Supercondominio (assemblea e amministratore)

04 Ottobre 2023

Adottando, con il novellato art. 1117-bis c.c., come termine di riferimento il condominio, non è scontato che la relativa normativa debba applicarsi meccanicamente, poiché la stessa esigerà gli adattamenti opportuni, portando, comunque, alla coesistenza di un'organizzazione supercondominiale con i condominii dei singoli edifici; ne consegue l'opportunità della clausola “in quanto compatibili”, nel senso che...

*Bussola aggiornata al 4.10.2023

Inquadramento

Stante la lacuna normativa registrata sul punto, è opportunamente intervenuta la l. n. 220/2012 con il disposto dell'art. 1117-bis c.c. - ridimensionato dopo il passaggio da Montecitorio - il quale risulta composto di un solo capoverso: «le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117 c.c. »

Comunque, a parte la farraginosità dell'espressione utilizzata, il riferimento immediato è al fenomeno del c.d. supercondominio, anche se la Riforma ha omesso di darne una compiuta definizione, limitandosi a contemplare la disciplina applicabile (del resto, la rubrica dell'articolo in commento si intitola «ambito di applicabilità»).

Il problema preliminare da risolvere è, innanzitutto, quello di capire quale fattispecie concreta corrisponda alla categoria giuridica delineata dal Legislatore, atteso che, al riguardo, si registra l'uso di varie terminologie.

Si parla di “condominio complesso”, per contrapporlo a quello unico o semplice, in modo da sottolineare la presenza di diverse ed integrate organizzazioni, o di “condominio orizzontale”, per contrapporlo a quello verticale, oppure di “supercondomino”, e quest'altra terminologia, con riferimento al linguaggio pubblicitario e giornalistico, sembra evocare qualcosa di superlativo, anche se è pur vero che, stando al suo significato etimologico, l'avverbio “super” potrebbe designare l'organizzazione che sta sopra appunto, che si affianca o si sovrappone ad un diverso livello rispetto a quella dei singoli condominii relativi agli edifici separati, che peraltro mantengono la loro individualità ed autonomia.

In ogni caso, occorre essere consapevoli che, al nomen iuris di supercondominio, corrispondono diverse realtà, che possono richiedere una disciplina differenziata: si va dall'ipotesi dell'unico caseggiato che risulti diviso verticalmente in più scale che godono di una certa autonomia, pur in presenza di parti comuni, quali il lastrico solare, l'ingresso, la strada di accesso, ecc., all'ipotesi di una pluralità di edifici, costituiti in altrettanti condominii, non collegati da parti murarie, che hanno in comune talune cose/impianti/servizi, legati ai primi attraverso la relazione di accessorio a principale, nel senso di rendere possibile, migliorare o rendere più amene l'utilizzazione delle singole proprietà dei diversi partecipanti.

Orbene, a prescindere dalla non univoca indicazione circa la fattispecie oggetto della normativa - che sembra contemplare quattro distinte combinazioni, ossia più unità autonome, più edifici condominiali, più gruppi di unità immobiliari autonome aventi ciascuna un'organizzazione condominiale definiti condominii di unità immobiliari, nonché più gruppi di edifici condominiali definiti condominii di edifici - l'art. 1117-bis c.c. sposa apertamente la tesi dell'applicabilità della disciplina condominiale al supercondominio qualora vi siano parti assoggettate all'utilizzo comune.

L'amministratore

Per quanto concerne l'amministratore, si è dell'opinione che, nel supercondominio, vi sia l'opportunità della nomina di un amministratore (che potrà essere anche quello di un condominio separato): ciò deriva dalla pluralità, valore ed importanza delle cose/servizi/impianti comuni che, di regola, caratterizzano la fattispecie in esame, in rapporto con il condominio singolo, ove la nomina è imposta solo se si superi il numero di otto condomini (art. 1129, comma 1, c.c. nel testo novellato che ha innalzato la soglia legale iniziale di quattro).

Anche se va riconosciuto che, talvolta, vari edifici possano avere in comune soltanto poche cose di modesta consistenza, per cui le occasionali e sporadiche attività di gestione potrebbero essere compiute collegialmente dagli amministratori dei condominii separati, operando di fatto in pieno accordo tra loro - talvolta, con l'ausilio di un consiglio di supercondominio, con funzioni prevalentemente consultive e di controllo (v. ora l'art. 1130-bis, comma 2, c.c.) - sembra appropriato istituire la figura dell'amministratore del supercondominio, considerando che, sovente, il numero e la rilevanza delle cose comuni richiede una cura attenta e continua, e che l'accordo, che legittima la gestione di fatto, può venir meno in ogni momento.

Ne consegue che - salva l'ipotesi in cui si registrino più di sessanta partecipanti (analizzata appresso) - qualora l'assemblea del supercondominio non provveda, o perché non si riunisce o perché non delibera o perché non si forma una maggioranza (art. 1105, ultimo comma, c.c. applicabile in forza del rinvio di cui all'art. 1139 c.c.), i singoli partecipanti al supercondominio potranno richiedere la relativa nomina all'autorità giudiziaria (Cass. civ., sez. II, 31 gennaio 2008, n. 2305), come sempre a quest'ultima potranno rivolgersi gli estranei che intendono iniziare una lite nei confronti del supercondominio per chiedere la nomina di un curatore speciale ex art. 65 disp. att. c.c. (Cass. civ., sez. II,14 dicembre 1988, n. 6817)

L'amministratore del supercondominio, come quello del condominio:

a) è nominato dall'assemblea, ritualmente convocata, composta da tutti i partecipanti al supercondominio, con le maggioranze di cui all'art. 1136, commi 2 e 4, c.c. (salva sempre l'ipotesi di cui all'art. 67, comma 3, disp. att. c.c.);

b) ha gli stessi poteri/doveri contemplati dagli artt. 1130 e 1131 c.c. (come ridisegnati dalla Riforma), o quelli più ampi attribuiti dal regolamento;

c) dura in carica un anno (salvo il rinnovo per eguale durata), e può essere in ogni tempo revocato dall'assemblea o dal giudice, su ricorso di ciascun partecipante, nei casi previsti dalla legge (art. 1129, commi 11 e 12, c.c. nel testo novellato).

Si registrerà, quindi, la coesistenza di un amministratore del supercondominio con gli amministratori dei singoli condominii costituenti il complesso residenziale, non escludendo che, nelle realtà residenziali più articolate, l'amministrazione e la gestione dei beni e dei servizi comuni impongano scelte e attività complesse, ammettendo il conferimento dell'incarico di amministrare ad una società (come oggi permesso dall'art. 71-bis, comma 3, disp. att. c.c.).

Resta inteso - ad avviso di Cass. civ., sez. II, 26 agosto 2013, n. 19558 - che, nell'ipotesi del supercondominio, la legittimazione degli amministratori di ciascun condominio per gli atti conservativi, riconosciuta dagli artt. 1130 e 1131 c.c., si riflette, sul piano processuale, nella facoltà di richiedere le necessarie misure cautelari soltanto per i beni comuni all'edificio rispettivamente amministrato, non anche per quelli facenti parte del supercondominio, che, quale accorpamento di due o più singoli condominii per la gestione di beni comuni, deve essere gestito attraverso le decisioni dei propri organi, e cioè l'assemblea composta dai proprietari degli appartamenti che concorrono a formarlo e l'amministratore del supercondominio.

Tali principi sono stati, più di recente, confermati dai giudici di legittimità, secondo i quali il potere degli amministratori di ciascun condominio di compiere gli atti indicati dagli art. 1130 e 1131 c.c. è limitato, pertanto, alla facoltà di agire o resistere in giudizio con riferimento ai soli beni comuni all'edificio amministrato e non a quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da più condominii, che deve essere gestito attraverso le deliberazioni e gli atti assunti dai propri organi, quali l'assemblea di tutti i proprietari e l'amministratore del c.d. supercondominio; ne consegue che, qualora quest'ultimo amministratore non sia nominato, la rappresentanza processuale passiva compete, in via alternativa, ad un curatore speciale scelto ex art. 65 disp. att. c.c. o al titolare di un mandato ad hoc conferito dai comproprietari ovvero, in mancanza, a tutti i titolari delle porzioni esclusive ubicate nei singoli edifici (Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 2019, n. 2279: nella specie, si era cassata la pronuncia di merito che, in un giudizio volto ad ottenere la costituzione di una servitù coattiva di passaggio su una strada interna, comune a due condominii, aveva ritenuto sufficiente la chiamata in giudizio dei loro amministratori e non pure dei condomini).

Nella stessa ottica, si è chiarito (Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2023, n. 1141) che, in presenza di un supercondominio, ciascun condomino è obbligato a contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi comuni a più condominii di unità immobiliari o di edifici in misura proporzionale al valore millesimale della proprietà del singolo partecipante, sicché l'amministratore del supercondominio può ottenere un decreto ingiuntivo per la riscossione dei contributi, ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., unicamente nei confronti di ciascun partecipante, mentre è esclusa un'azione diretta nei confronti dell'amministratore del singolo condominio in rappresentanza dei rispettivi condomini per il complessivo importo spettante a questi ultimi.

Di contro, gli amministratori di più condominii di edifici compresi in un supercondominio non sono legittimati ad opporsi, in rappresentanza dei partecipanti ex art. 1131 c.c., al decreto ingiuntivo intimato da un creditore al supercondominio per ottenere il pagamento di un'obbligazione contratta dall'amministratore dello stesso, né possono fare valere l'obbligo di manleva assolto da quest'ultimo nei confronti ed a beneficio del supercondominio garantito, non operando tra l'amministratore del supercondominio e gli amministratori dei condomìni alcuna “rappresentanza reciproca” o “legittimazione sostitutiva” (Cass. civ., sez. II, 20 dicembre 2021, n. 40857).

La formazione dell'assemblea

Atteso che il supercondominio è rappresentato dall'insieme dei beni, impianti o servizi che sono comuni a più edifici, a loro volta costituiti in condominii autonomi, lo stesso non può risolversi in un condominio di condominii, in quanto i soggetti che fanno parte sono pur sempre i singoli proprietari delle unità immobiliari, e non i distinti edifici, anche se costituiti in condominii autonomi, sicché l'assemblea del c.d. supercondominio dovrebbe essere composta dai comproprietari degli edifici e non dai singoli amministratori di essi.

In questa prospettiva, nel sistema ante Riforma, sul presupposto che non fossero derogabili dal regolamento di condominio, anche se di natura contrattuale, le norme concernenti la composizione ed il funzionamento dell'assemblea, è stata ripetutamente considerata nulla, per contrarietà a norme imperative (artt. 1136 e 1138 c.c.), la clausola del regolamento contrattuale la quale prevedeva che l'assemblea di un supercondominio fosse composta dagli amministratori dei singoli condominii, anziché da tutti i comproprietari degli edifici che lo componevano (v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2001, n. 15476; Cass. civ., sez. II, 13 giugno 1997, n. 5333; Cass. civ., sez. II, 8 agosto 1996, n. 7286; Cass. civ., sez. II, 28 settembre 1994, n. 7894).

Poiché esprimere il voto e concorrere a decidere in merito alla gestione delle cose/impianti/servizi comuni, raffigurava una facoltà del diritto di condominio, che l'art. 1138, ultimo comma, c.c. considerava inderogabile, all'assemblea del supercondominio avevano diritto di partecipare “tutti” i proprietari delle unità immobiliari; quindi, le disposizioni dettate dall'art. 1136 c.c. in tema di convocazione, di costituzione, di formazione e di calcolo delle maggioranze si applicavano avuto riguardo agli elementi reale e personale del supercondominio, rispettivamente configurati da tutte le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i proprietari.

Pertanto, nel sistema anteriore alla l. n. 220/2012, l'assemblea del supercondominio doveva essere composta da tutti i partecipanti dei singoli condominii, che avevano diritto di intervenire alla riunione, di esprimere l'assenso o il dissenso sugli argomenti all'ordine del giorno, e di votare in proporzione alla sua quota.

In evidenza

Attualmente, il novellato art. 67 disp. att. c.c. ha regolamentato, in senso fortemente innovativo, il funzionamento dell'assemblea del supercondominio: più nel dettaglio, il comma 3 prevede che, nei casi di cui all'art. 1117-bis c.c., quando i partecipanti risultino complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 5, c.c., «il proprio rappresentante all'assemblea» per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore.

Curiosamente, la norma parla di “partecipanti” e non di condomini - come invece fanno, sempre per indicare altre soglie legali, gli artt. 1129, comma 1, c.c. per la nomina dell'amministratore, e art. 1138, comma 1, c.c. per il regolamento di condominio - ma sembra chiaro il riferimento alle c.d. teste, ossia ai proprietari di unità immobiliari, a prescindere dalla titolarità in capo a questi ultimi (v. anche gli artt. 1118, 1131 e 1136 c.c.).

Abbiamo sopra sottolineato che, come per il condominio, anche per il supercondominio l'assemblea rappresenta l'organo sovrano di questa organizzazione ed è costituita dall'insieme dei condomini, sicché le delibere dovrebbero assumersi con la partecipazione alla riunione collegiale di tutti i partecipanti delle unità immobiliari facenti parte del complesso e, in particolare, con le disposizioni di cui all'art. 1136 c.c. che, in tema di calcolo delle maggioranze, ha riguardo agli elementi reali e personali, configurati, rispettivamente, dalle unità abitative comprese nel medesimo complesso e dai proprietari; parimenti, si è evidenziato che la giurisprudenza, fino ad ora, era stata concorde nel ritenere che non si potesse sostituire l'assemblea del supercondominio con il “collegio degli amministratori” dei condominii separati, perché non era permesso sovrapporre i due organismi, stante l'inderogabilità, anche da parte dei regolamenti contrattuali, delle norme che li contemplavano e ne prevedevano la composizione ed il funzionamento.

Orbene, la prima parte dell'art. 67, comma 3, disp. att. c.c. stabilisce, invece, che vi è l'obbligo (e non la mera possibilità) di nominare un rappresentante all'assemblea del supercondominio: ciò si evince dal fatto che - sempre che si superi la suddetta soglia - il disposto usa l'espressione ciascun condominio “deve designare” (e non “può”), tanto che, in mancanza di tale nomina, «ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio», in sede di volontaria giurisdizione - analogamente alla nomina giudiziale dell'amministratore ex art. 1129, comma 1, c.c., qualora “i condomini sono più di otto” - augurandosi una designazione in tempi rapidi.

In tal modo, si istituzionalizza la figura del “rappresentante” del singolo condominio all'assemblea del supercondominio (in pratica, l'edificio in condominio viene considerato un unicum, alla pari di un'unità immobiliare in proprietà indivisa); tale opzione legislativa sicuramente è stata suggerita dalle necessità della pratica, che aveva registrato indiscutibili difficoltà di riunire insieme i numerosi partecipanti in assemblee affollatissime ed ingovernabili - tenute addirittura in teatri o sale cinematografiche - per non parlare, poi, della difficoltà del formarsi dei quorum previsti dalla legge per le varie deliberazioni; infatti, spesso i partecipanti al supercondominio sono estremamente numerosi, sì da rendere praticamente impossibile l'iter assembleare dalla fase della riunione sino a quella della deliberazione, vanificando, altresì, la possibilità che i singoli possano in concreto rappresentare e tutelare i propri interessi all'interno dell'organismo collettivo.

Comunque, il quorum per la nomina del rappresentante risulta abbastanza elevato e non agevolmente raggiungibile, con il rischio di registrare possibili impugnazioni nei confronti di deliberazioni del singolo condominio che non raggiungano la maggioranza dei due terzi; configurandosi, però, un vizio di mera annullabilità, il rappresentante, pur invalidamente nominato, potrebbe attendere lo spirare dei termini di trenta giorni per la relativa impugnazione prima di partecipare all'assemblea del supercondominio, sempre che la riunione si svolga oltre lo scadere del termine di cui all'art. 1137, comma 2, c.c.

Resta inteso che, nella nuova prospettiva, all'assemblea del supercondominio si debbano convocare soltanto i rappresentanti dei condominii singoli; ovviamente, il preavviso ordinario di cinque giorni contemplato per la comunicazione della convocazione della riunione “ridotta” deve tenere ora conto delle tempistiche che richiedono al condominio singolo di dotarsi del proprio rappresentante.

Si prevede, poi, la possibilità - purché i partecipanti al supercondominio siano complessivamente più di sessanta - che, a fronte di alcuni condominii puntuali in tale adempimento, gli altri condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, stabilendo che «l'autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine», e aggiungendo che «la diffida e il ricorso all'autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell'amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini».

Segnatamente, la diffida sembra appannaggio del rappresentante del condominio singolo, mentre la notifica riguarda unicamente il ricorso al magistrato; anche in queste ipotesi, è ragionevolmente ipotizzabile il ricorso al procedimento in camera di consiglio di cui agli artt. 737 ss. c.p.c., disponendosi l'esclusione della fattispecie processuale di cui all'art. 102 c.p.c., ma, ragionando a contrario, l'estensione del contraddittorio appare richiesta per tutte le altre ipotesi, ossia qualora non sussista il supercondominio, quando quest'ultimo sia composto da sessanta o meno partecipanti, o se l'iniziativa sollecitatoria sia assunta dal condomino e non dal rappresentante del condominio singolo.

I poteri del rappresentante

Circa le modalità operative di tale designazione, si premette che «ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto» e che «il rappresentante risponde con le regole del mandato»: la previsione sembra contraddittoria, ma si rivela in linea con i principi dettati in materia di delega assembleare, nel senso che, qualora i condomini abbiano disposto alcune direttive al rappresentante in ordine alle deliberazioni da assumere, il secondo non dovrebbe discostarsi dalle stesse, ma il tutto sarà circoscritto nei meri rapporti interni, ossia il condominio singolo si troverà vincolato dal voto del proprio rappresentante, il quale sarà eventualmente responsabile degli eventuali danni che la statuizione abbia arrecato ai primi.

Purché trattasi di affari attinenti alla gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii ed alla nomina dell'amministratore, si precisa che il rappresentante «comunica tempestivamente all'amministratore di ciascun condominio l'ordine del giorno e le decisioni assunte dall'assemblea dei rappresentanti dei condominii» e, a sua volta, «l'amministratore riferisce in assemblea» (ove si opti per ritenere che la carica di rappresentante possa essere ricoperta anche dall'amministratore - v. appresso - quest'ultimo dovrebbe riferire direttamente all'assemblea dei suoi rappresentati).

La previsione normativa non si presenta di agevole lettura, perché fa riferimento ad incombenti cronologicamente distinti.

In pratica, prima, l'amministratore del condominio singolo convocherà una riunione con all'ordine del giorno gli stessi argomenti che saranno discussi nell'assemblea del supercondominio, poi, l'assemblea del condominio nominerà il rappresentante comune con una sorta di delega in bianco, e, infine, il rappresentante comunicherà al suddetto amministratore l'esito dell'assemblea del supercondominio, con onere di quest'ultimo, a sua volta, di riferire all'assemblea del suo condominio.

Si potrebbe ipotizzare che, proprio per il fatto che le materie in cui opera il summenzionato meccanismo sono alquanto circoscritte, la designazione del rappresentante abbia un'efficacia annuale, nel senso che quest'ultimo sarà tenuto solo a comunicare l'ordine del giorno e le decisioni già “assunte” nell'assemblea del supercondominio all'amministratore del condominio singolo, senza, quindi, l'onere, in capo a tale amministratore, di convocare, volta per volta, l'assemblea per decidere su di esse (in pratica, il primo “comunica tempestivamente” a cose fatte e il secondo si limita a “riferire” alla prima assemblea utile).

L'attività di tale rappresentante dovrebbe essere gratuita, il che comporterebbe alcune difficoltà nella scelta da parte dell'autorità giudiziaria (che potrebbe cadere anche su un soggetto estraneo alla compagine condominiale), salvo preferire l'amministratore, in quanto persona naturalmente più idonea, poiché a ben vedere, per tutto il resto, opera già come rappresentante del condominio e, comunque, rimane il soggetto maggiormente a conoscenza delle dinamiche condominiali; non sembra che, nei suoi confronti, possa applicarsi il diverso principio che preclude la delega assembleare nominativa di cui al comma 5 dell'art. 67 disp. att. c.c., fermo restando che lo stesso amministratore potrebbe, al momento dell'accettazione dell'incarico, pattuire con i condomini, ai sensi dell'art. 1129, comma 14, c.c., un particolare compenso per tale partecipazione (la cui specificazione, oggi, al momento dell'accettazione dell'incarico è prevista a pena di “nullità”).

In tal modo, la Riforma impone che il summenzionato rappresentante possa rappresentare “tutto” il condominio con quel mandato che la maggioranza assembleare - sia pure qualificata, però non necessariamente l'unanimità dei partecipanti - gli ha conferito, indipendentemente dalla proporzione del valore che il singolo edificio ha riguardo alle parti comuni del complesso (qualcosa di analogo succede per le unità immobiliari in comproprietà di cui all'art. 67, comma 2, disp. att. c.c.).

In tal modo, si esclude che i titolari dei diritti condominiali possano partecipare, personalmente o con un proprio delegato, all'assemblea del supercondominio, alla quale ora partecipano soltanto i rappresentanti designati da ogni singolo condominio; e delicati problemi potrebbero sorgere riguardo all'impugnazione, atteso che la rappresentanza conferita a maggioranza all'amministratore dovrebbe vincolare anche gli assenti o i dissenzienti, privandoli della possibilità di opporsi alle decisioni adottate.

Inoltre, la maggioranza espressa nell'assemblea del supercondominio, formata dai rappresentanti dei singoli condominii, potrebbe non corrispondere alla maggioranza dei partecipanti, specie qualora il supercondominio sia composto da edifici di diversa grandezza (il comma 3 del citato art. 67 disp. att. c.c., prescrivendo che “ciascun condominio deve designare … il proprio rappresentante, sembra prescindere, però, del valore del voto che tale rappresentante esprimerà all'assemblea del supercondominio).

In quest'ottica, si suggerisce di superare il problema mediante la formazione di tabelle millesimali ad hocper il supercondominio, con cui il voto del rappresentante venga adeguatamente correlato al “peso” delle unità immobiliari rappresentate nell'assemblea del medesimo supercondominio.

L'adunanza plenaria

Resta inteso che se i partecipanti al supercondominio sono sessanta o meno, come anche per le deliberazioni che attengono alla manutenzione straordinaria o alle innovazioni, riprende vigore la regola di funzionamento dell'assemblea c.d. plenaria, sicché ciascuno mantiene la facoltà di presenziare, direttamente o per delega, all'assemblea del supercondominio, come anche la facoltà di impugnare eventuali statuizioni di tale assemblea, contrarie alla legge o al regolamento, qualora sia assente, astenuto o dissenziente; in pratica, in quest'ultima ipotesi, al singolo non viene più negata la possibilità di partecipare alle assemblee del supercondominio e, pertanto, di prendere diretta conoscenza delle problematiche che possono emergere proprio nel corso della relativa riunione e che, operando il meccanismo sopra delineato, non avrebbe avuto la possibilità di approfondire o, addirittura, conoscere.

In proposito, è intervenuta un'interessante pronuncia di un giudice meneghino (Trib. Milano 30 agosto 2016, confermata da App. Milano 9 maggio 2018), il quale ha opinato che l'assemblea “ridotta”, ossia quella costituita dai soli rappresentati dei singoli condominii, non possa revocare l'amministratore del supercondominio, in quanto spetta solo all'assemblea “ordinaria” decidere in qualsiasi momento di sostituire l'amministratore - peraltro, senza necessità di giusta causa - purché a deliberarlo sia la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore millesimale del supercondominio, attribuendo ai rappresentanti di ogni condominio il diritto di deliberare esclusivamente sulle questioni riguardanti la “gestione ordinaria delle parti comuni” e la “nomina dell'amministratore”.

Secondo tale decisione, la Riforma del 2013 è chiara nel prevedere i precisi compiti attribuiti ai rappresentanti, non lasciando spazio, proprio perché disposizione eccezionale, ad applicazioni analogiche: atteso che trattasi di deroghe che comprimono le facoltà e i poteri inerenti alla partecipazione dei singoli all'organo collegiale, le stesse non potranno che essere considerate quali norme di diritto singolare, e perciò oggetto soltanto di stretta interpretazione (l'art. 67 disp. att. c.c. costituisce un «vistoso vulnus al principio di democrazia partecipata in seno al condominio che vede, quali protagonisti, unicamente i condomini e non i soggetti delegati»).

Quindi, laddove la l. n. 220/2012 chiama i rappresentanti ad intervenire sulla sola gestione “ordinaria” del supercondominio e li investe della nomina dell'amministratore implicitamente ritiene che la revoca, in quanto non menzionata, sia un atto di “straordinaria amministrazione” (il criterio discretivo rispetto agli atti di ordinaria di amministrazione è stato, da ultimo, ripreso da Cass. civ., sez. II, 25 maggio 2016, n. 10865).

Ad avviso del decidente lombardo, si è inteso semplificare il procedimento di nomina dell'amministratore del supercondominio, proprio per evitare, soprattutto in quelli di notevoli dimensioni, il crearsi di momenti di criticità nella gestione ordinaria, ma tale pericolo non si verifica nel caso della revoca, la cui mancata deliberazione non crea affatto interruzione della gestione (la revoca, d'altro canto, «denota momenti di fibrillazione della vita assembleare e del rapporto negoziale intercorrente tra amministratore e condomini»).

A nulla rileva che l'art. 1136, comma 4, c.c. accomuni la nomina e la revoca ai fini delle maggioranze richieste per validamente deliberare, poiché si tratta di una regola comunque applicabile al supercondominio «a prescindere dalla composizione dell'organo assembleare», anche se ciò appare in contrasto con il principio di simmetria tra potere di nomina/revoca dell'amministratore da parte del supremo organo gestorio.

Più problematica si rivela, invece, la situazione per cui, alla revoca da parte dell'assemblea, deve sùbito seguire, come impone ora il novellato art. 1129, comma 10, c.c., la nomina del successore, proprio al fine di evitare che il condominio si trovi in un (anche se brevissimo) vuoto gestionale.

Tuttavia, accolta la soluzione per cui la nomina spetta ai rappresentanti e la revoca all'assemblea di tutti i partecipanti al supercondominio, ci si potrebbe trovare davanti ad una impasse causata dall'impossibilità, da parte della suddetta assemblea, una volta deliberata la revoca dell'amministratore in carica, di procedere alla nomina del nuovo, apparendo troppo macchinosa la convocazione contestuale, in un'unica riunione, delle due assemblee, quella dei (soli) rappresentati per la nomina e quella dei (tutti) condomini per la revoca.

Appare più ragionevole sostenere che, se l'assemblea dei rappresentanti del supercondominio ha, ex lege, il potere di nominare l'amministratore di quest'ultimo, essa non può non avere anche il potere di revocarlo; infatti, se si fa divieto all'assemblea dei rappresentanti del supercondominio di revocare l'amministratore in carica, si espropria la stessa dell'attribuzione, ad essa legislativamente oramai spettante, di nomina del nuovo amministratore.

Appare, altresì, maggiormente coerente, oltre che imposto dal carattere fiduciario del rapporto che si instaura tra assemblea nominante ed amministratore nominato, riservare all'organo collegiale la competenza riguardo sia alla designazione, sia alla revoca del mandatario dapprima incaricato, quantomeno alla luce del principio del contrarius actus.

Peraltro, i giudici di legittimità hanno, di recente, ribadito che la nomina di un nuovo amministratore del condominio non richiede neppure la previa formale revoca dell'amministratore in carica, atteso che, dando luogo l'investitura ad un rapporto di mandato, essa comporta automaticamente, ai sensi dell'art. 1724 c.c., la revoca di quello precedente (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2014, n. 9082, che richiama Cass. civ., sez. II, 9 giugno 1994, n. 5608).

Qualora si precludesse alla suddetta assemblea il potere di revoca, non le si potrebbe impedire di procedere alla nuova investitura, e sembrerebbe illogico considerare invalida la delibera che “esplicitamente” revochi il precedente amministratore e ritenere invece valida quella che, limitandosi con furbizia a nominare il suo successore, comporti soltanto “implicitamente” il medesimo effetto risolutivo in capo all'amministratore in carica.

Casistica

CASISTICA

Centrale termica comune

Nell'ipotesi di un bene comune (nella specie, centrale termica) che sia al servizio di più edifici condominiali (c.d. supercondominio), i comunisti debbono nominare un amministratore che ne assicuri la gestione, nell'interesse comune; pertanto, gli amministratori dei singoli condomini, potendo esercitare i poteri previsti dagli art. 1130 e 1131 c.c. soltanto con riferimento all'edificio cui sono preposti, non sono legittimati a pretendere dai singoli condomini i contributi relativi all'esercizio della centrale termica, salvo che tale potere sia stato loro attribuito con deliberazione dell'assemblea dei comproprietari della centrale (Cass. civ., sez. II, 4 maggio 1993, n. 5160).

Insussistenza del litisconsorzio

Nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un condomino contro l'amministratore di un condominio del suo edificio, che agisce per conseguire il pagamento di somme dovute per il servizio di riscaldamento centrale facente capo ad un supercondominio, composto anche da altri fabbricati e disciplinato da un regolamento contrattuale, una volta che il condomino opponente eccepisce il difetto di legittimazione ad agire da parte dell'amministratore del suo edificio, non sussiste il litisconsorzio necessario nei confronti dell'amministratore del supercondominio (e degli amministratori degli altri singoli condomini), non esistendo un rapporto giuridico plurisoggettivo e sostanzialmente unico, né risultando la domanda diretta alla costituzione, alla modifica o alla estinzione di un rapporto plurisoggettivo, ovvero a conseguire l'adempimento di una prestazione inscindibile, relativa ad un rapporto sostanziale unico comune a più soggetti (Cass. civ., sez. II, 29 settembre 1994, n. 7946).

Possibile coesistenza degli amministratori Per l'esistenza del supercondominio è sufficiente che i singoli edifici abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell'ambito di applicazione dell'articolo 1117 c.c. (ad esempio, il viale d'ingresso, i locali per la portineria, l'alloggio del portiere, i parcheggi, l'impianto centrale per il riscaldamento), collegati da un vincolo di accessorietà necessaria a ciascuno dei fabbricati; ora, spetta a ciascuno dei condomini dei singoli fabbricati la titolarità pro quota su tali parti comuni e l'obbligo di corrispondere gli oneri condominiali relativi alla loro manutenzione; con l'ulteriore specificazione che, laddove esiste un supercondominio, devono esistere due tabelle millesimali: la prima riguarda i millesimi supercondominiali e stabilisce la ripartizione della spesa tra i singoli condomini per la conservazione e il godimento delle parti comuni a tutti gli edifici; la seconda tabella è, invece, quella normale interna ad ogni edificio; applicabile al supercondominio, quale norma compatibile è, senz'altro, l'art. 1129 c.c.: nel caso in cui facenti parte del supercondominio siano oltre otto partecipanti, occorrerà la nomina dell'amministratore con tutte le implicazioni conseguenti; e, nel caso in cui anche gli altri edifici siano composti da oltre otto partecipanti, anche questi ulteriori condomini dovranno nominare il proprio amministratore; è ipotesi che la legge non esclude, e può ritenersi frequente, che l'amministratore sia lo stesso per il supercondominio che per i singoli condomini, tuttavia, i due condomini (il supercondominio e il singolo condominio) hanno una piena autonomia gestionale (autonomia di registri e di conti correnti), nonostante l'amministratore sia uguale; va chiarito, comunque, che, nell'ipotesi in cui l'amministratore sia unico, lo stesso è legittimato attivo e passivo, ma nella qualità di amministratore del supercondominio o del condominio singolo a seconda se l'atto di amministrazione riguarda il condominio singolo o il supercondominio (Cass. civ., sez. VI, 12 giugno 2018, n. 15262).

Legittimazione del singolo

Nell'ipotesi di supercondominio, ciascun condomino, proprietario di alcuna delle unità immobiliari ubicate nei diversi edifici che lo compongono, è legittimato ad agire per la tutela delle parti comuni degli stessi ed a partecipare alla relativa assemblea, con la conseguenza che le disposizioni dell'art. 1136 c.c., in tema di formazione e calcolo delle maggioranze, si applicano considerando gli elementi reale e personale del medesimo supercondominio, rispettivamente configurati da tutte le porzioni comprese nel complesso e da tutti i rispettivi titolari (nella specie, si è ravvisata la legittimazione del singolo condomino ad impugnare la sentenza inerente all'apposizione di cancelli su area antistante e comune agli edifici del supercondominio) (Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2013, n. 4340).

Riferimenti

Scarpa, La delega e la rappresentanza nelle assemblee di condominio e di supercondominio, in Immob. & proprietà, 2017, 691;

Del Chicca, Sull'assemblea del supercondominio, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, in Arch. loc. e cond., 2017, 407;

Iovino, L'impugnazione delle delibere dei supercondomini, in Merito, 2017, fasc. 7, 14;

Scarpa, L'assemblea del supercondominio può revocare l'amministratore?, in Amministr. Immob., 2016, fasc. 207, 18;

Amagliani, Brevi note in tema di amministratore del supercondominio, in Giust. civ., 2016, 771;

Rota, Assemblea del supercondominio, in Arch. loc. e cond., 2016, 23;

Voi, Assemblea di condominio e supercondominio - Deleghe e mandatari, in Amministr. immobili, 2014, fasc. 184, 10;

Baldacci, Il supercondominio: le norme applicabili al condominio di condomini, in Ventiquattrore avvocato, 2014, fasc. 5, 27;

Cintio, Supercondominio e legittimazione all'intervento nell'assemblea. Riflessioni a margine della novella del 2013, in Giur. it., 2014, 546;

Bordolli, Il supercondominio dopo la riforma, in Immob. & proprietà, 2013, 484;

Cirla, Il supercondominio, l'assemblea e il diritto a impugnare le delibere, in Consul. immob., 2013, fasc. 921, 29;

Voi, L'amministratore del supercondominio, in Immob. & proprietà, 2005, 680;

Santersiere, Assemblea del supercondominio e inderogabilità delle sue attribuzioni essenziali, in Arch. loc. e cond., 2003, 215;

Varrone, Il problema della validità dell'assemblea in tema di supercondominio: verifica e conferma dei principi regolatori dell'istituto, in Giust. civ., 1997, I, 2563.

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