Rovina delle parti comuni dell'edificio

Maurizio Voi
06 Giugno 2018

L'edificio in condominio, come è noto, è sottoposto ad un inevitabile degrado, tipico di tutte le costruzioni edili. A ciò si aggiunga l'effetto degli eventuali vizi di costruzione che possono compromettere ab origine la qualità del fabbricato. Tale situazione coinvolge l'operatività di più norme giuridiche che vanno dall'art. 1669 c.c. (previsto per la rovina o i gravi difetti delle “cose immobili”), all'art. 2053 c.c. (che riguarda i danni cagionati dalla rovina degli edifici), per arrivare all'ambito penale con gli artt. 676 e 677 c.p. che affrontano la fattispecie della rovina delle costruzioni e dell'eventuale omissione dei lavori di ripristino...
Inquadramento

Per rovina dell'edificio si intende ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati (ex plurimis: Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2005, n. 19974); quindi non solo il crollo improvviso o il disfacimento verificatosi in un periodo piuttosto breve, dell'edificio o della costruzione nella loro totalità o nella maggior parte, ma anche il distacco di una parte non trascurabile di questo.

È sufficiente, pertanto, anche il distacco di una parte dell'intonaco, o di un cornicione di un balcone che comportino il rischio per l'incolumità delle persone per aversi rovina.

Nel condominio la rovina va chiaramente riferita alle parti comuni alla cui manutenzione e controllo presiede l'amministratore.

Della rovina dell'edificio ne parlano l'art. 1669 c.c. («Rovina e difetti di cose immobili», nel Titolo III, Capo VII del libro quarto delle obbligazioni - appalto); l'art. 2053 c.c. («Rovina dell'edificio», nel Titolo IX sempre del libro quarto dedicato ai fatti illeciti); l'art. 676 c.p. («Rovina di edifici o di altre costruzioni») ed infine l'art.677 c.p. («Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina»).

La rovina deve tenersi distinta dalla fattispecie di perimento totale o parziale dell'edificio previsto dall'art. 1128 c.c. nel Capo dedicato al condominio.

Mentre la rovina consegue ad un vizio o difetto di costruzione (art. 1669 c.c.) o da un pericolo di crollo anche parziale delle parti comuni - per difetto o errata manutenzione - che però non ne minacci l'esistenza, il perimento totale o parziale riguarda gli effetti della distruzione totale o parziale per cause estranee alla volontà dei condomini (ad es., terremoto).

Le fattispecie differiscono in ragione del tipo di evento:

a) rovina o pericolo di rovina in seguito alla costruzione o successivi interventi di manutenzione senza cagionare danni a terzi, anche in seguito a vizi di costruzione;

b) la concreta rovina o la minaccia di rovina e l'omissione dei lavori necessari che implichino pericolo per le persone o cose.

Le conseguenze giuridiche sono diverse in riferimento alla responsabilità, alla prova del danno o del pericolo di danno, al risarcimento.

La rovina o il pericolo a cui sono affiancati i gravi difetti può aversi per vizio del suolo o per difetto di costruzione, nonché per gravi difetti nell'appalto di ricostruzione di una parte comune (Cass. civ., sez. un., 10 gennaio 2017, n. 7756) e la conseguenza a tutela dei condomini è l'azione di garanzia ex art. 1668 c.c. nei termini indicati dall'art. 1669 c.c.

Il pericolo attuale derivante dalla minacciante rovina di parti comuni della costruzione, integra il reato contravvenzionale di cui all'art. 677 c.p..

In entrambi i casi però grava sull'amministratore in quanto custode delle parti comuni, l'obbligo di attivarsi per la denuncia e successiva azione a garanzia (ipotesi sub a) ovvero per porre in essere tutte le opere di contenimento o di carattere conservativo sulle parti comuni al fine di rimuovere o di eliminare il pericolo (ipotesi sub b), il che non vuol dire eseguire gli interventi ripristinativi definitivi, ma predisporre le cautele più idonee a proteggere la zona pericolosa (Cass. pen., sez. IV, 23 ottobre 2015, n. 46385).

L'art. 2053 c.c. sulla responsabilità per fatto illecito è chiaro nell'addebitare ai condomini la responsabilità per danni; sul punto la giurisprudenza si è allineata sull'orientamento per cui la responsabilità delineata dall'art. 2053 c.c., in quanto fondata sulla proprietà del bene la cui rovina sia dovuta a vizio di manutenzione o a vizio di costruzione, non può che essere imputata a chi abbia la possibilità di ovviare ad un vizio di costruzione o di provvedere alla manutenzione della costruzione, ossia, per le strutture condominiali, al condominio, quale unico soggetto legittimato a provvedervi (ex plurimis, cfr. da ultima, Cass. civ., sez. III, 25 agosto 2014, n. 18168).

Rovina o difetti delle parti comuni a seguito della costruzione o ristrutturazione dell'immobile

Nella previsione dell'art. 1669 c.c. che riguarda la costruzione ex novo dell'edificio, rientranoanche le opere edili di ristrutturazione delle parti comuni.

Così hanno chiaramente deciso le Sezioni Unite della Suprema Corte la Corte (Cass. civ., sez. un., 10 gennaio 2017, n. 7756), risolvendo un annoso contrasto in seno alle sezioni semplici.

Il principio di diritto enunciato è quello per cui, in tema di appalto, l'art. 1669 c.c. è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che rovinino o presentino evidente pericolo di rovina o gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo.

Riferito ad edifici, il rovinare, delle parti comuni significa: cadere giù crollando, franando, disfacendosi con violenza e può riguardare anche parti comuni o successivi interventi edilizi sulle stesse e limitate come elementi secondari ed accessori quali, ad esempio, le impermeabilizzazioni, i rivestimenti, gli infissi, gli scarichi fognari, purché siano diretti a compromettere la funzionalità globale dell'opera stessa.

La norma, da un'iniziale protezione dell'incolumità pubblica, è stata ampliata per valorizzare il godimento dell'immobile in maniera conforme alla sua destinazione (Cass. civ., sez. un., 10 gennaio 2017, n. 7756)

L'applicazione dell'art. 1669 c.c. al condominio

La responsabilità dell'appaltatore e le conseguenti azioni di garanzia o risarcitorie ex artt. 1668 e 1669 c.c. sono applicabili anche al condominio.

È principio consolidato in giurisprudenza e risalente nel tempo (Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1983, n. 2954; Cass. civ., sez. II, 6 giugno 2009, n. 3040), e può dirsi attualmente indiscutibile.

Già da tempo, con riferimento all'amministratore, è stato precisato che in relazione ad un edificio in condominio, l'azione prevista dall'art. 1669 c.c., che può essere proposta nei confronti dell'appaltatore per il caso di rovina di edificio o di gravi difetti di costruzione che ne mettano in pericolo la sicurezza, rientra tra gli atti conservativi di competenza dell'amministratore medesimo (Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1983, n. 2954).

Il condominio quale custode dei beni e servizi comuni in relazione all'art. 2053 c.c.

L'art. 2053 c.c. integra un'ipotesi speciale di responsabilità per cose in custodia che è disciplinata in generale dall'art. 2051 c.c.

La norma configura la fattispecie di responsabilità oggettiva anche se parte della dottrina ritiene che essa abbia una duplice natura: colpa presunta, per danni derivanti da carenza di manutenzione; oggettiva, per i danni derivanti da vizio di costruzione.

La giurisprudenza dominante parla invece di presunzione di colpa o della responsabilità legale presunta.

Dal dato testuale si ricava che se un edificio rovina in tutto o in parte e procura danni a terzi il proprietario è responsabile dei danni cagionati se non prova che il fatto è dovuto a difetto di manutenzione o a vizio della costruzione.

L'unica causa di esonero dalla responsabilità è il caso fortuito.

In caso di edifici è però il condominio (inteso come ente di gestione), quale custode dei beni e dei servizi condominiali, che è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all'art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati anche alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché i danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile, comportanti la concorrente responsabilità del costruttore/venditore, ai sensi dell'art. 1669 c.c., non potendosi equiparare i difetti originari dell'immobile al caso fortuito, che costituisce l'unica causa di esonero del custode dalla responsabilità ex art. 2051 c.c. (Cass.civ., sez. II, 12 luglio 2011, n. 15291).

Va evidenziato che l'impostazione giurisprudenziale ritiene come la responsabilità delineata da tale disposizione codicistica, in quanto fondata sulla proprietà del bene la cui rovina sia dovuta a vizio di manutenzione o a vizio di costruzione, non può che essere imputata a chi abbia la possibilità di ovviare ad un vizio di costruzione o di provvedere alla manutenzione della costruzione, ossia, per le strutture condominiali, al condominio, quale unico soggetto legittimato a provvedervi. E come già precisato, la rovina può anche essere parziale o limitata (cfr., Cass. civ., sez. III, 25 agosto 2014, n. 18168, per l'ipotesi del cedimento di due pilastri del portico comune, e Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2010, n. 20608, per il caso di infiltrazioni provenienti dal tetto e dal sottotetto condominiali).

La minaccia di rovina e l'omissione dei lavori necessari (la fattispecie di cui all'art. 677 c.p.)

Come per l'aspetto civilistico, anche nell'ambito penale colui che è obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione e omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è penalmente punibile ai sensi dell'art. 677 c.p.

Anche in tal caso, l'obbligo ricade sull'amministratore a cui ex art. 1130 c.c. sono demandate le attribuzioni di manutenzione dei beni comuni.

Si è nell'ambito della categoria degli obblighi di protezione poiché l'amministratore di condominio ha anche il compito di provvedere alla custodia dei beni comuni con il conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi o agli stessi condomini.

Più in particolare, l'amministratore, riveste una specifica posizione di garanzia, ex art. 40 c.p. in forza della quale ha l'obbligo di attivarsi per rimuove le situazioni di pericolo per l'incolumità dei terzi (Cass. pen., sez. IV, 12 gennaio 2012, n. 34147).

In questo ambito abbastanza complesso è necessario chiarire un punto fondamentale e cioè che la protezione e garanzia dell'incolumità deve essere diretta a porre in essere opere di contenimento o opere di carattere conservativo-urgente, cioè rimuovere il pericolo o la minaccia di rovina.

Il che non vuol dire eseguire gli interventi, ma predisporre le cautele più idonee a delimitare le zone pericolose, per poi far deliberare dall'assemblea lo specifico intervento (Cass. pen. sez. IV, 23 novembre 2015, n. 46385).

La vigilanza e conservazione con il conseguente obbligo di rimozione del pericolo, nell'interpretazione sopra riportata è riferita a qualsiasi bene comune che sia potenzialmente idoneo a causare danni a terzi, come: la caduta di calcinacci dalle facciate (Cass. pen. sez. IV, 23 novembre 2015, n. 46385); l'errato posizionamento di una canna fumaria (Cass. pen., sez. IV, 23 settembre 2009, n. 39959); parti di un solaio dei box comuni (Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 21401); ballatoi e cornicioni pericolanti (Cass. pen., sez. I, 19 giugno 1996, n. 7764).

Schema della disciplina applicabile

Rovina e difetti delle parti comuni

Norme di riferimento

Costruzione originaria e difetti del suolo o della costruzione nel suo complesso

art. 1669 c.c.

Opere di conservazione straordinarie

art. 1669 c.c.

Rovina dell'edificio anche negli elementi secondari e/o accessori – responsabilità civile

art. 2053 c.c.

Omissione di lavori necessari per la rimozione del pericolo, anche di elementi accessori e/o secondari dell'edificio

art. 677 c.p.

Casistica

CASISTICA

Legittimazione dell'amministratore

L'amministratore di condominio è legittimato a proporre l'azione di cui all'art. 1669 c.c., relativa ai gravi difetti di costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell'edificio condominiale, anche senza preventiva autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale. (Cass. civ., sez. II, 19 aprile 2017, n. 9911)

Art. 1669 c.c. e ristrutturazione

In tema di appalto, l'art. 1669 c.c. è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che rovinino o presentino evidente pericolo di rovina o gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo. (Cass. civ., sez. un., 10 gennaio 2017, n. 7756)

Rovina di parti comuni, omissione di lavori

In tema di omissione di lavori in costruzioni che minacciano rovina negli edifici condominiali (nella specie, i solai dei locali garage), nel caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari per porre rimedio al degrado che dà luogo al pericolo non può ipotizzarsi la responsabilità per il reato di cui all'art. 677 c.p. a carico dell'amministratore del condominio per non aver attuato interventi che non erano in suo materiale potere, ricadendo in siffatta situazione su ogni singolo proprietario l'obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa, indipendentemente dalla attribuibilità al medesimo dell'origine della stessa. (Nell'affermare tale principio, la Corte ha anche chiarito che, nel caso previsto dal terzo comma della citata norma, al fine di andare esente da responsabilità, è sufficiente per l'amministratore intervenire sugli effetti della rovina, interdicendo, ove ciò sia possibile, l'accesso o il transito delle persone). (Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 21401)

Vizi e difetti che incidono sul godimento dell'immobile

In tema di responsabilità dell'appaltatore per difetti di costruzione di un immobile condominiale, se tali difetti determinano un'alterazione che incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell'immobile, la relativa azione - prevista dall'art. 1669 c.c. ed avente natura extracontrattuale - può essere proposta anche dall'amministratore; diversamente, se i difetti sono riconducibili alla categoria delle difformità e dei vizi di cui all'art. 1667 c.c., la relativa azione - di natura contrattuale - spetta soltanto al committente. (Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3040)

Guida all'approfondimento

Mattioni, Una pronuncia esemplare sull'ambito di applicazione (e sulla natura) della responsabilità ex art. 1669 c.c., in Nuova giur. civ., 2017, fasc. 9, p. 1193

Passarella, Sulla legittimazione attiva e passiva all'azione di responsabilità per rovina e difetti di immobili, in Contratti, 2017, fasc. 6, p. 650

Pignatelli, Gli atti conservativi relativi alle parti comuni, in Archivio delle locazioni, del condominio e dell'immobiliare, 2017, fasc. 5, p. 533

Amendolagine, La responsabilità del condominio nel contratto di appalto, in Giurisprudenza italiana, 2015, fasc. 5, p. 1249

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, VIII ed. (a cura di Celeste – Salciarini – Terzago), Milano, Giuffrè, 2015

De Tilla, Sulla responsabilità del condominio concorrente con quella del costruttore-venditore, in Archivio delle locazioni e del condominio, 2012, fasc. 2, p. 180

Ruscello, Aspetti normativi e giurisprudenziali in tema di rovina e difetti di edifici, in Vita notarile, 2007, fasc. 3, parte 1, p. 1033

Maglia, La responsabilità in ambito condominiale, in Archivio delle locazioni e del condominio, 1998, fasc. 5, p. 641

De Tilla, Condominio e gravi difetti di costruzione, in Rivista giuridica dell'edilizia, 1996, fasc. 3, parte 1, p. 484

De Tilla, Azione del condominio per vizi dei beni comuni e responsabilità del conduttore-venditore, in Giustizia civile, 1994, fasc. 10, parte 1, p. 2564

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