Corpo del reato

Chiara Fiandanese
03 Luglio 2018

Il sequestro probatorio previsto dagli artt. 253 e ss. c.p.p. è un mezzo di ricerca della prova che ha come fine quello di acquisire al procedimento elementi necessari alla ricostruzione del fatto. Il comma 1 prevede che, oggetto di sequestro, possano essere il corpo del reato e le cose pertinenti al reato. Per quanto riguarda il corpo del reato, il comma 2 fornisce un'esauriente definizione; per ciò che concerne le cose pertinenti al reato, la definizione è stata lasciata espressamente dal Legislatore all'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale in quanto il codice di procedura penale non ne offre alcuna. L'art. 253, comma 2 c.p.p. definisce corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo che comprendono sia le cose acquisite ...
Inquadramento

Il sequestro probatorio previsto dagli artt. 253 e ss. c.p.p. è un mezzo di ricerca della prova che ha come fine quello di acquisire al procedimento elementi necessari alla ricostruzione del fatto.

Il comma 1 prevede che, oggetto di sequestro, possano essere il corpo del reato e le cose pertinenti al reato.

Per quanto riguarda il corpo del reato, il comma 2 fornisce un'esauriente definizione; per ciò che concerne le cose pertinenti al reato, la definizione è stata lasciata espressamente dal Legislatore all'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale in quanto il codice di procedura penale non ne offre alcuna.

Nozione
L'art. 253, comma 2 c.p.p. definisce corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo che comprendono sia le cose acquisite direttamente con il reato o da questo create, sia qualsiasi vantaggio patrimoniale e non patrimoniale tratto dal reato, sia i beni valutabili economicamente dati o promessi al colpevole per la consumazione del reato.

Nella nozione di corpo di reato, quindi, sono ricomprese tutte quelle cose sulle quali o mediante le quali viene commesso il reato o che dello stesso costituiscono l'effetto immediato.

Differenza tra corpo del reato e cose pertinenti al reato

La nozione di cose pertinenti al reato è lasciata espressamente dal Legislatore all'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale e comprende anche il corpo del reato.

Le cose pertinenti al reato sono quelle che servono ad accertare la consumazione del reato, il suo autore e le circostanze del reato.

Ai fini della formazione del fascicolo per il dibattimento, l'espressione cose pertinenti al reato è più ampia di quella di corpo di reato e comprende non solo qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu commesso o che ne costituisce il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quella legata, pur solo indirettamente, alla fattispecie criminosa (Cass. pen., Sez. III, 15 gennaio 2016, n. 31415).

Il corpo del reato è costituito dalle cose che sono in rapporto diretto e immediato con l'azione delittuosa, mentre tra le cose pertinenti al reato rientrano tutte quelle che sono in rapporto indiretto con la fattispecie criminosa concreta e risultano strumentali all'accertamento dei fatti, ovvero quelle necessarie alla dimostrazione del reato e delle sue modalità di preparazione ed esecuzione, alla conservazione delle tracce, all'identificazione del colpevole, all'accertamento del movente ed alla determinazione dell'ante factum e del post factum comunque ricollegabili al reato, pur se esterni all'iter criminis, purché funzionali all'accertamento del fatto ed all'individuazione dell'autore.

Sequestro probatorio

Il sequestro probatorio previsto dall'art. 253 c.p.p. non è una misura cautelare come il sequestro preventivo e quello conservativo, bensì è un mezzo di ricerca della prova e può essere disposto dal P.M. senza che occorra alcuna convalida da parte del giudice. Il giudizio di convalida di cui all'art. 355 c.p.p. riguarda i casi in cui siano stati effettuati accertamenti urgenti da parte di ufficiali di polizia giudiziaria con sequestro di corpo di reato o di cose a questo pertinenti, quando non sia stato possibile l'intervento tempestivo del P.M., il quale dovrà, poi, nei termini previsti, convalidare detto sequestro.

Il sequestro probatorio è imposto per il corpo del reato che venga ritrovato nel corso della perquisizione in quanto dimostrativo in via immediata del collegamento della stessa cosa con l'illecito penale, nonché per le cose pertinenti al reato in quanto siano indispensabili per l'accertamento dei fatti, ossia nei limiti in cui risulti il loro nesso con la fattispecie penale ipotizzata a carico dell'indagato; esso quindi può essere eseguito solo su cose idonee ad assumere la funzione di mezzo di prova di un illecito penalmente rilevante, mentre al di fuori dei suddetti limiti possono, qualora ne ricorrano gli estremi, essere disposti il sequestro preventivo o quello conservativo, i quali, invece, hanno finalità cautelare e perciò sono diversamente modulati.

Il sequestro del corpo del reato, costituendo atto dovuto, è sempre utilizzabile come prova, comunque si sia ad esso pervenuti. Allorquando la perquisizione sia stata effettuata senza l'autorizzazione del magistrato e non nei casi e nei modi previsti dalla legge, come prescritto dall'art. 13 Cost. si è in presenza di un mezzo di ricerca della prova che non è compatibile con la tutela del diritto di libertà del cittadino, estrinsecabile attraverso il riconoscimento dell'inviolabilità del domicilio. Ne consegue che, non potendo essere qualificato come inutilizzabile un mezzo di ricerca della prova ma solo la prova stessa, la perquisizione è nulla e il sequestro eseguito all'esito di essa non è utilizzabile come prova nel processo, salvo che ricorra l'ipotesi prevista dall'art. 253, comma 1, c.p.p., nella quale il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, costituendo un atto dovuto, rende del tutto irrilevante il modo con cui ad esso si sia pervenuti (Cass. pen., Sez. unite, 27 marzo 1996, n. 5021).

Proprio sulla base di tale principio, l'eventuale illegittimità della perquisizione eseguita di iniziativa dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 41 Tulps – sanzionabile con provvedimenti penali e/o disciplinari – non comporta la inutilizzabilità del sequestro del corpo del reato e l'eventuale illegittimità della perquisizione non inficia la validità dell'arresto in flagranza, operato all'esito dell'esecuzione dell'atto e del conseguente sequestro obbligatorio di cose costituenti corpo del reato (Cass. pen., Sez. III, 13 gennaio 2015, n. 19000).

Ai fini della legittimità del sequestro non è necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, essendo sufficiente la semplice possibilità del rapporto di queste con il reato (Cass. pen., Sez. VI, 27 novembre 2013, n. 1683).

Nel provvedimento di sequestro probatorio del corpo di reato o di cose a esso pertinenti non è sufficiente la mera indicazione delle norme di legge violate ma occorre anche che sia individuato il rapporto diretto o pertinenziale tra cosa sequestrata e delitto ipotizzato e che, quindi, siano descritti gli estremi essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto, in modo che siano specificati gli episodi in relazione ai quali si ricercano le cose da sequestrare.

Le esigenze probatorie che rendono necessario il vincolo sulla res devono sussistere per tutta la durata del sequestro, comportando la necessità che il giudice le espliciti anche in relazione a provvedimenti successivi a quello genetico.

Il sequestro va disposto anche se il bene si trovi nella disponibilità materiale di un terzo.

Problematica è l'applicazione del sequestro probatorio al denaro.

La giurisprudenza di legittimità ha però affermato che il denaro costituente corpo del reato può essere oggetto di sequestro probatorio a condizione che sia data idonea motivazione non solo della sussistenza del nesso di derivazione o di pertinenza fra la somma sottoposta a sequestro ed il reato, ma anche delle specifiche esigenze probatorie in relazione alle quali è necessario sottoporre a vincolo il denaro rinvenuto. Una somma di denaro, infatti, non può essere sottoposta a sequestro per esigenze probatorie in assenza di specifici elementi dai quali sia desumibile che la prova del reato discende non dal semplice accertamento dell'esistenza di un quantitativo di denaro che costituisce corpo del reato, ma dal denaro stesso nella sua materialità, come ad esempio per le particolari caratteristiche delle monete o delle banconote (Cass. pen., Sez. III, 12 febbraio 2015, n. 22110).

Inoltre, una somma di denaro può essere considerata corpo del reato solo quando sia proprio quella acquisita attraverso l'attività criminosa, mentre quando rappresenti esclusivamente la misura del valore di un credito – come avviene dopo il suo eventuale deposito in un istituto bancario – essa è sequestrabile solo in quanto cosa pertinente al reato (Cass. pen., Sez. V, 22 giugno 2004, n. 30328).

In caso di sequestro del corpo del reato o di cose al reato pertinenti, operato, d'iniziativa, da agenti e non da ufficiali di polizia giudiziaria, il giudice ha il compito di verificare se costoro hanno agito in una situazione caratterizzata dalla necessità e dell'urgenza, che sono i presupposti di legittimità dell'atto compiuto.

Motivazione del decreto

Ormai da anni è sorto un contrasto giurisprudenziale sulla necessità o meno che il decreto di sequestro probatorio sia motivato con specifico riferimento alle esigenze probatorie anche quando esso riguarda il corpo del reato.

Secondo un orientamento predominante, per le cose che costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione sia in ordine alla rilevanza probatoria del bene assoggettato a sequestro, sia con riguardo al nesso di pertinenzialità fra res e reato e sia in ordine al presupposto della finalità perseguita per l'accertamento dei fatti, allo scopo di garantire, in conformità agli artt. 42 Cost. e 1 del primo protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che la misura sia soggetta ad un permanente controllo di legalità, anche sotto il profilo procedimentale e di concreta idoneità in ordine all'an e alla durata della stessa, in modo da assicurare un ragionevole rapporto di proporzionalità fra mezzo impiegato (spossessamento del bene) e fine endoprocessuale perseguito (accertamento del fatto reato). Le esigenze probatorie che rendono necessario assicurare la cosa al procedimento, non possono ritenersi intrinseche nella natura di corpo del reato del bene sottratto (Cass. pen., Sez. unite, n. 5876/2004; Cass. pen., Sez. III, n. 11935/2016; Cass. pen., Sez. III, n. 37187/2014; Cass. pen., Sez. III, n. 19615/2014; Cass. pen., Sez. II, n. 4155/2015; Cass. pen., Sez. II, n. 32941/2012; Cass. pen., Sez. II,n. 9556/2004; Cass.pen., Sez. V, n. 4605/2015; Cass. pen., Sez. V,n. 46788/2013; Cass. pen., Sez. VI, n. 11817/2017).

Secondo altro orientamento, invece, non è richiesta la dimostrazione in relazione alle cose che costituiscono il corpo di reato, della necessità del sequestro in funzione dell'accertamento dei fatti, poiché l'esigenza probatoria del corpus delicti è in re ipsa (Cass. pen., Sez. unite, n. 2/1994; Cass. pen., Sez. II, n. 46357/2016; Cass. pen., n. 15801/2015; Cass. pen., n. 31950/2013; Cass. pen., Sez. V, n. 48376/2014; Cass. pen., Sez. IV, n. 8662/2010).

Secondo un orientamento intermedio, invece, la motivazione può essere costituita da una formula sintetica nel solo caso in cui la funzione probatoria del corpo del reato sia connotato ontologico ed immanente del compendio sequestrato, di immediata evidenza, desumibile dalla peculiare natura delle cose che lo compongono (Cass. pen., Sez. III, n. 1145/2016).

La questione è stata recentemente sottoposta all'attenzione delle Sezioni unite che sono state interrogate sul seguente quesito: «Se, anche per le cose che costituiscono corpo di reato, il decreto di sequestro (o di convalida di sequestro) probatorio debba essere comunque motivato quanto alla finalità in concreto perseguita per l'accertamento dei fatti». La soluzione è stata affermativa come risulta dalla notizia di decisione dell'udienza del 19 aprile 2018.

Riesame del decreto di sequestro

L'art. 257 c.p.p. prevede che, contro il decreto di sequestro probatorio, può essere proposta richiesta di riesame ai sensi dell'art. 324 c.p.p. dall'imputato o indagato, dalla persona alla quale le cose sono state sequestrate e da quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. L'impugnazione del provvedimento non sospende l'esecuzione dello stesso.

Il tribunale è chiamato a verificare l'astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il fumus commissi delicti in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell'accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all'indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria (Cass. pen., Sez. II, 5 maggio 2016, n. 25320).

In evidenza

In tema di sequestro probatorio, l'interesse dell'imputato a proporre richiesta di riesame prescinde dall'interesse alla restituzione della cosa, in quanto l'indagato ha diritto a chiedere la rimozione del provvedimento anche al solo fine di evitare che l'oggetto in sequestro entri a far parte del materiale probatorio utilizzabile. (Fattispecie relativa al sequestro del corpo del reato). (Cass. pen., Sez. V, n. 8207/2017)

Restituzione del corpo del reato

Il sequestro del corpo di reato risponde ad una molteplicità di esigenze che richiedono che esso venga mantenuto per tutta la durata del procedimento: il corpo del reato può essere oggetto di ogni genere di verifica per la sua valutazione come prova, può rappresentare una garanzia per i crediti indicati dall'art. 316 c.p.p., può essere sottoposto a confisca, mentre in ogni caso la sua restituzione può determinare il perpetuarsi degli effetti del reato.

Anche se il sequestro probatorio del corpus delicti non richiede la prova della sua necessità in funzione dell'accertamento dei fatti, in quanto l'esigenza probatoria che esso è diretta a realizzare è in re ipsa, risulta comunque applicabile, per il corpo del reato, l'art. 262 c.p.p., secondo il quale tutte le cose sequestrate devono essere restituite all'avente diritto quando non è più necessario mantenerne il sequestro ai fini probatori (Cass. pen. Sez. VI, 17 aprile 1998, n. 1396).

Procedimento per la restituzione delle cose sequestrate

L'art. 263 c.p.p. prescrive la procedura per la restituzione delle cose sottoposte a sequestro probatorio alle persone che ne hanno diritto.

A norma del comma 2, quando le cose sono state sequestrate presso una persona terza estranea al reato, la restituzione può essere ordinata in favore di altri solo dopo che la stessa sia stata sentita in udienza camerale.

Qualora sorgano controversie in merito alla proprietà delle cose sequestrate, il giudice ne rimette la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado mantenendo nel frattempo il sequestro. Tale principio trova applicazione anche nell'ipotesi in cui la controversia non riguardi il diritto di proprietà del bene, ma qualunque altra questione relativa al diritto alla restituzione del bene sequestrato derivante da diritti reali minori e persino da diritti di natura obbligatoria. Il provvedimento di rimessione emesso dal giudice è inoppugnabile in quanto esso non ha contenuto decisorio, né formale, né sostanziale, ma ha natura interlocutoria e non pregiudica i diritti delle parti che possono essere fatti valere nel giudizio civile (Cass. pen., Sez. II, n. 35665/2014).

Quando non sussistono più i presupposti del vincolo che è stato disposto sulle cose, il giudice deve procedere con ordinanza alla restituzione; contro tale provvedimento è esperibile solo il ricorso per Cassazione.

Nel corso delle indagini preliminari è il P.M. che provvede alla restituzione delle cose sequestrate con decreto motivato. La parte che ritiene di essere stata lesa da questo provvedimento, può proporre opposizione davanti al giudice per le indagini preliminari che provvederà a fissare l'udienza camerale nelle forme previste dall'art. 127 c.p.p. Contro l'ordinanza adottata dal giudice è esperibile il solo ricorso per Cassazione.

L'ordinanza con la quale il giudice del dibattimento rigetta la richiesta di restituzione di beni sottoposti a sequestro probatorio non può essere impugnata autonomamente, ma solo unitamente alla sentenza che definisce il relativo grado di giudizio, non risultando applicabile la disciplina dettata dall'art. 325 c.p.p. (Cass. pen., Sez. II, n. 43778/2013).

Quando la sentenza diventa irrevocabile, alla restituzione provvede il giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 665 c.p.p.

Documenti costituenti corpo del reato

Attraverso i documenti è possibile che si possano provare o rappresentare i fatti e in questo caso essi possono costituire corpo del reato così come definito dall'art. 253, comma 2, c.p.p. e devono essere acquisiti al processo indipendentemente da chi sia la persona che li ha formati o li detiene poiché costituiscono la prova così come previsto dall'art. 235 c.p.p..

Solo il documento autentico può essere considerato prova documentale.

A norma dell'art. 240 c.p.p. i documenti che contengono dichiarazioni anonime possono essere acquisiti se costituiscono corpo del reato o se provengono dall'imputato.

Intercettazioni

In tema di intercettazioni telefoniche, le conversazioni, intese come segni espressivi di comunicazione fra soggetti, possono costituire corpo del reato solo se le espressioni linguistiche impiegate siano di per sé lesive di un precetto penale.

La conversazione o comunicazione intercettata costituisce corpo del reato unitamente al supporto che la contiene, in quanto tale utilizzabile nel processo penale, a condizione che essa integri ed esaurisca la condotta criminosa (Cass. pen., Sez. III, n. 38822/2016; Cass. pen., Sez. unite, n. 32697/2014).

Le limitazioni probatorie di cui all'art. 270 c.p.p. non si applicano quando la comunicazione intercettata costituisca essa stessa condotta delittuosa, divenendone pertanto corpo di reato, ma non quando essa ne rappresenti solo un frammento, non esaurendosi la fattispecie criminosa con le conversazioni intercettate.

Inoltre, la sanzione di inutilizzabilità prevista dall'art. 271 c.p.p. non ne consente alcun impiego probatorio, nemmeno se le conversazioni sono da qualificarsi corpo del reato.

Distruzione del corpo del reato

A norma dell'art. 260, comma 3, c.p.p. se le cose sequestrate possono alterarsi, l'autorità giudiziaria ne può ordinare la distruzione. A norma dell'art. 83 disp. att. a essa procede la cancelleria o la segreteria anche a trattativa privata o avvalendosi di persona idonea o della polizia giudiziaria che ha eseguito il sequestro. Delle operazioni compiute viene redatto verbale da allegare agli atti.

Prima di procedere all'operazione, l'autorità giudiziaria dispone, quando possibile, il prelievo dei campioni dandone avviso al difensore.

Il comma 3-bis prescrive che l'autorità giudiziaria può procedere, anche su richiesta dell'organo accertatore, alla distruzione delle merci di cui sono comunque vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione quando le stesse sono di difficile custodia, o quando la custodia risulta particolarmente onerosa o pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica o quando, anche all'esito di accertamenti compiuti ai sensi dell'articolo 360, risulti evidente la violazione dei predetti divieti.

Quando il procedimento è a carico di ignoti, la polizia giudiziaria, decorso il termine di tre mesi dalla data di effettuazione del sequestro, può procedere alla distruzione delle merci contraffatte sequestrate, previa comunicazione all'autorità giudiziaria. La distruzione può avvenire dopo 15 giorni dalla comunicazione salva diversa decisione dell'autorità giudiziaria.

La nullità del provvedimento di distruzione del corpo del reato non si comunica agli atti anteriori e, segnatamente, al verbale di sequestro dello stesso corpo del reato, che fa parte del fascicolo del dibattimento (Cass. pen., Sez. I, n. 23887/2007, Cass. pen., Sez. I, n. 14366/2013).

Profili processuali

Esecuzione ad opera della polizia giudiziaria. L'esecuzione ad opera della polizia giudiziaria di un decreto con cui il pubblico ministero abbia ordinato la perquisizione e il sequestro delle cose pertinenti al reato, senza alcun'altra specificazione, comporta la necessità che il P.M. provveda alla convalida del sequestro, ai sensi dell'art. 355 c.p.p., in quanto la predetta indeterminatezza rimette alla discrezionalità degli operanti l'individuazione del presupposto fondamentale del sequestro e cioè della qualifica dei beni come corpo del reato (o cose ad esso pertinenti), la quale richiede un controllo dell'autorità giudiziaria (Cass. pen., Sez. II, n. 5494/2016).

Mancanza di motivazione. Nel caso di radicale mancanza della motivazione, in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell'accertamento dei fatti, del decreto di sequestro di cose qualificate come corpo di reato, che, sebbene non integrato sul punto dal pubblico ministero neppure all'udienza di riesame, sia stato confermato dall'ordinanza emessa all'esito di questa procedura, la Corte di cassazione deve pronunziare sentenza di annullamento senza rinvio di entrambi i provvedimenti (Cass. pen., Sez. IV, n. 54827/2017).

Rigetto della richiesta di esame del corpo del reato. Non è impugnabile il provvedimento, emesso ai sensi dell'art. 233, comma 1-bis, c.p.p., con il quale il giudice rigetti la richiesta dell'imputato di autorizzare il proprio consulente tecnico ad esaminare il corpo del reato (Cass. pen., Sez. V, n. 17349/2012).

Decorrenza del termine indicato nel decreto di estradizione. In tema di estradizione per l'estero, una volta decorso il termine previsto nel decreto di estradizione per l'esecuzione della consegna, a causa della sospensione dell'efficacia di quest'ultimo ad opera del giudice amministrativo, non deve essere disposta la revoca del provvedimento, eventualmente disposto, di sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato (Cass. pen.,Sez. VI, n. 6567/2007).

Casistica

Bene immobile

Attesa la definizione di corpo di reato contenuta nel comma 2 dell'art. 253 c.p.p., in cui sono ricomprese anche le cose che costituiscono il prodotto del reato, deve ritenersi legittimo il sequestro probatorio di un bene immobile che, in quanto acquistato con danaro proveniente dal reato di peculato, è stato qualificato appunto come prodotto di tale delitto (Cass. pen., Sez. I, 27 maggio 1994, n. 2551)

Usura

In tema di sequestro probatorio, le somme di denaro rinvenute nell'abitazione dell'indagato per un delitto di usura costituiscono corpo del reato, dovendosi ragionevolmente ipotizzare, sulla base delle modalità con cui di regola viene commesso tale delitto, che le somme di denaro vengano messe, fiduciariamente e in via sistematica, a disposizione di altre persone, per consentire il perseguimento di illecite finalità (Cass. pen., Sez. II, 12 giugno 2015, n. 28563).

Detenzione di materiale pedopornografico

In relazione al delitto di detenzione di materiale pedopornografico, previsto dall'art. 600 quater c.p., sebbene non sia ammissibile l'impiego dell'attività di contrasto a mezzo di agente provocatore disciplinata dall'art. 14 della legge 3 agosto 1998, n. 269, è tuttavia legittimo e utilizzabile come prova il sequestro probatorio del corpo di reato, o delle cose pertinenti al reato, eventualmente rinvenuti attraverso siti web “civetta” (Cass. pen., Sez. III, 16 marzo 2016, n. 26432).

Circostanza attenuante del danno di speciale tenuità

Ai fini del giudizio sulla configurabilità della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, non può aversi riguardo esclusivamente al valore venale del corpo del reato, occorrendo far riferimento al danno complessivo cagionato alla persona offesa (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la circostanza attenuante in questione, in relazione alla ricettazione della targa di un veicolo, in ragione delle spese sostenute dalla persona offesa per ottenere il rilascio di una nuova targa, di nuova documentazione e di un nuovo tagliando assicurativo) (Cass. pen., Sez. II, 23 ottobre 2013, n. 3576).

Sequestro di foto

È legittimo il sequestro preventivo di fotografie costituenti corpo degli ipotizzati reati di cui agli art. 615-bisc.p. (interferenze illecite nella vita privata) e 170 d.lgs. 196/2003 (inosservanza dei provvedimenti del Garante della privacy), in quanto esse non sono riconducibili alla nozione di “stampa” o “stampato”, con la conseguenza che è inapplicabile, in tal caso, il divieto di cui all'art. 1 del r.d.l. 561/1946 (divieto di sequestro di giornali, pubblicazioni o stampati) (Cass. pen., Sez. V, 22 febbraio 2008, n. 17408)

Falsa testimonianza e verbale di sommarie informazioni

Nell'ambito di un procedimento per falsa testimonianza, è legittima l'acquisizione al fascicolo dibattimentale, a norma dell'art. 431 c.p.p., del verbale di sommarie informazioni rese ai carabinieri per verificare il contenuto delle dichiarazioni al fine di rilevare le eventuali difformità dalle successive dichiarazioni, in quanto tale atto costituisce atto irripetibile nonché elemento integrativo del corpo del reato assumendo il connotato della prova storica del fatto che le dichiarazioni sono state rese (Cass. pen., Sez. VI, 30 settembre 2004, n. 43193).

Sequestro effettuato da vigili urbani

È legittimo il sequestro di apparecchi di videopoker eseguito da vigili urbani, pur essendo questi ultimi solo agenti, e non ufficiali, di polizia giudiziaria, in quanto per tali apparecchiature la necessità e l'urgenza di provvedere è in re ipsa, stante il fine di assicurare il corpo del reato, suscettibile di confisca obbligatoria in caso di condanna, e di evitare che, mediante eventuali modificazioni del congegno elettronico, possano disperdersi le tracce del reato (Cass. pen., Sez. III, 28 settembre 2004, n. 42899).

Caccia

In tema di esercizio della caccia con mezzi vietati, previsto dall'art. 30, comma primo lett. h), della legge 11 febbraio 1992 n. 157, è legittimo il sequestro probatorio, quale corpo del reato, non soltanto dei richiami acustici a funzionamento elettromagnetico con amplificazione del suono, ma altresì dei fucili, atteso che la caccia viene esercitata non soltanto con l'uso del richiamo ma anche con l'arma occorrente ad abbattere gli uccelli attratti dal suddetto richiamo (Cass. pen., Sez. III, 22 aprile 2004, n. 26837).

Traffico di stupefacenti

È legittimo il provvedimento con il quale il Tribunale del riesame rigetta il ricorso proposto contro il sequestro probatorio di una somma di denaro (avvenuto, a seguito di perquisizione personale, in un'indagine concernente il reato di traffico di stupefacenti) posto che nella nozione di corpo del reato, con riferimento ad un'attività di spaccio di droga, rientra anche il denaro che può costituire prodotto o profitto di tale crimine; e posto altresì che, essendo il sequestro probatorio mezzo di ricerca della prova, è sufficiente che esso si fondi sul fumus della sussistenza del reato e del rapporto di pertinenza del bene oggetto del vincolo (Cass. pen.,Sez. IV, 4 aprile 2003, n. 12137).