CrowdfundingFonte: L. 17 dicembre 2012 n. 221
07 Marzo 2016
La definizione di crowdfunding
Il termine crowdfunding indica il processo con cui più persone (“folla” o “crowd”) conferiscono somme di denaro (funding), anche di modesta entità, per finanziare un progetto imprenditoriale o iniziative di diverso genere utilizzando siti internet (“piattaforme” o “portali”) e ricevendo in cambio una ricompensa, che può essere in denaro, titoli o natura. Invero, tale espressione rappresenta una realtà in costante espansione, costituita da processi collaborativi in cui investitori non professionali (c.d. crowdfunders) si impegnano nel sostenere gli sforzi di persone e organizzazioni dotate di un elevato potenziale creativo, ma prive dei fondi necessari alla realizzazione delle loro idee. In altri termini, secondo alcuni spunti dottrinari, si tratterebbe di uno strumento che dà vita ad una sorta di “democratizzazione della finanza”, che consente agli artefici di un progetto di finanziarsi online, ottimizzando la capacità allocativa del sistema finanziario: così, U. Piattelli, Il crowdfunding in Italia, Torino, 2013; V. Manzi, Il fenomeno del crowdfunding e del social lending: caratteristiche operative e profili contrattuali, in AA.VV., I contratti dei risparmiatori, a cura di F. Capriglione, Milano, 2013.
Le operazioni si svolgono, dunque, interamente online: l'ideatore pubblica sul sito web della piattaforma il suo progetto, segnalando la somma che ritiene necessaria per la relativa realizzazione e l'eventuale remunerazione, peraltro non necessariamente di tipo pecuniario, che intende riconoscere ai sottoscrittori.
Tipologie di crowdfunding
Per ciò che concerne gli aspetti prettamente operativi, lo strumento in questione può essere applicato sulla base di differenti approcci, che possono essere ricondotti alle seguenti tipologie di crowdfunding (cfr. A. Schwienbacher, Larralde, B., (2010) Crowdfunding of small entrepreneurial ventures; SSRN Electronic Journal. Si veda anche Consultation document. Crowdfunding in the EU – Exploring the added value of potential EU action, European Commission, October 2013):
1) Equity Based: gli investitori, in cambio del proprio apporto di risorse finanziarie, ricevono una quota nel capitale dell'impresa. Quella del finanziamento azionario è una pratica ben radicata e, in tale direzione, il private equity, il venture capital e gli investitori informali (angel) svolgono da tempo un ruolo importante nello sviluppo delle imprese. La principale differenza tra l'equity crowdfunding e questi modelli tradizionali è l'apertura a un'ampia gamma di investitori potenziali, alcuni dei quali potrebbero essere anche attuali o futuri clienti. Le principali caratteristiche ed esigenze connesse a questa tipologia di crowdfunding possono essere sintetizzate come segue:
2) Donation Based: i sostenitori, in questa circostanza effettuano donazioni in maniera liberale, per portare avanti una causa considerata meritevole, senza ricevere una ricompensa o un bene di equivalente valore monetario.
3) Lending Based: gli investitori sono ripagati del loro investimento nel tempo, con un margine di redditività rappresentato dagli interessi concordati in fase di apporto di risorse. Si tratta di un'alternativa al credito bancario con la differenza che, invece di prendere in prestito da un'unica fonte, le imprese possono ottenere risorse da decine, a volte centinaia di persone disposte a prestare denaro. In molti casi sono gli stessi investitori a lanciare offerte, segnalando il tasso d'interesse al quale sarebbero disposti a concedere un prestito. Rispetto al canale bancario tradizionale, il crowdlending presenta le seguenti peculiarità:
4) Reward Based: si tratta di una modalità di sostegno connessa a una specifica ricompensa, che nella maggior parte dei casi è di tipo non finanziario, ma può essere rappresentata da beni o servizi di cui usufruire in una fase successiva. Dal punto di vista strettamente gestionale, questa tipologia di crowdfunding, se ben strutturata, consente alle imprese di partire con ordinativi già in bilancio e con un flusso di cassa assicurato (elemento di grande rilevanza per le start-up), oltre a creare un pubblico e contattare un potenziale mercato di riferimento prima ancora del lancio vero e proprio di un prodotto. Nella forma reward based, dunque, i finanziamenti ricevuti non devono essere restituiti, ancorché sussista l'obbligo, in capo all'impresa, di fornire il servizio e/o le merci promessi: simili caratteristiche rendono tale strumento un'opzione molto gradita tra le startup e gli imprenditori, particolarmente adatta per veicolare prodotti e servizi innovativi o per stimolare la curiosità dei consumatori.
5) Pre purchase model: si tratta di un'evoluzione del modello reward based e in un certo senso rappresenta un momento di transizione verso schemi partecipativi, particolarmente utilizzato da società di nuova costituzione. Tale tipologia di crowdfunding prevede che, al finanziatore, oltre a condizioni di vantaggio connesse alla fruizione dei servizi erogati dalla società o all'acquisto dei suoi prodotti, potrà essere attribuito un eventuale diritto di opzione all'acquisto di quote o azioni in un momento successivo. Regolamentazione in Italia
Nella maggior parte dei Paesi in cui operano portali di crowdfunding il fenomeno non è soggetto a regolamentazione ed è fatto pertanto rientrare nell'ambito di applicazione di discipline già esistenti (appello al pubblico risparmio, servizi di pagamento, etc.). L'Italia è invece il primo Paese in Europa ad essersi dotato di una normativa specifica e organica relativa al solo equity crowdfunding. È noto come il tessuto produttivo italiano sia fondato sulle piccole imprese. Sono anche note le difficoltà che incontrano queste imprese, soprattutto dopo la crisi del 2008, a ottenere finanziamenti dalle banche. Difficoltà ancora maggiori riscontrano le imprese in fase di costituzione, meglio conosciute come start-up. Proprio ad un particolare tipo di start-up, quelle innovative, sono dedicate alcune norme introdotte dal Decreto Legge n. 179/2012 (convertito nella legge 17 dicembre 2012, n. 221) recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (noto anche come “Decreto crescita bis”). Tale decreto è stato poi integrato nel corso degli anni da ulteriori decreti e circolari, tutte rivolte ad una incentivazione delle start up innovative e delle sue forme di finanziamento, tra le quali il crowdfunding. Nel complessivo disegno del legislatore, l'equity crowdfunding è visto come uno strumento che può favorire lo sviluppo delle start-up innovative attraverso regole e modalità di finanziamento in grado di sfruttare le potenzialità di internet. Le start-up innovative sono piccole società di capitali (s.p.a., s.r.l. o cooperative) italiane, da poco operative, impegnate in settori innovativi e tecnologici o a vocazione sociale. Il “Decreto crescita bis” stabilisce i requisiti che tali società devono possedere e dispone diverse semplificazioni normative per favorirne la diffusione e lo sviluppo. Il Decreto ha inoltre delegato alla Consob il compito di disciplinare alcuni specifici aspetti del fenomeno con l'obiettivo di creare un “ambiente” affidabile in grado, cioè, di creare fiducia negli investitori. La Consob ha adottato il nuovo regolamento il 26 giugno 2013. Il 19 giugno 2015 è stata avviata da Consob una consultazione preliminare aperta per raccogliere dal mercato indicazioni e suggerimenti emendativi del Regolamento in essere, su cui si veda infra.
Fonti normative del crowdfunding
Modifiche del 24 febbraio 2016 al Regolamento Consob
Con delibera n. 19520 del 24 febbraio 2016 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 53 del 4 marzo 2016) la Consob ha approvato la modifiche al Regolamento n. 18592 del 26 giugno 2013 sulla raccolta di capitali di rischio da parte di start-up innovative tramite, appunto, portali on-line (o il Regolamento). Le modifiche effettuate al Regolamento sono frutto di una esigenza data dalla crescente domanda di accesso a tali finanziamenti. Si è quindi inteso perseguire, a beneficio degli investitori, una maggiore efficacia dell'informativa, un'estensione dei presidi connessi alla prestazione dei servizi ed una riduzione degli oneri. Le verifiche di appropriatezza dell'investimento rispetto alle conoscenze e all'esperienza dell'investitore potranno d'ora in poi essere effettuate dagli stessi gestori dei portali, purché risultino dotati di requisiti adeguati. Con ciò i gestori possono subentrare nel ruolo finora svolto dalle banche. E' stato, anche, ampliato il numero dei soggetti legittimati a sottoscrivere una quota dell'offerta in qualità di investitori professionali. Sono state inoltre ammesse due nuove categorie: a) gli “investitori professionali su richiesta”, così come definiti dalla disciplina europea sulla prestazione dei servizi di investimento; b) gli “investitori a supporto dell'innovazione”, identificati da Consob sulla base di criteri oggettivi. Ulteriori modifiche riguardano aspetti procedurali, nonché l'introduzione nell'ottica rafforzativa di tutela dell'investitore, dell'obbligo, per il gestore del portale, di adesione ad un sistema di indennizzo o di stipula di un'assicurazione sui rischi professionali relativa all'attività svolta.
Riferimenti
Norme
Bibliografia U. Piattelli, Il crowdfunding in Italia, Torino, 2013; V. Manzi, Il fenomeno del crowdfunding e del social lending: caratteristiche operative e profili contrattuali, in AA.VV., I contratti dei risparmiatori, a cura di F. Capriglione, Milano, 2013 Riferimenti normativi |