando – entro il 31 dicembre del secondo anno successivo all'anno d'imposta di riferimento – la prima rata e le successive entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre (A. Matellotta, Omesso o tardivo versamento IVA: come cambia il sistema sanzionatorio, Milano, 27 maggio 2024).

Sono poi previste alcune particolari cause di non punibilità previste dall'art. 13, commi 3-bis e 3-ter, d.lgs. n. 74/2000.

In particolare, il comma 3-bis prevede che: «I reati di cui agli articoli 10-bis e 10-ter non sono punibili se il fatto dipende da cause non imputabili all'autore sopravvenute, rispettivamente, all'effettuazione delle ritenute o all'incasso dell'imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell'autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi».

Viene in definitiva codificata la c.d. esimente da crisi di liquidità dovuta per tutte quelle situazioni in cui vi sia un credito che non sia stato corrisposto da un terzo debitore, ovvero dalla Pubblica amministrazione.

Le cause della crisi devono essere sopravvenute all'effettuazione delle ritenute (nel caso dell'art. 10-bis), ovvero all'incasso dell'IVA (nel caso dell'art. 10-ter).

La seconda specificazione, che sembra porsi in contrasto con la fattispecie tipica dell'art. 10-ter che, invece, come noto, individua il presupposto della condotta di omesso versamento nell'avere semplicemente dichiarato l'IVA fatturata, e non anche nell'averla incassata mediante il pagamento delle fatture: pertanto, guardando alla struttura del reato di omesso versamento di IVA, risulta penalmente rilevante anche l'omesso versamento di un'imposta che il contribuente non ha neppure mai percepito a sua volta dal proprio cliente

L'esimente pare muoversi sul piano dell'inesigibilità della condotta, quale ipotesi speciale riconducibile al genus delle cause di forza maggiore (R. Lucev, Nuove prospettive di non punibilità dei reati tributari nello schema di decreto legislativo n. 144, in Giur. Pen., 24 aprile 2024).

Esaminando le ulteriori modifiche si evince come l'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 preveda la non punibilità «se il debito tributario non è in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell'articolo 3-bis del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462. In caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell'articolo 15-ter del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, il colpevole è punito se l'ammontare del debito residuo è superiore a cinquantamila euro».

In tal senso quindi se il contribuente si è attivato per rateizzare il proprio debito tributario non sarà chiamato a rispondere del reato di cui all'art. 10-ter e nemmeno se, in caso di decadenza dal beneficio della rateizzazione, la somma residua si inferiore a cinquantamila euro.

In tal senso si potrebbe quindi ritenere che vi sia una doppia causa di non punibilità, la prima data dalla rateizzazione del debito e la seconda dal residuo della somma inferiore alla soglia prevista dal legislatore.

Primi recepimenti della giurisprudenza di legittimità

Come evidenziato, la Corte di cassazione ha tenuto conto delle modifiche normative apportate dal d.lgs. n. 87/2024.

La sentenza origina dal ricorso presentato dal difensore dell'imputato contro la sentenza emessa dalla Corte d'Appello che aveva confermato la pronuncia del Tribunale relativa alla violazione dell'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000; il ricorso si basava sul vizio di motivazione.

Preliminarmente la Corte, richiamando alcuni precedenti orientamenti giurisprudenziali sul punto (ex multis Cass. Pen., sez. III, 5 maggio 2021, n. 31352), afferma che: «In tema di reati tributari, l'omesso versamento dell'IVA dipeso dal mancato incasso di crediti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall'art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, trattandosi di inadempimento riconducibile all'ordinario rischio di impresa, sempre che tali insoluti siano contenuti entro una percentuale da ritenersi fisiologica».

Tuttavia, sul punto, è necessario tenere adeguato conto delle deduzioni difensive volte a comprovare una concreta impossibilità di far fronte agli obblighi di versamento, per la situazione di crisi dell'impresa determinata da ingenti inadempimenti dei clienti, le modalità e le tempistiche del ricorso al credito da parte del soggetto agente.

Infine, la Corte si focalizza sulla nuova disciplina prevista dal d.lgs. n. 87/2024 ed in particolare sulla causa di non punibilità di nuovo conio.

L'art. 13 d.lgs. n. 74/2000 ha infatti introdotto (con il nuovo comma 3-bis) una ulteriore causa di non punibilità per i reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del medesimo decreto «(…) se il fatto dipende da cause non imputabili all'autore sopravvenute, rispettivamente, all'effettuazione delle ritenute o all'incasso dell'imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell'autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi».

In tal senso quindi la sussistenza di cause non imputabili all'imputato contribuente quali, ad esempio, il mancato pagamento da parte di un committente che aggravi la situazione economica della società può comportare, previo adeguato riscontro, la possibile applicazione della nuova causa di non punibilità.

Brevi considerazioni conclusive

Come evidenziato le novità in materia penal-tributaria apportate dal d.lgs. n. 87/2024 incidono in maniera profonda sulla disciplina in parola e, in particolare, sul d.lgs. n. 74/2000.

Da un lato la norma sembra voler portare maggiore chiarezza andando a definire, all'art. 1, le varie nozioni di crediti, dall'altro introduce delle e vere e proprie cause di non punibilità in presenza di determinate circostanze.

In particolare, per i reati dichiarativi, si avrà non punibilità ex  art. 13, comma 2, d.lgs. 74/2000 in caso di pagamento entro la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado ed a seguito di ravvedimento operoso spontaneo; si potrà avere invece particolare tenuità ex art. 131-bis c.p. in caso di ravvedimento eseguito dopo la formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o comunque di pagamento eseguito oltre il termine dell'apertura del dibattimento (R. Lucev, Op. cit.).

Appare infine positiva la circostanza che la Corte di cassazione, nonostante il d.lgs. n. 87/2024 si applicherà alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024, abbia tenuto conto, quantomeno in termini generali, di tale novella normativa che dovrebbe comportare l'utilizzo della sanzione penale come extrema ratio, privilegiando meccanismi conciliativi.

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