Se la difesa lo chiede il giudice deve accertare se l’intercettazione è legittima
24 Ottobre 2024
La questione La Corte di cassazione ha esaminato il caso dell'omessa allegazione, da parte del P.M., dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche in sede di richiesta di misura cautelare e successiva mancata trasmissione degli stessi al tribunale del riesame. La questione da decidere era piuttosto delicata perché ci si domandava se da tale omissione del P.M. derivassero o meno degli effetti in ordine all'efficacia della misura cautelare applicata oppure riguardo all'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni. Lo stato della giurisprudenza Nella sentenza annotata la Suprema Corte afferma un principio di diritto indiscutibile, secondo cui, il P.M. non è tenuto ad allegare al tribunale del riesame i decreti autorizzativi dell'intercettazione, ma se la difesa lo chiede il tribunale ha l'obbligo di acquisire tali provvedimenti autorizzatori. In giurisprudenza si afferma che, in tema di intercettazione di comunicazioni, la mancata allegazione, da parte del P.M., dei relativi decreti autorizzativi a corredo della richiesta di applicazione della misura cautelare e la successiva omessa trasmissione degli stessi al tribunale del riesame, a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo, non determina l'inefficacia della misura ex art. 309, comma 10, c.p.p., né l'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, che consegue, a norma dell'art. 271 c.p.p. soltanto, in caso di adozione dei decreti fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 267 e 268 c.p.p. Sul tema, infatti, intervennero le S.U. della Suprema Corte, che riconobbero che il P.M. deve presentare al G.i.p., a fondamento della richiesta di una misura cautelare, o al tribunale in sede di riesame o di appello, i decreti di autorizzazione, convalida e proroga dell'intercettazione [Cass., sez. un., 27.3.1996, Monteleone, in Cass. pen., 1996, p. 2913], aggiungendo che l'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni di comunicazioni ha rilievo anche nel procedimento cautelare per cui, sia in sede di richiesta di misura cautelare, sia nel procedimento di riesame o di appello, il P.M. ha l'onere di allegare i decreti autorizzativi delle intercettazioni e, in caso di mancata allegazione dei decreti al tribunale del riesame o dell'appello, l'art. 309, comma 10, c.p.p. impone la dichiarazione di inefficacia della misura cautelare. Ma una successiva pronuncia, ancora a Sezioni Unite, precisò che l'inefficacia del provvedimento custodiale consegue soltanto al mancato invio al tribunale del riesame di tutti gli atti a suo tempo trasmessi al G.i.p.; quando invece quest'ultimo giudice aveva ricevuto gli atti in maniera parziale, come nella fattispecie concreta esaminata dalla sentenza in commento, siffatta sanzione non opera [Cass. pen., sez. un., 20.11.1996, Glicora, in Dir. pen. e proc., 1997, 416]. In questo modo il giudice può verificare la legittimità degli elementi probatori che gli sono offerti e che potrebbe porre a fondamento della sua decisione. Successivamente la Suprema Corte ha affermato che non può, dalla mancata trasmissione al tribunale del riesame, da parte del pubblico ministero, dei decreti autorizzativi, legittimamente inferire l'inesistenza dei decreti stessi che, sola, produrrebbe l'inutilizzabilità dei risultati di indagine da essi ricavati e sui quali il giudice per le indagini preliminari ha fondato il giudizio sulla positiva esistenza dei gravi indizi legittimanti l'emissione della misura [Cass., sez. IV, 1.6.2001, Laribi, n. 27961, Rv. 219685]. Qualche pronuncia più garantista ha riconosciuto che la ritualità delle intercettazioni sotto il profilo dell'esistenza dei decreti di autorizzazione è questione rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento e, qualora contestata, dev'essere accertata dal giudice procedente in termini di oggettiva certezza affinché, mediante il controllo della legittimità delle intercettazioni stesse da parte del giudice, sia tutelato il principio della legalità della prova [Cass., Sez. IV, 28.1.2000, Maniscalco, in Giust. pen., 2001, III, 419]. La Corte di cassazione aveva già affermato il principio ribadito nella sentenza annotata: essa si era infatti spinta ad affermare che, in materia di procedimento di riesame di misure cautelari personali, ove il P.M., in sede di richiesta di una misura cautelare, abbia omesso di trasmettere al giudice copia dei decreti autorizzativi delle intercettazioni di comunicazioni, e la difesa dell'indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione dei decreti in relazione alla proposta istanza di riesame, dall'omissione del P.M. nel provvedere alla trasmissione di tale documentazione consegue l'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni eseguite [Cass. pen., sez. VI, 6.11.2017, n. 56990, H.Z., in Cass. pen., 2018, p. 3809]. Conclusioni La Corte, nella sentenza annotata, precisa che grava sul tribunale l'obbligo di acquisire tali provvedimenti autorizzatori, a garanzia del diritto di difesa della parte che ne abbia fatto richiesta ai fini del controllo circa la loro sussistenza e legittima adozione. Di conseguenza, la Suprema Corte, nella fattispecie, ha annullato l'ordinanza del Tribunale del riesame che aveva omesso l'acquisizione dei decreti autorizzativi posti a fondamento del provvedimento genetico e di quello reiettivo dell'impugnazione, sull'erroneo rilievo dell'inconferenza della deduzione difensiva, in ragione dell'avvenuta messa a disposizione, da parte del pubblico ministero, dei soli supporti informatici delle captazioni. La decisione pare ragionevole ed equilibrata perché riconosce il diritto di difesa che non può non spingersi ad accertare se l'avvenuta limitazione della segretezza delle comunicazioni è stata legittima o meno. Anzi, dovremmo dire, che l'accertamento della legittimità delle operazioni di intercettazione compete d'ufficio al giudice, il quale deve sempre accertare la legalità delle prove che pone a fondamento della sua decisione. |