La tassazione del trust

04 Novembre 2024

Il contributo analizza l'istituto di derivazione anglosassone del trust, mettendo in luce anche le novità che sono state introdotte dal d.lgs. 18 settembre 2024, n. 139, recante disposizioni per la razionalizzazione dell'imposta di registro, dell'imposta sulle successioni e donazioni, dell'imposta di bollo e degli altri tributi indiretti diversi dall'IVA.

Premessa

Il trust, istituto di derivazione anglosassone, è disciplinato dall'art. 2 della Convenzione dell'Aja del 10 luglio 1985, ratificata con la l. n. 364 del 1989 che lo delinea come un istituto giuridico con cui una o più persone disponenti trasferiscono (per atto tra vivi o mortis causa) beni e diritti sotto la disponibilità di un trustee, il quale assume l'obbligo di amministrarli nell'interesse di uno o più beneficiari o per un fine determinato. Il trust è un rapporto giuridico, in forza del quale determinati beni o diritti sono sottoposti al controllo del trustee affinché quest'ultimo li amministri. Ne deriva che il trust non è né una persona giuridica né un ente dotato di soggettività giuridica, ma costituisce un insieme di rapporti giuridici-destinati in favore dei beneficiari che fanno capo al trustee. Esso può essere istituito per diverse finalità: di garanzia; di liquidazione e pagamento; di realizzazione di un'opera pubblica; di solidarietà sociale; di realizzazione di interessi meritevoli di tutela a favore di persone disabili, pubbliche amministrazioni o altri soggetti (art. 2645 ter c.c.).

Uno dei tratti caratteristici del trust è il carattere fiduciario del rapporto fra disponente e trustee, il quale acquista la proprietà dei beni o dei diritti conferiti nel trust, non a proprio vantaggio — perché non incrementano il suo patrimonio personale, ma restano separati e segregati —, ma per compiere gli atti di gestione (e, se previsti, di disposizione), che consentano di realizzare lo scopo per il quale il trust è stato istituito, non nell'interesse proprio, ma di terzi (Cassazione n. 2043/2017).

Sebbene il trust sia privo di soggettività giuridica in senso civilistico, è soggetto passivo di imposta.

La tassazione del trust ai fini delle imposte dirette

La disciplina è contenuta nell'art. 73 del Testo Unico Imposte sui redditi che prevede: “per i trust residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di un'attività commerciale si applicano le imposte sul reddito delle persone giuridiche (art. 73, comma 1, lett. b), Tuir); per gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato, si applica l'imposta sul reddito delle persone giuridiche (art. 73, comma 1, lett.c)”.

L'ordinamento giuridico prevede due tipologie di trust: quello trasparente e quello opaco. Nella prima ipotesi sono individuati i beneficiari di reddito i cui redditi vengono ad essi imputati per trasparenza. In tal caso non vi è discrezionalità da parte del trustee e i beneficiari sono titolari di un diritto soggettivo alla percezione dei frutti.

Il trust opaco, invece, si caratterizza per l'assenza di beneficiari di reddito individuati, sicché i redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo. In tal caso il trustee ha potere discrezionale circa l'attribuzione dei frutti. I beneficiari sono titolari di una “mera” aspettativa, ma non potranno pretendere i frutti dal trustee.

Nel caso del trust trasparente il reddito verrà tassato in capo al beneficiario, secondo il principio della trasparenza e applicando le aliquote corrispondenti al soggetto. Assume rilevanza l'art. 73, comma 2, T.U.I.R., il quale prevede che “nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell'atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali”. Nell'ipotesi di trust opaco il reddito è tassato in capo al trust quale soggetto passivo IRES. Senza traslazione in capo ai beneficiari.

Come espressamente previsto dalla risoluzione 425/E del 5 novembre 2008, affinché sia rispettata la condizione della titolarità ab origine in capo a un beneficiario puntualmente individuato (o a beneficiari puntualmente individuati) del diritto all'assegnazione del reddito dei beni in trust, è, quindi, necessario che:

  1. Il beneficiario sia puntualmente individuato;
  2. Il beneficiario risulti titolare del diritto di pretendere l'assegnazione del reddito prodotto dai beni in trust e che, quindi, esprima rispetto a tale reddito autonoma capacità contributiva;
  3. Tale diritto deve essere conferito al beneficiario anteriormente alla produzione del reddito stesso, in quanto solo in tal caso è possibile ravvisare, sin dall'origine, la riferibilità al beneficiario medesimo del reddito;
  4. L'esistenza di beneficiari individuati risulti da una espressa, inequivoca e adeguatamente documentata manifestazione di volontà, intervenuta anteriormente alla produzione del reddito realizzato dal trust e diretta a individuare uno o più beneficiari e a riconoscere ai medesimi il diritto a pretendere l'attribuzione del predetto reddito.

È tuttavia possibile che un trust sia al contempo opaco e trasparente. Ciò avviene, ad esempio, quando l'atto istitutivo preveda che parte del reddito di un trust sia accantonata a capitale e parte sia invece attribuita ai beneficiari. In questo caso, il reddito accantonato sarà tassato in capo al trust, mentre il reddito attribuito ai beneficiari, qualora ne ricorrano i presupposti, vale a dire quando i beneficiari hanno diritto di percepire il reddito, sarà imputato a questi ultimi.

La tassazione indiretta del trust

Il problema è capire quando vadano applicate le imposte indirette. Secondo un primo filone, l'atto di dotazione del trust da parte del disponente, in quanto atto estrinsecante l'attuazione di un vincolo di destinazione impresso su determinati beni o diritti, integrerebbe il presupposto del tributo (imposta sulle donazioni o successioni); ciò sul presupposto che, da un'analisi letterale della norma, fonte del tributo sarebbe già l'apposizione del vincolo di destinazione, indipendentemente dal ricorrere di ulteriori elementi. Pertanto, l'atto di dotazione del trust rappresenterebbe un presupposto di imponibilità con applicazione delle aliquote proporzionali (Cass. Civ. n. 5322/2015).

Secondo un altro filone la costituzione del vincolo di destinazione non sarebbe sufficiente, in quanto l'applicazione dell'imposta sulle successioni e sulle donazioni richiede un evento traslativo in senso proprio, quale effettivo indice di capacità economica del soggetto beneficiato in ossequio ai principi costituzionali (Cass. Civ., n. 1131/2019).

La mancanza di un effetto traslativo effettivo ed attuale osta all'imposizione proporzionale, essendo quest'ultima prevista per gli atti che “importano trasferimento di proprietà di beni immobili o costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari sugli stessi” (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 30/11/2023, n. 33425).

Il presupposto economicamente rilevante ai fini del sorgere dell'obbligazione tributaria

Ci si domanda se entrambi i passaggi (dal disponente al trustee e dal trustee al beneficiario) siano sottoposti a tassazione indiretta.

Appare condivisibile aderire alla tesi della neutralità fiscale per quanto riguarda il passaggio dal disponente al trustee.

Il trasferimento dei beni al trustee, infatti, avviene in via strumentale e temporanea e non determina effetti traslativi in favore del trustee, quale effettivo e stabile passaggio di ricchezza, poiché non comporta l'attribuzione definitiva dei beni a vantaggio di quest'ultimo, che è tenuto solo ad amministrarli e a custodirli e, a volte, a venderli, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del perseguimento dello scopo del trust. L'istituzione del trust e la destinazione ad esso di beni o diritti non implicano, da soli, un effettivo incremento di ricchezza in favore del trustee e pertanto non possono costituire un indice di maggiore forza economica e capacità contributiva di quest'ultimo. 

I beni e i diritti non sono a lui attribuiti in modo definitivo, essendo egli tenuto solo ad amministrarli e a disporne (se richiesto), in regime di segregazione patrimoniale, in vista del trasferimento che dovrà poi compiere.

Né può ritenersi che la costituzione del trust produca un effetto incrementativo della capacità contributiva del disponente, il cui patrimonio non subisce alcun miglioramento.

La strumentalità dell'atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifica pertanto, nei termini indicati, la neutralità fiscale, tenuto conto che l'indice di ricchezza, al quale deve sempre collegarsi l'applicazione del tributo, non prende consistenza prima che il trust abbia attuato la propria funzione (v. da ultimo Cass., Sez. 5, n. 8082 del 23/04/2020). Non implica un incremento patrimoniale significativo di un reale trasferimento di ricchezza; sicché non è ravvisabile in esso alcuna forza economica e capacità contributiva ex art. 53.

Ciò sul presupposto che, malgrado l'ampia discrezionalità di cui gode il legislatore in punto di individuazione dei presupposti impositivi, essa deve pur sempre rispettare il principio di ragionevolezza, senza rischiare che tale spazio di libertà si traduca in arbitrio. Poiché, ai fini dell'applicazione delle imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecaria e catastale è necessario, ai sensi dell'art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un'attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel trust di cui alla legge 16 ottobre 1989, n. 364. Ferma restando la discrezionalità del legislatore nell'individuare indici di capacità contributiva, tale discrezionalità deve, pur sempre, muoversi in un ambito di ragionevolezza e non arbitrarietà (C. cost., n. 83/2015).

L'eventuale trasferimento del bene al beneficiario costituisce l'effettivo indice di capacità contributiva (art. 53 Cost.). Ne deriva che l'atto di dotazione del trust sconterebbe solo le imposte fisse di registro, ipotecarie e catastali, in quanto non è immediatamente produttivo di effetti traslativi in senso proprio.

Il trust alla luce della riforma fiscale

La disquisizione di cui sopra sembra aver trovato una soluzione per effetto della riforma fiscale.

In particolare, il 2 ottobre è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 231 il decreto legislativo 18 settembre 2024, n. 139 con disposizioni per la razionalizzazione dell'imposta di registro, dell'imposta sulle successioni e donazioni, dell'imposta di bollo e degli altri tributi indiretti diversi dall'IVA.

Come previsto dal comma 2-bis dell'art. 2 del predetto decreto, infatti, “per i trust e gli altri vincoli di destinazione, l'imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti ai beneficiari, qualora il disponente sia residente nello Stato al momento della separazione patrimoniale. In caso di disponente non residente, l'imposta è dovuta limitatamente ai beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato trasferiti al beneficiario”. 

La predetta disposizione asserisce, dunque, che il presupposto impositivo che legittima l'imposizione è l'arricchimento gratuito dei beneficiari, che si realizza al momento del trasferimento dei beni e dei diritti ai beneficiari.

Si deve, dunque, tenere conto dell'atto per mezzo del quale i beni vengono trasferiti dal trustee al beneficiario, in quanto è ricavabile da quell'atto una forza economica, alias un arricchimento della parte destinataria dei beni.

In linea con il generale principio di territorialità, per i trust (e gli altri vincoli di destinazione) l'imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti ai beneficiari, qualora il disponente sia residente nello Stato al momento della separazione patrimoniale.

In caso di disponente non residente all'atto della dotazione del trust, l'imposta è dovuta limitatamente ai beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato trasferiti al beneficiario.

Riferimenti bibliografici

M. Cecci, Charitable trust e imposta sulle successioni e donazioni, in Giur. Comm., nota a Cass. Civ., 12 settembre 2019, n. 2275.

G. Giusti, La fiscalità dei trust nella dimensione internazionale, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 2019, 4, 504.

D. Mendola, Il fisco contributivo: la defiscalizzazione del patto di famiglia, in Diritto&Giustizia, 8 ottobre 2024.

G. Palumbo, Retrocessione del patrimonio in trust, in IUS Societario, 19 dicembre 2023, nota a Cassazione civile , 15 novembre 2023, n.31857, sez. trib.

C. Pennarola, L'atto costitutivo del trust e relative implicazioni fiscali e la segregazione nel trust, in Riv. Giur. Ed., 2019, 5, 1377.

C. Pennarola, Il trust e lo scambio di posizione dei beneficiari: aspetti di diritto penale-tributario, in Riv. Giur. Ed., 2019, 2, 516.

G. Petrelli, Vincoli di destinazione ex art. 2645 c.c. e trust, quindici anni dopo, in Riv. Not., 2020, 6, 1090.

F. Spina, Tassazione fissa per la disposizione di beni in trust autodichiarato, in questo Portale, 2020.

T. Tassani, La “nuova” imposizione fiscale sui vincoli di destinazione, in Giur. Comm., 2015, 6, 1026.

S. Ghinassi, Le imposte ipotecarie e catastali alla luce della recente riforma dei tributi sui trasferimenti immobiliari, Pisa, 2014, 12, 1289.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario