Supercondominio (costituzione e parti comuni)

Massimo Ginesi
23 Agosto 2017

Con il termine «supercondominio», la giurisprudenza ha identificato quelle realtà edilizie in cui determinati beni o servizi sono comuni a una pluralità di edifici, costituiti da condominii o da fabbricati uniproprietari. In tal caso, i beni o servizi destinati a rendere utilità sono strumentalmente vincolati all'intero complesso edilizio e disciplinati dalle norme in tema di condominio. Alla figura del supercondominio sono stati ricondotti i c.d. condomini orizzontali, le villette a schiera, i complessi residenziali costituiti da edifici autonomi. Con la l. n. 220/2012, le realtà immobiliari complesse sono state richiamate dall'art. 1117-bis c.c., mentre le modalità di svolgimento della gestione delle loro parti comuni sono state tracciate dall'art. 67 disp. att. c.c.
Inquadramento

L'istituto del condominio, di cui la legge non fornisce definizione ma ne detta unicamente la disciplina, è applicabile a quei fabbricati formati da almeno due unità immobiliari appartenenti a soggetti diversi e in cui alcuni beni o servizi sono destinati a fornire utilità comune. Le diverse caratteristiche che caratterizzano tale accessorietà (necessaria, funzionale o volontaria) sono delineate dall'art. 1117 c.c.

Il condominio identifica dunque una situazione in cui proprietà individuale e comproprietà coesistono e dove il necessario asservimento all'utilità comune dei beni comuni segna una inversione di tendenza rispetto alla disciplina della comunione (artt. 1110 ss. c.c.): il permanere necessario del vincolo comune, nella proporzionalità della quota e nella indivisibilità sono caratteristiche peculiari del fenomeno condominiale. L'istituto è tradizionalmente riferito a singoli fabbricati, più o meno articolati, in cui almeno due unità appartengano a soggetti diversi; la moderna tipologia edilizia e le sempre più articolate esigenze abitative e commerciali hanno introdotto realtà immobiliari in cui determinati beni e servizi sono funzionalmente destinati a fornire utilità all'intero complesso, sicché le esigenze e la ratio dell'istituto condominiale hanno trovato applicazione anche in complessi di più edifici o di articolati immobiliari diversi dalla tradizionale configurazione della costruzione verticale multipiano. Le ipotesi costruttive sono assai ampie (condominio orizzontale, villette a schiera, complessi residenziali o commerciali, ecc.) e sono state tutte ricondotte, dapprima dalla giurisprudenza e poi dalla l.n. 220/2012, alla figura del supercondominio, cui si applicano - in quanto compatibili - le norme di cui agli artt. 1117-1139 c.c., oltre che le relative norme di attuazione.

L'organismo edilizio complesso e le diverse fattispecie

La figura del supercondominio vede le sue origini nell'elaborazione giurisprudenziale che, in tempi ormai risalenti, ha ritenuto di ascrivere a tale fisionomia - e alla conseguente applicabilità del regime condominiale - tutte quelle realtà che comportavano l'esistenza di distinti e autonomi corpi di fabbrica e che risultavano compresi in una più ampia organizzazione condominiale, in quanto legati tra loro dall'esistenza di taluni beni, impianti e servizi comuni - quali il viale d'accesso, le zone verdi, l'impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc. - in rapporto di accessorietà con i diversi fabbricati (Cass. civ.,sez. II, 14 novembre 2012, n. 19939).

Le prime letture della Cassazione avevano avuto per oggetto complessi composti da più edifici, a loro volta costituenti condominio e come tali gestiti in via autonoma, dovendo riconoscere all'ente «sovracondominiale» la gestione dei beni e dei servizi comuni all'intero comparto.

Si è ritenuto sussistente il supercondominio anche laddove il complesso edilizio sia costituito da una pluralità di fabbricati costituenti a loro volta condominio e parte di proprietà unica, purché si tratti di edifici autonomi, atteso che l'art. 61 disp. att. c.c. individua l'autonomia della costruzione e non la gestione dell'edificio come caratteristica rilevante in base alla quale l'art. 62 disp.att. c.c. consente l'applicazione delle norme sul condominio alle parti rimaste comuni.

Si è costantemente evidenziato come debba necessariamente sussistere la relazione di accessorietà strumentale e funzionale che collega i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva agli impianti o ai servizi di uso comune, rendendo il godimento del bene comune strumentale al godimento del bene individuale e non suscettibile di autonoma utilità, come avviene invece nella comunione (Trib. Milano 4 maggio 2000; Cass. civ., sez. II, 8 agosto 1996, n. 7286).

La relazione di accessorietà fra beni comuni e individuali può sussistere anche se uno o più degli edifici o non siano condominii, configurandosi in tal modo un condominio sui generis, che la giurisprudenza di legittimità ha definito allargato. Non osta, a tale configurazione, neanche l'eterogeneità delle destinazioni dei diversi edifici costituenti il complesso: si è ravvisata l'esistenza di un supercondominio in un complesso composto da edifici in parte destinati ad abitazione ed in parte a destinazione alberghiera, che avevano in comune la rete fognaria e le cisterne dell'acqua (Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2007, n. 4973; conforme Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 2003 n. 14791, con riferimento alla condivisione della sola rete fognaria)

Anche alle c.d. case a schiera, spesso definite anche condominio orizzontale, è stata ritenuta applicabile la disciplina condominiale, laddove sussistano elementi comuni all'intero complesso tali da far ritenere sussistente il vincolo funzionale fra detti beni e le proprietà individuali, sicché le prime rendono possibile l'esistenza e l'uso delle seconde, posto che il vincolo di accessorietà e destinazione funzionale e strumentale di strutture, impianti e servizi ben è ipotizzabile anche in edifici che si sviluppano in senso orizzontale per blocchi adiacenti (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2005, n. 8066).

Ai fini della configurabilità del supercondominio non è indispensabile l'esistenza di più beni comuni, ben potendo darsi tali ipotesi anche laddove sussista uno solo degli elementi indicati dall'art. 1117 c.c., sia esso anche solo un servizio quale l'illuminazione, la rimozione dei rifiuti o la portineria (Cass. civ., sez.II, 19 settembre 2014, n. 19799; Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2000, n. 9096; Trib. Modena 30 dicembre 2010).

Non tutte le realtà fattuali complesse appena delineate soggiacciono però alla disciplina del condominio, poiché in talune ipotesi dovrà comunque applicarsi la normativa in tema di comunione.

Il discrimine fra le due realtà normative rimane il collegamento funzionale e strumentale degli elementi comuni: giurisprudenza di merito e di legittimità da oltre un trentennio evidenziano che la specificità e la peculiarietà delle norme sul condominio presuppone il carattere strumentale delle parti accessorie, indispensabili per l'esistenza o per l'uso, ovvero destinate all'uso o al servizio dei piani o delle porzioni di piano individuali: tali beni o servizi non devono essere suscettibili di utilizzazione e di godimento autonomi, sicché sussiste un interesse al godimento individuale cui fa fronte una correlativa gestione collegiale, in ragione dell'utilità offerta agli immobili in proprietà solitaria.

Può accadere che alcuni beni o servizi siano destinati ad essere fruiti da più condominii, o gruppi di fabbricati, e difetti tuttavia il nesso strumentale: sotto il profilo fattuale sussiste un mero legame spaziale, poiché si tratta di beni o servizi collocati del complesso immobiliare ma, per ciò che attiene al nesso funzionale e strumentale, costituiscono beni ontologicamente autonomi, che sono suscettibili di godimento fine a sé stesso, indipendente dall'uso degli immobili in proprietà individuale ( si pensi a zone verdi, a parchi, a impianti sportivi, a locali adibiti ai servizi vari). Pur fornendo comodità, conforto e svago ai titolari delle unità immobiliari poste nel complesso, non costituiscono parti necessarie per l'esistenza o per l'uso delle unità abitative, nè destinate al loro uso o servizio. Difetta in tali ipotesi la relazione di accessorietà e manca pertanto la ragione che implica il richiamo della disciplina condominiale: tenuto conto, della funzione dei beni, questi complessi vengono ad essere regolati dalle norme concernenti la comunione (Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2000, n. 9096).

II supercondominio novellato

Sul dato interpretativo appena delineato è intervenuta la l. 11 dicembre 2012, n. 220, che ha riformato la disciplina codicistica in tema di condominio, entrata in vigore il 18 giugno 2013.

La novella vede l'introduzione di una nuova norma, l'art. 1117-bis c.c., e la riscrittura della correlativa norma di attuazione, ovvero l'art. 67 disp.att. c.c.

Dal dossier n. 398/2901, predisposto dall'ufficio studi del Senato e volto ad illustrare i contenuti della riforma deliberata dalla 2^ Commissione Giustizia del Senato, non si apprendono significative elaborazioni sottese all'intervento normativo in tema di supercondominio.

I commentatori che si sono spesi sulla interpretazione della riforma hanno tutti ritenuto che l'art. 1117-bisc.c. abbia inteso recepire l'orientamento giurisprudenziale che aveva condotto alla elaborazione della figura del supercondominio, prevedendo ex lege che laddove sussistano parti comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c. debba necessariamente applicarsi la disciplina in tema di condominio, indipendentemente dall'assetto fisico costruttivo che il complesso immobiliare rivesta.

L'espresso richiamo all'art. 1117-bis c.c. introdotto nell'art. 67, comma 3, disp.att. c.c. vale poi a sottoporre tutte le realtà immobiliari individuate dalla prima norma alla peculiare, e non del tutto lineare, disciplina che il legislatore ha inteso dettare circa la gestione ordinaria del supercondominio.

Non sfuggirà, alla semplice lettura della norma codicistica, che se il legislatore intendeva trasfondere in testo normativo ciò che oltre trenta anni di elaborazione giurisprudenziale avevano con chiarezza ed univocità individuato come supercondominio, i risultati possano aver travalicato la figura di creazione giudiziaria.

La norma prevede infatti che: «le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c.»

Tutte le diverse tipologie costruttive che possono costituire «supercondominio» sono indubitabilmente state trasfuse nel disposto normativo, recependo l'ampio orientamento sopra richiamato che riteneva applicabile la disciplina anche a quelle ipotesi che vedessero complessi immobiliari costituiti da fabbricati eterogenei, alcuni in condominio ed altri in proprietà solitaria: le espressioni «più edifici», «più condominii di unità immobiliari o di edifici» - seppur ridondanti - possono pacificamente essere interpretate come onnicomprensive di quelle realtà che vedono più corpi di fabbrica, sia in proprietà collettiva che individuale, condividere beni e servizi strumentali alla loro fruizione.

L'espressione condominio di più unità immobiliari ha tuttavia veste decisamente tautologica, poiché non è dato comprendere come possa sussistere un condominio di una sola unità, così come i condominii composti da più edifici rappresentano essi stessi un supercondominio.

Ciò che tuttavia desta le maggior perplessità interpretative ed applicative è l'espressione «più unità immobiliari», poiché è evidente che più unità immobiliari che condividono parti comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c. rappresentano il paradigma del condominio e non del supercondominio: il vincolo stabilito dal legislatore fra l'art. 1117-bis c.c. e l'art. 67 disp. att. c.c. e la necessaria applicazione della disciplina di quest'ultima norma al c.d. condominio over 60, cioè composto da più di sessanta condomini, ha indotto taluni interpreti a ritenere che ogni complesso che veda almeno sessantuno condomini debba sottostare alla peculiare disciplina assembleare stabilita dalla norma di attuazione.

In realtà, l'art. 67 disp. att. c.c., nella sua formulazione letterale, presuppone che sussistano più condominii a formare il supercondominio, sicchè la fattispecie non sarebbe applicabile al singolo fabbricato composto da più di sessanta partecipanti, anche se potrebbe divenirla ove in quella realtà si desse l'esistenza di più condominii parziali ai sensi dell'art. 1123, comma 3, c.c.

Allo stesso modo vi è chi ha sottolineato che la dicitura più unità immobiliari, seppur in maniera imprecisa, fosse volta nelle intenzioni del legislatore ad identificare unicamente la fattispecie dei fabbricati a schiera, che vedrebbero contiguità orizzontale delle diverse proprietà individuali e parti o servizi comuni a queste legati da vincolo di accessorietà; anche in tal caso, tuttavia, non si è mancato di sottolineare la criticità di un simile intervento normativo che finirebbe per obbligare un piccolo complesso di villette a schiera, composto da nove proprietari e che veda in comune solo un cortile e un impianto idrico, a dotarsi necessariamente di amministratore, attesa l'applicabilità della normativa condominiale e l'inderogabilità dell'art. 1129 c.c.; non sarà tuttavia inutile rilevare che mentre l'art. 67 disp.att. c.c. è dichiarato espressamente inderogabile dall'art. 72 delle stesse disposizioni, sicché il supercondominio non potrà convenzionalmente scegliere modi di gestione alternativi a quelli previsti dalla norma, non sono invece inderogabili, a norma dell'art. 1138 c.c., né l'art. 1117 c.c., né l'art. 1117-bis c.c., sicché i condomini - al sorgere del supercondominio - ben potranno dotarsi in via contrattuale dell'assetto che riterranno più opportuno.

La compatibilità delle norme sul condominio «ordinario»

Non poche perplessità desta l'espressione «in quanto applicabili» riferita alle norme in tema di condominio nella loro concreta attuazione in ambito supercondominiale. Astrattamente non parrebbe rinvenirsi alcuna norma che risulti a priori inapplicabile a tale figura, così sarà di volta in volta l'interprete giurisdizionale a dover tracciare i confini di eventuali criticità. Certamente applicabili appaiono le norme in tema di innovazioni e, segnatamente l'art. 1120, ultimo comma, c.c. relativo alle innovazioni vietate; non vi è ragione per non applicare anche la correlativa norma richiamata sulle modifiche della cosa comune da parte del singolo (art. 1102 c.c.) e quella relativa alle modifiche delle destinazioni (art. 1117-ter c.c.); altrettanto pacificamente applicabili - seppur filtrate dal peculiare meccanismo dell'art. 67 disp.att. c.c. ove ne ricorrano i presupposti numerici - appaiono le norme in tema di amministrazione (artt. 1129 e 1130 c.c.); quelle sull'assunzione delle delibere e la loro impugnativa (artt. 1131, 1132, 1135, 1136, 1137 c.c.); quelle relative ai riparti di spesa e alla contabilità (artt. 1123 e 1130-bis c.c.) nonché quelle regolamentari (art. 1138 c.c.).

Ove poi la conformazione del complesso lo consenta, potrà darsi applicazione anche alle norme che attengono a beni specifici quali gli artt. 1124, 1125 e 1126 c.c. in tema di criteri di ripartizione e all'art. 1127 c.c. relativo alla sopraelevazione, anche se tale ultimo gruppo di disposizioni richiede una attenta ponderazione fra la loro formulazione e la natura fisica del complesso cui si pretende di applicarle, pur non apparendo a priori incompatibili.

La costituzione del supercondominio

È interpretazione consolidata nella giurisprudenza di legittimità e di merito che il supercondominio abbia modalità costitutive del tutto automatiche e ad analoghe a quello del condominio tradizionalmente inteso. Non è dunque necessaria alcuna specifica manifestazione di volontà, né dell'originario costruttore né dei proprietari delle singole unità immobiliari, posto che il soggetto supercondominiale verrà ad esistenza ipso iure ed de facto ogni qualvolta sussistano proprietà solitarie (in questo caso composte da più edifici, comunque dalle fattispecie individuate dall'art. 1117-bis c.c.) alle quali siano legate da vincolo di accessorietà strumentale beni, impianti o servizi comuni (Cass. civ.,sez. VI/II, 10 marzo 2017 n. 6313; Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2012, n. 19939; Trib. Milano 13 febbraio 2014).

Da tale lettura discende che il momento costitutivo, sotto il profilo temporale, coinciderà con il primo atto di trasferimento di una unità immobiliare - suscettibile di separata utilizzazione - ad altro soggetto, da parte dell'originario unico proprietario: è attraverso tale evento che si attua il frazionamento della proprietà unitaria del complesso e si dà luogo alla coesistenza di almeno due proprietà solitarie, servite da parti comuni.

Ove gli interessati procedano a tali adempimenti senza esprimere specifiche volontà al riguardo, la fattispecie reale posta in essere sarà regolata dalle norme sul condominio, atteso che si tratta di istituto tipico che opera ex lege.

Anche ove le parti attribuiscano al titolo negoziale valenza di atto costitutivo, quella dichiarazione manterrà mero valore dichiarativo della nascita del supercondominio, che viene in essere non per volontà delle parti ma per l'assetto concreto che, in fatto hanno le diverse proprietà (individuale e collettiva) connesse fra loro dal vincolo funzionale (Trib. Bologna 23 febbraio 2007).

Il momento iniziale, in cui si attua il frazionamento della proprietà unitaria e al quale è riconnessa la nascita del complesso supercondominiale ha tuttavia grande rilievo poiché in quella sede le parti possono dar corso alla manifestazione di volontà idonea a sottrarre determinati beni all'uso comune, in attuazione della riserva «salvo che il contrario risulti dal titolo» che costituisce premessa sostanziale all'art. 1117 c.c.

Se è vero che, una volta scelto l'assetto proprietario e funzionale degli immobili, la disciplina consegue per legge, il momento generatore di quell'assetto rientra pienamente nell'autonomia contrattuale delle parti, atteso che l'art. 1117-bis c.c. non è norma inderogabile e che l'art. 1117 c.c. ha natura sussidiaria rispetto alla volontà espressa nel titolo.

In evidenza

Il supercondominio sorge, così come il condominio, nel momento in cui l'intera proprietà indivisa viene frazionata a seguito della vendita della prima unità immobiliare dall'originario unico proprietario a terzi. Laddove sussistano, in tale contesto, beni destinati a svolgere funzione o a rendere utilità all'intero complesso e legati da un vincolo di accessorietà e strumentalità alle proprietà solitarie, deve ritenersi sorta ipso iure la fattispecie del supercondominio.

Si è tal proposito osservato che alle parti è rimessa la scelta se dar luogo ad un complesso supercondominiale o ad un unico condominio: per quei complessi immobiliari che comprendono più edifici, anche autonomi, è rimessa all'autonomia privata la scelta se disciplinare l'intero agglomerato edilizio come un unico condominio oppure mantenere distinti condominii per ogni fabbricato, cui si affianca in tal caso la gestione supercondominiale delle parti comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c.; rimarranno comunque soggetti alla disciplina della comunione ordinaria quei beni che sono dotati di una propria autonomia e non sottostanno al vincolo di accessorietà funzionale come, per esempio, le attrezzature sportive, gli spazi d'intrattenimento, i locali di centri commerciali inclusi nel comprensorio (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2005, n. 8066).

A proposito della rilevanza della volontà al momento nella costituzione del supercondominio, si è anche osservato che la circostanza che due edifici separati, costituenti condominio, siano comunicanti e fruiscano di beni comuni non significa necessariamente che debbano essere intesi come unico condominio, pur potendo darsi tale ipotesi: un condominio può anche nascere come unico, se costituito da due fabbricati comunicanti, ma ciò deve derivare in maniera inequivocabile dagli atti in forza dei quali il complesso è sorto e che tale sia stata la conformazione voluta dal costruttore. Irrilevante invece, in assenza di specifica pattuizione sul punto, che i due fabbricati vengano messi in collegamento successivamente, poiché non può sorgere, per questo solo fatto, un regime di condominialità (Cass. civ., sez. II, 4 maggio 2016 n. 8908).

Va ancora osservato che la figura oggi disciplinata dall'art. 1117-bis c.c. può avere origine anche a posteriori, laddove si dia corso alla divisione ex artt. 61 e 62 disp.att. c.c. e rimangano parti comuni strumentali riconducibili alle previsioni dell'art. 1117 c.c. Si applicherà in tal caso la normativa condominiale, apparendo oggi del tutto superate le teorie (minoritarie) che in giurisprudenza e dottrina, anteriormente alla l. n. 220/2012, avevano sostenuto la riconducibilità dei beni residuali al regime della comunione.

Sempre più spesso la realtà edilizia complessa, che si è soliti ricondurre alla generica e onnicomprensiva dicitura di supercondominio, è destinata ad assolvere ad esigenze abitative articolate e connesse alla necessità dello sfruttamento razionale del suolo urbano, sicché non è infrequente che l'atto da cui trae genesi la figura in esame affondi le proprie radici in realtà a connotazione mista, con valenze privatistiche per quel che attiene la gestione dei beni supercondominiali, ma con vincoli di destinazione e asservimento strumentali delle componenti accessorie che non di rado traggono origine in atti destinati ad assolvere fini pubblici, costituiti da convenzioni urbanistiche stipulate con la Pubblica Amministrazione per l'edificazione di interi comparti edilizi (art. 2645-quater c.c.); spesso in tali casi si è di fronte a piccoli quartieri in cui - prima che nell'art. 1117 c.c. - la relazione di strumentalità necessaria fra viabilità, aree verdi, spazi ricreativi e di parcheggio, beni ed impianti comuni è espressamente dettata dall'atto amministrativo, le cui previsioni a contenuto civilistico vengono poi usualmente richiamate anche nel regolamento contrattuale che accompagnerà gli atti di trasferimento delle singole unità. In tali casi, attese le esigenze che il supercondominio è destinato a soddisfare, l'autonomia dei singoli, anche sotto il profilo delle iniziative di cui agli artt. 61 e 62 disp.att. c.c. dovrà essere attentamente soppesata in rapporto alle norme pubbliche sottese al provvedimento concessorio.

Casistica

CASISTICA

Strade private

Ai sensi dell'art. 1117-bis c.c. sussiste il supercondominio nei casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti in comune ai sensi dell'art. 1117 c.c. Le strade private non sono oggetto di proprietà comune ai sensi dell'art. 1117 cit., in quanto non iscrivibili nelle categorie di beni elencate dalla medesima norma, neppure per effetto di interpretazione estensiva. (Trib. Genova 28 gennaio 2016).

Impianti idrici

Nel caso di pluralità di edifici, costituiti in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale (c.d. supercondominio), trovano applicazione le norme sul condominio negli edifici e non già quelle sulla comunione in generale, con la conseguenza che si applica la presunzione legale di comunione di talune parti, stabilita dall'art. 1117 c.c., purché si tratti di beni oggettivamente e stabilmente destinati all'uso od al godimento di tutti gli edifici, come nel caso degli impianti di acqua sino al punto in cui è possibile stabilire a quale degli edifici la conduttura si riferisca, per poi considerare cessata la comunione dal punto in cui le diramazioni siano inequivocabilmente destinate a ciascun edificio (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2010, n. 13883).

Servizi

Ai fini della configurabilità di un supercondominio, non è indispensabile l'esistenza di beni comuni a più edifici, compresi in una più ampia organizzazione condominiale, ma è sufficiente la presenza di servizi comuni agli stessi, quali, nella specie, i servizi di illuminazione, di rimozione dei rifiuti e di portineria (Cass. civ., sez. II, 19 settembre 2014, n. 19799).

Viali accesso, zone verdi, portierato, illuminazione

Ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere ipso iure et facto, se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti. Si tratta di una fattispecie legale, in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall'esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale di accesso, le zone verdi, l'impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc.) in rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme sul condominio, anziché quelle sulla comunione (Trib. Milano 13 febbraio 2014).

Aree di rispetto, manovra e posti auto

La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 ss. c.c., si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall'originario unico proprietario ad altro soggetto. Originatasi a tale data la situazione di condominio edilizio, dallo stesso momento deve reputarsi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione pro indiviso di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero - in tale momento costitutivo del condominio - destinate all'uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso, salvo che dal titolo non risultasse, in contrario, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente alla venditrice o ad alcuno dei condomini la proprietà di dette parti. Tanto il cortile, quanto gli spazi destinati a verde, le zone di rispetto, i parcheggi, le aree di manovra o di passaggio delle autovetture (sia pure oggetto del vincolo di natura pubblicistica imposto dall'art. 41-sexies l. n. 1150/1941, come introdotto dall'art. 18 l.n. 765/1967), fanno parte delle cose comuni di cui all'art. 1117 c.c. Tali beni, pertanto, ove manchi un'espressa riserva di proprietà o sia stato omesso qualsiasi univoco riferimento, al riguardo, nei singoli atti di trasferimento delle unità immobiliari, devono essere ritenuti parti comuni dell'edificio supercondominiale (Cass.civ., sez. VI/II, 10 marzo 2017, n. 6313).

Guida all'approfondimento

Celeste - Scarpa, Il condominio negli edifici, Milano, 2017, 307;

Petrolati, L'elasticità del condominio tra condominio parziale e supercondominio, in Quaderni Scuola Superiore della Magistratura, 2017;

Scarpa, Il supercondominio dà i numeri, in Amministr. immobili, 2017, fasc. 210, 11;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 2015, 935;

Triola, Il nuovo condominio, AA.VV. a cura di Triola, Torino, 2014, 25;

Corona, Proprietà e maggioranza nel condominio degli edifici, Torino, 2001, 107.

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